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La popolarità di copco

Campione del Mondo

Campione del Mondo (7/8)

110

Reputazione Forum

  1. Vedi a che razza di storture è arrivato questo posto! Oribbile! Come dicono a Roma. Si vede che sei stato cooptato anche tu nella squadra dei manganellatori che partendo dalle regole della netiquette si allargano per selezionare quello che si può e quello che non si può dire. Ti impegni? Per fare cosa? Sperando che lo fai per garantire la libertà di pensiero, di discussione e di circolazione dell'informazione e delle idee ti comunico che nel decreto Alitalia il nano mise una norma per salvare il culo ai manager farabutti. Déjà vu. La novità è che quella norma è ricomparsa in un ddl riguardante la gestione delle crisi aziendali in generale. Si vede che il nano oltre a garantire l'impunità per sé stesso vuole garantire l'impunità anche ai managers delle sue aziende. Tu però stai attento: se per fame rubi un panino al bar devi sperare nel buon cuore del barista, altrimenti scoprirai sul tuo groppone che per te non esiste impunità, come è giusto che sia. O altissimo Regazzoni! Che ne dici? Posso aprire una discussione per approfondire questo tema e decidere se è più farabutto il nano o un affamato che ruba il panino al bar? Come catalogheresti un tema simile? Politica? Costume? Società? Giustizia? Merda? Di quale di queste cose si può parlare? Di quali non si può parlare? Tu che sei onnipotente e conosci i limiti dell'arcano: quanto è alto il muro che non si può scavalcare? Se permetti sono più triste e rammaricato io.
  2. Son lesto con le rime e non perdòno saluto quindi il caro SaiKisòno un bacio mollo al Dodicicilindri tal qual si mollerebbe a Rosy Bindi piuttosto dico “amico, qua la mano, ti mollo un grazie assai più caldo e sano”. Fa sempre un gran piacer qui lo scoprir d'avere ancora amici da sentir E' come un premio prendere Nobèl l'augur l'avere dallo grande Hankèl Riguardo a J e al car Desmosedìci è come al totocalcio far tredìci A voi io dico “grazie cari amici” non certo a tutti quei rincoglioniti che tappano il pensiero in questo posto stroncando il parlar libero e composto Codesta gente laida ed arcigna la testa dura ha come una pigna prima di lor qua c'eran cose belle che con l'amor muovevano le stelle.
  3. Auto italiane vs estere Si riapre la grande sfida di VINCENZO BORGOMEO MOTORI Sul blog è lotta serrata fra i detrattori del made in Italy e i suoi accaniti sostenitori. Siamo tornati ai vecchi tempi e alle celebri discussioni da bar... IL BLOG IL BLOG DELLA BRAVO Il lancio della Fiat Bravo in un segmento particolarmente delicato del mercato europeo, quello di Focus, Golf, Astra e soci, ha scatenato una polemica sopita da anni: meglio l'auto estera o quella italiana? Sul blog dedicato alla nuova Fiat dedicato sono arrivati oltre 400 messaggi: la discussione è ovviamente infinita e si trascina tutti i luoghi comuni che hanno animato per anni spettacolari discussioni da Bar Sport. Ossia fantasia, divertimento di guida e potenza italiana contro affidabilità, finiture impeccabili e robustezza tedesca. La sfida però oggi è più complicata rispetto a qualche anno fa: ci sono i giapponesi, vedi Toyota Auris, e perfino i coreani, vedi Kia Cee'd, a puntare ai vertici della categoria. Così i messaggi dei lettori che difendono l'auto italiana diventano più articolati, per certi versi divertenti, ma comunque più sofisticati. Il Bar Sport non c'è più: gli avventori di un blog sono più competenti e per avere la meglio nella discussione serve anche un po' di fantasia. Qualche esempio? Uno per tutti, il post di "Copco", che alla Bravo ha dedicato una poesia... Eccola. Questa Bravo è da comprar Giacchè forte e bella è un mar Or la Fiat è da premiar Ammirare e coccolar Questa macchina è solar Molto bella è da guardar È di molto accessoriata Vi ci assiste alla sterzata Vi ci assiste nel parcheggio Vi ci assiste nel beccheggio Vi ci mostra lei la strada Chè la curva non si evada Grande grinta ella sfoggia Il sensore ha della pioggia Non consuma assai petrol Ed il cruise ha control Per chi correre volesse Ha nel freno l'abbiesse Ed ha anche l'ebbiddì Nonché pur l'esseppì Pel bagnato e per lo sterro Ha il sistema aesse erro Ed in grande sicurtà Mai la ruota slitterà Se in salita hai da partir Interviene l'holder hill Per il non indietreggiar La frizione nel mollar Sette airbag e due autoradio Le cinture ha multistadio Ha il clima a doppia zona È una gran bella bestiona I motori son moderni Forti, agili ed eterni I gasolio a Multijet I benzina son T-jet Di cavalli ne hanno tanti Per contesse, conti, fanti Cavalieri e belle donne viva viva lo Marchionne. Son passati i tempi neri Di fetenti e faccendieri Che di tutto sapean far Ma non costruir le car. (6 febbraio 2007) Auto italiane vs estere Si riapre la grande sfida - Motori - Repubblica.it Spiacente non essere d'accordo con voi. Borgomeo è un grande. A furia di accendergli un cero tutte le sere, mi sto svenando. :D8-)
  4. Ah, quindi in pratica vai cercando almeno un pò di divertimento. Ti vedo in forma. La storia delle palle che si arrostono al semaforo mi coferma che non sei un tipo covenzionale. Passione? Brutta bestia! Mi viene in mente Alfaomega: si comprò la Fazer per avere una moto un pò figa dicendo che gli serviva per andare all'università senza fare la figura dell'impiegato in scooter. Due mesi dopo ci postò le foto delle sue corse su tanto di pista. Io sto ancora uscendo da diversi mesi di doglie da ernia al disco. Le passioni me le devo centellinare col contagocce. Quest'estate sono ristato male due giorni per aver percorso in macchina una strada cittadina piena di buche. E meno male che si trattava di una Scenìc, di cui tutto si può dire tranne che abbia le sospensioni rigide. A presto.
