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the_gallas27

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Riporto su il mio topic per scrivere una interessante ed importante segnalazione :mrgreen:.

Questa settimana lo stabilimento ha aperto le porte per ospitare un'eccezionale Bugatti EB110 GT (con i cerchi della SS) protagonista di un reportage che verrà pubblicato a breve dal giornalista Davide Cironi (magari alcuni di voi lo conoscono, per chi non lo conoscesse, vale la pena guardare qualche suo video su Youtube ;)).

Ecco qualche immagine della giornata e un breve video con il ruggito del V12 da 550 CV "made in Campogalliano" realizzato all'interno dello stabilimento.

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Segnalo che un esemplare di EB110 SS di provenienza teutonica (appena revisionato nella vicina B.Engineering), è stato oggetto di un servizio realizzato per conto di una rivista statunitense.

Per fortuna, il ricordo di questa fantastica vettura e avventura, è ancora vivo!!

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Breve video, realizzato non dal sottoscritto, in cui si può assaporare il sound pieno del V12 da 600 CV :mrgreen:

http://vid787.photobucket.com/albums/yy155/the_gallas27/VID-20150402-WA0001_zps0vfx46xf.mp4

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E' una delle tappe che mi sono prefissato. Visitare questa struttura, e il non troppo distante Museo Nicolis a Villafranca.

A fine luglio conto di farlo, se sei della zona, mi farebbe piacere la compagnia di un appassionato. Porterei mozzarelle in segno di gratitudine :D

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  • 2 settimane fa...
E' una delle tappe che mi sono prefissato. Visitare questa struttura, e il non troppo distante Museo Nicolis a Villafranca.

A fine luglio conto di farlo, se sei della zona, mi farebbe piacere la compagnia di un appassionato. Porterei mozzarelle in segno di gratitudine :D

Molto volentieri Gianmy.

Io a regola dovrei andarci ad inizio/metà maggio, ma ciò non vieta che ci ritorni a luglio. Di certo non mi dispiacerebbe ;)

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Auto fantastica che tra l'altro, nel complesso, non risente affatto il peso degli anni .. (magari qualcosina il posteriore) .

Grazie di condividere con noi tutto ciò ;)

Forse è già stato detto ma curiosità, Per la manutenzione i proprietari a chi si rivolgono ?

Modificato da KALEL

Autopareri: based on a true story

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Auto fantastica che tra l'altro, nel complesso, non risente affatto il peso degli anni .. (magari qualcosina il posteriore) .

Grazie di condividere con noi tutto ciò ;)

Forse è già stato detto ma curiosità, Per la manutenzione i proprietari a chi si rivolgono ?

Figurati, grazie a voi per i commenti e gli apprezzamenti.

Per la manutenzione, che io sappia, al momento in cui scrivo l'unica officina autorizzata per EB110 ed EB112 (diciamo più che altro i prototipi della EB112 :D) è la B.Engineering, che sorge praticamente a fianco lo stabilimento Bugatti.

Voci di chi ha avuto il piacere e l'onore di visitare i capannoni, riportano la presenza di più di una EB110 e, non da meno, di un paio di Edonis, la derivata della EB110 progettata dagli stessi tecnici della B.Engineering.

E non è affatto vero che sia "morta".....:mrgreen:

Colgo l'occasione per segnalare quello che ritengo essere il migliore (nonchè l'unico) sito interamente dedicato alla EB110, che comprende anche gustose chicche, come tutti i numeri di telaio delle auto prodotte e i relativi acquirenti, nonchè i successivi. Vale la pena dedicargli una decina di minuti ;):

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Inviato (modificato)

La rivista inglese "Classic and Sports Car" ha pubblicato nel giugno 2014 un articolo frutto di un bellissimo reportage svolto all'interno della fabbrica e a bordo di due EB110.

L'ho tradotto fedelmente per rendervi partecipi di un racconto affascinante, tra passato e presente, raccontato da chi quella storia l'ha vissuta.

L'articolo è parecchio lungo, per cui prendetevi una ventina di minuti per leggerlo con calma, spero che vi farà piacere ;).

Gli italiani tendono a guardare avanti, ma noi inglesi indulgiamo nella nostalgia. Non più, da quando due Bugatti EB110, bolide da 200mph e 4 ruote motrici, che venivano testate in giro per l’Emilia-Romagna a metà anni ’90, sono tornate indietro al loro paese di nascita Campogalliano.

