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copco

Bannato
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  1. Una prece. Mi dispiace invece davvero per una come Alessandra Mussolini, che sarà pure sanguigna, passionale, impulsiva, irruenta e fottutamente di destra, ma mi pare anche una onesta e pulita. Peccato che si fidi ciecamente di uno come il banana che di fronte al decennale coinvolgimento in loschi affari di corruzione e falso in bilancio si guarda bene dallo smuovere le sue chiappe dalla poltrona ma pontifica elogi a Storace per la sensibilità dimostrata dimettendosi di fronte allo scandalo di spionaggio.
  2. E’ diffusa l’idea che le cooperative non paghino le tasse. Rilanciata a ondate ricorrenti dal dibattito politico secondo precisi calcoli di convenienza, questa affermazione ha un’indubbia efficacia comunicativa perché semplifica e riassume fatti complessi con la forza di uno slogan. Ma è proprio vero che «le cooperative non pagano le tasse»? La loro imponente crescita negli ultimi sessanta anni è il prodotto di un trattamento fiscale di favore? La risposta è no. Lo stesso onorevole Giulio Tremonti affermò alcuni anni or sono che il trattamento fiscale riservato alle cooperative altro non era che la compensazione degli svantaggi che esse avevano nei confronti delle altre forme di impresa. Le cooperative hanno progressivamente visto erodere ogni vantaggio fiscale in varie occasioni, come, ad esempio, con l’introduzione dell’Irap. Inoltre è sorprendente che si continui ad affermare, da parte degli stessi esponenti di Governo, che «le cooperative non pagano le tasse» a poco più di due anni di distanza dalla entrata in vigore della normativa fiscale riguardante le cooperative, predisposta dallo stesso ministro Tremonti. Dovrebbe ormai essere riconosciuto che la cooperazione è cresciuta in virtù di altri fattori: il senso di appartenenza e la volontà dei soci, un’elevata capacità imprenditoriale, la stabilità finanziaria assicurata dall’accumulazione indivisibile degli utili. Le cooperative hanno beneficiato poco o niente delle politiche assistenzialistiche che hanno caratterizzato per un lungo periodo la vicenda economica e sociale del nostro Paese. I guasti di quella politica pesano ancora gravemente sulla competitività del nostro sistema economico. Nei casi in cui alcune cooperative, soprattutto nel settore agricolo, hanno confidato sul sostegno pubblico sottovalutando la necessità di divenire imprese efficienti, alla fine sono scomparse dal mercato. Le cooperative hanno lungamente dimostrato di agire nell’interesse del Paese e di meritare il riconoscimento contenuto nell’articolo 45 della Costituzione. Esse si sono rivelate capaci di risolvere autonomamente le proprie crisi e di rivitalizzare imprese ordinarie, come testimonia l’attività della Compagnia Finanziaria Industriale, gestita dalle Centrali cooperative insieme al Ministero delle Attività produttive. Per questa via si sono salvati migliaia di posti di lavoro; si sono trasformati dipendenti in imprenditori di se stessi; si sono utilizzati in modo produttivo gli ammortizzatori sociali. Il riconoscimento costituzionale ha indubbiamente gettato le basi per un ambiente favorevole allo sviluppo della cooperazione «a base mutualistica e senza finalità di speculazione privata». Il patto sancito originariamente con la legge Basevi del 1947 si è realizzato, nei decenni successivi, attraverso il «sacrificio» congiunto del socio della cooperativa e dello Stato: il primo ha assunto un insieme di vincoli, il principale dei quali è la rinuncia, per sempre, al beneficio personale degli utili conseguiti dalla cooperativa; il secondo ha moderato la pressione fiscale esonerando gli utili destinati a riserva indivisibile. In caso di scioglimento o di trasformazione in società ordinaria, la cooperativa ha l’obbligo di devolvere l’intero patrimonio sociale al fondo mutualistico nazionale per la promozione di nuove imprese cooperative. Anche l’erogazione di dividendi ai soci sulla base della loro quota sociale e il ristorno ai soci stessi calcolato in base allo «scambio mutualistico», che costituisce l’essenza del patto associativo, sono soggetti a precisi limiti. La mutualità cooperativa presenta caratteri multiformi ed evolutivi. In Italia essa si è affermata come mutualità interna (servizio ai soci, tutela del potere di acquisto o tutela del lavoro ecc.) e mutualità esterna, vale a dire l’estensione ai non soci del vantaggio mutualistico accennato. Una variante della mutualità esterna è la mutualità di sistema che ha dato origine appunto al fondo per la promozione cooperativa. La riforma del diritto societario, approvata nel 2003, ha introdotto cambiamenti profondi, con la modifica dei parametri di valutazione dei requisiti mutualistici. La riforma ha disegnato un tronco normativo unico con due ramificazioni, differenziando le cooperative sulla base della «mutualità prevalente e non prevalente». La cooperativa è a mutualità prevalente quando la sua attività è prevalentemente costituita: dal servizio ai soci nel caso della cooperazione di consumatori; dal lavoro dei soci, nel caso delle cooperative di produzione lavoro; dall’utilizzo degli apporti di beni e servizi, nel caso di cooperative di conferimento. Le cooperative che sviluppano meno del 50 per cento della loro attività con i soci o verso i soci sono considerate «a mutualità non prevalente». Il nuovo regime fiscale, connesso alla riforma, riduce significativamente ogni residuo beneficio rispetto alle altre forme di impresa, soprattutto per le cooperative a mutualità non prevalente. I calcoli presentati da due professioniste della società di certificazione contabile Uniaudit - Linda Fagioli e Silvia Fiesoli - in una recente giornata di studio promossa dall’Associazione Italiana Revisori Contabili dell’Economia Sociale (Airces), forniscono un quadro chiaro della nuova situazione. Le cooperative a mutualità prevalente mantengono inalterati i criteri di distribuzione degli utili, destinati in larghissima misura a riserve indivisibili. In ogni caso esse devono assoggettare a tassazione una quota almeno pari al 30 per cento degli utili, anche se le componenti oggettivamente deducibili superano il 70 per cento. Fanno eccezione a questa norma le cooperative agricole e le banche di credito cooperativo alle quali si applica una tassazione più ridotta, e le cooperative sociali che beneficiano interamente dell’esenzione dalle imposte sugli utili conseguiti, destinati a riserva indivisibile. Nel caso della cooperativa a mutualità non prevalente si possono avere due differenti situazioni. Un primo caso riguarda una cooperativa il cui statuto prevede l’indivisibilità della riserva legale costituita con il 30 per cento degli utili. Il residuo 70, detratto il 3 per cento destinato a fondo mutualistico, è assoggettato a tassazione. Il secondo caso riguarda una cooperativa a mutualità non prevalente, il cui statuto non preveda l’indivisibilità della riserva legale. In questo caso la quota tassata diviene pari al 97 per cento (detratto soltanto il 3 per cento a fondo mutualistico) con un’incidenza fiscale pressoché analoga a quella delle imprese ordinarie. Se alla tassazione si aggiunge l’erogazione del 3 per cento degli utili al fondo mutualistico, che per la singola cooperativa equivale a una sorta di imposta aggiuntiva, essa supera di due punti quella dovuta dalle imprese non cooperative. È appena il caso di ricordare che le società ordinarie controllate da cooperative non beneficiano di alcun trattamento particolare. Il regime fiscale delle cooperative è, perciò, lungi dal rappresentare un reale vantaggio competitivo, soprattutto in presenza dei maggiori costi, oltre che dei vincoli, che la gestione mutualistica comporta. Una discussione seria e documentata su questi problemi può concorrere a sfatare luoghi comuni e a individuare le condizioni realmente efficaci per lo sviluppo della cooperazione. Ivano Barberini, presidente dell'Alleanza Cooperativa Internazionale e dell'Archivio Disarmo. Specchio Economico, anno XXV, 2006
  3. copco

