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F1 2024-2025 - Spy, Notizie, Ecc.


Sarrus

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Mi tirerò contro gli insulti di molti....ma a cambiare di nuovo non ci guadagniamo nulla.

 

Binotto è un ottimo tecnico, su questo nessuno (credo) ha dubbi.

 

Una cosa che bisogna tener presente, è che ha fatto da filtro, specialmente nell'ultimo periodo. 

Non è Binotto quello da rimuovere, anzi penso che dentro bruci di riscossa dopo tutto quello che è stato e che viene vessato.

 

Il problema sono Rueda, Mekies ecc, che probabilmente, sono bravi ma non "pronti" per duellare con strategie impreviste dettate dalle mutevoli condizioni di gara, e dalla bravura dei loro colleghi di RB e MB.

 

Personalmente, non cambierei Binotto, cambierei chi gli sta attorno che non funziona.......e metterei il tappo alla bocca di Sainz senior, sennò minaccerei di sbattere fuori il figlio (fossi Elkann). Detto questo mi ripeto, cambiare ancora non servirebbe a nulla, andrebbe rifondato tutto.....di nuovo, con purgatorio annesso. :-(

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in garage: MY22 BMW M3 Competition Xdrive G80 + MY22 Jaguar F-Pace SVR

 

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L’Orgia del Potare

A tradire Mattia Binotto sono state l’incapacità di delegare e l’ansia di fare il vuoto attorno a sé. È la storia Ferrari che si ripete

A chi, memore dei bei tempi andati, gli faceva notare davanti a una pizza quanto fosse utopistico rivestire contemporaneamente il ruolo di Jean Todt e Ross Brawn, rispondeva laconico che non aveva scelta, perché “non posso fidarmi di nessuno”. Anni dopo e tuttora in assenza di un’ufficialità ormai fuori tempo massimo, Mattia Binotto deve fare, come tutti, i conti con storia e coscienza. Sono in tanti, a Maranello, a giurare che in Ferrari non gli sia rimasto più un santo in paradiso. Ma mi lascia un po’ perplesso l’ostinazione diffusa ad associare la sua caduta in disgrazia – questa sì, assodata – con i risultati sportivi della Scuderia. Certo, a parità di tempo trascorso – quattro anni – la ‘sua’ Ferrari ha vinto la metà delle gare rispetto alla gestione del suo predecessore; sette, comprese le tre del 2019, sulle quali aleggerà per sempre un’ombra di sospetto, colpevolmente mai chiarita dalla FIA. Ma alla fine, il risultato nel mondiale è analogo. Secondi, eterni secondi. Persino l’AD Vigna adesso tira fuori la tagliente definizione coniata da Enzo Ferrari (“il secondo è il primo degli sconfitti) palesando, finalmente, una cultura aziendale che non si era vista con Mauro Forghieri. La realtà si misura coi numeri, ma i numeri non bastano a spiegarla.

Gennaio 2019, un sabato pomeriggio. Mattia non ha ancora preso pieno possesso dell’ufficio all’angolo dei due corridoi, quello riservato al Team Principal, dal quale Maurizio Arrivabene ha fatto sgomberare le sue sculture psichedeliche in materiale plastico. Per un po’ rimarrà nel bunker vetrato al quale, negli anni, tanti ingegneri hanno bussato dopo un improvviso ridimensionamento del loro ruolo, con la stessa frase sulle labbra: “Ma ti ho fatto qualcosa?”, per sentirsi rispondere che no, anzi, ma le circostanze imponevano di voltare pagina. È sabato, appunto, e le sale della GeS non sono piene come al solito di attività. Il neo team principal discute animatamente con un gruppo di tecnici. Non sono motoristi. Non sono aerodinamici. Non sono telaisti. Sono idraulici, sono gli operai venuti a riparare i bagni di Maranello. E MB (come lo chiamano tutti, ormai, sul lavoro e anche fuori) li sta catechizzando sull’uso dei sifoni e il montaggio dei rubinetti.

