Vai al contenuto

Inizio del crollo economico?


Guest DESMO16

Messaggi Raccomandati:

Torino: non chiude lo stabilimento Indesit di None

21 Maggio 2009 20:28 ECONOMIA

TORINO - Lo stabilimento Indesit di None, nel Torinese, non chiudera'. L'azienda, che fa parte del gruppo Merloni, ha infatti trovato un accordo con i sindacati, secondo il quale l'impianto continuera' a produrre il 70% delle lavastoviglie da incasso e a ospitare le attivita' di ricerca e sviluppo. L'accordo e' definito "un passo importante per il futuro dell'area industriale di None". La Indesit mantiene in Italia il quartier generale di Fabriano, otto stabilimenti produttivi, il centro ricerche del Gruppo, la logistica e le attivita' di marketing per un totale di oltre 5.500 dipendenti su un totale di 17.000. (Agr)

Una buona notizia per il lavoro italiano ;)

 

花は桜木人は武士

Link al commento
Condividi su altri Social

  • Risposte 676
  • Creato
  • Ultima Risposta

I più attivi nella discussione

I più attivi nella discussione

Una buona notizia per il lavoro italiano ;)

[sIGPIC][/sIGPIC]

Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

Link al commento
Condividi su altri Social

da corriere.it

Rischi di nuove bolle speculative»

I timori di banchieri e ministri

Il confronto sulle vie d'uscita dalla crisi al centro dei seminari Aspen di Venezia

Da uno dei nostri inviati Federico Fubini

VENEZIA – Giulio Tremonti ama paragonare la crisi a un videogioco nel quale uno dopo l'altro spuntano sullo schermo mostri da abbattere. Nella metafora del ministro dell'Economia, l'ultimo di questi ha un aspetto familiare: somiglia tanto a una bolla. Innocua e anzi gradevole, fino al momento in cui esplode. Proprio il sospetto di veder nascere una nuova «mini-bolla» speculativa sulle rovine del sisma finanziario dell'ultimo anno è affiorato nei due giorni di seminari dell'Aspen Institute Italia chiusi ieri a Venezia. Coperti dalle regole di anonimato del dibattito, ne hanno parlato vari banchieri d'affari e responsabili di politica economica. E fin dall'inizio è parso chiaro che più che di un'ipotesi si tratta di un rischio reale per molti i Paesi avanzati: Italia inclusa, visto che da marzo Piazza Affari è rimbalzata con anche più forza di Parigi o Francoforte, a loro volta salite di oltre il 20%. Hugo Dixon, il celebre analista inglese, vi legge l'effetto dei tassi ufficiali vicini allo zero e delle enormi iniezioni di denaro delle banche centrali: gli istituti privati si finanziano quasi gratis e riversano liquidità sulle Borse ridotte fino a poco fa a prezzi di saldo. Sarà per questo, ma Lorenzo Bini Smaghi della Bce ha finito per notare, tagliente, che nessuno si lamenta più delle minaccia di deflazione.

Il problema è che scorre molto di meno il credito alle imprese, quello che serve per investire e creare posti. Quello, anche, in nome del quale in teoria le banche centrali sono intervenute come mai prima da quando esistono. Pesa sì la caduta dell'export, che paralizza i produttori: il leader della Cgil Guglielmo Epifani, anche lui presente ieri ai seminari dell'Isola di San Clemente a Venezia, stima che un terzo delle imprese italiane non riesca più a vendere all'estero; a questo proposito, il presidente della Bocconi Mario Monti è preoccupato «per i rischi di ritorno del protezionismo». Conta però anche la cautela delle banche. Ieri Alessandro Profumo non ha cercato di abbellire il quadro: «Quasi un'impresa su quattro a cui forniamo credito è in perdita», ha detto. Quanto a questo l'Italia di oggi è davvero pienamente europea. Philippe Maystadt, presidente della Bei, ha dato la cornice: nell'area euro quasi la metà delle banche è diventata più esosa nel prestare denaro. È il bollettino di una recessione in corso nella quale, avverte il numero due del Fmi John Lipsky, «è ancora troppo presto per dire che i rischi sono alle spalle e che la riduzione del debito nel sistema finanziario è già finita. Non lo è affatto».

È però il momento giusto per chiedersi come funzioneranno le grandi economie all'uscita dal tunnel, a partire dai Paesi esportatori oggi rimasti senza mercati. Epifani e l'ex premier Giuliano Amato pensano che ora l'Italia debba sostenere i consumi delle famiglie. Per Tremonti invece «la caduta del commercio internazionale non è così drammatica da obbligarci a ridisegnare la società». Su un punto invece tutti, italiani e non, ieri erano d'accordo: gli Stati sono rientrati nell'economia e ora non se ne andranno tanto facilmente. Non ci riuscirebbero neanche se volessero. Nota Bernardo Bortolotti della Fondazione Mattei che i proventi delle privatizzazioni in tutto il mondo dal ‘70 a oggi «valgono meno degli interventi pubblici dell'ultimo anno». E che i governi vogliano mollare la presa, non è detto: «Non siamo solo in una recessione, siamo in una trasformazione — ha commentato l'ex capo del Fmi Rodrigo Rato — la logica del capitalismo è tornata in gioco».

