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  1. Confermata dall'AD Napolitano la nuova Delta: «La Delta la vogliono tutti e non può mancare nei nostri piani. Tornerà e sarà una vera Delta: un’auto emozionante, manifesto di progresso e di tecnologia. E ovviamente sarà elettrica» Dal Corriere della Sera https://motori.corriere.it/motori/attualita/21_ottobre_05/lancia-faremo-rinascere-delta-sara-elettrica-ed-emozionante-ef3dedfc-25f7-11ec-9c26-509de9bc1f2d.shtml
  2. ... che si saranno probabilmente chieste cosa avessero fatto di male. Bonsoir Tanto si lamentò Gianni Marin del caldo patito sui sentieri percorsi un tempo dai Pony Express, da arrivare a pianificare il successivo raid in un luogo... un po' più freschino. Al volante di cosa? Ma delle stesse Delta che secondo me non vedevano l'ora di tornare a casa. Non voglio tediarvi con una delle mie infinite introduzioni: lascerò al compianto Gianni questo compito, e se il mio pensiero vi pare poco carino nei suoi confronti, vi dico che lo esprimo perchè il testo che andate a leggere si potrebbe definire "Marin al 110%". Egli infatti decise di raccontare questa avventura dandole la forma di una lettera d'amore a quelle due Delta, e di conseguenza penso che molti di voi troveranno la sua prosa piuttosto stucchevole. Ambasciator non porta pena il piacere è sempre quello di condividere con voi le avventure di un diretùr dalla mente vulcanica e dalle dita che a volte si lasciavano andare su scritti che già ai tempi potevano far dire a molti "si vabbè, però, dai...", e figuriamoci come possano "suonare" oggi, in un mondo in cui l'informazione si esprime in maniera assai differente... quindi questo è, o meglio, era. L'unica divertente considerazione che voglio aggiungere è che una volta tornati a casa dopo il "Pony Express", probabilmente la Sig.ra Bruna, sua moglie, appena sentì parlare il marito del nuovo raid gli urlò dalla cucina "stavolta ci vai te, a tribolare!!!" Gianni infatti si portò dietro il figlio Alfredo, in questa nuova avventura. Ho scritto abbastanza. Schiaccio il bottone e vi spedisco nel 1981. Mettetevi comodi e soprattutto siate pronti ad assorbire l'onda d'urto... da qui in poi parla l'instancabile diretùr giramondo. Dalla notte polare una lettera all'amica Delta Le due Lancia che avevano partecipato al torrido raid “Pony Express” hanno viaggiato in pieno inverno sulle piste più fredde del mondo di Gianni Marin Collaborazione tecnica di Carlo Massagrande Ricerche storiche e turistiche di Alfredo Marin Servizi fotografici e televisivi di Vanni Belli Cara Delta, sono certo che mi consentirai questo tono familiare. Fra me e te, graziosa creatura nata da un atto d'amore di papà Giugiaro e mamma Lancia, si è creata una tale intimità che tutto, o quasi, mi è ormai concesso. Penso a te nella camera d'albergo in cui mi trovo, bella, calda e confortevole. È un'ampia stanza dell'Hotel Vancouver, della catena Hilton. L'ambiente è ideale, ma purtroppo le nove ore di differenza di fuso orario si fanno sentire. Mentre laggiù in Italia sono le nove del mattino e i miei amici in redazione iniziano a lavorare sul nuovo numero del giornale, qui è mezzanotte e io mi giro e rigiro nel grande letto, non riuscendo a trovar sonno. E, inevitabilmente, penso a te. Dovrei forse parlare al plurale, perché tu, ragazza virtuosa e affidabile, hai una gemella. Solo il vestito vi differenzia: tu indossi quello rosso delle grandi occasioni; tua sorella quello blu, più serioso, quello della domenica. Ambedue mi avete fatto vivere momenti indimenticabili, ma io mi rivolgo solo a te, cara amica, sperando che la gemella Delta blu mi perdonerà questo favoritismo, perché a te