Gli occhi da aquila degli abitanti del luogo potrebbero non aver notato la non familiare targa inglese della GT marrone e la più rara Super Sport blu, mentre sfrecciavano attraverso le pianure a nord-ovest di Modena.

Il duo è in missione per essere le prime Bugatti a ritornare presso la fabbrica da sogno di Romano Artioli, da quando la bancarotta costrinse la sua chiusura nel 1995, dopo solo quattro anni di produzione e 150 vetture prodotte.

La SS blu - una delle sole 31 prodotte - venne costruita su ordine speciale prima del fallimento, perché Artioli volle la sua EB110 personale, come celebrazione del progetto. Le caratteristiche tecniche erano 60 valvole, 4 turbo, motore da 3.5 litri V12 montato longitudinalmente e potenza stimata fra i 553 e i 603 bhp.

Con soli 14.000 km sul tachimetro, fu acquistata all’asta dal rivenditore di Londra Gregor Fisken all’Arcturial Retromobil 2013, per 448.900€. Il suo carattere benevolo è stato provato recentemente quando la moglie di Fisken ha celebrato il passaggio del test di guida con un giro intorno a Londra nella SS. Gregor non poteva venire fino qui, ma ha invitato il piede caldo a Le Mans e per le GT, Sam Hancock.

Non c’è niente come guidare ottime autobomibili nelle strade in cui furono sviluppate, e abbiamo assaporato ogni miglio con il sole che tramontava attraverso i campi.

“Che pezzo d’automobile!”, afferma con entusiasmo Hancock dopo il suo primo giro con la “più tranquilla” EB110 GT. “Più guidiamo, più sono entusiasta di questa splendida auto. La F40 è la mia supercar preferita di ogni epoca, ma questa la fa apparire addomesticata. Le portiere a forbice sono esattamente come le avrebbe disegnate un bambino, e il tasto per aprirle le dà un tocco da casinò. Sebbene pensassi che le quattro ruote motrici avrebbero solo aumentato il peso e la complessità, mi sono ricreduto. Sono sorpreso da quanto sia facile guidarla per la città, così come le prestazioni sono espresse al massimo quando schiacci l’acceleratore”.

Ci siamo fermati per il pieno prima di arrivare a destinazione e, con le portiere a forbice aperte come le ali di un aereo da caccia, la EB110 attira velocemente quattro benzinai annoiati che riempiono volentieri i serbatoi separati. Arriva una donna con una Fiat ma non viene considerata - anche dopo aver agitato le banconote - e riparte per un altro benzinaio.

Sia io che Hancock siamo d’accordo sul fatto che il V12 suona parecchio silenziato e meriterebbe un ruggito più forte per scatenare più di un pensiero.

“Abbiamo installato uno scarico sportivo per un cliente tedesco, ma dopo mezz’ora era assordante”, ricorda l’ex collaudatore Federico Trombi (ora tecnico alla B.Engineering, ndr), che ci saluta con una seconda EB110 SS “i quattro turbo riducono il rumore del motore e sono sempre tornato rilassato dopo gli innumerevoli spostamenti dalla fabbrica fino a Monaco, sebbene i turbo suonavano magnificamente attraverso i tunnel”.

La GT marrone è di proprietà del broker Simon Kidston (di cui avevo pubblicato il video qualche post fa, ndr) che fortunatamente parla un fluente italiano e, dopo molte chiamate, lavora con il suo charme Ezio, il custode dello stabilimento vuoto. Nel tardo pomeriggio, al ritorno da un altro lavoro, accetta di aprire i cancelli e guidarci intorno. Nessuno degli ex operai Bugatti è più tornato qui dal 1995, perciò questo è un momento molto emozionante. “Mi sento come il soldato giapponese che si è nascosto nella giungla e non si è reso conto che la guerra è finita” scherza Ezio, che vive nella vecchia proprietà di Artioli.

E’ uno scenario molto alla James Graham Ballard quando le tre EB110 seguono la sua malconcia Fiat Panda attraverso l’ingresso principale al crepuscolo. Il ronzio del V12 che gira al minimo è quasi annullato dal costante frastuono dell’autostrada A22 mentre ci muoviamo lentamente attraverso la strada di servizio e la pista di prova che corre intorno all’edificio principale. I nostri fari incrociano gli occhi di innumerevoli leprotti attoniti, nel campo dietro la fabbrica.

