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copco

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  1. L'idrogeno si produce da fonti rinnovabili, altrimenti non ha senso.
  2. Fra quante guerre lo faranno?
  3. Trecentodiecimilasettecentosettantasette. 16-3-2007 ore 20 e 46.
  4. Ho firmato. Si tratta di qualcosa di grandioso. Nel sito segnalato da Alby si sta tentando di far muovere la montagna verso Maometto. Io l'amore che l'Altissimo Onnipotente Bonsignore ci regala tutti i giorni lo vedo. Un amore talmente grande ed abbondante che ci basterebbe riuscire a catturarne solo una piccola parte per smetterla di infierire sul pianeta. All'inizio del secolo scorso c'erano grandi esperti che sostenevano che il corpo umano mai e poi mai avrebbe potuto sopportare una velocità di 80 Km/h. Vedo che quella gente è ancora imperterrita in mezzo a noi, e si caga sotto davanti alla sfida di dover scalare una montagna semplicemente perchè non s'è ancora accorta che siamo andati anche sulla Luna. 800.000 firme forse non le raggiungeremo. Ma un primo miracolo lo abbiamo già fatto: 200.000. Le grandi sfide partono sempre da un visionario o da un sognatore. E... chissà? A volte si vincono. La rete è in moto: speriamo bene.
  5. Vincenzo Borgomeo ha pubblicato, in un suo articolo su Repubblica Motori, la versione che avevo messo sul blog di Kataweb e su Clubendstreet. Su suggerimento di Guglielmo e degli amici di Clubendstreet ne avevo anche messo una versione (edulcorata nel finale) sul sito quellichebravo.it (vale la pena davvero visitarlo perchè si può esplorare la Bravo sia fuori in tridimensionale che dentro). Manuela Crippa, che gestisce una sezione di tale sito della Fiat, se l'è stampata ed appesa nel suo ufficio facendomi i complimeti. Nel rispondergli sul sito per ringraziarla ho citato anche Autopareri. http://www.quellichebravo.it/index.php?p=77 Sul sito quellichebravo.it c'è stato Max che mi ha chiesto se poteva metterla sul suo blog. Gli ho detto di sì ed ora è anche sulla prima pagina del suo blog, un posto che mi è sembrato carino. http://maxboost85.spaces.live.com/ Sono contento che sia piaciuta. Grazie a tutti. Ciao.
  6. Io invece parteciperò solo se verrà riattivata politica e religione e se si metterà fine alla strage di topics e alle bacchettate. I tempi delle bacchettate, delle censure e dell'olio di ricino sono finiti da un pezzo.
  7. Buon Natale e felice anno nuovo a tutti anche da parte mia.
  8. Posto il mess più spiritoso in risposta allo scoop che bullurus tentò di propinare agli autorareristi. Fu scritto da Omphalos: bullurus, io capisco pochetto di motori, però ci sono delle cosette che non capisco proprio della tua sensazionale anterima: ad esempio, mi sai spiegare come riescono a far stare sul cielo di un pistone l'iniettore, le due candele e le 5 valvole? Ahhhh, sì ora capisco!! Che scemo che sono.... basta fare un pistone con 2 cm di corsa e 15 di alesaggio! Fanno un motore super-superquadro che viaggia ad occhio e croce a 22.000 giri/min Ottimo per la macchina da dare alla moglie o al figlio neo patentato
  9. Incredibile! E' tornato bullurus! Per chi non lo sapesse "bullurus" è il mio secondo nome. Lo tirai in ballo ai bei tempi quando si poteva scherzare e ridere per giocare un pò anche col grande Taurus che a quei tempi imperversava giornalmente sul forum. Il primo mess postato da bullurus fu uno scoop, un'anticipazione di una macchina di fantasia che faceva miracoli con la sua tecnologia immaginifica. Strano effetto del colpo subito ultimamente dal forum. Vedo che a bullurus sono stati attribuiti 177 messaggi: non è vero! Appropriazione indebita! Fui sgamato di brutto già all'ottavo o nono messaggio ed intervenne Fulvio in prima persona per decantarmi una sonora reprimenda. Ciao a tutti, passerò a visitarvi fra una quindicina di giorni sperando che nel frattempo gli amministratori ridiscutano la faccenda della politica e della religione e decidano di aprire le maglie di questo lager.