    Pericolo rosso! Pericolo rosso!

    Venticinque anni fa il segretario del partito comunista italiano, Enrico Berlinguer, archiviato il compromesso storico apriva la stagione della “diversità morale” del pci rispetto agli altri partiti. In pratica il leader comunista squalificava tutte le altre forze politiche come “macchine di clientela”, “federazioni di correnti, camarille”. Per molti il prologo di “mani pulite” , che spazzò via tutti i partiti dell’area di governo. Il pci-pds si salvò, continuando a puntare molto sulla propria presunta superiorità morale. Questo atteggiamento snobistico sembra essere spazzato via dalle ultime vicende legate al caso unipol. Ne abbiamo parlato con il professor Giorgio Galli, docente di storia delle dottrine politiche alla Statale di Milano e autore di diversi libri sui partiti, tra cui uno sul pci. Professore, sulla diversità morale della sinistra Enrico Berlinguer fece un proprio cavallo di battaglia. Possiamo ritenere che, in queste ultime settimane, si sia infranto un mito? Berlinguer teneva a sottolineare, nella famosa intervista a Scalfari da lei citata, che il pci, pur essendo partito di opposizione in un sistema consociativo, era coinvolto molto meno degli altri in vicende, per così dire, immorali. Ma col tempo questa superiorità si è molto ridotta. Il pci si è evoluto, ha cambiato anche nome ed oggi i ds contengono solo una parte del vecchio partito comunista. Sono tutta un’altra cosa. E hanno perduto la superiorità di cui parlava l’ex segretario comunista. Ci sono stati episodi simili alla vicenda unipol nella storia del pci-pds-ds? Certamente no. Il vecchio pci aveva un rapporto del tutto particolare con la cgil e la lega delle cooperative, ma esercitava un ruolo egemone, mentre sindacato e cooperative erano subalterne alla politica. Questa situazione è durata fino agli anni ’80, poi le cose sono cambiate, e non di poco. Le cooperative sono diventate un potere autonomo. Un confronto con la realtà di oggi sarebbe impossibile. Il vero protagonista dello scandalo di cui si parla in questi giorni sui giornali è il gruppo dirigente di unipol. Mondo della finanza e partiti. Sembra essere, ormai, un binomio inscindibile. Ma è sempre stato così? I partiti hanno sempre cercato di essere presenti nel sistema creditizio. Lo ha fatto anche il pci, pur se in misura inferiore, dato che un tempo era molto più debole rispetto alla democrazia cristiana e al partito socialista. Pensi che Geronzi venne alla ribalta come banchiere andreottiano, questo per dirle che, non c’erano solo i partiti nelle banche, ma addirittura erano presenti anche le diverse correnti. Con la fine dei partiti di massa, però, la politica è diventata sempre più debole e le banche sempre più forti. Una volta i partiti avevano un indiscutibile peso nelle banche, oggi non è più così. Continuano ad avere una certa presenza all’interno del sistema creditizio, ma i veri protagonisti oggi sono i banchieri, con la loro autonomia. Come valuta l’accusa di “collateralismo” rivolta ai vertici dei ds? Se ne poteva parlare quando la lega delle cooperative era subalterna e debole rispetto al partito. Ma oggi non è più così, per questo ritengo che i vertici dei ds non abbiano alcuna responsabilità in ciò che è accaduto. Non crede che il sistema delle cooperative si sia irrimediabilmente snaturato rispetto alle proprie tradizioni e peculiarità? Il mercato è molto cambiato. Non si può pensare a un mondo della cooperazione che non si adegui alle logiche del mercato in cui si trova a dover operare, così come non si può pensare che le cooperative si occupino solo dei supermercati. La lega delle cooperative si è evoluta ed ha prodotto un management capace e innovativo, che è riuscito a imporsi e ad affermarsi nel mercato. Per questo trovo che sia un po’ pretestuosa l’accusa che i fini originali della cooperazione siano stati snaturati. Le cooperative rosse sono una realtà che conta 7 milioni e mezzo di soci, lo storico legame con la società, dunque, è ancora vivo e vegeto, anche se ci sono stati profondi cambiamenti nel corso dei decenni. Quella di questi giorni può essere vista come la crisi più grande che il pci-pds-ds abbia mai vissuto? Non mi convince molto questa sequenza che lei fa, mettendo accanto sigle e nomi diversi. Ci sono stati profondi cambiamenti e oggi, negli attuali ds, non c’è granché del vecchio pci. Venendo alla sua domanda, non credo che sia una crisi particolarmente marcata. Diciamo piuttosto che c’è un forte disorientamento del gruppo dirigente ex comunista dei ds, per le logiche seguite dai vertici dell’unipol, che sono state le stesse seguite dagli altri gruppi di potere. Il tipo di rapporto che sembrava esserci tra Consorte, Gnutti e Fiorani, era molto organico. La vera difficoltà del gruppo dirigente diessino è stata questa: non ci si è resi conto del cambiamento del sistema capitalistico in un sistema capitalistico-finanziario, molto più speculativo rispetto al vecchio capitalismo imprenditoriale. Ma non mi pare, comunque, che sia una crisi particolarmente grave. Ci sono state, nella storia, crisi dalle conseguenze più pesanti. Che differenze vede tra “tangentopoli” e “bancopoli”? Lascio a voi giornalisti l’uso di questi termini, buoni più che altro a fare scalpore. Tangentopoli travolse il primo e il terzo partito italiano e coinvolse anche il pci. Ma il pci non rimase fuori dall’ondata giudiziaria? Fu interessato dalle inchieste giudiziarie e, alla fine, il suo coinvolgimento risultò minore rispetto ai partiti di maggioranza. Ma intendiamoci, anche il pci aveva usufruito di tangenti. Comunque quella dei primi anni novanta fu una crisi epocale, che segnò il passaggio dalla prima alla seconda repubblica. Oggi non c’è niente di simile rispetto ad allora. C’è solo una forte campagna mediatica