“Una sirena d’allarme suonerebbe, e le luci rosse intorno agli edifici inizierebbero a lampeggiare, per avvertire gli altri operai che le auto stavano per girare”, dice Trombi. Alzando lo sguardo, noto l’enorme logo Bugatti nella nota unità blu (l’edificio con le sale prova, ndr). Fu dipinto quando VW acquistò la famosa Marca, ma l’ovale rosso e bianco sta lentamente riaffiorando, dal momento che la vernice si è staccata dopo 16 calde estati.

L’ex personale Bugatti si muove piano quando il fedele custode apre la porta principale del defunto reparto d’assemblaggio. Mentre il cielo diventa arancio e turchese attraverso il tetto di vetro, ci meravigliamo davanti allo spazio spettrale dove un tempo c’era una frenetica, ottimistica scena. Ora i pozzi sono pieni di macerie, olio e acqua, oltre alla cabine grigie che sono morte da tempo. I fari delle vetture illuminano la linea di montaggio, dove ancora sono presenti le lampade di ispezione e i power points (non ho saputo come tradurlo…), mentre attraverso le vetrate laterali si possono vedere gli enormi loghi “EB”, che decorano i muri dell’edificio.

“Questa era un fabbrica molto all’avanguardia quando fu costruita, e venne utilizzata molta “filosofia verde””, spiega Ezio. “I banchi di prova del motore facevano funzionare l’aria condizionata in estate e il riscaldamento in inverno. Tutto l’olio utilizzato era biodegradabile. Romano (Artioli, ndr) era appassionato di giardinaggio, e c’erano sempre fiori che sbocciavano”.

Trombi ricorda in maniera vivida i suoi ultimi 20 giorni qui dentro: “C’erano 12 di noi del reparto corse che lavoravamo sull’esemplare di Le Mans di domenica mattina e i cancelli principali erano chiusi. Così abbiamo scavalcato il muro per uscire e, dopo quel giorno, non sono più tornato dentro fino ad oggi”.

L’atmosfera si intensifica mentre scende il buio e le EB110 si muovono nell’oscurità. Quasi quasi penso di far partire un po’ di musica elettronica anni ’90 per frantumare la calma inquietante, ma straordinariamente - in questa regione povera - la fabbrica è rimasta illesa dal vandalismo e i graffiti. E’ un’autentica “Mary Celeste” della produzione automobilistica.

Ezio accetta pazientemente di farci fare un giro della sede con le torce. Seguendo il sentiero di marmo bianco, arriviamo all’area reception, dove un tempo c’era una Type 35. Vecchie riviste di auto raccolgono polvere, mentre le ultime voci sul libro dei visitatori risalgono a luglio 1995. E’ ancora presente una bandiera giapponese come ricordo della presentazione della EB110 a Tokyo e le mura presentano crepe dovute al terremoto. Lo showroom circolare ha un soffitto spettacolare, ispirato alla ruota di una Type 59 e in un angolo sono presenti delle tazzine di caffè non lavate. “C’era un busto di Bugatti, ma è stato rubato”, afferma Ezio. “L’accesso allo showroom era negato all’80% del personale, e questa è la piattaforma dove Romano ha tenuto discorsi impressionanti”.

Al piano superiore c’è il centro del design, il cui ultimo progetto è stata una jeep per l’esercito italiano: “Le pareti erano mobili, così il personale poteva arrivare un lunedì e trovare il suo ufficio più piccolo o più grande”. L’unico foglio rimasto nell’ufficio di Artioli è un biglietto da visita di un banchiere di Modena. “nel corso degli anni”, aggiunge Ezio, “sono stato contattato da visitatori che hanno avuto il mio numero, incluso un argentino. Si scoprì essere Horacio Pagani, che cercava un posto dove costruire la Zonda”. Ci sono stati diversi progetti per questa struttura monumentale - anche una industria della seta - ma attualmente è di proprietà da un avvocato di Roma, che se l’è assicurata per un’inezia. Il suo futuro però è ancora un rebus. Durante l’asta fallimentare, la auto inconcluse e i pezzi sono stati comprati da Gildo Pallanca Pastor, del Monaco Racing Team, che ha venduto rapidamente ciò che non voleva e 16 container da 6 metri sono stati trasportati in treno in Germania, alla Dauer, che costruì una manciata di automobili.