  5. Sonata, se cerchi praticità e comodità mi sfugge il motivo per il quale scarti apriori un maxiscooter a ruote alte. Oramai ne fanno con caratteristiche di tipo motociclistico, o almeno così dicono. Ti pongo la questione perché sto pensando anch'io ad una due ruote e forse mi sfugge qualcosa. Mi serve sicurezza, praticità e confort, non interessano manco a me le prestazioni record e tendo ad orientarmi su uno scooter a ruote alte. Sono ancora molto indeciso. Scegliere è faticoso ed imbarazzante. Quando penso che mi basterebbe un Liberty 125 4T per muovermi solo in città ecco che mi immagino di voler fare un salto al mare il fine settimana e quindi a pensare che mi ci vorrebbe almeno un 200 (ho il mare a 80 chilometri). Ma una volta deciso per il Liberty 200 ecco che mi verrebbe voglia di prendere qualcosa che mi permettesse anche di fare un salto a Lecce (800 chilometri) di tanto in tanto. Ecco quindi che, per esempio, penso a un Malaguti Spidermax 500 (e arrivo a 6000 euri come se fossero noccioline). Insomma, devo ancora digerire la cosa per capire esattamente che cacchio vado cercando e qual'è il limite di spesa che vorrò impormi. Riguardo a quest'ultima voce è certo che se devo spendere più di 6000 euro torno subito a un Liberty 125 se non ad un più economico Kymco 125. Forse sbaglio, ma alle vere moto non riesco a pensarci. Non ne afferro i vantaggi o, probabilmente, è perchè una buona cruiser costa quanto un'Alfa Romeo 147. Io sono al palo del nuovo perché pazienza e tempo di rovistare nell'usato non ne ho anche se conosco dei ragazzi che con due o tremila euro si sono motorizzati bene e sono contenti dell'acquisto. L'unica cosa che ho accertato è che non prenderei mai il T-Max della Yamaha. Cribbio! Costa quasi il doppio rispetto ai suoi concorrenti per il solo fatto di essere bicilindrico invece che monocilindrico! E per sopramercato ha anche le ruote un pò piccole. Ti sarei grato se mi spiegassi perchè ti orienti su una moto piuttosto che su un maxiscooter, visto che cerchi praticità e comodità. Ciao.
  6. Per via di una lombosciatalgia che oramai sta diventando cronica, ho scoperto la letteratura di Camilleri, anche se solo da pochi giorni. Leggendo le pagine di Camilleri, intrise di termini e frasi dialettali siciliane, mi ha prima di tutto sorpreso la somiglianza tra il mio dialetto, il salentino, e il dialetto di Vigàta e Montelusa (se ho ben capito si tratta di Porto Empedocle ed Agrigento). Per via del cinema e della televisione la suddetta somiglianza mi era già nota, ma solo superficialmente. Leggendo Camilleri ho scoperto che è molto più profonda di quanto pensassi. Questa è una cosa che continua a sorprendermi e incuriosirmi; il risultato della non del tutto elucidata storia delle migrazioni e delle dominazioni nel Sud Italia è tale che un pugliese del basso Salento come me capisce i distanti siciliani di Vigàta e Montelusa ma non capisce i vicini pugliesi di Bari e Foggia. Sta grannissima curnuta (la lombalgia, dico) e figghia di buttana ha trovato l'America! Mi perseguita da quattro mesi ed infine oggi sono a casa, già al quarto giorno di malattia. Mia moglie aveva preventivamente buttato giù dalla libreria un po' di libri da farmi leggere, tra cui quattro di Camilleri. Scopo: sottrarsi alla rottura di un pò di cabasisi (palle) che non ha, povera criatureddra. E ci ha 'rraggione ci ha! Quanto rompo i cabasisi io quando sto male non li rompe nessuno. Ahia! Che dolore! Nel giro di tre mesi ho consumato di già sette o otto scatole di Moment, tre scatole di Sanipirina, una di Momendol, una di MomentAct, una di cerotti Tachidol, cinque di cerotti Actiflex, innumerevoli borse d'acqua calda, trenta doppie bustine di Aulin, quaranta doppie bustine di Tachidol, un calendario di santi in paradiso, una scatola di Orudis, una di Oki, sei iniezioni di Muscoril+Dicloreum, un tubetto e mezzo di Voltaren e, come in un crescendo rossiniano, ora sono alla quarta iniezione di Muscoril+Cortisone. In casa non c'era nessuno capace di farmi le iniezioni. Per farmi fare le inienzioni da mia moglie abbiamo messo su una tragedia greca. Alla fine della tragedia (con goduria sonora generalizzata per tutto il vicinato) il successo venne ovviamente a mancare. Arrivati alla frutta stavo pensando di ingegnarmi a bucarmi da solo. Cagandomi sotto, si capisce. In quel frangente la fortuna volle che s'appalesò in càmmara di durmiri (camera da letto) ù figghiuzzu miu esclamando: “Maremma maiala! Ma dove cacchio siamo? All'estrazione dei cavalli in piazza? Toglietevi dalle scatole!” (Propriu propriu accusì ci disse commissariu!). “Tu dammi codesta siringa! Tu stenditi, rilassati e abbassati le mutande! L'iniezione te la faccio io, Dio bonino! Altrimenti qua ci portano tutti quanti al manicomio di Porta Romana!”