volta a vivacizzare questo inizio di campagna elettorale. Il sistema più o meno coinvolgeva tutti i partiti più grossi, ma il psi di Craxi fu addirittura seppellito dall’accusa d’immoralità... I socialisti erano stati meno prudenti degli altri nel gestire il rapporto dell’economia con le tangenti. Furono un po’ ingenui, soprattutto nel pensare che un sistema simile potesse durare in eterno. Craxi, nel suo celebre discorso alla camera in cui ammise l’esistenza del finanziamento illecito dei partiti, attaccò la classe dirigente del psi, dicendo che non era stata all’altezza per gestire un problema simile. Oggi lo stesso non può dirsi per i ds. Come valuta la richiesta che Ferrara ha rivolto ai dirigenti della quercia di fare come Craxi, ammettendo le proprie responsabilità per lo scandalo legato a unipol? È una cosa del tutto infondata. Fino ad ora non si parla affatto di tangenti ai partiti, ma al massimo di qualche finanziamento, ancora da accertare, nei confronti di alcuni esponenti. Ogni paragone con tangentopoli mi sembra del tutto fuori luogo. Professore, come crede che andrà a finire politicamente questa vicenda che coinvolge i ds? Penso che non avrà una grande influenza politicamente. Il nodo centrale sono le scalate alle banche, rispetto alle quali si sta indagando su eventuali singole responsabilità. Ma mescolare tutto mi sembra scorretto. Come si fa a dire che le coop non pagano le tasse e aiutano le giunte rosse. Se questo risulta vero, dopo cinque anni che governa la destra, mi domando perché non si sia fatto nulla per impedirlo. Fazio è un supercattolico, Gnutti aveva rapporti anche con il centrodestra. Insomma, non si può dire, a mio avviso, che il coinvolgimento dei ds nelle commistioni tra politica e finanza sia superiore a quello degli altri partiti. Vede delle analogie tra gli scandali di questi ultimi mesi e quello della banca romana, che nel 1892 coinvolse anche Giolitti? Non si possono fare paragoni. Lo scandalo della banca romana fu un fenomeno di corruzione vero e proprio. Nel caso di Fazio e delle scalate alle banche, si può anche immaginare che in realtà il governatore vedesse l’opportunità di sostenere le cordate italiane. Non è detto che vi sia stata corruzione. E comunque saranno i magistrati ad accertare la verità. La Padania online 11-01-2006
  4. Niente poesiola Gug: non m'hai ancora ringraziato per quella su D'Alema che ho scritto su tua richiesta. Qual'è il tuo ruolo a corte? Dillo tu direttamente. Evito di dirlo io perchè ho paura che potresti inalberarti.
  5. Sta diventando un caso internazionale. Il TG1 ha parlato solo di questo scandalo. Anche il TG5. Emilio Fede, per la prima volta nella storia, si è fatto sfuggire una frase critica nel confronti del Banana. "Deve scegliere: o butta fuori starace per due giorni oppure deve infliggere due Ave Maria e un Pater noster ad Alessandra". L'enormità del caso consiste nel fatto che dopo aver portato nella merda il debito pubblico nazionale per organizzare una colossale rete spioniostica sono riusciti a dimostrare che Marrazzo s'è guadagnato democraticamente il Lazio e baffino s'è comprato un terzo di barca. Miliardi e miliardi senza riuscire a portare a casa un solo straccio di prova che aiuti la CdL a demolire l'avversario e vincere le elezioni. In compenso sono riusciti a buttare sul lastrico la Nazione. Il colpo gobbo per salvare la faccia lo sta ovviamente preparando il banana per porre rimedio a quel branco di incompetenti e parassiti che lo ciorconda; pare che alla prossima apparizione sugli schermi si farà riprendere in piedi su una nuvoletta azzurra e con un'aureola luminosa sul capo. Da quella postazione ci elargirà finalmente la verità: "i comunisti, in combutta col loro chiaro infiltrato Alessandra Mussolini, hanno ordito la più infame congiura di cui il mio governo sia mai stato oggetto nel corso della sua storia: si sono comportati onestamente senza concedermi il minimo appiglio per attaccarli. Così non vale e non si può campare! Sono una manica di antistorici che si arrogano il lusso di essere onesti contro tutto e contro tutti! Li accuso formalmente di avermi fatto spendere inutilmente un sacco di soldi in spese di spionaggio. Il debito pubblico nella merda senza avere nulla in cambio è tutta colpa loro. Li condanno senza pietà a vincere le elezioni e cuccarsi la montagna di cambiali che ho accumulato in cinque anni di governo".
  6. Grazie gug: mi hai aperto gli occhi. Non mi ero accorto che la stampa mondiale non capisce un cazzo Gug! Che mi dici del Corriere della Sera Gug? Dici che capiscono qualcosa almeno loro visto che giocano in casa? Io ho paura che non capiscono un cazzo manco quelli del Corriere della Sera. Sull'ultimo numero di Proceedings of the Bananian Academy of Science c'è un paper dove dicono di avere le prove: chiunque critichi il banana non capisce un cazzo. Pare che la cosa dipenda dal fatto che chi critica il banana finisce per odiarlo e si sa che l'odio obnubila la mente e non ti fa capire più un cazzo. Su un altro paper dello stesso giornale hanno scoperto l'antidoto: gli articoli di Feltri. Un vero toccasana! Basta leggere un suo articolo per ritrovare di colpo il senno. Ah, dimenticavo! Hai mai comprato Il Giornale? Se non l'hai mai fatto comincia a farlo. Io ho già cominciato. Per ogni numero che compri ti regalano un'indulgenza. Chi arriva prima a 1000 indulgenze vince un carro armato oppure va in paradiso, a scelta.
  7. Non condivido Ax. Io trovo che Repubblica informi in maniera corretta quanto e come CdS. Quello che si può dire è che le opinioni sono tradizionalmente schierate col csx, questo sì, ma gli articoli di informazione sono puntuali e corretti. Inoltre, da sempre, quando c'è da stroncare qualcuno non ci si fa scrupolo a farlo prescindendo se sto qualcuno sia di dx o di sx. Non è un caso se "La Repubblica" è arrivata a contendere il primato nazionale al CdS. La gente non è scema: se vuole informarsi compra il CdS oppure Repubblica, altrimenti compra direttamente i giornali di partito. Se voglio leggere quanto sono bravi i comunisti e quanto è cattivo il banana compro direttamente l'Unità o il Manifesto, non compro Repubblica.
