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La popolarità di car low

Giovane Promessa

Giovane Promessa (4/8)

111

Reputazione Forum

  1. Chissà come ci sono rimasti male quelli dell'Audi, che vendono una golf al prezzo di una A3... Forse il tipo dovrebbe pensare meglio al valore del marchio prima di parlare.
  2. Intanto complimenti per la discussione, proverò a dare anche il mio contributo, dato che, come tutti i meridionali onesti, sono roso dal tarlo del perché il nostro povero e splendido Paese si trovi in queste condizioni. Innanzitutto provo a chiarire quali sono, secondo me, le caratteristiche del "sistema" politico, economico e sociale del Sud Italia. Ci sono una serie di fattori, intrinsecamente legati fra loro che rendono la situazione complicata e molto difficile da cambiare Al Sud abbiamo: - uno Stato che non riesce a far rispettare la legge; - un sistema economico che, nell'assenza di un quadro legale certo, è costretto a vivere a cavallo fra legalità e illegalità. Il malfunzionamento dei meccanismi legali per difendere i propri diritti mette il cittadino in balìa dell'abuso del più forte, del prepotente, e quindi si creano meccanismo paralleli a quelli legali, buoni per difendersi ma anche per prevaricare sugli altri. E' tutto il sistema delle amicizie, delle conoscenze, dei favori, di cui Mafia e Camorra sono la punta estrema, illegale, che permea tutta la vita del Sud Italia. E' ovvio che un sistema del genere non può essere efficiente, non può portare sviluppo e occupazione perché il gioco è troppo falsato: non va quasi mai avanti chi è più bravo e più efficiente, ma chi ha più agganci. - In tutto questo la politica svolge un ruolo essenziale. La politica diventa il centro di quella rete di contatti, di favori, di scambi che regola il sistema economico al posto della legge. E quanto maggiore è il controllo della politica sull'economia (dal rilasciare permessi, all'intercedere per far avere finanziamenti pubblici, alla gestione diretta del denaro sottratto ai cittadini con le tasse e speso Dio sa come), tanto più si rafforza il sistema e sarà sempre meno conveniente lavorare onestamente e sempre più vantaggioso diventare clienti di un politico. - Quindi la mentalità della gente. La mentalità della gente è in parte causa e in parte effetto di questo sistema. Ma a mio avviso dare tutte le colpe alla mentalità è rinunciare ad affrontare il problema. Il sistema legale lo puoi cambiare, puoi togliere potere alla politica, puoi rafforzare gli strumenti a tutela della legge, ma come la cambi la mentalità? Puoi solo sperare che dopo aver cambiato tutto il resto, scontrandoti con una mentalità ostile, questa cambi un po' alla volta. A questo punto però vorrei aggiungere una considerazione. Il quadro che ho fatto non è tipico del solo Sud Italia, ma di tantissimi Paesi sottosviluppati del mondo, dal Sud America, all'Africa, all'Asia. Probabilmente la situazione della Spagna 100 anni fa non era troppo diversa, anche se non c'era una criminalità organizzata così forte. Purtroppo si tratta di circoli viziosi che si autoalimentano da cui è molto difficile uscire (la soluzione più ovvia per chi non si vuol piegare è fare la valigia e andarsene), però tanti Paesi ce l'hanno fatta a uscire dal sottosviluppo. Però, se ci sono altri Paesi in una situazione simile (o peggiore) a quella del Sud Italia, credo che non ci siano altri Stati al mondo dove convivono zone in queste condizioni con zone prospere e sviluppate. Di fondo c'è che molti dei mali del Sud ci sono anche al Nord, e sono in gran parte figli del fallimento dello Stato Italiano negli ultimi 50 anni, ma al Nord per mille ragioni non riescono a bloccare lo sviluppo economico e civile come riescono a fare al Sud. Quali sarebbero gli effetti di una teorica separazione? Da un lato si ridurrebbe il flusso di fondi che alimentano l'"economia clientelare" gestita dalla politica, e questo potrebbe indebolirla a favore della economia sana e quindi rompere quei meccanismo di cui parlavo sopra. Ma d'altra parte, data l'inefficienza dello stato e la debolezza del tessuto economico esociale, ci sarebbe anche il rischio di una deriva sudamericana-africana stile Colombia o Albania. Io credo che dopotutto la chances di farcela insieme siano maggiori di quelle di farcela divisi, soprattutto perché credo che i mali del Sud siano solo l'esasperazione di quelli comuni a tutto il Paese.