  10. In bocca al lupo Fusi. Ma... la salute prima di tutto.
  11. Una delle leggi più orribili dell'intera storia della Repubblica. Nando Dalla Chiesa ha fatto bene ad esprimere in rime sarcastiche la sua contrarietà nella dichiarazione di voto. Un evento di tale portata meritava di essere immortalato a futura memoria. Riporto la sua dichiarazione di voto in cui spiega il no della Margherita al disegno di legge sull'inappellabilità, ennesima legge ad personam per salvare il banana dal processo d'appello Sme. SENATO DELLA REPUBBLICA XIV LEGISLATURA RESOCONTO SOMMARIO E STENOGRAFICO GIOVEDÌ 12 GENNAIO 2006 DALLA CHIESA (Mar-DL-U): Domando di parlare per dichiarazione di voto. PRESIDENTE: Ne ha facoltà. DALLA CHIESA (Mar-DL-U): Signor Presidente, sul piano della decenza istituzionale nemmeno gli ultimi giorni ci vengono risparmiati. Sembra di essere agli ultimi giorni di Pompei. Anche mentre il Parlamento si avvia verso la sua data di scioglimento noi siamo qui, costretti a varare con tempi contingentati un provvedimento di favore, l'ennesimo, nato dalle vicende giudiziarie del Presidente del Consiglio. È un fatto che ha in sé qualcosa di scandaloso anche sul piano formale. Guardate il frontespizio del disegno di legge. Pensate. Una legge fatta per il Premier e che porta la firma di un solo deputato, l'onorevole Pecorella, solo lui, ossia il suo avvocato difensore. Credo non ci siano precedenti del genere in nessuna democrazia, sotto nessuna latitudine. Vede, signor Presidente, i greci parlavano di "Hybris" quando l'idea di giustizia veniva così degradata. Hybris per indicare il concetto di confine, di misura e la sua violazione. Hybris come eccesso di forza, come dismisura. E nella dismisura, diceva Platone, sta l'origine di ogni male. Aristotele - mi si perdoni la doppia citazione - rendeva il concetto ancor più esplicito: per lui Hybris indicava il fare o il dire qualcosa che costituiva un'ignominia per chi la subisce. Con questa legge, a subire l'ignominia sono, oltre che la dignità del Parlamento, il senso di giustizia del Paese e le vittime dei reati. Hybris divenne poi, nella cultura greca, violazione del limite, addirittura volontà di trascendere la condizione umana, dunque di mettersi al di sopra degli uomini, di rompere - con sacrilegio - il confine che esiste tra gli uomini e gli dei. Mettersi al di sopra dei mortali: vedete bene come la storia greca ci offra parole che appaiono pensate proprio per i nostri giorni (e d'altra parte c'è una ragione se il discorso sulla democrazia di Pericle recitato da Paolo Rossi è stato censurato dalla RAI; ripeto: Pericle censurato dalla RAI). Hybris proprio per questo, come intreccio di illecito sociale e di illecito religioso. Quest'ultima, ennesima legge, collocata negli ultimi giorni di legislatura, richiama con potenza plastica quel concetto. Per questo non argomenterò per l'ennesima volta, e inutilmente dei guasti e delle iniquità di questa come delle altre leggi ad personam (questa, poi, più incostituzionale di tutte le altre, anzi incostituzionale in radice), ma interverrò in forma diversa, per esprimere il mio dissenso in modo, infine, più icastico. Un modo inusuale, come inusuale e parossistico è il limite a cui siamo stati portati. Farò un discorso in metrica, del tutto rispettoso delle prescrizioni del nostro Regolamento. Spero che qualcuno dei molti senatori sensibili seduti nei banchi della maggioranza ne ricavi una sia pur leggera situazione di disagio per quanto stiamo approvando. Bentornati senatori, dalle feste e dai ristori, tutti insieme per votare la gran legge secolare: la più urgente, la più bella; sì, la legge Pecorella. Ma quant'è curioso il mondo, nel suo gran girare in tondo, che fa nascere d'incanto una legge che può tanto. E la scrive un avvocato per salvare il suo imputato, che poi, caso assai moderno, è anche capo del Governo; mentre invece l'avvocato è un potente deputato. Ah, che idea stupefacente, non si trova un precedente. E’ un esempio da manuale di cultura occidentale che sa metter le persone sopra la Costituzione. E ora e’ bello, edificante, che di voci ne sian tante - di giuristi, ex magistrati, di causidici, avvocati - pronte intrepide a spiegare che la legge e’ da votare, poiche’ vuole la dottrina che il diritto su una china piu’ virtuosa scorrera’ se la norma si fara’. Ma pensate che bellezza per un reo, l'aver certezza che se il giudice e’ impaurito o corrotto o scimunito, potra’ dar l'assoluzione senza alcuna sconfessione; che il processo finira’ e un macigno calera’ sull'accusa dello Stato e su chi subi’ il reato. Che trionfo, che tripudio! E per Silvio che preludio a una dolce terza eta’, l'assoluta impunita’. Bentornati senatori, per la fine dei lavori. Cinque anni incominciati coi tesori detassati, poi vissuti con amore a far leggi di favore - rogatorie, suspicioni, lodi, falsi e prescrizioni, approvate in frenesia e con gran democrazia, che chi c'e' non puo' parlare e chi e' assente può votare. Mentre al pubblico, in diretta, lui giurava: "Date retta, se non si combina niente sui problemi della gente colpa è di opposizioni, Parlamento e Commissioni!" Bravi voi che con tempismo combattete il comunismo, anche se nell'ossessione ce l'aveste una ragione: falsa e’ di Marx la tesi che lo Stato è dei borghesi; ci insegnaste voi del Polo che lo Stato e' ... di uno solo. Or votando con l'inchino si completi il gran bottino delle leggi personali, questo sconcio senza eguali. Del diritto sia mattanza. Ma l'Italia ne ha abbastanza. Voto contrario.