Ora, è comprensibile che un dirigente di squadra ci tenga alla struttura in cui lavora, tanto più che quell’edificio rosso e nero ha contribuito a disegnarlo (anzi, i maligni dicono che sia l’unica cosa che ha progettato in vita sua). Però si suppone che, arrivato al vertice, il capo della Ferrari F1 abbia altre cose a cui pensare. E invece questo episodio, quasi anedottico nella sua apparente irrilevanza, è l’icona di un atteggiamento che ha portato all’attuale situazione.

Non sta certo a me dare suggerimenti a Mattia Binotto. Sarebbe davvero ridicolo che un team principal, sia pure uscente, chiedesse consigli a un addetto stampa già uscito. Ma resta il fatto che a tradire Binotto è stato soprattutto Mattia. Da quasi quattro anni la Ferrari non ha più un vero direttore tecnico. Le funzioni che erano state di James Allison e poi dello stesso Binotto, il neo capo supremo se le era arrogate, insieme – per un certo periodo – a quella di responsabile ad interim della comunicazione. Parliamo di una persona di grandi capacità, che parla bene tre lingue (in tedesco, mi disse, a scuola era sempre stato scarso) e sul lavoro privilegia la quantità. Uno stakanovista del Cavallino con un’invidiabile capacità – quella che era stata anche di Todt – di conoscere pregi, difetti e debolezze di ogni collega, fino al meno esperto dei meccanici. Ma proprio questa ‘cultura ferrarista’, questo vivere l’azienda a tutto tondo, si è tradotta in un boomerang affilato. Quando ero in Ferrari, a Mattia piaceva organizzare cene con quattro o cinque colleghi. Cene piacevoli, perché sa mangiare, sa bere e sa stare in compagnia (a patto che non sia lui a guidare). Durante uno di questi ritrovi, vicino a Barcellona, uno dei tecnici di più lunga militanza e fedeltà gli disse: ma tanto tu, se uno non ti va bene, lo seghi, lo fai fuori. Lì per lì mi sembrò divertente. Binotto però rise molto meno; e mi è rimasto il sospetto che anche in quelle circostanze fosse incapace di rilassarsi, di ridere un po’ di sé stesso. E che usasse anche le cene come strumento per capire chi stava con lui e chi no. Uomo di autentica e provata fede ferrarista, arrivato a un certo punto mal sopportava di avere qualcuno sopra la sua testa. Ed era disposto a tutto pur di averla vinta. Nel testa a testa con Arrivabene, a fine 2018, pesò – anche – lo spettro di un suo passaggio alla Racing Point, allora team satellite Mercedes, con le immaginabili conseguenze che ne sarebbero derivate.

Per un uomo della sua intelligenza, gli sono attribuite cadute di stile incredibili, come aver rimproverato colleghi di rango inferiore perché salutavano Toto Wolff o applaudivano Hamilton sotto il podio. Ma oggi, nel giudizio (quello esterno, almeno) pesano soprattutto le indecisioni del muretto, l’incapacità di portare a casa il mondiale con una monoposto uscita vincente dalla matita del gruppo di lavoro. Se mi permettete, ho un punto di vista un po’ trasversale. Il male della Ferrari non è uscire con le gomme da bagnato sulla pista asciutta. Quello, col tempo, si può mettere a posto. Il male della Ferrari è sbagliare le gomme e poi, in debriefing e nelle interviste, avere qualcuno che sostiene che in fondo non era la decisione sbagliata. Mettere a posto quello è un po’ più difficile.