Mi sa che qui veramente siamo ad un passaggio.....il mondo sta veramente sterzando .....

dove andremo?........:|:roll:

Modificato da Matteo B.
Link al commento
Condividi su altri Social

ma sopratutto "tenendo in appoggio" o in drift ?

e non e' una semplice battuta , infatti lasciando da parte i toni catastrofistici (tanto per questo c'e' sempre il 2012) il punto e' che se da un lato, che ci sia "qualche cosa" che non ha funzionato, ormai e' noto anche ai piu'

anche per i "meno" cui questo era ormai chiaro da tempo e che sarebbero pronti (nel mio caso in trepidante attesa) la svolta non e' semplice perche' nessuno sa' immaginare qualche cosa di nuovo (a cominciare dai clienti)

Modificato da owluca
Cita

7:32 : Segni i punti coglionazzo !

Link al commento
Condividi su altri Social

la verità è che siamo ben lungi non solo dall'uscita del tunnel

ma anche dall'inversione di tendenza. Mi sembra che il vero sforzo dei governi non sia nel risanare o aggiustare la situazione, ma piuttosto

che si propaghi il panico o il pessimismo nero. Da noi in fondo il problema principale sembra sia con chi va a letto berlusconi...

e che la gente comunque va' al mare, un mio amico brasiliano mi ha detto che anche in brasile quando c'era l'inflazione a mille mila

la gente andava in massa al mare qui invece viene preso come più importante indicatore economico.

Link al commento
Condividi su altri Social

  • 1 mese fa...

Mi mancava questo topic....

» 2009-07-02 14:43 CONTI PUBBLICI: ISTAT, DEFICIT/PIL I TRIMESTRE 9,3% ROMA - Il rapporto tra deficit e Pil nel primo trimestre si è attestato al 9,3%. Lo riferisce l'Istat, ricordando che nel primo trimestre 2008 era stato del 5,7%. Il rapporto tra deficit e pil al 9,3% risulta essere il dato piu' negativo almeno dal 1999, anno in cui e' cominciata la serie statistica dell'Istat.

L'Istat ricorda che il dato diffuso oggi sull'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è conforme alle regole di contabilità europea (sec 95) ma "differisce dalla stima annuale calcolata ai fini della notifica dei parametri di Maastricht". La differenza tra i due metodi di calcolo riguarda il trattamento delle operazioni di swap. Da ricordare anche che tradizionalmente il primo trimestre dell'anno è quello in cui si registra il rapporto più alto tra deficit e pil, che poi nel corso dell'anno viene corretto con le decisioni di politica economica. In valore assoluto l'indebitamento netto registrato nel primo trimestre è pari a 34,082 miliardi di euro.

Nel primo trimestre 2009 le entrate totali sono diminuite, rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente del 2,8% con un incidenza sul prodotto interno lordo del 39,9%. Lo comunica l'Istat ricordando che l'incidenza delle entrate sul pil era stata del 39,8% nel corrispondente trimestre del 2008.

Nel primo trimestre 2009 le uscite totali invece sono aumentate in termini tendenziali del 4,6%. Il loro valore in rapporto al pil e' stato pari al 49,2% (era al 45,6% nel corrispondente trimestre del 2008).

Nel primo trimestre 2009, il saldo primario, ovvero l'indebitamento delle amministrazioni pubbliche al netto degli interessi passivi, è risultato negativo e pari a 16.865 milioni di euro (era -3.133 milioni di euro nel corrispondente trimestre del 2008), con un incidenza negativa sul pil del 4,6%. Lo comunica l'Istat ricordando che nel primo trimestre del 2008 il saldo primario sul pil era pari a -0,8%.

CI SEDEMMO DALLA PARTE DEL TORTO VISTO CHE TUTTI GLI ALTRI POSTI ERANO OCCUPATI

Link al commento
Condividi su altri Social

Crea un account o accedi per lasciare un commento

Devi essere iscritto per commentare e visualizzare le sezioni protette!

Crea un account

Iscriviti nella nostra community. È facile!

Registra un nuovo account

Accedi

Sei già registrato? Accedi qui.

Accedi Ora

×
×
  • Crea Nuovo...

 

Stiamo sperimentando dei banner pubblicitari a minima invasività: fai una prova e poi facci sapere come va!

Per accedere al forum, disabilita l'AdBlock per questo sito e poi clicca su accetta: ci sarai di grande aiuto! Grazie!

Se non sai come si fa, puoi pensarci più avanti, cliccando su "ci penso" per continuare temporaneamente a navigare. Periodicamente ricomparità questo avviso come promemoria.