Campogalliano può sembrare una sonnolenta città italiana, ma non ha rescisso completamente i suoi legami con Bugatti. Prima di tornare a Modena, deviamo verso un magazzino dall’aspetto anonimo, non lontano da Largo Ettore Bugatti. Dentro l’enorme laboratorio della B.Engineering, sono sbalordito nel trovare 6 EB110, diversi nuovi telai in fibra di carbonio e abbastanza pezzi di ricambio per costruire cinque auto. Sotto i teli ci sono una Lotus Elise seminuova, una DS arruginita, lo chassis di una Countach e, in un angolo, una Edonis a trazione posteriore basata sulla EB110, color oro.

“L’abbiamo presentata al salone di Ginevra nel 2000, la potenza è data da un Bugatti V12, ma con due grandi turbo anziché quattro”, dice uno degli ex partner Bugatti, Jean-Marc Borel, uno dei bracci destri di Artioli alla Bugatti Automobili spa.

Sapendo degli stretti legami di Borel con la vecchia compagnia, gli chiedo i punti salienti dei suoi 4 anni alla Bugatti: “Quando la rivista automobilistica tedesca Auto Motor und Sport pubblicò il test di un gruppo di supercar - con Michael Schumacher che valutava una Ferrari F40, una Jaguar XJ220, una Porsche Turbo, una Lamborghini Diablo e la nostra Bugatti EB110 - fu speciale. Usarono il terreno di prova Mireval della Goodyear, nel sud della Francia, e Schumacher fu talmente impressionato dalla Bugatti che decise di prenderne una. Fu un grande giorno quando visitò la fabbrica per prendere la sua EB110 SS gialla con gli interni di una GT (di colore blu, ndr). Ne furono costruite solo due con tale specifica”.

Quale posto migliore per portare la vostra EB110 per un tagliando alla squadra che ha costruito l’auto e, durante la visita, distrarsi dai drammaticamente stupendi V12 in esposizione? Con le teste dei cilindri visibili, è affascinante vedere la distintiva configurazione a cinque valvole della EB110 e i turbo della IHI.

“Come per Maserati”, rivela Trombi, “abbiamo avuto dei problemi con i primi turbo che diventavano molto caldi, cristallizzando l’olio. Così, dopo le prime 40 auto, cambiammo il disegno dei cuscinetti a sfera, che conferivano una maggiore velocità di rotazione della turbina e producevano una maggiore coppia ai bassi regimi. Tutte le SS sono state prodotte con questa modifica”.

Abbiamo avuto un ospite segreto a cena quella sera, di cui non scriverò il nome in quanto tra gli ex dipendenti Bugatti c’è ancora adesso un po’ di malumore. Appena ci siamo seduti in un allegro ristorante a conduzione familiare lungo la Via Emilia, sono sbalordito nel vedere arrivare Paolo Stanzani. Uno stretto collaboratore di Ferruccio Lamborghini, questo arzillo 77enne, figura chiave sia nel progetto Miura che Countach, nonché EB110, anche se oggi preferisce la sua amata Lancia D20. Dopo che la divisione trattoristica fu venduta nel 1972, Lamborghini fu costretto a vendere anche la divisione automobilistica, ma rimase amico con Stanzani. “Perdendo il mercato automobilistico, Ferruccio è come se avesse perso la sua voglia di vivere”, dice, “e nel 1985 incominciò a parlarmi di alcuni piani per ricominciare. Dopo il Salone di Torino del 1986, fu organizzato un incontro con Artioli, che era molto entusiasta del progetto. Era troppo regolare (inteso come progetto “liscio come l’olio”, traduzione di “smooth”, ndr) per Ferruccio, che non era interessato a riportare il cadavere di una Casa automobilistica in vita, ma il discorso dei soldi lo tentava”.