sono inevitabilmente più affezionato. L'ultima volta che ti ho vista, quando commosso ti ho lasciata, ci trovavamo a San Francisco. Per giorni e giorni eri stata la mia casa, il mio rifugio, la mia sicurezza. Ti ricordi? C'eravamo incontrati nella fantastica New Orleans, da dove abbiamo galoppato assieme alla volta della fantascientifica Houston, per poi puntare verso le polverose piste della Monument Valley fino alla sofisticata Phoenix, e ancora fino alla caotica e affascinante Los Angeles. Abbiamo ripercorso insieme, in un'ideale cavalcata, quello che era stato uno fra i più avventurosi e primitivi servizi postali a cavallo: il leggendario “Pony Express”. E come i cavalieri di quella mitica avventura, che aveva preso l'avvio il 3 aprile 1860, anche noi avevamo puntato verso ovest, fra tante difficoltà e tanto caldo. Vancouver Ecco: il caldo. Se fra poche ore potrò rivederti, riaccarezzarti, risentire il suono armonioso del tuo motore, lo debbo proprio a quelle giornate di caldo insopportabile che insieme abbiamo sfidato attraversando la Louisiana, l'Arizona, il Texas. Quando, a quarantasei gradi all'ombra, cercavamo refrigerio e ristoro sognando un mondo di neve e di ghiaccio, balenò in noi un'idea: portare te e la tua gemella a nord, più a nord possibile, dove avremmo potuto dimenticare il caldo, la sete, il sudore, l'asfalto molle e infuocato. Non sapevamo, noi poveri illusi assetati e sudati, che il freddo Nord ci avrebbe procurato nuove e più dure fatiche del caldo del Sud. Così, a San Francisco ci eravamo lasciati con una promessa: rivederci fra i ghiacci dell'Artico. Mentre noi salivamo sull'aereo, tu “Delta rossa” e tu “Delta blu”avete preso la nave e siete tornate in Italia come semplici emigrate. Vivere sottocoperta, relegate in un angolino anziché in una cabina di prima classe non deve essere stato per voi divertente. Quando siete sbarcate avevate qualche segno di questo lungo viaggio. Piccole cose, ma che in donne di classe come voi si notano. Oltretutto, l'idea artica andava maturando ed è stato necessario rifarvi l'abito, di taglio invernale. C'è la grande sartoria da cui escono vestiti in serie ben confezionati, belli sin che si vuole ma senza personalità. C'è la piccola sartoria, il “couturier” che sa invece trasfondere nel suo prodotto la propria anima, la propria personalità. Per voi, donne raffinate ed eleganti, occorreva proprio uno di questi “Valentino” dell'auto. C'è un piccolo reparto in casa Lancia dove l'impossibile diventa possibile, dove l'irreale diventa reale. E lì, lontano da occhi indiscreti, avete indossato l'abito del grande inverno polare. Vancouver - "Porta dell'Oceano" Come prima idea avevo pensato di portarvi nel Labrador, a nord di Montreal, e a Quebec, dove non esiste altro che un mare di ghiaccio e di neve, con alti iceberg e tanto freddo. Ma tu, “Delta rossa”, facendoti interprete anche dei pensieri della tua gemella, mi avevi fatto capire che il Labrador non è poi tanto affascinante. Meglio l'Alaska, meglio il Circolo Artico, meglio Anchorage dove anche Papa Giovanni Paolo II avrebbe fatto tappa nello stesso periodo. Le consultazioni con gli amici della precedente avventura del “Pony Express Raid” non avevano portato a risultati troppo incoraggianti. Tu non lo sai, ma convincere Carlo Massagrande, lo stesso Vanni Belli, a seguirci in questa impresa non è stato facile. Mia moglie, addirittura, si è rifiutata con decisione: le follie preferisce lasciarle fare agli altri. Mio figlio Alfredo, invece, studente in ingegneria, tra le due alternative della “settimana bianca” a Cervinia o dell'avventura artica, ha optato per la seconda; ma non mi ha ancora spiegato i motivi