. Mentre con estrema cautela e titubanza stavo ancora tremando nel calarmi le braghe, ù figghiuzzu aveva già finito di infliggere la prima iniezione della sua vita. Indolore! Sia l'ago che la mano santa. Fine della tragedia greca ma con miracolo incorporato. Un ibrido di nuovo conio quanto alla tragedia greca (Fazio, prendi nota e trasmetti il rapporto a Camilleri. Deve campare altri 120 anni, quindi necessita di materiale su cui travagliare.). Un amore di figghiuzzu quanto al figliolo. Grazie all'Altissimo Onnipotente Bonsignore. Quando sentirò squillare le trombe sarò al trionfo finale per rimuovere un'ernietta in L4-L5 che mi s'infiammò una prima volta già nove anni fa lasciandomi piegato in due per sei mesate. Ora che ho compilato l'elenco di quanta merda ho già preso in corpo mi meraviglio d'essere ancora vivo! Anzi vado subito subito a specchiarmi per darmi una controllatina. Mentre vado, fammi pure tastare il fegato per sentire se ce l'ho ancora. Un mio amico di travaglio sono mesi che mi vede giallino e sospetta fortemente che io sia malato di fegato, senza tema alcuna di dirmelo a muso duro, sperando di scatenare l'alterco con scazzottata incorporata, così, tanto per rompere la routine quotidiana. Un sant'uomo bolognese pieno d'amore per il prossimo non meno chè per i suoi morti più cari. Un gaglioffo di prima, d'antico stampo, col quale non ci s'annoia mai tranne quando si fissa su qualcosa per via dei sorpassati limiti dell'età pensionabile, si capisce. Allora sì che diventa di una noia mortale degna di trovar soluzione non solo in una bella scazzottata ma anche di un bel duello finale alla “Mezzogiorno di Fuoco”. Ma “sono ancora vivo, bastardi!” è l'inno alla vita che io urlo, esattamente come lo urlò Papillon ai suoi aguzzini mentre saliva sulla zattera fatta di noci di cocco che lo portò in fuga dalla Guyana francese verso la vita di ignoti approdi. Forse sono ancora vivo per via delle preghiere dell'osteopata che mi fa le manovre, i massaggi e le danze della pioggia intorno al totem dei cinquantacinque euro che gli mollo ad ogni botta! Naturalmente mi guardo bene dallo smettere di frequentarla, si capisce, non sia mai che smette di pregare per il mio portafoglio. E' una donna ma non pensate subito a male! Io sono un brav'uomo e lei è sciaguratamente vecchia per i miei gusti. Ma non troppo. I libri di Andrea Camilleri ! Ora spiego: Qualsiasi pagina di Camilleri si legga è impossibile addormentarsi. Implacabile, caustico, volentieri privo di bon ton. Se ha bon ton è per prendere per il culo qualcuno o smerdare qualche situazione. Selvaggio, crudo, schietto, pane al pane e vino al vino, espressivo, immediato, fulminante, geniale, colto, arguto, erudito. La delicatezza e la tenerezza ci sono, ovviamente, ma sono nascoste, camuffate, mimetizzate e mai ostentate. Caratteristica abbastanza diffusa in molta gente del Sud. U' masculu ommu ha da esseri! Anche se basta guardare un film del Commissario Montalbano per vedere quanta tenerezza Camilleri mette in realtà nel cuore del “masculu”. Ma tutto ciò è zero di fronte alla qualità principale che Camilleri sfoggia in molte pagine, ossia quella di divertire e far ridere. A volte è addirittura esilarante. Ogni rigo di quelle pagine è un universo da esplorare con estrema calma per trarne il massimo godimento. Camilleri, mai e poi mai scrive un rigo senza spruzzarlo di un po' di goduria, sia essa di carattere terminologico, culturale, storico o altro. A volte ci mette anche la goduria del comico e dell'esilarante. Goduria finemente distillata, cesellata, dipinta, cantata, sognata, scolpita, tornita e depositata nero su bianco. Il tutto, però, condito con una prosa carica di termini dialettali siciliani che, per chi il siciliano non lo conosce, richiedono al lettore un non leggero impegno nell'interpretazione dei significati. Camilleri fa una continua ed indefessa descrizione della sicilianità, sempre, ovunque e comunque in tutti i suoi romanzi (oddio! Ne ho letti solo quattro in pochi giorni, ma in quei quattro è una costante). Una sicilianità che se riesci a capirla vuol dire che capisci la Sicilia, l'Italia, l'Europa e il Mondo intero. L'Umanità intera; lo si può dire senza temere certo di esagerare. Perché sotto sotto il siciliano è uno più estroverso e caldo forse di altri, quindi sul quale si può scrivere di più per via dei pregi e dei difetti facilmente individuabili ed oramai famosi per merito specialmente del cinema. Ma il siciliano un uomo è. La società siciliana di uomini è fatta. Alla fine della fiera i sentimenti, le passioni, le aspirazioni di quella società sono quelli e quelle degli uomini di tutto il mondo. Quindi che Camilleri sia capace di scrivere solo di Sicilia e di siciliani è un falso problema. Leggi Camilleri e leggi la vita, la società e il mondo. Sempre sotto forma di capolavoro letterario godurioso e mai banale. Perché poi Camilleri scrive per divertirsi, quindi diverte chi lo legge. A un patto: ahimé! Camilleri si diverte solo scrivendo appunto molti termini e frasi dialettali siciliane. E' un drogato che non rinuncia al dialetto siciliano così come non rinuncia alle sigarette. Si diverte solo così. Capire il dialetto è il prezzo che quindi Camilleri richiede al lettore per godere appieno dei suoi scritti. Sembra un prezzo abbastanza altino per chi non è avvezzo al siciliano, stracatafottendosene (per dirla alla di lui maniera) se un tale prezzo rischia di abbattere drasticamente le vendite e la diffusione della sua letteratura. Cosa che puntualmente non avviene ed anzi, è ampiamente riconosciuto che Camilleri è stato un fenomeno che ha svegliato e promosso il mercato dei libri nazionale. Evidentemente il prezzo in termini di impegno alla lettura che Camilleri richiede è un prezzo più che accessibile. Come