  3. In aggiunta a quanto scritto da Milus provo a scrivere qualche altro elemento che aiuta a capire come e perché il Sud sia passato dall'essere la zona più industrializzata d'Italia a quell più povera. Tutti gli stati che hanno avuto uno sviluppo industriale nell'ottocento lo hanno avuto grazie allaprotezione tariffaria della industria nazionale dalle importazioni. L'industria italiana, così come la conosciamo noi, cioè l'industria del Nord Italia è stata abbondantemente rpotetta fino all'avvio del Mercato Comune Europeo (1969) e oltre. Ora, il fatto che il futuro fosse nello sviluppo induztriale e che l'unico modoper avviarlo era imporre dei dazi alle importazioni era stato capito da Ferdinando II Re del Regno delle Due Sicilie negli anni '30 del 1800 e da allora il regno borbonico perseguì una politica di protezionismo che aveva fatto sviluppare una notevole industria. Nel frattempo nel resto d'Italia, e soprattutto in Piemonte, si puntava ancora sulla modernizzazione dell'agricoltura e su politiche libero-scambiste. Purtroppo Ferdinando II morì nel 1859 lasciano il regno l figlio di 24 anni che non fu in grado di reagire alle mire di Cavour e così nel 1860 il Regno delle due Sicilie viene ad essere annesso al Piemonte. I piemontesi (insieme a tante altre cose, come triplicare l'imposizione fiscale, imporre la leva obbligatoria di 3 anni, ecc.) estesero a tutta l'Italia la loro politica doganale, facendo sì che l'industria meridionale venisse annientata dalla concorrenza inglese e francese, molto più forte. Voi direte: poco male, era un'industria protetta e inefficiente. Forse, ma con questo criterio l'Italia sarebbe rimasta per sempre un Paese agricolo, infatti circa una ventina di anni dopo anche il governo italiano si rese conto che era necesario avviare l'industrializzazione del Paese e ritornò a una politica protezionista. Purtroppo nel frattempo l'industria meridionale non esisteva più e lo sviluppo industriale avvenne quasi solo la Nord, in parte per i favori più o meno occulti del governo (di cui parlava milus) e in parte per gli indubbi vantaggi geografici. Certo questa è storia e indipendentemente da quello che è successo 150 anni fa dobbiamo analizzare la situazione di oggi. Ci sono indubbiamente problemid i mentalità, ma io credo che i principali ostacoli allo sviluppo del Sud siano gli stessi che frenano l'Italia intera, ovvero il fallimento dello Stato che non è in grado nemmeno di garantire l'ordine pubblico e si avvicina ormai paurosamente alle cleptocrazie di alcuni Paesi africani, avendo come pressoché unica attività quella di garantire ingiuste rendite e privilegi alle categorie "protette" a danno della collettività.
  4. Del resto la situazione è analoga a quella che come italiani ci troviamo a subire come mettiamo il naso fuori d'Italia. Italiani, quindi mafiosi, disonesti, sporchi, disorganizzati, corrotti, ecc. Anche lì potrebbero dirci che è un problema di mentalità, che in Italia anche gli onesti (se pure ce ne sono) tollerano un livello di corruzione, di mancato rispetto delle leggi, che in altri paesi sarebbe impensabile... La verità è che bisogna evitare di sparare giudizi su interi popoli e di ragionare per luoghi comuni, altrimenti ognuno è libero di scegliersi i luoghi comuni che preferisce, e se a voi piace immaginarvi una Napoli popolata solo da camorristi e spacciatori, io me la immagino popolata solo da filosofi e scienziati. Sono due cazzate, ma l'una vale l'altra: tutte e due prendono un aspetto della città e lo erstendono a tutta la popolazione.