di questa scelta. Certo che di bianco ne ha visto poi tanto, tantissimo. Vancouver - Zona residenziale Fra poche ore, comunque, ti rivedrò; ora voi due siete in un posto sicuro, il dealer Fiat di Vancouver. Nell'atelier Lancia vi hanno preparato come si conviene. La raccontiamo ai nostri lettori questa vostra trasformazione? Direi di sì, perché mi sembra utile, dato che rispecchia quanto “mamma Lancia” fa per tutte le vostre sorelle che partono da Chivasso verso i Paesi del Nord Europa, come la Svezia, la Norvegia e via di seguito. Per la vostra preparazione ho chiesto certamente qualche cosa di più, ed era logico, anche perché leggendo i bollettini meteorologici che quotidianamente il Benny Manocchia (il nostro corrispondente americano) ci inviava, non c'era da stare allegri. Uno parlava di trenta, quaranta gradi sotto lo zero; un altro di una bufera di neve che aveva sepolto un'auto con tre persone, ritrovate senza vita soltanto sette giorni dopo; un altro ancora di strade divenute impercorribili. Il clou della vostra trasformazione sta nel riscaldatore, che è stato potenziato. Se vogliamo arrivare ad Anchorage in buone condizioni dobbiamo difenderci dal freddo, e questo riscaldatore risponde alle severissime specifiche che “mamma Lancia” e “zia Saab” hanno reciprocamente concordato. In particolare risponde a quello che i tecnici chiamano “TEL”, cioè la “Temperatura Esterna Limite” alla quale il riscaldatore deve essere in grado di funzionare, mantenendo l'abitacolo della vettura in un clima di comfort. Di comune accordo Lancia e Saab hanno fissato il valore di meno trenta gradi centigradi. E se fossimo andati oltre? Vancouver - Foto ricordo con alcuni tipici totem Ma non incominciamo a crearci dei problemi: viviamo alla giornata e di momento in momento risolveremo i problemi. Oltre al riscaldatore la tua preparazione “nordica” ha toccato anche altri elementi: è stato montato un alternatore più potente (55 Ah anziché 45), sono state piazzate delle protezioni per evitare infiltrazioni di fango nella cinghia di comando della distribuzione; il termostato che sovrintende alla circolazione dell'acqua nel motore ha un'apertura ritardata a 85° anziché a 80°; la batteria è più potente (Scaini 60 Ah/225 A); il sedile di guida è riscaldato, c'è una protezione sui dischi e sulle pinze dei freni anteriori; ci sono i tergiproiettori con relativa vaschetta di alimentazione degli spruzzatori, e i paraspruzzi sia alle ruote anteriori sia a quelle posteriori. Così, tu e la tua gemella vi siete trasformate in due eschimesi, pronte ad affrontare le strade della Lapponia. Ma la mia idea era l'Alaska, dove fa più freddo. E dato che vi voglio bene, ho chiesto ai maghi di Chivasso ancora di più. E i maghi cosa hanno fatto? Hanno cambiato l'olio del cambio con uno più fluido (Fiat “W75” anziché “2 C 90 W”); hanno sostituito le cuffie dei giunti omocinetici della trasmissione e dei tiranti della scatola di guida con altre di gomma idonea a resistere sino a temperature di meno quarantacinque gradi; nei giunti è stato immesso del grasso al solfuro di molibdeno speciale per le basse temperature; per il motore è stato preferito olio Mobil “10W30; l'antigelo è stato aggiunto in modo da poter affrontare i meno cinquanta; lo stesso è stato fatto per il liquido lavavetro e per quello tergiproiettori (Fiat “DP1/S” al 100%). Mia cara Delta, vogliamo svelare a chi avrà la bontà di leggere questa lettera, che come vedi non è certo riservata, anche gli altri segreti della tua preparazione? Lo diciamo che le guaine di comando dell'acceleratore e della frizione sono state lubrificate con grasso Esso “Beacon 325” per basse temperature? Che sotto