si spiega? Beh, faccio un esempio eclatante, parlando ovviamente per quanto è successo a me: in “La mossa del cavallo” oltre al dialetto siciliano ci piazza pure quello genovese. Cribbio! Se per me che sono salentino è di estrema facilità capire il siciliano, diventa una tortura capire quello genovese. Di fronte al genovese io sono disarmato esattamente come chiunque sia disarmato di fronte al siciliano. Ma la sfida penso di averla vinta o quasi. Chi me lo ha fatto fare a prendere i miei cabasisi e maltrattarmeli da solo? Semplice: leggere “La mossa del cavallo” di Camilleri è come cenare con quei piatti arraggiati carichi di peperoncino e pepe nero che ad ogni boccone devi scolarti mezzo litro di vino per astutare il fuoco ed asciugarti le lacrime degli occhi e il sudore della fronte ad ogni forchettata. Arcanamente, però, ti sbafi ogni cosa e fai pure la scarpetta al piatto. Sarà sadismo? Sarà autolesionismo? E chi lo sa? Poi devi smaltire la sbornia incorporata ed aspettare tre giorni per riacquistare il senso del gusto, tanto le papille gustative si sono abbruciacchiate. Per comune senso del pudore evito infine di descrivere i particolari di cosa succede quando vai al càmmarino di còmmodo (il cesso). Dico soltanto che sul più bello dello spiacevole e cupo dramma ti scolli tutti i santi del calendario. Punto. Vedi che sorta di effetti riesce a sortire un grande scrittore! Almeno su chi, come me, apprezza il piatto piccante, si capisce. Per quanto concerne il suo linguaggio non convenzionale, a me appare come una gran ricchezza che rimette in gioco una mole monumentale di strumenti di arricchimento dell'epressività. Sta globalizzazione ci sta livellando ed appiattendo anche nel linguaggio. Le parole straniere ci colonizzano e perdiamo quelle nostre originali, quelle che ci distinguono dagli altri. Parole che invece sono sempre utilissime ed è una fortuna riscoprirle e rimetterle in marcia per meglio comunicare, descrivere e firmare la nostra storia e cultura. Insomma promuovo Camilleri su tutti i fronti. Io poi, dato che sono ammalato di rachide lombo-sacrale infiammato sono un caso patologico (propriu accussì ci disse commissariu!), per non dire da manicomio: leggendo “La Scomparsa di Patò” ho riso ad ogni pagina, ogni risata è stato un pugno alla schiena e una rotolata sul letto matrimoniale per i dolori lancinanti. Ma non ho potuto smettere di leggere il libro esattamente come succede con quel piatto arraggiato che te lo finisci e gli fai pure la scarpetta anche se ti fa bere, piangere e sudare. In quattro giorni di gioie e dolori mi sono letto “La scomparsa di Patò”, “L'odore della notte”, “La mossa del cavallo”, ed ora sto leggendo “La concessione del telefono”. Ragazzi, com'è possibile che in tant'anni io non avessi mai degnato di uno sguardo Camilleri? Beh, tipico per chi vive fuori dal mondo e gli deve capitare di essere costretto a letto per accorgersi che fuori c'è vita. E non credo che io sia l'unico malato in questa società di merda che ci succhia pure l'anima promettendoci quel famigerato secondo di notorietà che non si nega a nessuno, a prezzi, però, equivalenti ad intere esistenze. Nasciamo e viviamo fino alla morte più morti che vivi, cribbio! Sicuramente schiavi. La tragicomica lotta continua. Il laboratorio dei tubi Eppendorf, delle pipette Gilson, delle microfuge, delle PCR, delle capsule Petri, dei seminars, delle proteine ricombinanti, dei mutanti, dei lab meetings, delle library, dell'high throughput, dell'in silico selection, dei brain stormings (quelli muscolari li abbiamo già importati ed assimilati; da sei o sette anni stiamo importando Terminators, Rambo e Blade Runners cerebrali), dei papers, delle reviews, delle patent applications, dei reports, dei mid year objectiv reviews, dei microarrays, dei roboclones, dei centri di eccellenza, delle protein-protein interactions, dei figli di buttana e degli Escherichia coli clones si metta l'anima in pace: da ora in avanti verrà frequentato a misura d'uomo e di sopravvivenza. Là fuori ce altra vita. Là fuori ci sono altri cuori che battono. Cuori che sono speranzosi di essere esplorati ed amati. I libri di Camilleri, giusto in tema, ne sono pieni. Quanto tempo bruciato! Sperando di riuscire a sottrarre alla tragicomica questa spina malefica. Per quanto il Signore mi concederà. La pagina che in “L'Odore della Notte” descrive il pappagallo e i suoi padroni dobbiamo farlo diventare un luogo da proteggere come un patrimonio UNESCO dell'umanità. La descrizione dei padroni è esilarante e tenera allo stesso tempo. Il pappagallo canta l'internazionale socialista. Presente il commissario Montalbano. Andrea Camilleri: uno forte davvero! In occasione di questa mia pausa forzata dal lavoro è toccato a lui farmi riflettere un po'.
  7. Quell'inno è la frase con cui si conclude "Gomorra". Speriamo bene, perché, come ben sapete, Roberto Saviano è costretto a nascondersi ed addirittura ora porta la rogna addosso. Ho saputo che gli hanno rifiutato di affittargli un appartamento in un condominio. Saviano rischia la vita e la gente ha paura di morire insieme a lui.
  8. "Sono ancora vivo, bastardi!". Questo è l'inno alla vita che Papillon lanciò salendo sulla zattera che lo portò lontano dai suoi aguzzini della Guyana francese.
