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Dentro il casco di un pilota F1: materiali, test e ingegneria che salvano vite

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In griglia, il casco è la firma visiva di un pilota. Ma dietro colori e grafiche c’è un dispositivo di protezione sofisticatissimo, progettato per resistere a impatti, penetrazioni, fuoco e detriti a velocità estreme. I caschi che i piloti di Formula 1 indossano oggi sono il risultato di anni di ricerca condivisa tra FIA e principali costruttori (Bell, Arai, Schuberth, Stilo) e rispettano uno standard tra i più severi al mondo: l’8860-2018. È un riferimento che impone test estremi e una progettazione integrata con il resto del sistema di sicurezza (HANS/FHR, sedile, tute ignifughe).

Dalla fibra di carbonio all’autoclave: come nasce un casco F1

La calotta esterna è realizzata in composito di fibra di carbonio “pre-preg” indurito in autoclave. Si parte da fogli di tessuto impregnati di resina, posati a mano su stampi con orientazioni delle fibre studiate per gestire carichi differenti (frontali, laterali, torsionali). La polimerizzazione in autoclave, sotto vuoto e pressione controllata, elimina microbolle e difetti, massimizzando rapporto rigidità/peso e ripetibilità qualitativa. Questa pelle “corazzata” è il primo scudo contro impatti e abrasione.

Dal 2019 la zona frontale sopra la visiera integra l’ABP – Advanced Ballistic Protection: l’apertura dell’oculare (eye-port) è stata leggermente ridotta e rinforzata per incrementare la resistenza a proiettili e detriti ad alta velocità. È una delle evoluzioni più evidenti dopo gli incidenti che hanno evidenziato la vulnerabilità della regione frontale.

Una “cipolla” di sicurezza: strati e componenti

Oltre alla calotta in carbonio e al rinforzo ABP, l’architettura interna è multilayer, con ogni strato dedicato a un compito specifico:

  • Liner in EPS a densità variabile. Il polistirene espanso assorbe l’energia d’urto. Variando densità e spessori nelle diverse zone, i progettisti modulano la decelerazione trasmessa alla testa e all’encefalo, “spalmando” il picco su un tempo leggermente più lungo.

  • Rivestimenti ignifughi e comfort liner. Tessuti tecnici come il Nomex formano un’interfaccia ignifuga verso la pelle, accoppiati a cuscinetti interni sostituibili e lavabili che migliorano comfort, microclima e stabilità in marcia.

  • Visiera in policarbonato ottico (Lexan) con trattamenti anti-graffio/anti-fog e tear-off multipli: sottili pellicole che il pilota strappa per ripristinare la trasparenza quando lenti, gomma o insetti sporcano il campo visivo.

  • Ancoraggi FHR/HANS integrati nella struttura: punti di fissaggio testati per resistere a carichi elevati, riducendo l’escursione del capo durante impatti e decelerazioni improvvise.

Dopo il 2009 è stata inoltre introdotta e poi evoluta la striscia in Zylon a protezione della zona visiera: una fascia di materiale balistico ad altissimo modulo che irrigidisce il tratto più sottile dell’interfaccia visiera-calotta, oggi integrata concettualmente nell’ABP.

Le prove di omologazione: 14 test estremi

Per ottenere l’omologazione 8860-2018 un casco deve superare una batteria di 14 test che riproducono condizioni reali e casi limite:

  • Impatto standard a circa 9,5 m/s, con un limite sul picco di accelerazione trasmesso alla testa strumentata.

  • Impatto a bassa velocità e laterale con soglie più severe sui picchi di g.

  • Test balistico (ABP): un corpo metallico di massa definita viene scagliato frontalmente a velocità molto elevata; non sono ammesse penetrazioni e la decelerazione deve restare sotto soglia.

  • Crush test: una massa cade da altezza prefissata simulando schiacciamento localizzato; la forza trasmessa non deve superare un tetto massimo.

  • Penetrazione calotta/visiera con puntali e proiettili dedicati.

  • Infiammabilità: esposizione a fiamma per verificare auto-estinguenza, integrità dei materiali e funzionalità dei sistemi di ritenzione.

Il filo conduttore è sempre lo stesso: controllare i picchi di decelerazione, impedire perforazioni e garantire tolleranza al fuoco e al calore radiante.

Peso, ventilazione, aerodinamica

La sfida progettuale è bilanciare protezione e massa. Un casco più leggero riduce i carichi sul collo quando il pilota sopporta accelerazioni laterali superiori a 5 g per secondi prolungati e durante le frenate più violente. I modelli di vertice, a seconda di taglia e configurazione aerodinamica, si attestano tipicamente nell’intorno di 1,3–1,4 kg, restando sotto i limiti imposti dal regolamento.

La ventilazione è cruciale: prese d’aria su mentoniera e calotta alimentano canali interni che estraggono calore e umidità, limitano l’appannamento e mantengono la temperatura cutanea. Gli spoiler migliorano stabilità e riducono la “pompa” del casco a velocità superiori ai 300 km/h. Le visiere possono adottare doppie schermature anti-fog e pacchetti di tear-off; i caschi integrano inoltre passaggi per radio e idratazione, cablati e posizionati in modo da non interferire con il movimento del capo o con l’estrazione di emergenza.

Calzata su misura: la personalizzazione che fa la differenza

Oltre alle taglie tradizionali, i piloti di Formula 1 utilizzano interni personalizzati su scansione 3D della testa. Il costruttore mappa la morfologia cranica e genera un liner ad hoc tramite modellazione CAD e fresatura o stampa di inserti sagomati. Il risultato è un casco che elimina punti di pressione, migliora la stabilità sull’asse verticale e riduce le micro-vibrazioni. Stabilità significa anche visione più ferma nelle curve veloci e minore affaticamento nei long run.

Perché il casco influisce (anche) sulla performance

Un casco stabile, ben ventilato e con ottica impeccabile consente al pilota di mantenere costanza di rendimento nei run più caldi, quando l’aria in abitacolo si fa densa e l’assetto richiede correzioni minime ma continue. Fondamentale per tutti i piloti in gara, soprattutto per quelli che lottano al fine di conquistare punti pesanti. Il campionato, come testimoniano anche le quote di Betsson, in questo senso risulta ancora molto equilibrato.

Dal cockpit al futuro: sensori e telecamere

Le attuali regole prevedono punti camera-ready sull’auto, compresa la possibilità di una microcamera all’interno del casco. Quando la camera non è montata, si usa un ballast equivalente per non alterare masse e bilanciamenti. Questo trasforma il casco in piattaforma di raccolta dati e storytelling, oltre che in DPI. Guardando avanti, è plausibile l’integrazione di sensori biometrici più evoluti (temperatura cutanea, frequenza cardiaca, grado di idratazione) e di materiali ibridi (carbonio stratificato con aramidi come lo Zylon) per migliorare ulteriormente dissipazione energetica, resistenza alla penetrazione e tolleranza termica. Anche le verniciature potrebbero adottare finiture a bassa emissività o film “cool-touch” per limitare il carico termico sotto il sole.

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