  12. La campagna elettorale è cominciata col tentativo di legittimare il banana squalificando il suo avversario. Vedi vicenda Unipol. Sicome consorte è un poco di buono allora è un poco di buono anche Fassino. E per dimostrarlo s'è montata una rete di spionaggio che ha origliato le telefonate di Fassino, D'Alema & co. Il risultato è che non è servito a ripulire il banana, caro Ax. Esattamente allo stesso modo, siccome una banda di criminali esagitati brucia macchine e rompe vetrine allora sono una banda di criminali anche Bertinotti, Fassino, Prodi etc. mentre il banana, Storace, Calderoli, Fini e Casini sono dei santi. Non è un modo onesto di fare Ax. Quanto a Prodi e alla famigerata vicenda sme fai delle affermazioni gravi e azzardate Ax, le stesse che da anni sono state propinate a piene mani da chi in quella vicenda è stato scofitto e che in quella vicenda ci è rimasto invischiato per aver corrotto dei giudici. COMMISSIONE EUROPEA DIREZIONE GENERALE STAMPA E COMUNICAZIONE Gruppo dei Portavoce e Personale di Supporto VICENDA SME: NOTA DI BACKGROUND Il 29 aprile del 1985, Romano Prodi come presidente dell’Iri e Carlo De Benedetti nella sua qualità di presidente della Buitoni firmarono un documento di quattro pagine che prevedeva la cessione alla Buitoni dell’intera partecipazione posseduta dell’Iri nella Sme, una finanziaria del settore alimentare, pari al 64,36 per cento del capitale, per 497 miliardi di lire. Il pagamento avrebbe dovuto avvenire entro la fine dell’anno successivo con una dilazione che, al tasso del 14 per cento semplice, portava il valore effettivo della transazione, secondo i calcoli degli uffici dell’Iri, a circa 437 miliardi. Il medesimo documento prevedeva, altresi’, che l’Iri avrebbe ceduto alla Sme l’intero capitale di un’altra società alimentare, la Sidalm (i panettoni e cioccolatini Motta e Alemagna), per 1 lira. La fase finale del negoziato era durata venti ore e si era svolta nella sede milanese di Mediobanca. Prodi era stato assistito sino alla definitiva conclusione delle trattative da Antonio Zurzolo, Pietro Rastelli e Michele Savarese, rispettivamente direttore generale, direttore finanziario e direttore dell’ufficio legale dell’Iri. De Benedetti aveva avuto al suo fianco due collaboratori, Franca Segre, la sua commercialista, e Arnaldo Borghesi dell’Euromobiliare. Alla trattativa avevano preso parte altre sei persone : Enrico Cuccia, Silvio Salteri e Vincenzo Maranghi per Mediobanca, Luigi Arcuti e Giuseppe Saracini per l’Imi, e l’avvocato Piero Schlesinger che aveva materialmente steso il contratto. Fu (o, meglio, sarebbe stato) un buon affare per lo Stato ? Per rispondere a questa domanda, è bene analizzare l’ipotesi di vendita nel suo complesso, cioè partendo dal progetto industriale che l’aveva generata, passando per le procedure seguite nel giungere all’intesa con De Benedetti e finendo con gli aspetti squisitamente finanziari ossia con la valutazione della congruità o meno del prezzo pattuito. Il progetto industriale Nata l’ultimo anno del diciannovesimo secolo come Società Meridionale di Elettricità, la Sme, dopo la nazionalizzazione dell’energia elettrica del 1962 che aveva portato nelle sue casse importanti indennizzi, si era lanciata nel settore alimentare. Surgela, Cirio, Star, Mellin, Motta e Alemagna, De Rica, Bertolli sono soltanto alcuni dei marchi che erano entrati nel suo portafoglio. Ma i risultati non erano stati brillanti e, via via che si esaurivano gli interessi maturati sulle disponibilità finanziarie generate dagli indenizzi, le perdite erano esplose : 321 miliardi, più altri 35 coperti da riserve, per il solo periodo tra il ’79 e l’83. Solo l’ultimo anno prima della decisione di vendere, il 1984, si era chiuso in attivo, con un utile della gestione ordinaria per circa 16 miliardi. Ancora peggiori erano i conti della Sidalm, la società che, a partire dal ’77, aveva assorbito Motta e Alemagna e che non era da allora mai riuscita a presentare un bilancio in attivo, tanto che dal ’78 all’84, tra coperture di disavanzi e ricapitalizzazioni, era costata all’Iri più di 251 miliardi con la prospettiva di perderne altri 34 nell’85. Sino a quel momento rimasto un poco ai margini dell’interesse dei grandi gruppi finanziari e internazionali tanto italiani quanto stranieri, il settore alimentare si presentava ricco di promesse e di tanti marchi in cerca di occasioni di sviluppo. Ma servivano tanti soldi e tante energie. E l’Iri, pieno di debiti e ancora impegnato a produrre e a offrire di tutto, dagli aerei alle navi, dall’acciaio alle mozzarelle, dalle telecomunicazioni ai viaggi in autostrada ai servizi bancari, non aveva né gli uni né le altre. La grande crisi dei conti pubblici, l’uscita della lira dagli accordi di cambio dello Sme, la trasformazione dell’Iri in società per azioni e l’accordo tra il ministro del Tesoro Beniamino Andreatta e il commissario europeo alla concorrenza Karel Van Miert per ridurre « a livello fisiologico » l’indebitamento dello Stato nei confronti delle imprese pubbliche dovevano ancora arrivare. Gli anni delle grandi privatizzazioni, gli anni della progressiva e definitiva uscita dello Stato dall’industria e dal credito erano ancora lontani. Ma già allora era chiaro che l’Iri e, tramite esso, lo Stato non potevano più permettersi di continuare ad allargare il proprio campo di azione ma dovevano, al contrario, ridurlo e lasciare spazio ai privati. Il ruolo e la vocazione dell’Iri imponevano di concentrarsi sui settori ad elevata tecnologia e forte intensità di capitali e sulle grandi infrastrutture. La decisione di non disperdere le nostre limitate risorse in attività marginali come quelle alimentari era la logica e inevitabile