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Mercato del lavoro o mercato delle prese per il sedere?


TonyH

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Lavoro nel settore metalmeccanico anche se non sono un ingegnere (sto esattamente al polo opposto ).

Da noi funziona così: se devi rinfoltire l'ufficio tecnico si va a vedere se ci sono elementi in organico alla concorrenza disposti a saltare la barricata e venire a lavorare da te.

Questo essenzialmente perché nel settore di nicchia in cui operiamo un perito con 10 anni di esperienza, brutto da dire quanto volete, renderà ben più di un ingegnere fresco di laurea che comunque non partirà da 0 ma l'esperienza se la dovrà fare comunque sul campo.

Oltre al fatto (vi sembrerà truce ma il mondo va così) che vai a togliere menti alla concorrenza.

Scarsa voglia di investire nei giovani? Può darsi ma è la realtà.

Io stesso tempo fa mandavo curriculum (dopo 7 anni che lavoro qui) e nessuno mi cacava, guarda caso ho invece ricevuto dopo poco una proposta da parte di un'azienda concorrente (senza che io la abbia cercata) di fare il "salto della barricata" descritto sopra.




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  • 1 mese fa...

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Che dire, concordo dalla A alla Z.

 

Di recente ho fatto un colloquio di lavoro, come sempre si parte dalle pretese del datore di lavoro: infinite (non sto qui nemmeno ad elencarvele) ma poi appena si è cominciato a parlare di $$$ improvvisamente si mettono sulla difensiva. Questa è una cosa che NON sopporto. Vuoi tanto? OK, si disposto a pagarlo. Vuoi darmi poco? OK, allora io ti lavoro poco.

 

PS: all'ingresso dell'azienda c'era appeso al muro il seguente detto cinese: 

 

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Evidentemente il titolare si è dimenticato di averlo appeso...

 

PS: alla fine è saltato il tutto perché non sapevo perfettamente inglese, tedesco e francese (oltre all'italiano ovviamente). :azz:

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  • 1 mese fa...

Visto che si parla della crisi di Ryanair vi riporto un resoconto di un colloquio di lavoro per assistenti di volo:

 

http://www.clap-info.net/2017/05/colloquio-per-ryanair-racconto-semiserio-di-una-giornata-di-ordinaria-precarieta/

 

Cita

:: A giudicare dagli annunci nei portali per la ricerca di lavoro, sembra che sul mercato esistano solo tre tipi di occupazioni disponibili: sistemista Java, dialogatore e operatore call-center. Se non conosci Java e hai zero voglia di vendere il tuo tempo per delle chiacchiere con degli sconosciuti, al telefono o dal vivo, la ricerca pare senza possibili sbocchi. Aggiungi che la percentuale di risposta ai curriculum inviati rasenta lo zero e che la laurea e/o i master di cui sei in possesso non sono particolarmente quotati nella borsa degli skills… il quadro si complica parecchio.

Perciò, quando qualcuno ha finalmente risposto alla mia “iscrizione a un’offerta di lavoro” ho provato una strana sensazione, di affetto quasi. Ho pensato di dover ricambiare, presentandomi al colloquio. Ho detto “qualcuno”, ma in realtà avrei dovuto dire “qualcosa”: un algoritmo, un dispositivo automatico di risposta alle mail, un bot del portale. Non posso saperlo, ma l’invito a comparire in un hotel nella zona di Tor Vergata è arrivato pochi millesimi di secondo dopo l’invio della mia iscrizione. Ciò esclude la mediazione umana e, dunque, una seppur minima selezione del curriculum, che avrebbe potuto equivalere a qualche decimale in più nella stima probabilistica di un’assunzione .

Il lavoro non era proprio quello dei miei sogni, ma provavo a vederci delle sfumature positive: la possibilità di viaggiare, avere un contratto decente, ricevere uno stipendio non troppo basso. Ovviamente, mi sbagliavo.

Nell’atrio dell’hotel di lusso, nella periferia sud-est di Roma, una quarantina di ragazzi e ragazze tirati a lucido, con la barba fatta, il vestito e la cravatta siedono in silenzio. Tra loro, io. Alcuni si muovono sicuri nei completi eleganti, camminano come se nulla fosse, bevono il caffé senza bisogno di sistemarsi di continuo la giacca, muovono le mani sullo smartphone senza domandarsi perché la camicia faccia capolino solo da una delle due maniche. Altri sono impacciati, si toccano insistentemente la cravatta temendo che il nodo si sciolga, cercano delle tasche in cui infilare le mani senza trovarle, provano a controllare la continua fuoriuscita della camicia dalla giacca senza alcun successo. Evidentemente, non sono abituati a conciarsi così. Tra loro, sempre io. C’è anche un ragazzo che deve aver letto male le istruzioni per l’uso: si è presentato in jeans e camicia a quadrettoni, rossi e blu. È imbarazzato, ma resta. Sembra simpatico.