Alla fine, Stanzani accettò di far partire il Dipartimento per lo Sviluppo con una quota del 30% - sebbene l’impazienza di Artioli e la sua grandissima ambizione l’hanno sempre fatto sentire a disagio. Come dice Stanzani: “Abbiamo sviluppato il primo prototipo velocemente, ma Artioli non era contento delle proposte di Gandini. Continuava a dire che stavamo cercando di fare un’altra Lamborghini, così portò dentro la Compagnia suo cugino [Giampaolo] Benedini. La forma, lo stile, era privo di personalità. Tentarono troppo forzatamente di creare la parodia di una Bugatti mentre avrebbero dovuto partire da zero. Per di più, Artioli non era un industriale, e ha cercato spesso di bluffare (inteso come sviare gli altri per raggiungere il proprio scopo, ndr) – in particolare sul valore della società. Ha perso una grande opportunità con il produttore di strumentazioni meccaniche Mandelli, e ha sprecato denaro in cose inutili, come la stravagante fabbrica. I nostri fornitori cominciarono ad innervosirsi quando cominciò a trattare come spazzatura (traduzione letterale del verbo “rubbishing”, ndr) la Ferrari. Così come Ettore, anche lui aveva delle idee riguardo una clientela ristretta. Sono sicuro che Artioli volesse solo persone reali con il sangue blu al volante delle sue automobili”.

Queste divergenze causarono un separamento e Stanzani fu sostituito da Nicola Materazzi, il cui CV includeva la Stratos e la F40: “Mi è dispiaciuto il modo in cui è finito tutto malamente, ma la macchina stabilì molti primati e il V12 era eccezionale. Paul Frere era un amico, e valutò la EB110 come la miglior supercar”. La cena termina con una notizia più allegra, con Stanzani che ricorda entusiasta i migliori anni in Lamborghini e le avventure dei test con Bob Wallace. “L’atmosfera era totalmente opposta a quella Bugatti”, dice. “Avevamo una sola mensa che era comune a tutti – direttori, personale e clienti.”

L’ultima mattina è tutta dedicata alla guida, perché abbiamo in programma di incontrare Loris Bicocchi presso la fabbrica e seguirlo lungo il vecchio percorso di prova ad ovest di Bologna, nella regione della Garfagnana. Il background di Bicocchi con le supercar è impressionante, cominciando con Lamborghini (l’ultima Countach e il prototipo della Diablo), poi Bugatti, Pagani e Koenigsegg, in più ora è il collaudatore principale della Veyron.

“Lavorare qui è stato il periodo più bello della mia vita”, ricorda Bicocchi. “Gli obiettivi erano ambiziosi, ma avevamo un fantastico team di grandi tecnici che venivano dalla Maserati, dalla Ferrari e dalla Lamborghini. L’atmosfera era molto ispirante e sviluppammo molte idee innovative, tra cui dischi freni flottanti (traduzione letterale di “floating”, ndr) ed anche il nostro personale sistema ABS. La EB110 era incredibilmente stabile alle alte velocità. Ricordo che intorno a Nardò, alla velocità di 334km/h, abbassai lo sguardo per controllare la temperature delle valvole, e la macchina continuò ad andare dritta. Non lo potevi fare con nessun’altra supercar. Romano è stato come un secondo padre per me. Era un po’ matto, ma in senso buono. I miei colleghi in Lamborghini pensavano che fossi impazzito ad andare in Bugatti, ma sapevo che stavo prendendo la giusta decisione non appena accendemmo il primo motore del prototipo. Tutte le auto che ho guidato suscitano in me diverse emozioni, ma la EB110 è il massimo, perché rappresenta un periodo molto speciale della mia vita”.

Mentre Bicocchi e i suoi vecchi colleghi esplorano il loro vecchio luogo i lavoro, provo la SS intorno al tracciato, lungo il quale molti giornalisti hanno provato per la prima volta la nuova Bugatti per i loro scoop nell’Aprile 1992. La plancia in pelle e radica della GT rappresentano un anticlimax dopo aver aperto le fantastiche portiere a forbice – più in stile Ghia che in stile razzo stradale esotico – mentre lo stile molto minimalista della SS crea un’atmosfera migliore. I pannelli di rivestimento degli strumenti neri, i sedili in fibra di carbonio Poltrona Frau, il materiale trapuntato che riveste il tunnel, raggiungono maggiormente l’obiettivo. Il volante Nardi e il pannello di azionamento degli interruttori in stile aeronautico, l’ABS e i due serbatoi per il carburante aumentano l’aura dell’abitacolo, così come il grande contagiri al centro, di fronte al guidatore, con il fondo scala a 10.000rpm. Molti orpelli di lusso furono tolti nella versione SS, inclusi i vetri elettrici, mentre lo spoiler posteriore motorizzato della GT, diventò qui uno spoiler fisso, rendendo lo specchietto retrovisore ridondante. Ma anche nel modello alleggerito c’è un lettore di cassette Nakamichi.