  8. Minchia! Hai aspettato la dichiarazione di Mieli per accorgerti che il CdS è un covo di comunisti mangiabambini oramai da parecchi mesi? Meglio tardi che mai! Finalmente puoi chiederti come mai un giornale notoriamente equilibrato e attento ai valori di libertà, democrazia e giustizia come il CdS si è schierato in favore del csx. Per il resto non ti preoccupare: il CdS continuerà ad informare in maniera corretta come ha sempre fatto nel corso della sua storia. Come d'altro canto anche "La Repubblica". Non confondiamo l'informazione che entrambi questi giornali danno in maniera puntuale, libera, ed assolutamente non faziosa, con le opinioni e la critica che esprimono e che hanno tutto il diritto di esprimere. Un giornale ha il diritto di essere filogovernativo. Ma un giornale eticamente serio ha anche il diritto di cambiare idea se i governi invece di governare malgovernano.
  9. Si lo so. Infatti il primo post è di Ax ma in realtà il topic l'ho aperto io. E' solo successo che l'ordine temporale dei vari post è stato sconvolto durante i problemi avuti dal forum. Voevo scherzarci su con Ax, solo che manco Ax si ricordava chi avesse aperto il topic. Il post di apertura del topic era il seguente:
  10. Grande Wil! Devi essere orgoglioso per aver fatto emergere dei sorrisi dalla routine e dal grigiore quotidiano. Se poi quei sorrisi li hai strappati a persone sottoposte e soggiogate da millenni di testosterone e forza bruta e che solo dal secolo scorso stanno tentando di avere pari dignità e pari opportunità, spesso costrette a dover dimostrare prove alla mano il loro valore perchè nessuno è mai disposto a regalargli niente, beh allora sei un eroe. Per tutte le donne riciclo nella chiave di lettura di cui sopra alcuni versi che un immortale scrisse sette secoli fa: Donna, sei tanto grande e tanto vali che, qual vuol grazia ed a te non ricorre sua disianza vuol volar senz’ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al domandar precorre, in te misericordia, in te pietate in te magnificenza, in te s’aduna quantunque in creatura è di bontate.
  11. Invidia de chè? E' guardata con sufficienza come tutte le repubbliche delle banane che si rispettino. Io non capisco perchè Ax ha aperto questo topic! S'aspettava forse che qualche sano di mente dicesse che il banana ha aumentato il prestigio all'Italia? Uora uora arrivai! Visti ci siamo! Uora pijiu u ferribboatte e minni turnu a casa. Baciamo le mani.
  12. A Sua Santità Benedetto XVI Città del Vaticano Apprendiamo che a ridosso delle elezioni politiche italiane del 9 e 10 aprile 2006, Lei riceverà in visita ufficiale il presidente del consiglio italiano, Silvio Berlusconi, nell' ambito di una visita del Partito Popolare Europeo (Ppe). Molti dicono che questo incontro sia stato pensato e programmato dallo stesso interessato che vuole questa visita come una sorta di "consacratio ad limina", a ridosso delle imminenti elezioni politiche e dopo mesi di estenuante campagna elettorale mediatica senza esclusioni di colpi. L'ospite che giunge in Vaticano, dopo essersi paragonato a Napoleone, il 12 febbraio 2006 ad Ancona in un infinito comizio ai suoi sostenitori ha superato il segno della normalità psicologica e della decenza morale, afferman-do testualmente: "Io, il Gesù della politica, una vittima paziente, mi sacrifico per tutti". Nelle precedenti politiche del 1993 ebbe a presentarsi come il "Messia", inviando i suoi sostenitori come "missionari e apostoli". Mai uomo politico intelligente o sprovveduto era mai arrivato a tanto. Nulla da eccepire se l'udienza avvenisse in tempi normali o non sospetti. In queste circostanze e condizioni, la visita è programmata con fini strumentali: serve al capo del governo per potersi accreditare come "consono" alla Chiesa cattolica a differenza del suo rivale, Romano Prodi, che da cattolico "adulto" non usa la religione come strumento populista di infima propaganda. Egli, infatti, si è incontrato con il card. Vicario, Camillo Ruini nel più assoluto riserbo. Se Lei dovesse ricevere Berlusconi in udienza, di fatto, anche senza volerlo, darebbe l'impressione di appoggiare il programma del visitatore e il gesto, più eloquente di ogni parola, apparirebbe a molti credenti in contraddizione con quanto Lei afferma nella sua prima enciclica: "La Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile" (28/a). Con questa visita, anche contro la Sua volontà, il Papa rischia di accreditare un uomo che ha diviso la nazione invece di unirla, come richiedeva la sua funzione. Il presidente del consiglio italiano si definisce cattolico, ma non esita a distruggere lo stato sociale, impoverendo ancora di più i poveri e favorendo i ricchi. Al contrario, egli ha triplicato il suo patrimonio facendosi approvare leggi su misura contro ogni legittimità giuridica e morale. Interi settori della popolazione che fino a ieri vivevano una vita dignitosa, oggi vengono nelle parrocchie a chiedere aiuto per arrivare alla fine del mese. Questo stato di cose incide e condiziona non solo la qualità, ma anche l'esistenza stessa della famiglia che Berlusconi ben conosce, giacché, da "buon cattolico" usufruendo del divorzio, ha fatto una duplice esperienza familiare. Ci risulta, a proposito, che da alcuni giornali specializzati in "gossip" si è fatto fotografare mentre fa la Comunione, contravvenendo così ad una chiara norma della Chiesa sull'accesso dei divorziati ai sacramenti e lasciando nello