la coppa del motore e il cambio di velocità è stato posto un riparo per aumentare la protezione? Che sono stati montati degli attacchi anteriori per eventuali necessità di traino (forse stai facendo gli scongiuri, e hai ragione, ma bisogna sempre pensare al peggio)? Che durante il trasporto dall'Italia tu e tua sorella siete state agganciate ad appositi anelli posteriori per evitare errati fissaggi e conseguenti deformazioni di gruppi meccanici? Che sono stati montati dei ripari grigliati davanti ai proiettori e al parabrezza? Che sono stati aggiunti degli spessori sotto le molle per aumentare la luce minima da terra e compensare la riduzione dovuta all'ingombro dei ripari montati? Che sono state irrigidite le molle delle sospensioni anteriori (cinque per cento in più) per compensare l'aumento di peso, sempre dovuto ai ripari montati? Ecco perché ora ti sentirai un po' più pesante (1050 chilogrammi contro i 990 delle tue sorelle di serie), ma sei solo più robusta, non certo più “grassa”. Lo diciamo che monti pneumatici Pirelli “M+S Winter 160” della misura 165/70-13 debitamente chiodati (circa centoventi chiodi per pneumatico), dato che un buon paio di calzature evita le brutte scivolate (senza contare che se saremo costretti a qualche manovra di emergenza avremo più probabilità di uscirne)? Foto ricordo per l'equipaggio. Da sinistra Carlo Massagrande, Vanni Belli, Alfredo Marin e il diretùr. Fuori fa ancora buio e penso a te e alla tua gemella, reduci dal “Pony Express Raid” con le lamiere ancora calde del sole texano, e ora “agghindate” per la notte polare. Ci ha pensato il mio amico Mais ad aggiungere quel tocco artistico che vi ha personalizzate. Queste cose le sa far bene e il risultato non ci ha mai traditi. L'incertezza fra “Notte polare” o “Sole di Mezzanotte” come denominazione del Raid ha tuttavia creato un po' di confusione. Così sui vostri “kilt” (vi immagino come scozzesine con i colori del clan di Gente Motori) si legge: “Dal Pony Express Raid al Raid della Notte Polare”, mentre la targa che lasceremo a Watson Lake dice “Raid del Sole di Mezzanotte”. Piccole confusioni, ma la sostanza è una sola: ci ritroviamo tutti qui, noi giornalisti e voi magnifiche berline di “mamma Lancia” per affrontare un'altra fatica. Andremo da Vancouver ad Anchorage, via Fairbanks, e percorreremo qualche cosa come 4500-5000 chilometri. E non in condizioni normali: magari fossimo in estate, quando, mi dicono, l'unico problema sono le zanzare! Ora siamo in pieno inverno, con temperatura rigida, con un sacco di pericoli in agguato. Inoltre in caso di guai dovremo arrangiarci da soli. Il vostro viaggio dall'Italia è stato rapidissimo: in bisarca da Torino a Francoforte, in aereo da Francoforte a Seattle, sulla costa ovest degli Stati Uniti e poi ancora da Seattle a Vancouver, qui in Canada. Altrettanto rapido il nostro viaggio Milano-Montreal-Vancouver: forse troppo rapido, visto che ora mi ritrovo sveglio, in piena notte, incapace di prender sonno. Per fortuna il pensiero che presto vi rivedrò rende dolce la mia veglia. Sono le nove del mattino e il sole sale lentamente all'orizzonte di questa città sull'Oceano Pacifico, circondata da magnifiche montagne, moderna e razionale come poche altre. Il taxi ci aspetta all'ingresso dell'albergo: è la solita grossa berlina americana che ci accoglie tutti e quattro. Non parliamo durante il breve viaggio che ci sta portando da voi. Siamo tutti un po' ansiosi. Pochi minuti. Vi vediamo da lontano. Vi stanno lucidando per la grande avventura. Mi sembrate ancora più belle con le vostre antenne radio, con i vostri fari protetti, con le robuste griglie abbattute sui cofani. Ci avete entusiasmato durante il “Pony Express Raid”, non potrete deluderci ora. Per dieci giorni vivremo insieme, quasi da innamorati. Mi raccomando a voi, che siete un pezzettino di quell'Italia che abbiamo lasciato, così lontana. Conto su di te, “Delta rossa”, e su di te, “Delta blu”. Il “Raid della Notte Polare” ci sta aspettando. Fine prima parte... il vostro GTC si congeda perchè è ora di cena. A domani, con l'inizio di una nuova avventura.