Sconfitta di Binotto, vittoria di Leclerc? Sono rimasto sconcertato leggendo, nell’anticipazione del ‘Corriere’, che la notizia era trapelata quasi per caso da ambienti vicini all’entourage di Charles. Una precisazione eccessiva, che sembra inserita non a caso e che certo non fa bene all’immagine del pilota. Un siluro lanciato dalla nave che affonda? Chissà. Da più di un anno i rapporti si erano guastati e le attestazioni ufficiali di stima e cordialità – per Leclerc, per Benedetto Vigna, per un John Elkann sempre più attratto dal programma Le Mans – servivano a ben poco. Non mi risulta che sia stato Charles o qualcuno a lui vicino a lanciare il sasso, ma potrei sbagliarmi. Ma senza Binotto, anche Leclerc, come Sainz, come tutti, pagherà il peso del disorientamento. Prima, tanti ferraristi lamentavano – in privato – la mancata percezione di una leadership. Adesso la leadership non ce l’hanno proprio. Puntare su Fred Vasseur – al termine di una serie incredibile di rifiuti – è una scelta in apparenza strana. Un uomo vicino a Tavarez e al gruppo Stellantis, che rafforza l’impressione di una Ferrari controllata da una dirigenza più francese che italiana. Ma anche un uomo dalle abitudini lavorative ben diverse da quelle di un Todt o di un Binotto, disposto anche a dormire in azienda, mentre Vasseur in Svizzera divideva il suo impegno F1 con le tante attività esterne, dalle categorie minori alla Formula E. Soprattutto, però, mi chiedo che succederebbe, a livello di immagine, se il Milan, la Juve, il Napoli o l’Inter restassero senza allenatore e si rivolgessero – senza offesa! – a quelli di Cremonese e Sampdoria.

Tanti auguri a Binotto per quello che farà, qualsiasi cosa sia. E soprattutto coraggio, Ferrari.

 

https://www.formulapassion.it/opinioni/alberto-antonini/lorgia-del-potare-ferrari-binotto-leclerc-arrivabene-maranello-641902.html

 

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Il lungo addio

La separazione tra Mattia Binotto e la Ferrari sembra ormai essersi consumata, dopo un estenuante tira e molla

[Rassegna stampa] – Prima del GP di Abu Dhabi erano filtrate ai media, nazionali e successivamente internazionali, le prime indiscrezioni. Poi era arrivata la ferma smentita della Ferrari, che aveva definito speculazioni “prive di fondamento” le ipotesi secondo cui Mattia Binotto non sarebbe stato alla guida della Scuderia nella stagione 2023, cedendo il timone ad altri e – più probabilmente – all’attuale boss dell’Alfa Romeo, Frederic Vasseur. Nella giornata di venerdì, nuovamente, è stato il Corriere della Sera a rilanciare la questione, ribadendo che sì, le ore di Binotto alla guida della Gestione Sportiva erano contate e che il team principal – il cui contratto sarebbe scaduto al termine del campionato 2023 – era pronto alle dimissioni.

Per il momento a questo scenario ipotizzato dalla carta stampata non ha ancora fatto seguito alcun comunicato ufficiale dal Ferrari. Non è però passato inosservato il fatto che stavolta non sia arrivata nemmeno alcuna smentita formale dai vertici del Cavallino. Ad aggiungere pepe ad una situazione già estremamente intricata è stata poi la precisazione – apparsa ai più quantomeno insolita – fatta dagli stessi giornalisti del Corriere della Sera, che hanno sottolineato come la conferma dell’addio di Binotto sia arrivata da persone vicine a Charles Leclerc.

 

 

Un ulteriore inghippo che rischia di mettere un carico da novanta sulle spalle del monegasco in vista della prossima stagione, specialmente se davvero a prendere il posto di Binotto dovesse essere Vasseur, figura notoriamente amica del #16 rosso. Su tutti i quotidiani italiani, intanto, ha trovato spazio la notizia della frattura definitiva tra la Ferrari e l’uomo che dal 2019 riveste il ruolo di team principal, dopo aver lavorato a Maranello occupando diverse mansioni per quasi tre decadi.