sconcerto la massa di cattolici, spesso divorziati senza colpa, che sono indotti a pensare che il Sig. Berlusconi abbia avuto uno sconto dalla Chiesa in quanto ricco e potente. Fa impressione vedere la massa di parlamentari divorziati e conviventi che urlano "in difesa della famiglia"! Il presidente del consiglio dei ministri dovrebbe essere un modello per l'intera nazione e invece assistiamo ad una sistematica denigrazione di tutte le categorie che gli danno ragione. Assalta lo stato di diritto pur di salvarsi dai processi per accuse gravissime come la corruzione di giudici, divulgando tra la popolazione non solo il senso dell'illegalità, ma anche la convinzione che le leggi siano lacci per i polli che i furbi sanno evitare. Invita apertamente alla illegalità, quando afferma che c'è una certa moralità nel frodare il fisco. Come mai un uomo prudente e saggio come il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha rifiutato di firmare in prima istanza, a norma della Costituzione, quasi tutte le leggi qualificanti l'azione di questo governo, dichiarate "palesemente incostituzionali"? La vittoria delle elezioni si giocherà sul filo del rasoio perché il capo del governo ha voluto e ha fatto approvare una legge elettorale che ha tolto al cittadino il criterio morale per una scelta dei singoli candidati. Gli elettori non possono più scegliere uomini e donne integri, moralmente ineccepibili perché la riforma dell'ultima ora, impone solo la scelta "di campo", imponendo anche persone moralmente impresentabili e inquisite penalmente. Il Sig. Berlusconi, proprietario di tre reti tv e con la disponibilità delle altre tre pubbliche, ha diffuso a piene mani su tutta la nazione attraverso programmi spazzatura, un pervasivo relativismo etico e sociale per risucchiare l'anima stessa del nostro popolo al fine di dominarlo senza fatica. In un momento così grave e delicato per l'Italia, molti cattolici chiedono al Papa di non prestarsi anche involontariamente a questo gioco che a molti appare demagogico, populista e dissacratore, perché basato sul principio machiavelliano, immorale per l'etica cattolica, che il fine giustifichi i mezzi. Chiediamo al Papa che "almeno" per opportunità politica non riceva il capo di una fazione politica, a dieci giorni dalle elezioni. Chiediamo che l'incontro con il Partito Popolare Europeo sia rimandato a dopo le elezioni del 9 e 10 aprile. In subordine chiediamo che riceva insieme i due capi dei poli opposti richiamando entrami al bene supremo di un popolo e di una società: l'unità pur nella diversità delle convinzioni e delle ragioni del proprio impegno politico e civile, richiamando loro i principi fondamentali della "Dottrina sociale della Chiesa" che ha come fulcro e fine primario il "bene comune" dell'intera Nazione. Desideriamo informare il Papa che molti, moltissimi fedeli sono impressionati per il silenzio della gerarchia cattolica italiana di fronte scelte governative che gridano vendetta al cospetto di Dio. Molti credenti e non credenti ritengono che essere cristiani sia incompatibile con il modello di governo che questi cinque anni ci hanno riservato. Una "contradditio in terminis". Partiti d'ispirazione cristiana sono alleati succubi di questo esorbitante e folcloristico potere che ha tenuto in scacco tutte le Istituzioni, a cominciare dalla Suprema Carta costituzionale di cui è stato fatto scempio pur di saziare gli appetiti delle singole fazioni che compongono la maggioranza attuale. Essi hanno votato leggi che la morale (laica e cattolica) definiscono semplicemente come immorali, come le leggi a beneficio d'esclusivo del presidente del consiglio e dei suoi cari. I partiti che fanno riferimento ai principi etici del cattolicesimo hanno firmato una legge sull'immigrazione che nega i principi fondamentali della ragione e della fede cristiana, per sua natura universale e quindi aperta, con le necessarie regole, all'accoglienza di disperati e affamati che bussano alla porta dell'occidente opulento che pure legge ogni domenica Mt 25, 31-46, là dove il Signore si identifica con gli affamati, gli assetati, i carcerati, i forestieri. L'ospite che arriva in Vaticano ha appena approvato e fatta varare dal parlamento una legge immorale che concede a tutti i cittadini la licenza di uccidere e di essere uccisi in nome di una malin-tesa sicurezza la cui custodia è affidata alle pistole di una pericolosa giustizia "fai da te". Al Papa chiediamo che non presti il fianco a dividere ancora di più i cattolici che già sono frammentati in partiti e porzioni di partiti, non interferendo nel momento supremo e sovrano di un popolo che con scienza e coscienza è chiamato a scegliere i propri rappresentanti al parlamento. Nella sua prima enciclica Deus Caritas est citando Sant'Agostino il papa ha scritto: "Il giusto ordine della società e dello Stato è compito centrale della politica. Uno Stato che non fosse retto secondo giustizia si ridurrebbe ad una grande banda di ladri, come disse una volta Agostino: "Remota itaque iustitia quid sunt regna nisi magna latrocinia?" (De Civitate Dei, IV,4). Alla struttura fondamentale del cristianesimo appartiene la distinzione tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio (cfr Mt 22, 21), cioè la distinzione tra Stato e Chiesa o, come dice il Concilio Vaticano II, l'autonomia delle realtà temporali (Gaudium et Spes, 36)". Dio non voglia che il Papa permetta con questa visita una commistione diabolica indebita e preservi la Sede di Pietro da ogni calcolo di interesse e da basse strategie di strumentalizzazione partitica e faziosa. E' una questione etica. E' un imperativo di decenza. Con cordialità. Paolo Farinella, prete - Genova 01 Marzo 2006. Chi vuol firmare la lettera può farlo quì: http://www.arcoiris.tv/appello/benedettoXVI/?op=vota
  13. copco