  3. Salve a tutti, ho intenzione di guidare per moltissimo tempo la mia Delta e “riempire” il contachilometri in maniera significante. (km annui previsti: 40.000) Per questo intendo condividere con voi (prendendo spunto da un topic simile di J-Gian) tutta la manutenzione straordinaria che si presenterà e testare l’affidabilità in genere di quest’auto e delle sue componenti. Qui, in prima pagina, aggiornerò le varie problematiche e le soluzioni, in fondo la frequenza della manutenzione ordinaria che ho deciso di seguire e le considerazione personali, in firma invece i km attuali. L’auto è usata a 360° con queste “caratteristiche”: 70% statali, 30 % provinciali/urbano, velocità codice (70% 110km/h), tenete conto che generalmente il cdb mi segnala intorno ai 60/70 Km/h di media, molto spesso con 4 /5 persone a bordo e piccoli bagagli. AUTO: LANCIA DELTA 1.4 TJET ORO ECOCHIC 63.380 km 19/06/2013: acquisto auto 63.390 km 20/06/2013: dopo molte ore di sosta il motore parte ingolfato. Provata 2 giorni a benzina perfetta, usandola a gpl si crea il problema. Probabili iniettori gpl sporchi/difettosi. Vedere topic http://www.autopareri.com/forum/manutenzione-e-assistenza-problemi-ricambi-e-accessori/61821-problemi-avviamento-delta-ecochic.html 80.200 km 02/02/2014: accensione spia “avaria motore” diagnosi errore “segnale lambda a valle lento” resettato senza nessun intervento 94.900 km 30/05/2014: dopo molte ore di sosta motore ingolfato e minimo instabile a gpl. Lavaggio iniettori gpl. Risolto. Probabile rifornimento sporco. 114.600 km 16/10/2014: sostituito rail gpl completo di 4 iniettori di nuovo tipo blu al posto dei neri e sensore di pressione. Ormai dopo un altro lavaggio degli iniettori persisteva il difetto di partenze ingolfate dopo diverse ore di sosta. Problema risolto. Continua ad accendersi la spia avaria motore con errori P0139 P1141 P1171, riparazione rimandata al tagliando dei 120.000km. Non si chiude la sportellino carburante, parte di plastica sullo sportello deformata. 130.000 km (marzo 2015) sostituzione sonda lambda a valle per errori “spia avaria motore”, non risolto 143.000 km (luglio 2015) sostituzione sonda lambda a monte per errori “spia avaria motore”, non risolto 150.400 km (ottobre 2015) installazione gancio traino e sostituzione pastiglie posteriori. 170.000 km (giugno 2016) pulizia corpo farfallato, tendeva a spegnersi in fase di rilascio e frizione premuta con aria condizionata accesa e a gpl, risolto 213.000 km (settembre 2017) scollatura tetto, riparazione presso tappezziere risolto 230.000 (settembre 2018) sostituzione batteria 234.900 km (ottobre 2018) revisione del cambio (GM M32) con sostituzione dei 6 cuscinetti da parte di officina Opel per noto difetto. 