  9. Il film è impressionante e ben fatto. Il libro però è ben altra cosa. Per chi non avesse letto il libro copio e incollo una recenzione che mi hanno pubblicato su Zam, dove il mio nick è biz: Mi raccomando: se proprio proprio vi intestardite nel voler leggere “Gomorra” (Mondadori) di Roberto Saviano, fatelo a piccole dosi dopo cena. Personalmente ve lo sconsiglio caldamente: trattasi di un libraccio che comincia con un container stracolmo di cadaveri cinesi e continua sino alla fine parlando di morti ammazzati, spazzatura, cementificazioni selvagge, campi concimati con compost ai metalli pesanti, mozzarelle ottenute dal latte di bufale pascolanti su quei campi e droga tagliata male sperimentata sulla pelle di visitors malcapitati tossicodipendenti. Non leggetelo! Vi rovinerà le cene! A meno che non abbiate voglia di mettere in moto il vostro cervello. Io purtroppo l'ho letto e ve lo garantisco: da il voltastomaco! Non prima di aver fatto girare quelli che gli uomini hanno attaccati al basso ventre e le donne non hanno. Io un libro del genere non l'avrei mai e poi mai comprato. L'ho letto accidentalmente solo perché in queste vacanze di Natale me l'hanno regalato e, non avendo di meglio da fare, mi sono messo a leggerlo sicuro di riporlo sulla libreria dopo tre pagine e dimenticarlo insieme a una nutrita collezione di libri che ho cominciati e che non ho mai finiti di leggere. Invece è successo un miracolo che non m'era mai successo prima con i libri di denuncia: l'ho letto fino alla fine e dopo averlo letto ho ingaggiato grandi discussioni sulla camorra con chiunque mi sia malcapitato a tiro. Come si spiega questo, per me, arcano? La verità è che Saviano è un genio di prim'ordine, tipo un Leonardo da Vinci che nel dipingere un quadro ne dipingeva almeno due in uno. Con la scusa di scrivere un libro sulla camorra e sui suoi morti ammazzati ha in realtà scritto tre o quattro libri in uno. Il libro scritto nero su bianco parla di camorra e morti ammazzati, un libro sottinteso parla del nostro sistema politico, un altro libro sospeso nell'etere parla del nostro sistema di informazione ed un altro ancora parla di istituzioni inefficaci. Insomma, si legge una parola scritta che parla di criminalità e violenze inaudite ma il cervello si attiva full time sull'intero nostro sistema economico, politico, mediatico ed istituzionale. Ecco spiegato l'arcano: non ho fatto in tempo ad annoiarmi col déjà vu o col solito folklore nostrano ed è andata a finire che mi sono letto tutto il libro per intero. Il libro sembra una cronaca approfondita sulla camorra ma in realtà non racconta la cronaca camorristica: la spiega. Racconta la cronaca ma ne spiega i meccanismi, la psicologia, i contorni e le implicazioni sull'intera società nazionale e persino internazionale. Quando non mette le cose nero su bianco ti induce a pensarle. Riguardo alla camorra è una cosa mai successa prima in Italia. Spesso Saviano spiega la camorra senza scrivere alcuna spiegazione. Per farlo usa il trucco che solo i bravi scrittori sanno usare: scrive nella piena fiducia dell'intelligenza e dell'immaginazione del lettore. Insomma Saviano ha saputo scrivere un libro mettendo in pratica l'abilità di saper accendere il cervello del lettore e mantenerlo acceso. Notoriamente un qualsiasi buon libro, per essere tale, non si fa leggere passivamente ma innesca l'immaginario e la partecipazione sensoriale e intellettiva del lettore. E in questa abilità Saviano si dimostra un campione di prim'ordine, quindi il libro piace anche perché non si rivolge a un substrato amorfo, passivo o naive, come spesso accade con i libri noiosi. Vediamo un po' di cronaca spicciola scegliendo fra quella più pacifica e quieta nell'ordinaria e folle routine partenopea presentataci dai media come mero folklore: Vincenzo Esposito fu ucciso nel 1997 a 21 anni nel rione Monterosa. Era andato con la moto in quel posto per chiedere ai ragazzi come mai il giorno prima avevano maltrattato alcuni suoi amici. Vincenzo si presentò sul posto senza togliersi il casco: lo scambiarono per un killer e lo ammazzarono senza pietà come giustamente si fa laddove prima si spara e poi si ragiona. Un errore, dunque. Spiacevole? Macché! Tragico! Vincenzo non era mica uno qualunque! Vincenzo era “o principino”! Vincenzo era il nipote prediletto dei sovrani Licciardi da Secondigliano! Quando gli esecutori se ne accorsero avrebbero voluto ammazzarsi subito da soli senza allungare la propria agonia in attesa di essere ammazzati da altri. Nel giro di pochi giorni morirono 14 persone, coinvolte a vario titolo nella morte del principino. Gennaro Licciardi, detto “a scigna” (la scimmia), fece poi compilare la lista degli altri responsabili di quel tragico errore e la fece affiggere sulla facciata della chiesa della Resurrezione. Chi doveva morire doveva cominciare a tremare subito. Non solo. Chi doveva morire avrebbe fatto meglio a issarsi sul patibolo da solo, evitando così inutili ritorsioni sui suoi familiari innocenti. Inoltre i familiari innocenti avrebbero fatto meglio a consegnare il loro inutile morto vivente prima di diventare colpevoli loro stessi e subirne le efferate conseguenze. La mattanza continuò sulla base della lista della resurrezione, ma non solo. Facciamola breve facendo qualche nome scelto fra gli ultimi a morire: Modestino Bosco, 35 anni, lo massacrarono in un garage. Pochi giorni dopo uccisero Bruno Mancini, pregiudicato vicino al clan Di Lauro. Poche ore dopo fu il turno di Alfonso Pezzella, 56 anni, falegname. Aveva deciso di interrompere il pagamento dei debiti d'usura. Poi un ennesimo innocente fu ammazzato per una rapina: l'edicolante Salvatore Buglione, 51 anni. Cronaca di ordinaria follia, in parte già nota a chi nel corso degli anni ha avuto la capacità e la pazienza di collegare i vari omicidi e le varie stragi invece di vederli come episodi sporadici che avvengono accidentalmente un giorno sì e l'altro pure. Su questo fronte Saviano fa un lavoro per chi non l'avesse già fatto per conto suo. Per il resto la vita a Napoli scorreva tranquilla come al solito: scippi, rapine, estorsioni, scazzottate, vetrine mitragliate per testare la qualità dei Kalashnikov, qualche spuria coltellata, spaccio di droga, turisti con Rolex quotati bene su e-bay, usura, turisti americani che si oppongono allo scippo riuscendo a bloccare lo scippatore ma venendo poi malmenati dalla popolazione accorsa a liberare il malcapitato