In sala nessuno fiata. Quasi che taller e vestiti abbiano trasmesso per metonimìa un certo dovere di contegno, di formalità. «Dicono che l’abito non fa il monaco, ma non è vero» – argomenta il Totò ladro vestito da carabiniere, nei Due marescialli – «Io a furia di indossare indegnamente questa divisa, marescia’… mi sento un po’ carabiniere».

Ci chiamano e andiamo tutti insieme nel seminterrato dell’albergo, in una sala conferenze. Eliminata la prima decina di candidati con un test di inglese da seconda media, la selezione entra nel vivo. O meglio, nel video. Proiettano una presentazione del lavoro, divisa per sezioni: informazioni tecniche sulle diverse mansioni; procedure di inizio; questioni retributive e contrattuali; possibilità di carriera; criteri di premialità; caratteristiche dell’azienda che offre il lavoro e dell’agenzia di recruitment che assume (due cose diverse: una è Ryan; l’altra una fusione tra Crewlink e Workforce International… sì, si chiama proprio così!). In questa seconda fase, si rivolgono a noi come fossimo già assunti. L’uomo sulla cinquantina, inglese o irlandese, responsabile del reclutamento, allude più volte a quanto staremmo bene con indosso le nuove divise da hostess e steward.

Dalle immagini del video e dagli interventi del selezionatore si capisce che ci sono soprattutto tre caratteristiche importanti per fare questo lavoro: essere disponibili alla relocation immediata; parlare inglese; essere flessibili-e-sorridenti (insieme). Le immagini mostrano giovani di tutti i colori, che sembrano felici e raccontano la loro esperienza con Ryan di fronte a un bastone per i selfie. In particolare, insistono su quanto sia utile e divertente il corso di formazione per diventare personale di bordo. Si nuota, si spengono incendi, si salvano bambolotti, si incontrano persone. «You grow up like a man, not just cabin crew».

Ma è più avanti che le orecchie dei candidati si aguzzano: quando si inizia a entrare nel dettaglio del salario e dei tempi di lavoro. La retribuzione è organizzata secondo una serie di premi e possibili punizioni, un incrocio tra un videogioco e una raccolta punti del supermercato. «Your performance is continually monitored and assessed». Monitorare e valutare. Punire solo come ultima ratio. Soprattutto premiare: per far rispettare le regole, per aumentare la produttività, per migliorare le prestazioni. I like dei clienti danno diritto a delle ricompense: monetarie, ma soprattutto relazionali. Ad esempio, la penna nel taschino è indice di un certo numero di apprezzamenti. Costituisce dunque, tra i colleghi e nell’azienda, l’indicatore di uno status particolare.

Si viene pagati un po’ in base all’orario e un po’ a cottimo. Nel senso: un fisso non esiste; sono retribuite solo le ore di volo; si percepisce il 10% su ogni prodotto venduto (…adesso lo capite il perchè di tanto rumore?). Il contratto è registrato in Irlanda o UK. Si hanno delle agevolazioni sui viaggi in aereo.

Il salario mensile dovrebbe oscillare tra 900 e 1.400 euro lordi, in base al luogo di ricollocamento. «We try to keep the wages homogeneous among our workers». Bella l’uguaglianza, quando non schiaccia tutti verso il basso… penso io. Viene poi fatto cenno a un periodo annuale in cui non si lavora e non si ricevono soldi: da uno a tre mesi. Ma il selezionatore ci assicura che questa pausa non supera (quasi) mai i 30 giorni.

Fino a qui, niente di eccezionale. Ma il rapporto premi-punizioni è più complesso e configura per intero il sistema di retribuzione. Ovviamente, se i diritti diventano premi e i doveri debiti, tutto cambia. Non si parla di tredicesima e/o quattordcesima, ma di bonus, che si ricevono solo il primo anno. 300 euro il primo mese di lavoro, altrettanti il secondo, il doppio il sesto. Chi va via prima della conclusione dei primi 12 mesi, però, deve restituire questi bonus. Inoltre, la divisa (quella bella di cui sopra) costituisce un costo esternalizzato al lavoratore: il primo anno sono 30 euro al mese scalati direttamente dalla busta paga; successivamente pare si ricevano dei soldi, ma non si capisce bene per cosa, se per lavarla o non perderla.