242.000 km (febbraio 2019) aggiunte molle posteriori progressive 340.970 km (gennaio 2022) sostituzione tubo alta pressione frizione 353.120 km (giugno 2022) sostituzione collettore di scarico 354.400 km (luglio 2022) sostituzione riduttore gpl 377.500 km (marzo 2024) sostituzione bracci anteriori 379.450 km (maggio 2024) sostituzione batteria Manutenzione ordinaria: ogni 20.000 km cambio filtro gpl ogni 20.000 km cambio olio e filtro (olio prescritto dalla casa) * ogni 60.000 km cambio filtro aria ogni 120.000 km distribuzione, cambio olio freni e liquido refrigerante ogni xx.xxx km cambio candele ** *: La casa prescrive ogni 30.000 km ma un amico che lavora presso centro revisione pompe e turbo mi ha caldamente consigliato di anticipare entro 15.000 km! **Sostituite a 39.000 km mentre la casa costruttrice prevede la sostituzione ogni 30.000. Le ho fatte sostituire più per scrupolo perché non avevo nessun problema. n.b.: la manutenzione vale per la mia auto e mi assumo la responsabilità per me stesso! Chiunque è libero di decidere per la propria auto come svolgere la manutenzione! Considerazioni personali: Estetica: mi è sempre piaciuta soprattutto l’anteriore e lo sviluppo laterale, un po’ strano il posteriore, ad ogni modo un’auto dal notevole impatto estetico. Interni: ben rifinito con gli interni pelle/alcantara i pannelli porte in pelle con cuciture bianche in rilievo e inserti cromati, illuminazione alle maniglie, della cornice autoradio ecc. insomma ben fatti. Sono “caduti” però su dei particolari: assenza delle luci di ingombro sulle portiere, assenza di luci antipozzanghera e assenza di luci pedaliera, da un auto di questo livello me le sarei aspettate. Motore: silenzioso e grintoso quando serve. Bisogna “imparare” a guidarlo per avere dei consumi di ottimo livello, per esempio evitando di “affondare” il piede in fase di ripartenza o accelerazione, e vi assicuro che il motore invita a farlo, e cercando accelerazioni “soft”. Io mi sono aiutato con l’indicazione sul display della pressione del turbo, bisogna evitare di far accendere troppi segmenti, ne bastano 2 o 3 in pianura. Una volta preso il “piede” viene tutto in automatico. In numeri: sono passato ( a gpl) dai 10 km/l ai 12 km/l a parità di condizioni e uso. Confort: il pezzo forte, si viaggia ovattati e con a disposizione moltissimo spazio anche dietro e con la chicca dei sedili posteriori scorrevoli e reclinabili. I passeggeri sono comodissimi e possono riposare, chi la usa soprattutto per lavoro e/o fa il pendolare è un’ottima caratteristica. GPL: il tallone d’Achille di quest’auto è il suo impianto gpl che ricordo è stato montato dalla casa ma è la prima versione, cioè quella con il tastino sul tunnel vicino al freno a mano. In pratica è un Landi Omegas interfacciato con l’eobd originale e con centralina bloccata. Gli iniettori sono i “med” che si sono distinti (in negativo) per essere molto sensibili allo sporco e tendono a dare problemi molto presto rispetto ad altri. Qui dipende molto dal “gasatore” che segue la manutenzione, la cosa più semplice per il meccanico e più costosa per noi è la sostituzione di tutto il rail con iniettori, l’altra è cercare di pulirli o individuare quello difettoso…io uso il secondo metodo. Il vero problema è la centralina “bloccata” dalla casa, per fare una diagnosi bisogna solo rivolgersi a loro e questo non è buono, l’esperienza decennale di un installatore è insuperabile, il gpl/metano è un “mondo” un po’ particolare e solo chi ne capisce veramente ti permette di godere appieno dei vantaggi di questi carburanti, altrimenti sono solo guai e tanti soldi spesi. Risparmio? Questi i conteggi: considerando un prezzo medio alla pompa di € 1.6 al litro di gasolio e 0.73€ al litro di gpl. Consideriamo una tratta di 500 km (ho riferimenti precisi su queste distanze, vedi mio utilizzo): GPL: 500km / 11.5km/l = 43 lt di gpl * 0.73 = 31.73 € quindi, per 500 km spendo 31.73€. GASOLIO: con 31.73 € / 1.6 al litro alla pompa ottengo 19.83 lt di carburante. 500 km / 19.83 lt ottengo 25.21 km/l. Quindi: io consumo a parità di auto (delta 1.6mjet per esempio) e condizioni come un auto a gasolio che fa 25.21 km/l. Verosimilmente una Delta 1.6 mjet (di un mio collega) sulla stessa tratta lui dice di consumare circa 20 km/l, quindi 500 km / 20 km/l = 25 lt di gasolio, * 1.60 al litro = 40 €. Ricapitolando: 500 km a gpl 31.73 €, a gasolio 40 €, differenza 8.3€ a favore del gpl ogni 500 km, 1.660 € ogni 100.000 km. Manutenzione particolare sul gpl non ce n’è, in genere un buon impianto percorre almeno 100.000 km prima di aver bisogno di qualche intervento, di routine c’è solo il filtro che va cambiato ogni 20.000km al costo presso un installatore di 20€.