    sondaggio elettorale...

    Grazie Wil. Un chiaro omaggio che uno scarparo indegno fa spesso al più bel verso che l'umanità abbia mai prodotto, imho. Quello di Dante.
  14. copco

    sondaggio elettorale...

    Perchè? Qualcuno sano di mente preferisce calderoli a Gheddafi? Io son D'Alema e son magrino, gli amici dicono ch’io son baffino. Ho una coscienza di puro cristallo, dall’alto sol parlo di un piedistallo. Sulla mia testa una luce solare ch’io sia speciale m’induce a pensare; ha le sembianze di una corona a mò del capo d’un Santo l’icona. M’iscrissi ragazzo alla federazione giovanil comunista di questa Nazione; feci poi parte nel grande partito del comitato centrale agguerrito. Diedi una spinta con Occhetto Achille per un cambiamento di forza mille; il Democratico nacque Partito della Sinistra parecchio gradito; ne fui poi eletto il Segretario smisi io d’essere solo gregario. Son deputato dall’ottantasette scarpe ne ho fatte nonchè culi a fette. Feci le scarpe persino a Romano mentre fingevo di dargli una mano; per l’innocente ma duro scherzetto fui bastonato e pure negletto. Il maggio fu nero del duemilauno; di voti il banana ci mise a digiuno. Finita la gloria mi ruppi le palle; di quelle lacrime lasciai la valle. Passata la mano al nuovo oligarca, con i miei amici salii su una barca; per cinque anni ho solcato i mari dai mitici nomi nonchè leggendari. Colombo, De Gama e pur Magellano non han più per me segreto né arcano; or sono un esperto gran navigatore il culo si pari il banana ed il cuore. Sono tornato io nella battaglia sono agguerrito e di molto canaglia. La ciurma è piazzata e ben armata dello banana faremo frittata. Sparagli Piero! Sparagli Piero! Se non è morto sparagli a zero! Mira per bene! Metti l’innesco! Chè cazzo fai! Non a Francesco! Oh mamma mia! Spero in Romano! Corro di subito a dargli una mano! No professore! Oh questa è bella! Mangia banane! Non mortadella! Cribbio signori! Qua son dolori! Non vinceremo mai gli squallori! Codesta ciurma è di molto imbelle; ci fan di nuovo i nemici la pelle! Abbasso le vele di contro al vento; vado a pregare, mi chiudo in convento! Cerco l’amore che l’odio espelle, e move il Sole nonchè l’altre stelle.
  15. Eh già! Un Fausto capace di attrarre consensi a orologeria spaventa non poco. Se poi ora sposa anche delle idee di La Pira batte tutti sul tempo e c'è di che cagarsi sotto! Eccheccakkio! Così non vale! Io ho dovuto derubare tutti gli italiani ed ho dovuto peggiorare il debito pubblico per potermi comperare la Chiesa a suon di quattrini distribuiti alle scuole private cattoliche e ai professori di religione che ho immesso in ruolo con uno stipendio superiore a quello degli insegnati che già insegnavano da anni! Ora se ne cala un testa di cazzo qualsiasi che con una frasetta gratis e senza derubare nessuno pretende di fregarmi la Chiesa che mi è costata il sudore di tutti tranne che il mio! Continuasse a fare il comunista becero complice di 100 milioni di omicidi e con la sciarpa di cachemire invece di rompere il cazzo e invece di rompere equilibri e clichè consolidati e ben sperimentati!
  16. copco

    Fausto pensa a La Pira. Un grande.