Per ultimo, il famoso corso di formazione per diventare hostess o steward si rivela qualcosa di più di un parco giochi in cui fare festini con altri esponenti multikulti della generazione Erasmus. Principalmente, si rivela un’enorme spesa. Se all’inizio era stato comunicato che, in via eccezionale, le registration fees del corso erano dimezzate a 250 euro, è alla fine che viene fuori il vero prezzo da pagare. Ci sono due modalità differenti: 2.649 euro se paghi prima dell’inizio e tutto in un colpo; 3.249 se decidi di farti scalare il costo dallo stipendio del primo anno (299 euro dal secondo al decimo mese, 250 gli ultimi due).

 

Si aprono le domande. Dopo alcune irrilevanti su sciocchezze burocratiche, alzo la mano. «Ci avete parlato di un massimo di ore di volo a settimana, ma mai delle ore totali di lavoro. Quante sono?», chiedo. «Voi siete pagati in base alle block hours, cioé le ore calcolate dalla chiusura delle porte prima del decollo, all’apertura dopo l’atterraggio. I tempi di preparazione dell’aereo, prima e dopo il volo, possono variare». Varieranno pure, ma di sicuro non vengono pagati, nonostante siano tempi di lavoro.

Alza la mano quello dietro di me. «Scusi la domanda, ma ho bisogno di fare dei conti. Diciamo che uno stipendio per una destinazione non troppo cara è di 1.000 euro. Ve ne devo restituire 330 al mese tra corso e divisa. Ne rimangono 670. Dovrò prendere una stanza in affitto, diciamo 300 euro. Ne rimangono 370. In più avrò bisogno di pagare un abbonamento ai mezzi per raggiungere l’aeroporto e coprire almeno le spese della casa anche nella pausa annuale in cui non si lavora. Diciamo che, se va bene, rimangono 300 euro. E non ho scalato le tasse, perché non so come si calcolano in Irlando o UK. Secondo lei, con questi soldi si può vivere?». Sbem.

Il selezionatore della società di recruitment, fino a quel momento cordiale e spiritoso, accusa il colpo. Deglutisce. Tossisce. Arrosisce. Si butta sulla fascia, prova un diversivo. «With this work you don’t get rich, but it’s in accordance with your capacity and affords your lifestyle». Alla fine, anche qui le nostre capacità valgono poco più di un pacchetto di sigarette al giorno. Chissà, invece, come ha calcolato il nostro stile di vita!

Finito il video, io e gli altri candidati usciamo e andiamo a mangiare insieme. Da come siamo vestiti, sembriamo un gruppo di giovani businessmen in carriera, lanciati alla conquista del mercato e pronti a scalare colossi finanziari. Invece siamo lì per un colloquio che, se va bene, ci farà guadagnare meno della persona che ci serve la pizza.

Comunque, i calcoli veloci del ragazzo che ha fatto la domanda dopo di me hanno sciolto l’iniziale freddezza tra i candidati. In molti hanno perso interesse per questo lavoro. Anche per questo, si scherza e si chiacchiera. Alcuni hanno appena finito la scuola superiore, altri l’università. Altri ancora hanno già diversi anni di precarietà e i capelli brizzolati. Tra loro…

Rimango fino all’intervista, per sport. Mi capita la collaboratrice del selezionatore. Legge il mio curriculum. Niente di eccezionale, però insomma… neanche da buttare. Tutti i titoli di studio con il massimo dei voti, laurea e due master, cinque lingue, numerose esperienze di lavoro materiale e immateriale, in Italia e all’estero. «Are you sure you want to do this work?», mi chiede. Bleffo: «Eeeeeh. Why not?». «Do you know people working for us?». «No». «So, what do you know about this work?». «What you told me today», rispondo. Lei arriccia il labbro inferiore e muove la testa dal basso verso l’alto e poi in senso inverso, fissandomi con gli occhi corrucciati. Ho l’impressione che stia pensando sardonicamente “devi essere proprio una volpe, tu!”.

Saluto, me ne vado. Sulla vespa faccio i conti: due caffé al bar dell’albergo = 3 euro; un pezzo di pizza e una bottiglia d’acqua = 4 e 50; giri vari alla ricerca di vestito, cravatta e scarpe e poi fino al colloquio = almeno 5 euro; stirare la camicia = 2 euro; stampare 7 fogli di curriculum dal cristiano-copto su via di Torpignattara, che sembra sapere quando non puoi dirgli di no = 2,10 euro. Barba e capelli costo zero, taglio autoprodotto in casa. Alla fine, non mi è andata nemmeno tanto male. Qualcuno è arrivato in treno da lontano, spendendo molto di più. Per l’ennesima offerta di lavoro precario e sottopagato.

