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È morto Diego Armando Maradona


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https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/dio-sporco-acerra-gennaio-1985-diego-maradona-invito-253913.htm

 

Cita

IL DIO SPORCO DI ACERRA - A GENNAIO 1985 DIEGO MARADONA, SU INVITO DEL COMPAGNO PIETRO PUZONE (MA CONTRO LA VOLONTÀ DEL PRESIDENTE DEL NAPOLI E PAGANDO DI TASCA SUA 12 MILIONI DI ASSICURAZIONE) PORTÒ TUTTA LA SQUADRA A GIOCARE SU UN CAMPACCIO DI DILETTANTI PER RACCOGLIERE FONDI DA DESTINARE A UN BAMBINO MALATO CHE AVREBBE DOVUTO OPERARSI IN FRANCIA (COSA CHE POI FECE, GUARENDO) - IL GOL CHE “ANTICIPÒ” QUELLO ALL’INGHILTERRA - VIDEO

 

 

Alessandro Pasini per www.corriere.it

 

 

Questa è la storia del dio Diego nel fango. Una storia vera anche se sembra fantascienza. Una storia che si tramanda di generazione in generazione per dire a tutti chi era — anche — Maradona, e che cosa ha significato per Napoli e la sua comunità. È la famosa storia dell’amichevole di beneficenza ad Acerra, da lui organizzata e poi giocata come non ci fosse un domani, perché è vero che forse non c’è sempre un domani. Nel tempo, come sempre accade con Diego, la cronaca è diventata racconto e poi epica. Ma la sua sostanza, come quella dei sogni, in fondo è semplice.

 

 

Contro il presidente

L’antefatto. Durante la stagione 1984-85, Pietro Puzone, ragazzo di Acerra, riserva del Napoli e buon amico di Maradona — oggi, a 57 anni, drammaticamente caduto in disgrazia e senzatetto — conosce un concittadino tifoso del Napoli che ha un figlio gravemente malato. «Aveva un brutto problema alla bocca — avrebbe ricordato in seguito Puzone — e l’unico modo per guarire era operarsi in Francia. Ma non aveva soldi abbastanza».

 

Puzone pensa immediatamente a una partita di beneficenza del Napoli al San Paolo. Chi non ci pensa nemmeno è il presidente Corrado Ferlaino, che si oppone per paura che qualche giocatore possa farsi male. Chi invece non ha dubbi è Diego, il quale ha una sua personalissima visione dei fatti. Arrivato in Italia, a luglio 1984, aveva detto: «Voglio diventare l’idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché loro sono come ero io a Buenos Aires». Così accoglie senza un dubbio la richiesta dell’amico, e la leggenda vuole che lo faccia alla sua maniera: «Che si fottano i Lloyd di Londra. Questa partita si deve giocare per quel bambino». E per chiudere lì la faccenda, si dice, paga lui i 12 milioni di assicurazione.

 

 

Il riscaldamento nel parcheggio

È lunedì 25 gennaio 1985. Il giorno prima in campionato il Napoli ha battuto 4-0 la Lazio al San Paolo. Ventiquattro ore dopo si presenta al piccolo stadio comunale di Acerra, 20 chilometri a nord di Napoli. C’è pioggia. Il freddo è tagliente. Il campo, già sterrato di suo, è solo fango e pozzanghere. «Intorno c’erano 10mila persone — ricorda Puzone — la tribuna però ne conteneva solo 5mila. Gli altri erano dappertutto, intorno al campo sotto gli ombrelli, sui balconi, sui tetti».

 

In un celeberrimo video stracliccato su Youtube è tutto documentato. Ed è documentato, soprattutto, il famosissimo riscaldamento di Maradona e della squadra nel parcheggio fra le macchine e i curiosi, come una squadra dilettanti qualsiasi. Divisa ufficiale — in lanetta pesante, tipica dell’epoca — sponsor Cirio, espressioni serie come fosse la finale di Coppa dei campioni, e Diego che guida le operazioni. A un tratto, saltella come un pugile fingendo di tirare ganci all’aria. Poi si avvicinano dei bambini per una foto. Sono così piccoli e timidi e congelati dal freddo che quando Diego se ne va restano lì immobili nei loro cappottini stretti. Ipnotizzati. Increduli. Come se quell’attimo potesse durare in eterno. Poi comincia la partita.