scippatore e tenere lontane le macchine di carabinieri e polizia. Quanto sopra più che nel libro è meglio descritto in un articolo di Saviano pubblicato su L'Espresso. Saviano non lo dice mai, né nel libro e né nell'articolo che ho citato, ma ci costringe violentemente a pensarlo: il territorio campano è un vero Eden ben gestito dal governatore della Campania, dal sindaco di Napoli e dal presidente della Provincia. Un trio uno e trino insediato su delle poltrone rese immacolate dal voto popolare comprato. Un trio malato diventato sano poiché scelto da un popolo malato. Un popolo malato diventato sano scegliendosi un trio malato. Squillino le trombe, trombino le squillo, ora pro nobis, amen. Un'altra cosa che Saviano non scrive ma ci costringe a pensare è che, grazie a San Gennaro, a Napoli non si tocca mai il fondo dell'abisso: tutte le volte che si sta per toccare il fondo di un abisso si apre una botola sotto la quale c'è un altro abisso il cui fondo è dotato di un'altra botola che si apre da sola per attraversare un altro abisso ancora più in fondo. Insomma: il fondo del fondo non si tocca mai. Si trova sempre un'altra botola di salvezza che si apre automaticamente impedendo che la caduta per gravità faccia spiaccicare l'intera società partenopea sull' ultimo fondo. A volte è un fondo nazionale, a volte è un fondo comunale, altre volte è un fondo europeo e altre volte è un fondo provinciale. C'è una miriade di fondi che si avvicendano, si intersecano e si interscambiano. Una serie di fondi che si chiudono solo se se ne apre un altro. A Napoli un fondo che si apre alla bisogna si trova sempre, quindi nessuno si fa mai veramente del male come Dio comanda. Sempre grazie a San Gennaro, ma, occorre riconoscerlo, anche grazie a qualche commissario straordinario che, abbi pietà santissimo San Gennaro, fa il miracolo di istituzionalizzare l'emergenza trasformandola in emergenza vita natural durante con grande sfoggio di pecunia pubblica ben distribuita in giuste mani pigliatutto. Siamo al 2008 e per fortuna il percorso è migliorato da quel remoto 1996 del leggendario 'Pippotto', detto ''o terrore', che appena quattordicenne faceva decine di rapine in un'ora e migliorava le sue performances sniffando costosissima coca. Oggi siamo molto più avanti; abbiamo fatto grandi progressi. Infatti oggi la coca a Napoli ha raggiunto prezzi bassissimi, si trova anche a 10 euro a dose ed è il carburante migliore per mantenere alte le performances nella dedizione totale al furto, alla rapina, allo scippo, all'estorsione, all'usura, allo spaccio, al cazzotto e al coltello. Quando necessario la performance alta rende pronti anche all'omicidio, perché no? Di un morto in più o in meno in un territorio che vede centinaia di morti ammazzati ogni anno non se ne accorge nessuno. Cocaina a basso prezzo. Efficienza per tutti a basso prezzo sotto forma di polverina bianca, in grado di non far sentire la stanchezza. Infatti poco tempo fa un ragazzo di vent'anni in un'ora ha scippato quattro donne, tra cui una disabile. Una nuova leggenda? No! Oggi è la normalità. Grazie alla coca, si capisce! Ma prima di Saviano cosa sapevamo della Camorra? Non sapevamo nulla. Al massimo ci raggiungeva qualche nota di folklore. Quasi quasi sto pensando che forse è meglio se leggete il libro. Non per niente! Scusate! E' che se non avete letto il suo libro continuerete a non sapere nulla della camorra. Fatelo dopo cena, ma leggetelo. Scusate se di colpo ho cambiato idea. Scrivendo questa recensione mi sto convincendo che la camorra conviene comunque conoscerla anche se disturba la digestione. Se non sapete nulla della camorra non sapete nulla manco dell'Italia. Non avete voglia di leggervi sto libro di Roberto Saviano? Pazienza. Non avete soldi per comprarlo? Maledizione! Beh, va bene, ma leggetevi almeno, questo suo reportage gratis: Inferno napoletano | L'espresso Ma torniamo al libro: "Gomorra" è un mix tra romanzo e reportage giornalistico. Se siete di stomaco delicato fatevi forza perchè "Gomorra" parla anche di una grande emergenza rimossa: la camorra. Infatti non è solo per le allucinanti efferatezze che viene il voltastomaco. Se i media nazionali l'hanno rimossa non è un caso! Per gli stomaci delicati la camorra non fa e non deve fare notizia. Agli stomaci delicati, educati e per bene, è meglio non far sapere cosa è la camorra. Per questi stomaci è bene creare un enorme vuoto informativo che azzera il fenomeno. Basta far passare in sordina che la camorra fa più morti della mafia e di molte altre guerre. D'altra parte la camorra oggi ci mette del suo per non farsi scoprire e quindi per non disturbare gli stomaci sensibili. Oggi la camorra non ripete l'errore di ammazzare dei giornalisti come faceva negli anni '80. Così si evitano troppe luci su un'organizzazione criminal-militare elevata a Sistema, a impero finanziario-imprenditoriale illegale, con le mani sullo smaltimento dei rifiuti, delle costruzioni, della droga dell'usura e dell'alta moda. Al Sud come al Nord. Più evoluta, più moderna e più raffinata della mafia. Con doppie, triple e quadruple connivenze con il sistema politico e imprenditoriale "legale". Queste cose le dico io, non le dice Saviano nel suo libro. Chiedo scusa per la crudezza. Agli stomaci delicati, si capisce! A quelli ben serviti da Rai, Mediaset, La Repubblica, Il corriere della Sera, La Stampa, Il Messaggero. Insomma chiedo scusa per la crudezza a tutti quelli ben serviti con i guanti bianchi dal grande e diffuso circuito mediatico e informativo nazional-popolare istituzionale. Possono gli stomaci sensibili venire a sapere che la camorra è incoffessabilmente una grande risorsa per il Paese? (Sono sempre io che ciancio, sebbene indotto Saviano). Certo che no! Infatti i media che contano non ce lo fanno sapere. I media parlano di qualcuno sparato oggi e di qualcuno sparato pure domani. Una cosa endemica e quasi folkloristica con la quale siamo oramai abituati a convivere e verso la quale siamo oramai diventati immuni. Nessun disturbo grave. Una cosa noiosa che ci tocca sopportare con fastidio quando la sera ceniamo e la TV del soggiorno trasmette il TG1. E magari stiamo cenando con una saporita mozzarella di bufala campana che ha pascolato su prati concimati col compost a base di Mercurio, Piombo, Nikel, Cadmio, Stagno, diossina, ceneri volatili, Zinco, Rame, atrazina, morchie da vernici, Cromo e Arsenico. Tutta roba salutare. Roba DOC proveniente