Almeno una cosa l’ho capita: nella compagnia aerea, quel low che precede il cost non è riferito soltanto ai prezzi dei biglietti, ma anche al costo del lavoro.

 

 

ho sottolineato alcune cosucce interessanti.

 

divisa e corso di formazione a spese del lavoratore, niente ferie nè malattia e una parte del lavoro non pagata poi però sono i giovani che sono choosy...

 

 

Modificato da itr83
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una cosa immonda una vergogna totale uno schifo solo da leggere. E il futuro di un paese sarebbe quello di trattare i giovani così? Miopia totale mancanza (voluta ahimè) anche una pur minima visione del futuro neanche poi così lontano. A leggera di doversi pagare la divisa il vomito ha quadi avuto il sopravvento. Cioè per assurdo IO pago e la compri TU? Col cazzo se la devo pagare io (allucinante) me la compro come voglio io cosi vi trovate le vs belle assistenti vestite ognuna diversa dalla altra. Siamo tornati all' 800 quando ai minatori dallo stipendio detraevano il costo degli attrezzi di lavoro.

non prenderò mai un voli Ryanair.. Pagherò di più con un alte vettore ma che si fottano (scusate linguaggio)

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Ma questo"cadoPerismo" come mai viene fuori ora?

 

Se un servizio ha un costo ridicolo di solito un motivo c'è.

Se si viaggiasse su vettori piu costosi Ryanair avrebbe chiuso da un pezzo.

Ryanair, come Megabus etc. Io in Megabus ci ho viaggiato, il trucco era l'autista straniero che prenderà ad andar bene 300 euro al mese. Io ho risparmiato due soldi, e' vero, ma non mi han cambiato la vita.

 

Pretendiamo di viaggiare gratis o quasi, vogliamo il supermercato aperto h24, prendiamo le cose in offerta e acquistiamo da Amazon per risparmiare 3 euro su un prodotto da 20. E poi ci stipiamo di condizioni di lavoro ridicole

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Di questi ne vendono a secchiate.

Vedrete.

[scritto in data 18 Luglio 2013 - Riferito a Jeep Cherokee]

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Ryanair è storia a sè.

La vendita dei biglietti copre il 30% circa delle entrate, il resto arriva dagli extra, dai soldi che gli aeroporti pagano perchè Ryanair faccia scalo, e da altre operazioni.

Il costo del lavoro basso aiuta, ma fino ad un certo punto. Un grande risparmio viene anche dalla rotazione rapida dei mezzi, che permette di fare 1-2 voli in più al giorno con lo stesso aereo.

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9 minuti fa, TurboGimmo dice:

Pretendiamo di viaggiare gratis o quasi, vogliamo il supermercato aperto h24, prendiamo le cose in offerta e acquistiamo da Amazon per risparmiare 3 euro su un prodotto da 20. E poi ci stipiamo di condizioni di lavoro ridicole

E i soldi non bastano lo stesso però. Perché vanno tutti in tasca ai soliti e a "noi" restano le briciole... Non sono comunista, tutt'altro, ma una ridistribuzione del reddito nella società attuale è indispensabile. In Germania l'hanno fatta riducendo gli orari durante la crisi, qui non lo si vuole fare perché chi ci governa va a braccetto con chi sfrutta questa situazione.

E aggiungo: non sono neanche grillino, ma il reddito di cittadinanza serve proprio per evitare che si sia costretti ad accettare queste condizioni. Andando contro i miei interessi tra l'altro, perché mia moglie ha un paio di persone alle sue dipendenze. Ma gli dà la paga sindacale, non fa giochetti di cooperative (amiche dei soliti noti) per pagare 3 euro l'ora. Meglio rifiutare lavoro lasciandolo agli sfruttatori.

Modificato da jameson
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Io ho fanculizzato Michael Page giusto settimana scorsa (e chissà quante porte mi sono chiuso). Mi hanno contattato per un posto di lavoro in Ticino. Laurea in ingegneria, inglese buono, etc etc. La paga proposta era equivalente alla paga MINIMA dell'ultimo dei dipendenti dei supermercati della zona. Gliel'ho fatto garbatamente notare.

 

Ahimè tutto il mondo e' paese.

  • Tristezza! 1

Di questi ne vendono a secchiate.

Vedrete.

[scritto in data 18 Luglio 2013 - Riferito a Jeep Cherokee]

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