  4. Passata qualche settimana dall'ultimo upload riguardo i raid di Gente Motori (che son tantissimi, motivo per cui col tempo riprenderò la serie saltando però avanti e indietro, in base a ciò che mi capita fra le mani) torno ora, finalmente con un po' di tempo libero, ad ammorbarvi con le mitiche avventure vissute da Gianni Marin in giro per il mondo, al volante di vetture di ogni tipo, epoca e marca. Lo stile del mitico Gianni lo conoscete già. I suoi articoli forse non erano i primi da prendere in considerazione se l'intento era quello di analizzare in maniera fredda e imparziale una vettura (specialmente quando era italiana) perchè i complimenti erano sempre tanti, le critiche poche e fra le righe si leggeva sempre l'intenzione di far contenti tutti , ma non c'è dubbio che se non ci avesse pensato lui, a trasformare questi "sogni" in realtà, se avessimo dovuto affidarci soltanto al freddo, rigoroso Quattroruote, queste avventure che restano nella storia dell'auto italiana non le avremmo mai vissute, seppur indirettamente. Restano quindi oggi - per chi li ha in casa, come il sottoscritto , e per chi naviga in posti ove il sottoscritto si lascia andare su pagine e pagine di ricordi - dei documenti eccezionali, testimoni di un mondo dell'auto, specialmente quella italiana, che non tornerà più. Va bene, termino qui la pomposa introduzione: scusatemi, ma quando guardo le foto di auto italiane in luoghi in cui probabilmente non sarebbero mai arrivate se non fosse stato per lui, sento il desiderio di celebrare ancora una volta il lavoro di quel dinamico, furbacchione, mondano e affabile "diretùr". Grazie, Gianni. PONY EXPRESS RAID DUE DELTA SUI SENTIERI DEI COWBOYS DI “OMBRE ROSSE” Di Gianni Marin Collaborazione tecnica: Carlo Massagrande Ricerche storiche e turistiche: Bruna Marin Servizi fotografici: Vanni Belli “Cercansi giovani, magri, robusti, tenaci, che non abbiano superato i diciott'anni d'età, esperti cavalieri, disposti, ogni giorno, a rischiare la vita. Sarà data la precedenza agli orfani.” Cartelli con questo annuncio comparvero nelle città del Sud degli Stati Uniti nel marzo del 1860. Aveva provveduto a diffonderli la “Pony Express Company”, una società che si proponeva di avviare un collegamento postale tra St. Joseph, nel Missouri e Sacramento, in California, dalle cui banchine la posta sarebbe stata poi imbarcata alla volta di San Francisco. Come molte altre conquiste e avventure umane, il “Pony Express” (questa la denominazione ufficiale dello storico servizio di posta) nacque dal senso di frustrazione e abbandono che aveva colpito i pionieri spintisi sino all'Oceano Pacifico con il miraggio dell'oro. Già nel 1860 circa mezzo milione di persone viveva oltre le Rocky Mountains, la maggior parte nell'Oregon e in California. L'esaltazione per l'oro trovato e per le magnifiche e ricche scoperte non avevano sopito quell'ideale cordone ombelicale che legava queste genti alle loro terre e agli affetti lasciati. C'era il desiderio di avere notizie da casa, dei propri cari, di sapere cosa stava succedendo nel loro paese lontano là, a est del fiume Missouri. 