Inserita la chiave con l’enorme logo “EB” in pelle, il V12 inizia istantaneamente a suonare con uno stridio attenuato, ma accompagnato da un sacco di ronzii metallici che vengono da dietro. Il cambio a 6 rapporti sembra “vuoto” e riluttante alle basse velocità – e ci mette tempo a riscaldarsi – ma l’azione attraverso la corta, tozza leva del cambio diventa migliore, più agile mentre si scala marcia. Il motore sembra trattabile, delicato e sofisticato più che emozionante, finchè i piccoli turbo iniziano a girare "drammaticamente" a 4000rpm. Le asperità sono ben attenuate, anche se l’auto è ferma come ci si aspetterebbe da una vettura da 220mph. Nelle asperità maggiori, le sospensioni sono rumorose, ma tutto incomincia ad appianarsi con la velocità.

Dopo qualche giro mi sento abbastanza in confidenza per schiacciare a fondo l’acceleratore sui brevi rettilinei, e le prestazioni approdano ad un’altra dimensione. L’esplosione di potenza è incredibile e la combinazione di spinta e trazione spediscono la EB110 al livello successivo come un missile della NASA. Infine, la colonna sonora si unisce a questo momento non appena il quartetto di turbine IHI entra in azione soffiando. C’è spazio per usare solo le marce più basse, ma un pugno poderoso ti inchioda al sedile e procura un enorme, birichino, sorriso.

In seguito, su strade più veloci, sia io che Hancock rimaniamo impressionati dalla dolce e rassicurante erogazione di potenza, completamente in contrasto con l’irritabile e istrionica F40. Le note emesse dal motore si trasformano in un ringhio distintivo vicino al limitatore, ma più interessante è l’incredibile frustata (traduzione leggermente libera ma che rende bene l’idea, ndr) della wastegate quando togli il piede dall’acceleratore nelle curve.

Abbiamo bisogno di strade più tranquille per provare realmente la EB110 e, seguendo Bicocchi sulle familiari strade verso Pavullo nel Frignano, il ritmo aumenta così come il traffico diminuisce. Una Ferrari nuova che torna verso Modena ci fa i fari e Hancock deve lavorare sodo per inseguire la GT. Dopo un’avvincente corsa di gatto che insegue il topo tra i due grandi piloti in cima alle colline, ci fermiamo per un indispensabile caffè. “C’è una straordinaria quantità di trazione data dalle 4 ruote motrici e, per quanto ci provi, non puoi farle perdere aderenza”, afferma Hancock. “Solo quando freni diventi veramente consapevole del peso in più, e i dischi flottanti non sono decisi come mi aspetterei. La ponderazione (traduzione letterale del termine “weighting”, ndr) e la ratio dello sterzo assistito sono perfetti, ma si appesantisce molto nei tornanti e sei costretto a controsterzare (traduzione libera di “shuffle the rim” che non sapevo come meglio interpretare, ndr). Uscire dalle curve strette è una sfida, perché si è ancora troppo lontani dalla fascia di potenza, ma mantenendo i turbo in pressione, la performance è fenomenale. Dai 5000rpm fino ai 9000rpm sembra di essere incatenati ad un missile – con nessun segno di cali di tono e potenza.

Hancock aveva un poster di una EB110 in camera quando era un ragazzo, ma non ne aveva mai vista una dal vero fino a questo viaggio: “Per essere una così grande ma datata automobile, mi ha veramente impressionato. Insieme alla McLaren F1, segna la fine di un’era prima che tutto diventasse così pieno di elettronica e gadget”.

Oggi come oggi la Bugatti Italiana sembra di grande valore, soprattutto se si considera che si potrebbe acquistare la maggior parte delle SS prodotte per il prezzo di una F1. Tuttavia, il motivo per cui la EB110 non induce lo stesso fermento delle sue rivali è difficile da individuare, ma forse il suo stile poco ortodosso e la sua ingegneria intelligente affievoliscono l’animo ardente che alimenta il desiderio di una supercar superlativa. Una cosa però è certa: non c’è stata mancanza di passione durante lo sviluppo della EB110.

Un'immagine della giornata sulle EB110, tratta dall'articolo

Road-test-Bugatti-EB110-and-EB110SS-Drive-My-com-2014-01_zpsdchkc58p.jpg

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