 

 

La prova generale del gol del secolo

E lì, ricorda Puzone, «Maradona non si risparmiò: correva, si sporcava, dribblava, cercava il gol come fosse una partita di campionato». A chi gli dice di stare calmo e non rischiare le gambe per un’amichevole pare risponda: «Amico, tu non hai capito chi è Maradona, io gioco solo per vincere qualsiasi sia l’avversario».

 

E chi sa di sport sa che questa è la forma massima di rispetto. A fine primo tempo prova una girata al volo sotto porta, la manca, cade in una pozza e si rialza sporco come uno spazzacamino. Sacramenta come avesse mancato un gol alla Juve. Poi, nel secondo tempo, ecco quella che nella tradizione napoletana viene consideratala prova generale del famoso gol del secolo segnato all’Inghilterra al Mondiale 1986: ruba palla a una avversario, scarta l’intera difesa, poi il portiere, e deposita palla in rete. Un gol col copyright. Mentre lo stadiolo esplode, un tizio in delirio che stava dietro la porta entra in campo e va a consolare il portiere affranto. Sembra che gli dica: «Stai su con la vita, uagliò, ora potrai dire al mondo che hai visto Maradona».

 

 

Obiettivo raggiunto

Puzone ricorda che ovviamente «fu uno spettacolo». Ma soprattutto che «la partita diede a quel bambino la possibilità di operarsi perché fra sponsor e botteghino consegnammo alla sua famiglia 20 milioni di lire. Il ragazzo adesso è cresciuto e si è sposato, e quella storia, lui come noi, la ricorderemo per sempre». Così è andata quel giorno. E la storia dice che di gesti simili Maradona ne fece decine. Voleva essere l’idolo degli poveri e degli ultimi, e ci è riuscito: lui era uno di loro.

 

 

https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/ldquo-maradona-mai-volta-39-ho-visto-salire-piedistallo-253931.htm

 

Cita

“MARADONA? MAI UNA VOLTA L'HO VISTO SALIRE SUL PIEDISTALLO O ESSERE SUPERBO” - IL RICORDO DI CIRO FERRARA: "QUANDO DOVEVA DIRTI CHE AVEVI SBAGLIATO UN PALLONE, UN PASSAGGIO, UNA GIOCATA, ASPETTAVA CHE LO SPOGLIATOIO SI SVUOTASSE, TI PRENDEVA DA PARTE E TI SPIEGAVA. AL CAMPO D' ALLENAMENTO, QUANDO DIEGO TARDAVA E I COMPAGNI MI GUARDAVANO INTERROGATIVI, "E ALLORA, CIRO, LUI CHE FA?", IO RISPONDEVO "RAGAZZI, MI SA CHE OGGI NON VIENE". MA POI LO TROVAVO AD ALLENARSI DA SOLO, COME UN FORSENNATO - LA SUA FRASE PREFERITA? CHI AMA NON DIMENTICA, E IL TEMPO NON CONTA NIENTE”

 

Maurizio Crosetti per “la Repubblica”

 

DIEGO ARMANDO MARADONA E CIRO FERRARA

C' era un rumore che saliva a volte dalle profondità di una bellissima casa sulla collina di Posillipo, al numero 3 di via Scipione Capece, dove Diego Maradona abitava sopra Ciro Ferrara. A volte anche un rumore racconta un uomo e la sua storia. Forse è giusto cominciare da qui.

 

Ferrara, cos' era quel rumore?

«Un tapis roulant. Diego si era sistemato una specie di palestra in cantina, sapete, i nostri erano tempi artigianali. Ci correva sopra.E lo faceva anche quando non veniva ad allenarsi con noi, quando era rimasto a dormire un po' troppo, quando tutti lo davano per perso: e invece Diego galoppava da solo, là sotto».