conseguenza di questa scelta strategica. Le procedure per la vendita Raggiunta, dunque, la persuasione che il settore alimentare non potesse rientrare tra le priorità dell’Istituto, l’Iri avviato ampi contatti nel mondo imprenditoriale per verificare l’interesse ad acquistare la Sme. La risposta era stata sempre la stessa : singolarmente prese alcune aziende erano interessanti ma, tutt’intero, il gruppo Sme era troppo grande e troppo caro. Cosi’ aveva risposto, tra gli altri, la famiglia Fossati, titolare del gruppo alimentare Star e, tramite questo, già socia di Alivar. E in questo medesimo senso si erano espressi, tra gli altri, Pietro Barilla (che era stato formalmente informato dell’intenzione dell’Iri di vendere e che aveva risposto dicendosi eventualemente interessato solo a qualche azienda della Sme nel caso di un suo smembramento), Michele Ferrero (che aveva detto di essere disponibile a considerare soltanto una partecipazione limitata alla Sidalm) e Silvio Berlusconi. Silvio Berlusconi, in particolare, in un incontro con l’amministratore delegato della Sme Giuseppe Rasero svoltosi il 3 aprile, poco prima che si avviasse il dialogo con Carlo De Benedetti, aveva detto che, alle quotazioni di Borsa di quel periodo, dalle quali discendeva una valutazione complessiva attorno ai 500 miliardi, la Sme era troppo cara e al di fuori della sua portata. Quando, dunque, un poco inaspettatamente, De Benedetti, che aveva da poco comperato la Buitoni-Perugina strappandola all’ultimo minuto alla francese Danone, si presento’ dicendosi interessato ad acquistare tutta la Sme per dare vita ad un gruppo alimentare italiano di dimensioni europee, l’offerta apparve in linea con la strategia decisa dall’Iri. Tanto più che l’Iri stesso disponeva di una base molto solida sulla quale appoggiarsi per il negoziato. Soltanto poche settimane prima, infatti, si era trattato di incorporare una serie di società contollate e la Sme era stata, pertanto, oggetto di una approfondita valutazione patrimoniale e reddituale. La perizia era stata affidata a Roberto Poli, professore di ragioneria generale alla Cattolica di Milano, uno dei professionisti italiani più stimati e che negli anni successivi avrebbe ricoperto, tra gli altri, gli incarichi di consigliere d’amministrazione di Fininvest e di Mondadori e di presidente prima della Rizzoli e, poi, di Publitalia prima di essere designato, dall’attuale governo, alla presidenza dell’Eni. Millecentosei virgola nove lire per ogni azione Sme corrispondenti, per la quota detenuta dall’Iri, a 497.159.500.000. Questa fu la valutazione del prof. Poli e questo fu il prezzo che venne concordato con De Benedetti. Il prezzo simbolico di una lira per la Sidalm era la conseguenza di un avviamento negativo superiore al valore netto rettificato. Una perizia espressamente richiesta al prof. Luigi Guatri, rettore dell’Università Bocconi e maestro delle scienze aziendali, confermo’ la congruità del prezzo pattuito per la cessione. Richiesto di un parere sulla « convenienza » delle « condizioni negoziate » per la cessione della partecipazione nella Sme posseduta dall’Iri, Guatri rispose che esse dovevano essere giudicate« in modo nettamente positivo ». « Considerato che ogni stima d’azienda è valida in un intervallo compreso tra un massimo (con i parametri più favorevoli) e un minimo (con parametri meno favorevoli), la perizia del prof. Poli - scrisse Luigi Guatri -, a mio avviso, si avvicina al limite massimo ». Nel documento firmato il 29 aprile Prodi si era impegnato a sottoporre entro il 7 maggio seguente l’intera operazione all’approvazione del consiglio d’amministrazione dell’Iri accompagnandola da un suo « parere favorevole ». Si era, altresi’, impegnato « a richiedere tempestivamente all’autorità di governo l’autorizzazione di legge ». Era, dunque, chiaro e reso del tutto esplicito che l’intesa, per potersi perfezionare, aveva bisogno di ottenere luce verde da due diverse fonti : il consiglio d’amministrazione dell’Iri e il governo. Sul primo fronte non ci furono problemi. Tutti i consiglieri concordarono sulla congruità del prezzo stabilito per la vendita e la cessione della Sme e della Sidalm, di fatto l’uscita dell’Iri dal settore alimentare, fu approvata all’unanimità. Il vicepresidente dell’Iri Pietro Armani, in particolare, espresse voto « pienamente favorevole all’operazione per le ragioni illustrate dal prof. Prodi » sottolineando « la necessità di una concentrazione di forze industriali e finanziarie nel settore della alimentazione per fronteggiare la concorrenza mondiale ». Il « segnale di privatizzazione » che il Consiglio avrebbe dato approvando l’operazione – disse ancora Armani – « è imponente ed investe una delle più grandi operazioni di privatizzazione degli ultimi decenni ». Il vicepresidente Armani si espresse favorevolmente anche sul profilo finanziario di una cessione che avrebbe permesso all’Iri di evitare di investire nel settore alimentare risorse indispensabilli « nel settore delle telecomunicazioni e in quelli a tecnologia più avanzata ». Armani prese la parola anche a proposito della congruità del prezzo, affermando di « rimettersi alle valutazioni effettuate dal prof. Poli e dal prof. Guatri » di cui disse di apprezzare « le doti di competenza e serietà, che trovano conferma nella accuratezza delle analisi e delle motivazioni che illustrano i risultati peritali ». Il fronte sul quale, invece, si manifestarono rapidamente i problemi che condussero, alla fine, all’annullamento dell’intera operazione di vendita fu quello del governo. Preoccupato delle ripercussioni che eventuali fughe di notizie sull’avvio delle trattative con De Benedetti avrebbero avuto in Borsa, , Romano Prodi aveva