  5. Leggendo certi (buona parte) messaggi ci sarebbe da farsi girare le scatole, se non fosse che certe affermazioni qualificano solo l'intelligenza e la cultura di chi le scrive. Ma la testa ce l'avete solo per separare le orecchie? (come si dice a Napoli!) Fra Napoli, provincia e comuni limitrofi, nella vostra definizione di Napoletani entreranno circa 3 milioni di persone (se non di più) vi sembra possibile che siano tutti disonesti, tutti ladri (e a chi ruberebbero??), tutti cafoni (vorrei vedere da quali pulpiti..), tutti sfaticati, tutti buoni a nulla, tutti scemi, tutti evasori fiscali (mentre al nord l'evasione non sanno neanche cosa sia...) ecc. ecc.? Non vi è mai venuto in mente che le percentuali di queste categorie di persone sono più o meno le stesse in tutti i popoli? Se poi il discorso si sposta alla "cultura" e alla "mentalità" dei napoletani, prima di sparare con tanta leggerezza cavolate sulla "cultura napoletana" fareste bene ad aprire qualche libro e a studiare un po'. La cultura napoletana ha rappresentato per ca 600 anni il meglio che la cultura di mezza Italia (dall'abruzzo in giù) produceva, essendone Napoli la Capitale. Napoli ha una delle università più antiche di Europa, alcuni settori della cultura italiana sarebbero pressoché inesistenti senza il contributo della cultura napoletana (dalla filosofia, al diritto, alla musica ecc. ecc.). Se poi, veramente volete ragionare sui problemi di Napoli, allora vi renderete conto che alcuni di essi sono comuni (ahimé) al resto d'Italia, magari un po' più gravi, come le conseguenze perverse di uno Stato che ha deciso di non far più rispettare con la forza la legge ai cittadini (vedi i posteggiatori abusivi che sono una piaga in tutta Italia); altri sono comuni a tutte le grandi metropoli (maggiore delinquenza, periferie difficili); e infine altri sono specifici di Napoli, figli della sua storia. Ma questi sono discorsi difficili, pesanti. Tentare di capire perché certe cose sono avvenute in un modo invece che in un altro, perché le cose vanno in un certo modo in una zona e diversamente in altre zone, come si è formata una certa mentalità e perché non cambia nel tempo, cosa si potrebbe e si dovrebbe fare per migliorare la situazione. Lasciamo stare va, ritorniamo sparare cazzate...
  6. Lo so, lo so. Volevo solo rendermi conto di quanto costa allo stato ogni posto di lavoro a Termini Imerese. Il lato comico (o tragico) della cosa è che se un imprenditore siciliano (o non), sfidando la mafia, la posizione geografica svantaggiata, ecc. ecc. decide di aprire una piccola fabbrica (o una cantina per produrre vino) a Termini Imerese, dovrà pagare allo stato tasse, oneri contributivi ecc. tali da raddoppiargli il costo del lavoro... E poi ci si lamenta che in certe zone ci sono solo le cattedrali nel deserto! Mi vado sempre più convincendo che l'unico modo per far nascere una economia sana al Sud sarebbe abolire tutte le forme di sussidi e introdurre le gabbie salariali e una forma di tassazione ridotta. In un solo colpo riassorbiresti l'economia al nero (alla fine, se si lavora al nero è per pagare stipendi più bassi e meno tasse) e daresti a quelli che hanno spirito imprenditoriale (che in parte che oggi sopravvivono lavorando al nero) qualche chance di farcela. Ma tanto non si farà mai, il sistema attuale fa comodo a tutti!
  7. Breve calcolo: 325.000.000 Euro / 4.000 operai = Costo ad operaio 81.250 Euro Per quanti anni basteranno questi soldi prima che mamma fiat rivenga a battere cassa? Facciamo 10? Costo annuo a carico dello Stato per operaio 8.125 Euro pari a 677 Euro mensili (8.125/12). Ora, secondo me, buona parte degli operai di Termini sarebbero ben felici di mettersi in tasca 677 euro al mese senza muovere un dito e poi cercarsi un altro lavoro. Così come ci sarebbero decine di migliaia di imprenditori disposti ad investire a Termini se gli si garantisse che dello stipendio di ogni operaio 677 Euro vengono pagati da Pantalone, magari sotto forma di detassazione. Forse tanti imprenditori si accontentererebbero anche di meno... Peccato che certe condizioni vengano offerte solo a mamma fiat!
  8. Certo che dare in licenza la produzione delle auto premium a quelli che hanno avuto la faccia tosta di produrre il clone della Matiz qualche rischio lo comporta... Fortuna che se ne stanno rendendo conto. La Lybra rimarchiata Zotye non sarà certo d'aiuto all'immagine della Lancia, ma tanto i potenziali clienti europei Lancia in giro per la Cina dovrebbero essere abbastanza pochi. Ma non sarebbe il caso che Marchionne si desse strategia meno ambiziosa e entrasse in Cina un po' alla volta, cercando di costruire un rapporto solido con i partner locali (come ha fatto VW), o andando a produrre da soli (mi sembra che la legge sia cambiata e che Honda lo faccia già)? Occhio che lo stile americano del tutto e subito ha fatto perdere miliardi di $ alle multinazionali USA in Cina.