 

“Chi conosce John Elkann parla di una volontà presente da tempo […] – scrivono proprio sul Corriere della Sera Daniele Sparisci e Giorgio Terruzzi – il che rende le modalità di questo divorzio preoccupanti, visto che non è stato ancora ingaggiato un sostituto. […] È stata una agonia […] costellata di silenzi e tentennamenti […], atteggiamento che pone interrogativi se pensiamo al peso del marchio Ferrari. […] Il ruolo di Leclerc, dato da molti come influente, verrà chiarito in futuro. Charles si chiama fuori, sa che ogni illazione circa una sua responsabilità rischia di trasformarsi in un peso. In realtà crediamo che Elkann abbia applicato una propria convinzione […]. Condividendo la scelta con l’a.d. Vigna, desideroso di far valere il proprio ruolo. Non a caso si ipotizza una nomina ad interim dello stesso Vigna, in attesa di ufficializzare il sostituto di Binotto […]“.

 

“[…] Nel nome di un processo di crescita, della continuità e dell’immaturità al successo, Binotto paga il fatto di aver usato una mano troppo morbida per correggerei difetti – scrive Alessandra Retico su Repubblica – Malumori anche tra i piloti […]. In particolare Leclerc, che si è sentito forse poco valorizzato rispetto a un Sainz scelto da Binotto per rimpiazzare Vettel. Con l’obiettivo del risultato di squadra, il manager non ha mai voluto stabilire una gerarchia tra i suoi alfieri. […] stavolta la Scuderia non smentisce. Lavora a concludere il lungo addio […]. Binotto non sentirebbe più l’appoggio della dirigenza, nonostante abbia sostenuto anche negli Emirati di averlo, per il medio e lungo termine […]“.

[…] Il 2022 era l’occasione del riscatto – sottolinea Stefano Mancini su La Stampa – Adesso le aspettative scivolano in avanti di un altro anno. Il nuovo team principal troverà una vettura le cui caratteristiche tecniche fondamentali sono già definite. Ma è sul gioco di squadra che dovrà lavorare“.

 

https://www.formulapassion.it/motorsport/formula-1/f1-team/il-lungo-addio-ferrari-binotto-leclerc-vasseur-maranello-elkann-2023-641901.html

 

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https://formulapassion.it/motorsport/formula-1/f1-team/seconda-scelta-ferrari-vasseur-seidl-berger-tost-brawn-vigna-elkann-binotto-641906.html?fbclid=IwAR3n96N18AoPIJqkTwldCOX4JIjaBcZE0Seu3whfgZClLxqF467QF5QBb8A

Cita

Vasseur scalpita per arrivare, è l’unico disponibile, dopo i rifiuti di molti candidati, dal tedesco Seidl, team principal McLaren, a Franz Tost, capo Alpha Tauri, a Gerhard Berger, in tutt’altre faccende affaccendato. Significa che Vasseur — che avrebbe già iniziato le lezioni di italiano — non rappresenta una scelta ottimale, ma l’unica praticabile. Cosa che non entusiasma, anche considerando il curriculum del francese, reduce da un fallimento nella gestione Renault, da un’esperienza all’Alfa non esaltante, legato a Toto Wolff, preso da molti interessi personali nel motorsport 

 

se davvero Vasseur è l'unico che si è detto disponibile, stiamo freschi... 

qui davvero si torna a vincere nel 2000mai...

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12 minuti fa, Unperdedor scrive:

La cosa più triste di tutta la storia è che a Maranello non ci vuole andare nessuno. 

beh, hai la pressione di dover vincere per forza, ma non sembrano metterti in condizione/darti il tempo, per poterlo fare, sfido io a trovare un pazzo che accetti di lavorare a queste condizioni..

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39 minuti fa, Aymaro scrive:

 

15 minuti fa, Aymaro scrive:

beh, hai la pressione di dover vincere per forza, ma non sembrano metterti in condizione/darti il tempo, per poterlo fare, sfido io a trovare un pazzo che accetti di lavorare a queste condizioni..

infatti, è questo che preoccupa.

Si sono fatti una gran brutta fama.. alla faccia del prestigio

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Alfa Romeo GT 3.2 V6 - 2007

Skoda Fabia 1.0 TSI 110 cv Montecarlo - 2023

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Vasseur è l'unico che da TP non è riuscito a garantire gli interessi di Elkann ne come presidente Alfa Romeo ne come presidente Ferrari e lo promuove così? Sarebbe davvero l'ultima mazzata sui piedi.

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