informato solo il comitato di presidenza dell’Iri e il ministro delle Partecipazioni Statali Clelio Darida. Era lui il suo interlocutore istituzionale e fu lui e soltanto lui, dunque, che Prodi tenne al corrente di tutti gli sviluppi del negoziato. Questo, tuttavia, non fu sufficiente. Nel primo Consiglio dei ministri riunito dopo l’aunnuncio dell’intesa con De Benedetti, il presidente del Consiglio Craxi si lamento’ di non essere stato tenuto al corrente e sollevo’ dubbi sulla cifra pattuita per la vendita. E lo stesso Consiglio si concluse chiedendo che l’operazione fosse « attentamente studiata sotto il profilo della congruità ». Tre giorni dopo, a Parma, Craxi fu ancora più esplicito : « Se cio’ che ci viene proposto risulterà un buon affare, lo faremo. Se no, no ». Ma come definire se l’affare era o non era buono ? Il Cipi, il Comitato interministeriale per il coordinamento della politica industriale, stabili’ che l’uscita dell’Iri dal settore alimentare doveva « ritenersi compatibile con gli obiettivi generali delle Partecipazioni statali ». Il progetto industriale alla base della vendita, l’idea che lo Stato potesse e, anzi, dovesse smettere di fare gelati e panettori, era, dunque, formalmente approvato. Quanto alla procedura seguita per la vendita, c’era poco da obiettare. Tanto il comitato di presidenza dell’Iri quanto il ministro competente erano stati tenuti al corrente delle trattative. Quanto all’intesa finale con De Benedetti, essa era chiaramente ed esplicitamente sottoposta alla condizione della duplice approvazione e del consiglio d’ammministrazione dell’Iri e delle autorità di governo. Restava la questione del prezzo. C’erano le perizie di Roberto Poli e di Luigi Guatri e c’era l’approvazione del consiglio d’amministrazione dell’Iri. Per di più mancava, prima e dopo la conclusione delle trattative con De Benedetti, qualsiasi offerta concorrente. O cosi’, almeno, fu fino a poco prima che scadessero i termini a disposizione del ministro delle Partecipazioni statali per esprimere un suo eventuale parere negativo. Quando restavano meno di cento ore allo scadere dei termini, Prodi ricevette, su carta intestata « Studio legale prof. Avv. Italo Scalera », per l’intera partecipazione Sme un’offerta di 550 miliardi di lire. « I miei mandanti – precisava la lettera dell’avvocato – saranno nominati all’atto stesso della conclusione del contratto : comprenderà Ella come tale riserbo sia inevitabile ». Una offerta da contrapporre a quella di De Benedetti era, dunque, arrivata. Tanto basto’ per rinviare una prima volta il perfezionamento della vendita alla Buitoni anche se, dopo la sua prima lettera, l’avvocato Scalera di fatto si sottrasse ad ogni contattto. Quando anche un secondo termine stava cosi’ per scadere senza che si potesse parlare di una vera offerta alternativa, arrivo’, questa volta via fax inviato in copia anche al Presidente del Consiglio Craxi e al ministro Darida, un nuovo rilancio. La cifra messa sul tavolo era di 600 miliardi e le firme in calce all’offerta erano quelle di Barilla, Berlusconi e Ferrero, tre degli operatori che, nelle settimane precedenti, avevano specificamente rifiutato di considerare l’ipotesi di un acquisto della Sme. Dopo di quella, la pioggia delle offerte si intensifico’. Giunti a questo punto della ricostruzione, non serve dilungarsi oltre nel ricostruire la procedura della (mancata) vendita e le vicende giudiziarie che ne seguirono. Di tutti gli eventi successivi, il presidente dell’Iri Romano Prodi non fu che spettatore. Basti ricordare che il fallimento del progetto che prevedeva l’uscita dell’Iri dal settore alimentare venne decretato nel 1988 quando il governo dichiaro’ che quella della Sme era per lo Stato una proprietà « strategica ». La congruità del prezzo1 Resta l’ultimo interrogativo, quello relativo al prezzo. I 497 miliardi concordati erano si’ o no un prezzo congruo ? L’assenza di ogni reale interesse all’acquisto della Sme prima dell’offerta della Buitoni di De Benedetti, le perizie di due professionisti del calibro di Poli e Guatri e, infine, l’unanime valutazione dei consiglieri d’amministrazione dell’Iri permettono di affermare con sicurezza che il prezzo era effettivamente giusto. Né puo’ valere, a contraddire questa affermazione e a far pensare che il valore della Sme possa essere stato sottostimato, il rilancio sino a 600 miliardi di tre imprenditori come Barilla, Berlusconi e Ferrero. Anche senza soffermarsi sulla affermazione, fatta da uno dei tre firmatari del rilancio, secondo la quale sarebbe stato il presidente del Consiglio Craxi a chiedere il suo intervento, il fatto che imprenditori che avevano tutti escluso un proprio interesse per la Sme prima dell’iniziativa di De Benedetti si siano, invece, mossi dopo che la Buitoni avava fatto il primo passo, aiuta a capire come le loro offerte e, dunque, le loro valutazioni fossero basate su criteri diversi da quelli strettamente finanziari e tecnici. Ad entrare in gioco, a quel punto, sempre lasciando da parte i risvolti politici, erano fattori diversi, come la tranquillità che poteva derivare dal muoversi su un terreno già valutato da altri o come il desiderio di bloccare la crescita di un concorrente, magari procedendo ad uno smembramento del gruppo Sme. Se nessuno di questi elementi vale ad avvalorare l’ipotesi di una svendita della Sme, puo’, invece, costituire un elemento decisivo il confronto con le cifre incassate dall’Iri anni dopo per la vendita frazionata del gruppo dopo che, nel maggio del 1993, Romano Prodi era ritornato alla guida dell’Iri su richiesta dell’allora presidente del Consiglio Ciampi e con il preciso mandato di avviare un vasto processo di privatizzazioni ? Quattrocentotrentasette