dalle fabbriche del Nord che fanno affari d'oro con la camorra dei rifiuti. Tutta roba che, per non fare un torto a nessuno, ritorna poi sulle tavole del Nord sotto forma di mozzarella di bufala campana. Mozzarella di bufala che i clan camorristici campani usano per ripulire fiumi di denaro sporco. Di fronte a questo roseo panorama si capisce come mai Il Corriere della sera reputi il problema criminalità in Campania un mero folklore, una materia poco elegante con la quale il più autorevole quotidiano italiano non ci si sporca le mani. Tanto meno Rai e Mediaset. Sporadicamente La Repubblica e L'Espresso si ricordano di essere dei giornali. In “Gomorra” Saviano racconta anche il maxi-processo Spartacus, il più grande processo contro la criminalità organizzata degli ultimi 10 anni, svoltosi nell'indifferenza più totale dei nostri media caserecci. Giustamente, per carità! Il processo si è concluso nel settembre 2005. Nel giorno del verdetto il tribunale di S. Maria Capua a Vetere si è trasformato in un gigantesco bunker con 200 tra poliziotti e carabinieri, con addirittura dei cani anti bomba ed elicotteri di sorveglianza. Ma, sempre giustamente e sempre per delicatezza verso gli stomaci degli italiani, nessuna troupe televisiva Rai o Mediaset, nessun corrispondente dei quotidiani nazionali. Dell'importanza del processo si accorgono solo le emittenti estere. D'altronde in Italia la camorra comanda tutto e tutti, politici e giornalisti compresi. Teniamo tutti famiglia e la camorra si preoccupa amorevolmente della sensibilità degli stomaci degli italiani, che non digeriscono la camorra ma digeriscono la sua mozzarella condita con i più bei veleni del Nord. Il potentissimo clan dei casalesi, ossia gli imputati del processo Spartacus, ama il silenzio e non ama disturbare la cena degli italiani. Poi, dulcis in fundo, last but not least, c'è una considerazione che nessuno dovrà mai e poi mai arrivare a poter fare: che l'Italia sia una Repubblica fondata sulla camorra piuttosto che sul lavoro! Se la facessimo ci vergogneremmo di essere italiani. Non solo! Che figura ci faremmo col resto del mondo se il mondo sapesse che il famigerato fiore all'occhiello dell'Italia, ossia il famigerato made in Italy, campa floridamente sull'operato di una camorra che ha portato la Cina in Campania ed il Katangamenistan in Puglia affinchè le nostre grandi griffes possano produrre per due lire in Campania e Puglia piuttosto che nella Cina e nel Katangamenistan originali? Certamente ci vergogneremmo! Quindi noi non abbiamo nessuna camorra. Hanno ragione Il Corriere della Sera, La Repubblica, Rai e Mediaset. Mai e poi mai si può pensare che l'Italia sia una Repubblica fondata sulla camorra! Non abbiamo eserciti di professionisti di altissimo livello nel ramo del taglio e del cucito pagati quattrocento euro al mese in Campania e Puglia. Stiamoci zitti zitti e nascondiamo in casa nostra i panni sporchi e il fatto che abbiamo la Cina in Campania e il Katangamenistan in Puglia. Cina e Katangamenistan italiani che fanno marciare l'intero paese e sono quel sommerso che tranquillizzava l'uomo di Arcore ieri e sicuramente tranquillizza l'uomo di Bologna oggi. Oh! Non scherziamo col fuoco! Sulla camorra fiorisce una grossa fetta del PIL nazionale (è sempre la mia boccaccia che parla sotto l'influsso mefistofelico di Saviano. Davvero un terribile suggeritore! Un vero diavolo!). Sì, dev'essere così! La camorra tranquillizza anche l'uomo di Bologna. Non si spiegherebbe altrimenti come mai il grande circuito informativo nazional-popolare continua a nascondercela. Cribbio! Gli volete dare si o no un esercito armato fino ai denti alla Milena Gabanelli affinché faccia quello che una delle rare giornaliste italiane vorrebbe fare? Boni! State boni! E' giusto, non si discute! Meglio starcene zitti zitti nella nostra casetta protetta amorevolmente da mamma Rai, con addomesticamento e papagna incorporati. Possiamo noi dire che siamo un paese che basa parte delle sue fortune sulle bande criminali? E che siamo diventati? L'Afghanistan dell'oppio? O la Colombia della coca? Non se ne parla proprio! E infatti non se ne parlava; fintanto non è comparso sulla scena un ragazzo campano laureato in filosofia che s'è messo in testa che la parola serve a qualcosa. Errore! Serve solo a rovinarci la cena! Prima che lui ci rovinasse la cena eravamo più contenti, spensierati e felici! Avevamo una dignità e un orgoglio. Datemi una zattera! Mare! Portami via, mare! Voglio imbarcarmi per andare ad approdare su lidi lontani! Anzi, aspetta! No! Meglio scegliere quella nave in attesa di salpare, carica di eserciti pronti a sconfiggere la camorra e il suo soylent green! Roberto Saviano: un grande che a 26 anni aveva già vissuto più della stragrande maggioranza di noi altri comuni mortali e ha deciso di darcene un'ampia prova scrivendo “Gomorra”. Noi invece, da bravi cittadini, pagheremo sempre il canone Rai e metteremo i soldi nella banca online dell'uomo nero, eseguendo le sue volontà impartiteci magistralmente via etere, via cavo, via carta stampata, via internet e via in cerca di una boccata d'aria fresca senza dovergli versare un obolo per ogni battito di ciglia che facciamo, compreso l'acquisto di “Gomorra”. Cribbio! E stai buono! Miseria! Un po' di dignità, please! Saviano ha tentato di annullarci mostrandoci un'Italia che tutti i media nazionali tentano con ogni mezzo di nasconderci per non ammazzarci tutti quanti in un delirio inflazionistico di disamore per il nostro paese. Lo dichiaro colpevole in primo grado. Caro Roberto, sei formalmente sospettato d'aver tentato di amazzarci tutti quanti come italiani! Sappi che ti è andata buca ed hai sortito l'effetto opposto. Sia chiaro! Siamo saliti sulla nave contro la camorra esattamente come quel Papillon che buttò in mare un sacco pieno di noci di cocco, ci salì sopra scegliendo l'onda giusta, e scappò via mare dalla Guyana francese per andare a scrivere un libro di successo. Se altro non potremo fare contro la camorra, perlomeno parleremo o scriveremo usando parole. Parole di pietra. Caro Roberto, col tuo libro ci hai messi in cella di isolamento per due giorni e siamo sopravvissuti solo nutrendoci di cimici, esattamente come Papillon nella Guyana francese, ma ti è andata buca: siamo ancora vivi. Siamo più vivi di prima e lanciamo un inno alla vita esattamente come fece Steve McQueen non appena salì sulla zattera che lo riportò verso la vita.