  9. Non è che sono contenti di chiamarsi così, sono CONVINTI di chiamarsi così! Del resto anche tu se vivi lì hai il diritto (oddio, forse non è previsto dalla legge) di sceglierti un bellissimo nome cinese da scrivere con ideogrammi (che tu non sai leggere!) sul tuo biglietto da visita (altra grande passione dei cinesi)... Cmq ti do un consiglio, quando hai a che fare con i cinesi non tentare di capirli, accettali per quello che sono. Per il resto hai ragione, è ovvio che quando ti trovi ad operare in un paese tanto diverso per lingua, cultura, storia, ecc. ecc. devi avere gli occhi bene aperti e possibilmente affidarti a chi ne sa più di te. Propobabilmente se quella azienda metalmeccanica prima di trasferire lavorazioni e brevetti in Cina avesse speso una decina di migliaia di Euro per farsi assistere da un buon consulente locale e da un buon avvocato, non sarebbe andata incotro a quei guai, ma tanto in Italia ci sentiamo tutti furbi, pensiamo sempre di essere in grado di fregare gli altri, tranne poi restarci male quando incontriamo uno più furbo di noi...
  10. Provando a sintetizzare possiamo dire che le Lancia 1969 - 1986 (cioè era Fiat prima dell'acquisto di Alfa) offrivano: - Motori: il meglio della produzione Fiat (come il bialbero di Lampredi), più il tentativo di produrre qualcosa di autonomo col boxer della Gamma, che cmq non aveva niente in comune con quello della Flavia (se non appunto l'architettura) e almeno all'inizio ebbe terribili problemi di affidabilità. - Telaio: Sviluppo autonomo da parte dei tecnici Lancia nei limiti dei paletti messi da Fiat (schema costruttivo). Quindi erano auto con telai sviluppati in quasi autonomia e motori non Lancia. In cambio si persero quelli che erano i principali tratti distintivi della Lancia, ovvero la qualità costruttiva - ai livelli delle migliori tedesche - e la continua ricerca e offerta di soluzioni tecnologiche originali e avanzate. Ora, sempre IMHO, togliendo questi due elementi si è ucciso il vero spirito Lancia. Tutte le auto della Lancia-Fiat si inseriscono molto bene nella scia delle Fiat di lusso, quelle che prima di acquistare Lancia Fiat commercializzava col marchio Autobianchi (bianchina, Primula, A111, A112), ma non sono all'altezza della tradizione Lancia.
  11. Ragazzi, potete contestare il modo, ma la sostanza di quello che dice Fobello è più che rispettabile e, a mio avviso, più che condivisibile. La Delta Integrale e tutte le altre auto del filmato saranno state auto straordinarie, avranno vinto moltissimo, ma sono figlie della tradizione sportiva fiat, non Lancia. Il Deltone non sarà stato una Ritmo, ma di sicuro col suo 4 cil in linea montato trasversalmente (e stendiamo un velo pietoso sull'origine del motore) non era una Lancia. Credo che la Lancia non producesse più auto con un quattro cilindri in linea dagli anni '20! Ovviamente non la pensano tutti così: dopo l'acquisto di Lancia da Fiat una parte di lancisti accettò il cambiamento (fece amicizia col meccanico, dato che ne avrebbe avuto molto bisogno) e si comprò le varie Beta, Gamma, Delta ecc. L'altra metà si ritirò disgustata al grido di "Non è più la Lancia di una volta", e cominciò a consolarsi con i ricordi dell'epoca della buonanima (Vincenzo Lancia, non quello dei treni in orario), dell'Appia, dell'Aprilia, del panno Lancia, dei primati tecnologici ecc. ecc. Oggi quelli che ancora si ricordano della vecchia Lancia sono rimasti in pochi e hanno una certa età, ci sono però quelli (categoria nella quale mi inserisco) cui è stato inculcato fin da piccoli che la vera Lancia non era quella che montava i sedili di alcantara e la radica sulle macchine della Fiat, ma una casa vecchia e nobile che faceva delle gran macchine, ma che ha smesso definitivamente di esistere nel 1969.
  12. Ma sono il solo a pensare che dall'articolo non ci si capisce un cavolo? E' il solito inglese storpiato dei cinesi, dove non riesci mai a capire se le cose non sono chiare di loro, o sarebbero chiare ma chi scrive non sa l'inglese e quindi non si sa spiegare. Ma chi sta negoziando con Chery? L'impresa di Nanjing che ha la JV con Fiat, i vertici della JV, o direttamente la fiat? Nel testo la Fiat non viene mai menzionata, parlano di Nanjing Fiat, come se i dirigenti della Fiat a Nanchino o quelli della JV potessero decidere autonomamente di far entrare dentro la Chery. Poi la storia dei 15 mld di RMB (1,5 mld di Euro) che la Chery prima sembrerebbe essere disposta a spendere per comprarsi il 50% della JV per poi dire un rigo dopo che non li vale... Per non parlare dell'idea di farsi fare le alfa dalla Chery e poi venderle in Europa...