miliardi per la Italgel (gelati e panettoni), 310 miliardi per Cirio-Bertolli-De Rica, 704 miliardi per i supermercati GS e Autogrill : questi furono i prezzi di vendita dei vari tronconi della Sme (con l’ultima operazione conclusa sotto la presidenza di Michele Tedeschi). Bastano questi numeri per concludere che l’Iri, e dunque lo Stato, stavano per fare otto anni prima un pessimo affare vendendo tutta intera la Sme per poco meno di 500 miliardi ? La risposta è no. Ed è un no abbastanza semplice a spiegarsi. Innanzitutto, perché il confronto tra quello che l’Iri non riusci’ a vendere nel 1985 e quello che invece vendette otto, nove e dieci anni dopo non è possibile perché si tratta di realtà diverse. Un conto è un gruppo intero e complesso come la Sme, un altro conto sono una serie di aziende separate e ben distinte tra loro come quelle poi cedute frazionando il gruppo. Un conto è un gruppo in una situazione ancora di grave difficoltà come la Sme dell’85, altra cosa sono aziende largamente risanate con centinaia di miliardi di investimenti come quelle vendute dallo stesso Prodi durante il suo secondo mandato alla presidenza dell’Iri. Il fatto, in ogni caso, è che non esiste per un’azienda un prezzo giusto per ogni tempo. La congruità del prezzo si deve valutare rispetto al momento in cui il prezzo è stato determinato. Se guardiamo a una qualsiasi delle grandi aziende delle telecomunicazioni o di qualsiasi altro settore, quali sono i prezzi giusti : quelli altissimi determinati, solo pochi anni fa, dalle quotazioni di una Borsa ai massimi storici e da una corsa alle acquisizioni che portava a valutare le aziende moltiplicando quasi senza limite gli utili annuali o quelli di oggi che risentono del crollo del valore dei titoli, dell’11 settembre e di tutto il resto ? Tra l’85 e il ’93 ci furono la forte crescita dell’economia italiana e, soprattutto, l’esplosione della Borsa sopo l’86, avvenimenti che di per sé rendono sostanzialmente privo di senso qualsiasi confronto. Per rendersene conto è sufficiente ricordare che, proprio pochi mesi prima dell’intesa con De Benedetti per la Sme, la compagnia di assicurazioni Ras, uno dei gioielli della finanza italiana, fu venduta per soli 400 miliardi. Quale sarebbe stato il suo valore otto anni dopo ? E quanto valevano aziende come Mondadori e Fininvest nel 1985 e otto anni dopo ? Conclusione Ma non è su dei numeri che si conclude questa ricostruzione della vicenda Sme perché questi da soli non bastano a capire i veri prezzi pagati, dall’Iri, cioè dallo Stato, dall’economia italiana e dall’Italia tutt’intera. Il primo a sopportare pesanti conseguenze per la mancata vendita della Sme, infatti, fu l’Iri, costretto ancora per anni ad investire in attività secondarie sottraendo risorse a quei settori nei quali più urgente e prezioso era il suo intervento. Quanto all’Italia, il diretto risultato della mancata cessione della Sme fu che il paese che più di ogni altro aveva le tradizioni, le capacità, il gusto per affermarsi nel settore alimentare divenne terra di conquista per gli stranieri, priva di un gruppo capace di misurarsi da pari a pari coi grandi nomi mondiali (la svizzera Nestlé, l’anglo-olandese Unilever, la francese Danone, l’americana Kraft). Con conseguenze non trascurabili per la vitalità e la capacità concorrenziale di tutto il comparto agro-alimentare italiano. Su un piano più generale, poi, lo stop alla vendita della Sme contribui’ in modo decisivo a ritardare di quasi un decennio l’avvio dell’indispensabile processo delle privatizzazioni. Fu solo negli anni Novanta, dopo che tanta altra acqua era passata sotto i ponti. Commission européenne, B-1049 Bruxelles / Europese Commissie, B-1049 Brussel - Belgio. Telefono: (32-2)299 11 11. http://europa.eu.int/comm/ 1 Per una valutazione indipendente della congruità del prezzo concordato per la cessione della Sme alla Buitoni si puo’ leggere l’articolo Vendita SME : il prezzo era giusto ?, di Marco Pagano e Carlo Scarpa, « www.lavoce.info ». Ho tratto l'articolo da: http://europa.eu.int/comm/index_it.htm
  13. Tipica figuraccia di chi non regge al contraddittorio perchè abituato, come qualsiasi despota, a fare monologhi, ad essere riverito e a non essere contraddetto. Ma l'Annunziata non è nè Vespa, nè Latella e nè Mimun. Mi consenta: lei è di sinistra mentre io sono un liberale. Come a dire che non capisce un cazzo manco di politica. Qualcuno comunichi al banana che c'è gente di sinistra molto più liberale di lui.
  14. Sì, mi sembra normale. Perchè Prodi all'IRI ha svolto il compito che gli fu affidato, e lo ha svolto onestamente e diligentemente come è stato accertato dalle inchieste non solo giudiziarie ma anche delle commissioni parlamentari italiane ed europee. Cerca in rete e trovi tutto se sei capace di scartare la spazzatura e le menzogne. Il casino nell'affare sme è cominciato quando il banana ha cominciato ad interessarsene. Ne abbiamo già discusso ampiamente. La morale è che Prodi è onesto, mentre per il banana parlano le sentenze dei tribunali. Non solo: il banana ha usato questa legislatura per farsi approvare le leggi ad personam che gli servivano per pararsi il culo nel caso sme e in altri casi. Strano vero? Eppure è così! L'intero governo di centrodestra s'è appiattito sugli interessi privati del banana. Non è un caso se la stampa internazionale ci deride, perchè quà non è solo questione di un disonesto; è questione che un disonesto è riuscito a farla in barba a tutti gli italiani riuscendo a vincere col suo profuso ottimismo le ultime elezioni politiche. Visti i risultati forse però qualche italiano in più sta riflettendo che sarà il caso di votare Prodi invece del banana. Non ti meravigliare.