    L'intervista Bertinotti: Oliviero sbaglia su Bush. E su Gheddafi sto con Fini Il leader del Prc critica il segretario del Pdci: usa un linguaggio che non mi appartiene ROMA — Fausto Bertinotti ha trovato un terreno di intesa con Luca Cordero di Montezemolo: «Questa campagna elettorale è la più brutta a cui ho partecipato». E la colpa non è solo del premier e del centrodestra: «Purtroppo anche l’Unione è finita in questa palude, trascinata dal convoglio berlusconiano». Da un lato ci sono le minacce di Gheddafi all’Italia e le recriminazioni contro il governo Berlusconi, dall’altra i toni estremi di Diliberto contro l’America. «Partiamo da Gheddafi: è urgente un’iniziativa di distensione nel Mediterraneo. Penso a un’idea che parta da un Comune o da un gruppo di personalità della cultura e si rivolga all'altra sponda del Mediterraneo, per dire: incontriamoci. Una cosa alla Firenze di La Pira, che parli alle società civili». E’ difficile immaginare una società civile in Libia. «Noi rivolgiamo l’appello, poi la selezione verrà fatta in base alla disponibilità al dialogo». Non basta che Fini abbia invitato a mantenere i toni bassi? «Nel governo ci sono posizioni insopportabili e posizioni civili, come quella di Fini su Gheddafi e quella di Gianni Letta, che con la sua polemica con Martino su Calipari, ha compiuto un atto di accusa agli Stati Uniti. Ma sono posizioni personali, poi il governo è bloccato dalla presenza di idee troppo diverse: come si fa a fare un manifesto come quello di Pera?». Pera fa il manifesto per l’Occidente che lei non condivide, ma a sinistra il Pdci va alla manifestazione dove si bruciano le bandiere. «Non tutta la sinistra è così. Noi abbiamo fatto una battaglia culturale con grande nettezza. Alla manifestazione non c’eravamo e condanniamo chiunque usi non solo il terrorismo ma anche la violenza, come i kamikaze». Dice Diliberto che lei ha cambiato strada ultimamente. «La nostra è stata una battaglia delle idee, fatta con determinazione, spesso da soli, per contrastare tutti i venti di guerra e il conflitto tra civiltà e per opporsi a quei grumi irrisolti, in aree marginali e periferiche della sinistra, a cui guardiamo senza compiacenza ». Lei parla di divisioni nel centrodestra, anche a sinistra la politica estera va dall’estremismo di Diliberto all’atlantismo della Bonino. «Noi tutti abbiamo un atteggiamento di dialogo e di confronto, salvo che con le aree, ristrettissime, che rifiutano di stabilire un confine con l’idea che ci si può opporre alla violenza con ogni mezzo. Nel secolo scorso la discriminante in politica estera era il rapporto con gli Stati Uniti: c’erano la visione atlantica, quella avversa all’atlantismo e quella neutralista. Oggi la scelta è tra una politica estera che ridefinisce il Mediterraneo come mare di pace, in cui l’Europa riscopra la sua vocazione al dialogo, in alternativa alla continuità con la guerra preventiva e la guerra di civiltà». Messa così, direte di sì alla Bonino ministro degli Esteri? «Perché proprio lei? Quando si discuterà del governo ci confronteremo. Si parla anche di D’Alema. Ma io non accetto di ridurre la campagna elettorale al toto-ministri». Nella comunità ebraica ci sono preoccupazioni per D’Alema alla Farnesina. «Il programma dell’Ulivo è un buon punto di approdo e sarà rispettato. L'esistenza di Israele è indispensabile quanto la costruzione di uno Stato palestinese per la convivenza pacifica, così come è scontata la condanna di forme di terrorismo o comunque distruttive di sé e degli altri. Purtroppo fin qui l’Europa è stata assente e l'unico intervento esterno è stato quello del governo Usa, inquinato dal pregiudizio antipalestinese» Diliberto dice che le mani di Bush grondano sangue, condivide o pensa come Fassino che siano parole inaccettabili? «E’ un modo di esprimersi che non mi appartiene, ma abbandonerei la discussione sull’accettabilità o meno di queste espressioni. Preferisco parlare di politica: il nostro governo ha dimostrato di essere sul pianerottolo di Bush, e di aver sacrificato per questo anche la missione dell’Italia in Europa, dove abbiamo perso molto in affidabilità. Quello che mi preoccupa è la subalternità non all’America ma all’amministrazione Bush». Meglio il protezionismo di Chirac? «Non puoi mettere le dita negli occhi al tuo vicino in nome del fatto che sei il portavoce di un governo lontano. Questo non giustifica la linea francesema certo ne contribuisce a spiegare i comportamenti». Bertinotti europeista? «Dobbiamo ricominciare dalla Costituzione europea, scippata al Parlamento dai governi e per questo poi bocciata dai popoli». Lei è favorevole a un patto tra governo e Cgil? «Non serve un patto di legislatura che leghi sindacato e governo. Per essere riformatore il governo deve investire sull'autonomia del sindacato. L’idea che il conflitto non sia utile è un elemento patologico di cui è meglio fare a meno». Gianna Fregonara 05 marzo 2006 http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/03_Marzo/05/fregonara.shtml
  17. copco

    sondaggio elettorale...

    Il referendum confermativo per mantenere la costituzione come era prima è un referendum contro la devolution chiesta dalla lega. Informati meglio Gug, questo referendum confermativo si fa se qualcuno lo chiede, altrimenti non si fa. Forse c'è qualcuno che prende per il culo te Gug, non me. Per fare il referendum ci sono 15 regioni che hanno già fatto la richiesta permettendo alla cassazione di dare il via libera.
  18. "Nel 2001, quando l’economia italiana cresceva all’1,5%, il Pil mondiale cresceva al 2,2%. Le stime per il 2005 ci dicono che l’economia italiana è allo 0,2%, mentre quella mondiale sta crescendo da due anni al tasso del 5%. In Europa ci sono molti Paesi che hanno una performance molto migliore della nostra. Anche Francia e Germania, le altre grandi malate, sono riuscite ad agganciare la ripresa dell’economia mondiale. Noi no". Lo sostiene Tito Boeri, docente di Economia del lavoro alla Bocconi di Milano, senior economist all’Ocse dall’87 al ‘96, consulente del Fondo monetario internazionale, della Banca mondiale, della Commissione europea e dell’Ufficio internazionale del lavoro. Aggiungo che se non si investe in ricerca, innovazione e cultura l’Italia continuerà a condurre una lotta impari su tessile, abbigliamento e calzature, con Cina e India. Il governo di centro destra ha fatto trecento riforme vere o trecento cazzate? A me pare che ha fatto trecento cazzate perché una delle riforme di cui si gloria il banana è quella dell’Università e della ricerca scientifica ma la percentuale del Pil investita in ricerca e innovazione nel 2005 in Italia è dello 0,9, a fronte di una media europea del 2 e gli investimenti in cultura, in questi cinque anni, sono stati meno di un terzo di quelli decisi dalla Francia e meno di un quarto di quelli della Germania (ancora parole di Boeri). Non è un caso che Francia e Germania sono ripartite mentre l’Italia è rimasta al palo. Se non investi in ricerca e cultura non puoi fare innovazione e se non fai innovazione puoi solo farti travolgere dal basso costo della manodopera Cinese e Indiana oppure rinunciare a competere sul libero mercato alzando steccati protezionistici come vorrebbe fare Tremonti. Steccati che a lungo termine si ritorcerebbero contro di noi perchè Cina e India sono i mercati del futuro nei quali noi non non potremo entrare se impediamo a loro di entrare da noi.
  19. copco