 

 

Immaginiamo il suo dolore, adesso. Prova a raccontarcelo?

«La parola giusta è amore. Ho cominciato ad amare Maradona quando avevo diciassette anni, giocavo nel Napoli e gli davo del lei. E ho continuato per trent' anni. Bellissimi. Perché non c' erano distanze, non c' erano oceani tra noi. L' ho stimato, l' ho conosciuto credo come pochi ma amato come tantissimi: era impossibile non farlo».

 

Perché, Ciro?

«Per la sua profonda, straripante umanità. Per la vicinanza con tutti. Era un dio, ma nessuno è stato più umano di lui. Mai una volta l' ho visto salire sul piedistallo, essere superbo. Quando doveva dirti che avevi sbagliato un pallone, un passaggio, una giocata, aspettava che lo spogliatoio si svuotasse, ti prendeva da parte e ti spiegava.

 

Nella mia vita, Diego è stato una presenza immensa».

 

Più intensa la luce o più profonda l'ombra?

«Non si possono separare e non sarebbe giusto. Lui non si è fatto mancare niente, ha vissuto ogni cosa al massimo, smodatamente. A volte, la notte sentivo alzarsi dal garage il rombo della sua Ferrari. E così il giorno dopo, al campo d' allenamento, quando Diego tardava e i compagni mi guardavano interrogativi, "e allora, Ciro, lui che fa?", io rispondevo "ragazzi, mi sa che oggi non viene". Ma poi lo trovavo ad allenarsi da solo, come un forsennato».

 

 

Si è fatto mai bastare quel talento immenso?

«Mai. Ha lavorato sodo, è stato uno di noi, uno per tutti. Mi ha fatto vincere e mi ha fatto diventare un uomo».

 

Lei ha appena scritto un libro per raccontare la vostra amicizia: perché?

«Volevo aggiungere al coro un atto d' amore. Quando smisi di giocare, organizzai una partita d' addio: Diego prese l' aereo e tornò al San Paolo dove non metteva piede da quattordici anni. Lo fece per me».

 

È possibile immaginare Maradona nel calcio di oggi?

«Sarebbe sempre il più grande, senza confronti. Sarebbe ancora il Sole al centro dell'universo. Avrebbe per sé più scienza, forse più protezione ma alla fin fine sarebbe sempre il più forte calciatore di tutti i tempi».

 

 

Allora si vinceva la classifica dei cannonieri con 16 o 17 gol: come andrebbe a finire, adesso?

«Nelle difese schierate a zona, Diego farebbe una strage di gol. La sua tecnica non era di questo mondo. Lui amava il pallone come un bambino in strada: la palla di stracci di quand' era bambino, la palla degli scudetti e della Coppa del mondo. Perché non erano cambiati né la palla, né il bambino».

 

C' è una frase di Maradona che più di altre le è rimasta dentro?

 

«A lui piaceva tanto quella che dice: chi ama non dimentica, e il tempo non conta niente».

 

Ma alla fine, chi era Diego?

«Un generoso nato. Una persona che si dava senza risparmio, ogni giorno e a tutti. Se lo avessero circondato in duecento, e se avesse sentito in quel trambusto la mia voce, lui si sarebbe fatto largo per venirmi ad abbracciare. Ecco chi era. Tutta vita, e basta».

 

Modificato da pennellotref

. “There are varying degrees of hugs. I can hug you nicely, I can hug you tightly, I can hug you like a bear, I can really hug you. Everything starts with physical contact. Then it can degrade, but it starts with physical contact." SM su Autonews :rotfl:

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RIP campione. Il perfetto esempio di genio e sregolatezza. Peccato, chissà quante cose avrebbe potuto ancora fare come calciatore se non fosse caduto nella droga.

 

A me piace ricordarlo così :)

 

La storia di Maradona e la Ferrari Testarossa (nera)

 

“Ce l'hanno messo nel culo, presidente“ :D

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