  15. Credimi Megale, a me dispiace profondamente tutto ciò che sta succedendo. Ho saputo che addirittura Storace si è messo a piangere davanti al suo pubblico. Se c'è una cosa che non sopporto è vedere la gente piangere. Sto troppo male. Può essere che davvero Storace sia innocente? Staremo a vedere. Le confessioni degli arrestati intanto vanno avanti, e i verbali dei carabinieri documentano ogni cosa. La magistratura è comunista, la stampa è comunista, la televisione è comunista. Sta a vedere che sono una manica di comunisti anche i carabinieri. Un paese governato dal centrodestra si scopre di colpo tutto comunista. E' davvero tutto molto imbarazzante per non dire grottesco. Siamo alla farsa totale. Ti riporto soltanto una cosa che appare su un sito di destra, quello di Tilgher, visto che quà non si può riportare nulla che possa essere minimamente sospettato di essere comunista: LA ZOZZATA 24 febbraio 2005. Ore 20.08. Nicolò Accame chiama Pierpaolo Pasqua (l'investigatore privato). N: Ciao sono Nicolò come procediamo? P: Sabato o domenica riusciamo a fare l'intervento. N: Tu hai bisogno di niente da me? di altre cose che ti dica o sei già arrivato dove volevi? Hai avuto riscontro su quel nome che ti ho dato?. P: Sto avendo tutti i riscontri necessari. 26 febbraio, 19,01. Pierpaolo Pasqua, l'investigatore arruolato da Accame, parla con Gaspare Gallo un suo collega di come condurre l'operazione "Qui", quella della Mussolini. G."Bisogna entrare al momento giusto e far sparire le cose al momento giusto". P."Io te l'avevo detto che prima o poi ce la chiedevano una zozzata". 3 marzo, ore 4,33. Un giorno prima della chiusura delle liste Pasqua riceve la telefonata di un uomo non identificato, la procura sospetta che l'uomo si trovi nella sede di Alessandra Mussolini dove sta alterando i fogli con le firme per le candidature. P. "Quanti ne hai?" U. "Ne ho fatte 5 per 80 fogli, quindi 400 fogli con 5 ripetizioni P. sono 3200 comunque invalidi, perfetto sono sufficienti". IL TELEGRAMMA 5 marzo 17,30 Pasqua e Gallo discutono su come denunciare anonimamente le "irregolarità" della Mussolini. P. "Hai tu una scheda non riconducibile a qualcuno? devo mandare un telegramma che deve essere anonimo" G. "Anonimo lo posso fare anche da un bar" P. "Però il telegramma ti addebitano il costo su una bolletta" G. "Ma scusa se vado alla posta a farlo e non do i miei documenti?" P. "Certo che ti chiedono i documenti, se vado da un pony express ho paura che non faccio in tempo e in ogni caso mi chiedono i documenti, porca puttana non so come fare. Tutto fatto bene tutto lavorato, tutto costruito e adesso non so come cazzo fare. E se freghi il telefonino a qualcuno?" G. "Eh si può fare, lo frego a qualcuno". P. "Fai sta cosa e poi glielo fai ritrovare". G. "E' un bel casino... lettera anonima niente?" P. "Se potevo imbustà 'na lettera avevamo risolto, ma non gli arrivava domani". CICCIO E ALEMANNO 28 febbraio, ore 21. Pasqua chiama la moglie Costanza: "Gaspare è rimasto impressionato dalle mie conoscenze politiche: ieri ho avuto un appuntamento sono andato senza farmi registrare arrivando direttamente alla presidenza. Ho visto Ciccio (Francesco Storace, ndr) che aveva in linea Alemanno. Ha detto alla sua segretaria di farlo attendere perché stava parlando con Pierpaolo. Gaspare si è reso conto che ciò che stiamo facendo, pur non guadagnando molto è una scommessa per il futuro. Questo (Ciccio, ndr) oggi sta alla Regione, e domani può andare al ministero degli Interni. 1 marzo, ore 22,06. Pasqua commenta con la moglie la chiusura dell'operazione Mussolini (Qui), e l'inizio dell'indagine su Marrazzo (Quo): P. "Fra oggi e dopodomani chiudiamo Qui, poi bisogna cominciare ad occuparsi di Quo e di Qua". C. "Ma non può essere una cosa un po' pericolosa?" P. "Un pochetto sì, non c'è niente di pericoloso" C. "Speriamo che non si hanno guai" P. "No basta che rivincano, perché devono rivincere, perché se no se non rivincono tutti a casa andiamo..." C. "Vabbè scusa se non rivincono loro chi vince? Marrazzo?". LA MOGLIE DI MARRAZZO 22 marzo, ore 18,15. Gallo parla col maresciallo Franco Liguori (suo complice) per scovare i redditi della moglie di Piero Marrazzo (Roberta Sardoz). F. "Ueh senti, Sardo Rosarita per me non esiste, ho provato con Sardo, con Sardi, solo con Rosa, solo con Rita, in tutti i modi possibili immaginabili, hai il codice fiscale tu per caso?" G. "Non ce l'ho dietro, però. Comunque l'ho verificato, è corretto". F. "Eh vedi corretto corretto, ma pure con Marrazzo, alla fine, era Pietro e non era Piero". G. (gli detta il codice fiscale) F. "Allora Serdoz Roberta non c'entra proprio un cazzo con quella... La data di nascita corrisponde 10.8.68". G. "Questa è l'intestazione di un telefonino, quindi che cazzo hanno scritto... l'hanno estrapolato probabilmente hanno scritto una cosa per un'altra". Dieci minuti dopo viene intercettato un Sms del maresciallo a Gallo: "Ma non facevi prima a dirmi che era la moglie di Marrazzo?". Sms di risposta: "Non lo sapevo". 5 aprile, ore 10 e 39. Il maresciallo Liguori chiama Gallo. L. "Senti un po' ma adesso che ha perso le elezioni ti paga lo stesso?" G. "Veramente mi ha già pagato". http://www.frontenazionale.it/interc.asp