    sondaggio elettorale...

    Toglici quelli e poi vediamo cosa ci rimane. Quelli di Repubblica sono di parte? Chi non lo è? Basta saperlo. Non ho detto che i corrotti stanno tutti a destra. I ladri di galline stanno dappertutto ma a destra ci sono dei campioni di ladrocinio imbattibili. Ax, non neghiamo anche l'evidenza. Se sono stato indottrinato sono stato indottrinato dall'Italia in cui ho vissuto e che non ho scelto io. Se le istituzioni invecchiano vanno cambiate. Ma i cambiamenti non vanno imposti a colpi di maggioranza. Le istituzioni non sono proprietà privata della maggioranza e non possono essre cambiate col solo consenso della sola maggioranza, altrimenti le istituzioni cambiano ad ogni cambio di maggioranza. Se le istituzioni vanno cambiate vanno cambiate col consenso anche dell'opposizione, altrimenti invece di cambiarle non fai altro che smantellarle. Mi riferisco ovviamente alla Costituzione e al sistema giudiziario. Cosa credi che succederà se vincerà il csx? Vuoi che lascino intatte le leggi che il banana, coadiuvato da Casini, Fini e Bossi, s'è confezionato per proteggere i suoi interessi privati e per non finire in galera? Vuoi che non si vada a fare il referendum contro la devolution per attuare la quale il banana ha svenduto la costituzione a calderoli e borghezio? I soldi che non entrano nelle casse dello Stato perchè i ricchi non pagano la tassa di successioe li deve tirare fuori dalle proprie tasche qualcun'altro. Ossia tutti. L'abolizione della tassa di successione ha riguardato solo i grandi patrimoni. Fino a un certo patrimonio già non si pagava più. Ora non ricordo il valore. Non ti piacciono numeri e dati di quella manica di comunisti di Forbes? Il prestigio internazionale dell'Italia si evince anche da quella classifica.
  20. copco

    sondaggio elettorale...

    Tempi è il settimanale abbinato a “Il Giornale”, ossia il giornale di famiglia del banana. Per vent’anni la capra brucò schiacciata dall’ombra pesante del Migliore. Dopo la morte a Yalta del Migliore, la capra si perse in un bicchier d’acqua perché dopo vent’anni passati a recepire le direttive del Migliore era oramai incapace di pensare con la sua testa, e così s’è girata l’arco costituzionale alla ricerca di un nuovo padrone autorevole che pagasse profumatamente. Ma priva di guida, la capra entrò in profonda crisi. I suoi molti estimatori chiamano quella crisi “sofferta trasformazione che ha fatto maturare un comunista complice di cento milioni di omicidi in una capra devota a Ruini”. Benvenga la redenzione sempre e comunque. Sulla via di Damasco si fece sbattere fuori dal PCI insieme ai suoi compari del Manifesto, poi passò al Mondo, poi all’Espresso, poi al Tempo illustrato, poi all’Illustrazione Italiana e infine direttamente nella merda del gionale di famiglia del Banana al cui soldo vive e prospera alacremente avendo finalmente trovato un nuovo padrone ben pagante. Campa capra che l'erba cresce anche di rendita scrivendo libri al puro scopo di dire: “vedete? Ho vissuto per tutta la mia vita brucando l'erba sbagliata”. Coerentemente continua a brucare l'erba sbagliata: oggi bruca al soldo del nuovo padrone producendo il latte delle falsità e delle menzogne di cui necessita il banana per sopravvivere. Patto d'acciaio. Una sola prova vergata nella disinformazione falsa e tendenziosa che hai riportato, caro Desmo: la capra ha cambiato i connotati e la ragione sociale dell’Unipol; da società di assicurazioni l’ha trasformata in una cooperativa. Il banana non solo paga bene, ma è anche un bravo maestro: solo falsificando le carte si può dire che le agevolazioni fiscali delle cooperative servono a scalare le banche. E di fronte al profumo dei dollari la capra non si fa remore morali a fare carte false per conto del suo committente. Normalità italiota: l'ex complice di cento milioni di omicidi s'è convertita sulla via di Damasco ed ha capito che come campava all'ombra del Migliore può campare contribuendo alla manìa del banana di fare carte false; ha capito che quella virtù può buttare un ministro inglese fuori dal governo Blair ma non offuscare la fulgida fede degli italioti nel falso in bilancio, nella corruttela, nella mafia, nell'evasione fiscale, nell'illegalità e nella menzogna. Sopra la panca la capra campa sotto la panca la capra crepa Italia o Spagna purchè se magna ché gran rottura chi se ne lagna Italia o pampa purchè se rampa con il banana chi ruba campa nella Repubblica delle banane ballano i sorci e le pantegane Suoni di trombe e di durlindane ballano ladri, carogne e bottane non vi sentiate derisi e fregati bello è lo esser disinformati Noi non saremo giammai derubati da chi ha castelli e casini incantati avremo sempre polenta e fagioli s'incazzi Gheddafi con lo calderoli.
  21. Un pò in ritardo ma auguri a Sonata e Lorenzo78.
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