  13. Fu la rovina della Lancia e dell'Alfa, oltre ad essere uno spreco di risorse in senso assoluto, dato che la Fiat si trovò a dover rinnegare tutto il lavoro che aveva fatto negli ultimi 20 anni per dare a Lancia un'immagine sportiveggiante. "Contrordine compagni!" le Lancia tornano ad essere dei piombi sottomotorizzati e con linee poco emozionali nella tradizione del peggiore Pesenti, e guai a chi osa ricordare cose come la Delta integrale o la Stratos! Sulla storia di Telecom e la paura degli stranieri pensavo a una cosa. Il capitalismo italiano si basa su tutto un insieme di regole scritte e non scritte volte a far controllare tutto ai soliti noti, anche quando non hanno i soldi per farlo. Scatole cinesi, patti di sindacato, incroci azionari, rapporti incestuosi con le banche, ecc. ecc. Poi quando viene uno straniero e vuole comprare, ovviamente secondo le regole, cioè sfruttando anche lui questi begli strumenti, tutti gli saltano addosso. "Ma come?" gridano indignati "Si comprano Telecom con quattro soldi!". Ma perché le altre grandi imprese italiane come sono cotrollate? MTP quanto ha di Pirelli? e gli Agnelli di Fiat? Perché loro sì e gli americani no? La risposta c'è, ma non si può dire ad alta voce: se controllare una società con una quota di capitale bassissimo genera benefici (più o meno stimabili e più o meno legali) - e indubbiamente ne genera - questi devono restare fra di noi, nel salotto buono, fra quelli che contano, mica devono andare agli americani! E' la stessa storia di quando Gianni Agnelli diceva che le azioni non si contano, si pesano. Resta la rabbia degli altri italiani, quelli che stanno fuori del salotto buono, quelli che vendono le azioni in borsa a 2,40€ mentre MTP le vende a 2,82€, che certi sistemi vorrebbero vederli aboliti per tutti e non tollerati quando avvantagginao i soliti noti e condannati quando qualcuno fuori del guiro vorrebbe utilizzarli.
  14. Quindi tu sostieni che preferiscono pagare magari qualcosina in più (almeno nel lungo periodo, dato che cmq in prima battuta pagano meno), ma entrare dalla porta princiale e con l'appoggio di MTP, che è sempre un uomo dell'establishment, piuttosto che sfidare tutto e tutti con un rastrellamento in borsa... Forse hai ragione. In ogni caso, ho visto che c'è un articolo di Mucchetti sul Corriere in cui parlava di possibili manovre delle banche in borsa ma per ora ho letto solo titolo e sottotitolo. Spero di riuscire a leggerlo stasera e di scoprire qualcosa.
  15. Questo non è un forum di finanza, però, bene o male qualcuno che se ne intende si trova in ogni campo, e allora pago da bere a chi mi risolve un enigma su cui mi scervello da ieri. Per quale motivo AT&T e il messicano dovrebbero pagare a MTP 2,82€ ad azione per una quota del 20% di Telecom quando in borsa le azioni Telecom vengono (venivano) scambiate a 2,1€? E' ovvio che esiste il premio di controllo, ma lo si paga a chi ha effettivamente la quota di controllo, magari superiore al 50%, non a chi ha un misero 20%! AT&T e il mex non potrebbero rastrellare in borsa il 21% (al di sotto degli obblighi di opa, che scattano solo quando si raggiunge il 30%) e fare il bello e cattivo tempo alla prossima assemblea dei soci? Inoltre, pagano un premio di controllo per acquistare il 20%, ma che "controllo" acquistano se c'è sempre il rischio che arrivi qualche altro "capitano coraggioso", magari italiano e pesantemente appoggiato dalla politica, che rastrellando azioni in borsa gli faccia le scarpe? Ripeto, stavolta non ci sarebbe nanche bisogno di fare una costosa opa totalitaria come all'epoca di Colaninno. Certo, c'è il fatto è che, acquistando da MTP, AT&T e il messicano non dovrebbero pagare effettivamente il 20%, ma grazie al sistema delle scatole cinesi, gli basterebbe acquistare il 66% di Olimpia per controllare il 20% di Telecom, quindi in pratica pagherebbero solo il 13,2% di Telecom. Ma anche questa tesi vale fino a un certo punto, dato che MTP pretende una put per il restante 33% di Olimpia, quindi prima o poi dovranno comprare anche quello. Di tutti gli articoli di giornale che ho letto ieri, solo uno sul Foglio faceva questa osservazione e concludeva che probabilmente la mossa di MTP è un bluff per alzare il prezzo con le banche italiane... Boh, attendo lumi!
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