  10. Caro Sarge, un conto sono le regole, altro conto sono i divieti assurdi. Non ho nulla contro le regole e contro i moderatori, lo sostenni alle origini (era il 2003) quando nacque Autopareri e lo sostengo oggi. ... Astengansi cafoni e gran carogne Chi sgarra butterò dentro le fogne Non voglio nè carogne e né fetenti Soltanto tipi onesti e brave genti ... Sono parole che misi in bocca (licenza poetica:)) a Fulvio. L'esperienza che portò alla chiusura di molti topic politici fu comunque mitica e divertente per molti. Quando non si riesce a rimanere nelle regole della netiquette i topic vengono chiusi, non è un dramma. Scrivo di politica in divesi posti senza problemi. Accade raramente che vengano chiusi dei topic. Quando la gente capisce le regole ti assicuro che poi tali regole le rispetta. Devi solo dare il tempo alle persone di capire le regole. E bisogna solo che le regole possano essere capite e non regole inique che non si possono accettare. E una regola che limita di parlare di un qualsiasi argomento è sempre iniqua. Le limitazioni delle libertà di pensiero e di parola appannano cervelli e coscienze e sono sempre e comunque deleterie. Parlo di libertà Sarge, non di libertinaggio. Dopo settant'anni di comunismo reale, nei paesi dell'Est c'è ancora gente che trema di fronte alla libertà. E dalla caduta del muro di Berlino sono passati quasi vent'anni. Cioè, dopo vent'anni c'è ancora gente che ha paura della libertà. Pensa tu quali danni possono provocare i divieti che tolgono la libertà di parola.
  11. Oramai questo posto è diventato davvero allucinante. Siete tornati all'epoca della clandestinità tipo Radio Londra, se non tipo catacombe. Costretti a comunicare per allusioni, sottintesi, doppi sensi, messaggi cifrati e segnali di fumo. Grottesco davvero! Ma non lo sentite il puzzo di chiuso e di stantio? Quand'è che deciderete di incularvi il dittatore? Mi dispiace dirvelo ragazzi, ma siete una manica di servi. Mi cascano le braccia se penso che al decollo di questo sito ho contribuito non poco. Mai e poi mai avrei immaginato che sarebbe diventato così grottesco. Siete stati capaci di castrarvi della libertà di parola e di espressione anche usando un mezzo come la rete, mezzo supremo di libertà e democrazia della comunicazione. Per chi non lo avesse ancora capito: qua si sta festeggiando la caduta del governo Prodi ma ai festeggianti gli si è infiammata la prostata perché non lo possono gridare. Hanno paura di essere purgati dai federali e dalle camicie nere della rivoluzione. Servi, codardi e vinti. E il tutto perché? Perché qualche coglione ha deciso che la politica è un tema che non si può trattare. La politica. La mela che Adamo non può cogliere dall'albero. E perché si può parlare di tutto ma non di politica? Beh, è ovvio! Per lo stesso motivo per cui ad Adamo fu vietato di prendere la mela dall'albero. Un peccato originale serve sempre. A cosa serva di preciso lo sa solo il Padreterno. Quand'è che tirerete fuori le palle? Mi dispiace per gente come Sonata Arctica, Alex 87, Tommitel, Arcy79, Albizzie, SaiKiSono, Nucarote, Duetto80, Aymaro, Regazzoni, Prestige, Stefano73, Matteo B., Nogravity, J, Ax, Sarge e tanti altri amici. Ma mandateli a cagare tutti quanti i vostri squallidi aguzzini e squadristi!
  12. Si lo so, anche se mi piace sperare che qualche onesto in giro si trovi ancora. In una trasmissione TV vidi una volta un dibattito in cui erano invitare due parlamentari (una di Alleanza Nazionale ed una dei DS). Entrambe dichiararono di guadagnare tra i 16 ed i 18.000 euro mensili, non ricordo bene la cifra. Qualcuno gli chiese se per caso non si sentissero un pò ladre. La risposta di entrambe, come per giustificarsi, fu identica: "La politica costa. Metà stipendio va al partito e tra una cosa e l'altra mi rimangono in tasca solo circa 4.000 euro mensili". Anche volendo crederci, non mi sembra una giustificazione plausibile. I motivi sono noti. Uno è che c'è già un finanziamento pubblico ai partiti. Sarei anche disposto a passarci sopra se le cose funzionassero, ma purtroppo non è così.
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