  16. Esatto! Che le comparse e gli attori siano gli esagitati dei centri sociali non mi meraviglia. Vorrei sapere chi è il regista e quali interessi ha. La puntuale strumentalizzazione elettorale operata dal centrodestra, compatto nell'addossare le responsabilità all'asse Bertinotti-Prodi, la dice lunga. Un approccio da caccia alle streghe in cui la priorità è mandare sul rogo l'intero vertice del csx, dopodichè ci si chiede che cazzo è successo. Se rimane tempo, si capisce. Naturalmente la fattucchiera dice che quanto è successo è colpa del suo competitore di csx alla carica di sindaco di Milano e di quando faceva in prefetto. Nessuna respondabilità da parte di chi governa oggi a Milano, si capisce! La colpa non è di chi governa. La colpa è di chi non ha responsabilità di governo. Oramai siamo all'OK Corral, con un premier che accusa la magistratura di fare giustizia a orologeria tacciando il caso di spionaggio che ha coinvolto Storace come una montatura allestita dal csx a scopi elettorali. S'è dimenticato che il caso si trascina cupamente fin dall'epoca delle regionali del Lazio col casino sollevato da Alessandra Mussolini e con le denunce di Piero Marrazzo. Manca ancora un mese alle elezioni. Sarà interessante stare a vedere cosa altro si inventerà il cdx e quali altre scuse si inventerà per evitare di parlare di fatti concreti camuffando così il suo fallimento e fregare nuovamente gli italiani. Facciamo le corna e speriamo che non succeda qualcosa di irreparabile, perchè il clima comincia davvero a diventare quello di "muoia Sansone con tutti i filistei". E' reduce dal trionfo mediatico regalatogli su un piatto d'argento dall'amico giorgio dove non ha perso occasione di manifestare la sua piena fiducia all'amico e la cieca fede nelle sue regole di democrazia e libertà. Non appena è rientrato in casa s'è già rimangiato tutto sputando fiele e veleno sulle regole americane imposte dal mortadella (ora promosso al grado di gamba di legno) per il faccia a faccia al cospetto di Clemente Mimun.
  17. Mi sono iscritto. Ho messo anche una poesia. Bel posto.
  18. Cosa vuoi dimostrare? Si tratta di movimenti leciti o di movimenti illeciti?
  19. Vedi Desmo, io ti ho riportato un articolo della Padania in cui si dice a chiare lettere che Fassino non ha colpe, che i DS non hanno colpe e che se la corruzione ha dilagato e dilaga in ogni dove è pur vero che tale corruzione è molto più diffusa fuori dai DS. Vuoi vedere che sono una manica di comunisti pure quelli della Padania? Poi ti ho riportato un articolo in cui si dice che le cooperative pagano le tasse come le Spa, che le residue facilitazioni fiscali compensano a malapena gli svantaggi del non essere Spa è tu mi vieni a parlare di cooperative fuori mercato. Tu pensi forse che in cooperativa sia tutto rose e fiori. Sono di gran lunga di più quelle che nascono e falliscono che quelle che nascono e sopravvivono. Se non riesci a competere non riesci a competere nè come Spa nè come cooperativa. Libero di aver fede negli slogan del banana su cooperative e sul pericolo rosso. Che il mondo sia cambiato il banana lo sa benissimo, ma ha paura di quel cambiamento. Ha paura di quel cambiamento perchè è un cambiamento che compete con i suoi interessi. Compete onestamente, correttamente e secondo il libero mercato. Una cosa che lui non riesce a fare perchè sa competere solo attraverso l'illegalità, la corruttela e il ladrocinio. Meglio usare la menzogna per tentare di nascondere la realtà onesta, emergente e competitiva al mondo. E meglio spiare l'avversario sperando di trovarvi nefandezze da usare per distruggerlo. Gli è andata maluccio: di nefandezze ne ha trovate poche e si è ridotto a resuscitare antiche paure. Felice chi gli crede. Unipol? Non centra un tubo nè coi DS nè con Fassino. Leggi l'articolo. Centra che un trafficante come consorte non si discosta da tutti gli altri trafficanti di qualsiasi colore essi siano. Il sempre più tenue vincolo tra DS, mondo delle cooperative e Unipol è un vincolo pulito tra DS, cooperazione e Unipol, non tra DS e trafficanti corrotti e corruttori alla Consorte&Fiorani. Il tentativo del banana di calare nella merda i DS e Unipol insieme al trafficante Consorte è già fallito perchè privo di fondamento. Tanto falso e tanto privo di fondamento che lo stesso banana continua a sottoscrivere allegramente le sue polizze Unipol per se e per i suoi familiari. Desmo, tenta almeno di capire che i fatti sono fatti, le menzogne sono menzogne e gli slogan elettorali sono slogan elettorali; sia quelli di destra che quelli di sinistra. C'è una destra pulita e onesta Desmo, se devi votare a destra ti consiglio di votare quella destra pulita e onesta, non l'altra corrotta e corruttrice capitanata da farabutti, spioni e bugiardi.
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