1980 miglia, cioè 3168 chilometri, ottanta cavalieri, 429 cavalli: questo, in cifre, il “Pony Express”, il cui primo cavaliere prese il via da St. Joseph il 3 aprile 1860 con la sacca della posta. Nei punti più difficili uomini e cavalli venivano sostituiti anche ogni dieci miglia; ma tutto restava estremamente arduo e infido. Tra l'altro, prima che il “Pony Express” compisse due mesi di vita, una guerra indiana esplose lungo centinaia di miglia di percorso nello Utah: vennero distrutti i depositi e le stazioni di riposo e diciassette dipendenti della “Pony Express Company” vennero uccisi. Il più giovane non aveva ancora compiuto quattordici anni. Si può ben capire come questi giovani cavalieri fossero personaggi di tempra formidabile. Tra gli altri c'era anche un certo William F. Cody, di quindici anni, che proprio con il “Pony Express” firmò il primo capitolo delle sue imprese leggendarie, quelle di “Buffalo Bill”. Un altro postino, James Butler, si guadagnò il soprannome di “Wild Bill” (Selvaggio Bill) in occasione di un violento scontro con gli indiani. “Eccolo, sta arrivando. Vola al limite della prateria, un punto nero che si staglia contro il cielo, come un piccolo uccello che abbia perso il suo stormo.” Sono parole di Mark Twain che mitizzano la figura di questi uomini e del loro servizio postale. Ma questa favolosa pagina del vecchio West durò soltanto diciannove mesi. Il cuore di un cavallo e il coraggio di un uomo nulla poterono contro l'avanzare della tecnica. Lungo la stessa strada percorsa dai cavalieri del “Pony Express” fu installato il primo servizio telegrafico intercontinentale. Fu una gara allo spasimo tra due squadre di tecnici: l'una partì dal Pacifico e puntò verso est, l'altra partì dal Missouri e puntò verso ovest. L'obbiettivo era quello di arrivare per primi a Salt Lake City, punto d'incontro a metà strada. Vinse la squadra che proveniva dal Missouri, che vi giunse il 18 ottobre 1861; quella proveniente dalla California arrivò sei giorni dopo. L'avvenuto collegamento fu festeggiato con l'invio di un messaggio al Presidente Abramo Lincoln. In pochi minuti un breve testo, contenente una professione di fede all'annessione della California agli Stati dell'Unione, attraversò quelle regioni che i cavalieri del “Pony Express” percorrevano in giorni e settimane. Il “Pony Express” era finito. Non gli restava che entrare nella storia, con i suoi William F. Cody, i suoi “Wild Bill”, i suoi Nick Wilson, non prima però di aver dato ai suoi ideatori fama e povertà: in diciotto mesi e mezzo essi chiusero il bilancio con 200.000 dollari di passivo. Centoventi anni dopo, nel mese di giugno del 1980, “pionieri” italiani non più giovani, certamente non magri, forse robusti, sicuramente tenaci, hanno voluto ripercorrere questo magnifico sogno di congiungere la strada, scegliendo la stagione più pericolosa per il caldo mortale delle regioni da attraversare e utilizzando due automobili che sul piano europeo rappresentano il meglio in fatto di stile e di tecnica, tanto da essersi aggiudicate il titolo di “vettura dell'anno” per il 1980. I non più giovani erano il sottoscritto e i componenti della solita collaudata équipe; le automobili: le Lancia Delta, che ancora non avevamo avuto occasione di provare su lunghe distanze, in condizioni ambientali particolari e sotto sforzo prolungato, condotte sempre al limite delle loro e delle nostre possibilità. E' nata così l'idea del “Pony Express Raid”; una denominazione piena di fascino, già in partenza avventurosa, eccitante proprio per la storia di cui vi ho raccontato una sintesi all'inizio. In redazione abbiamo scelto un tracciato che avrebbe toccato sei Stati americani: la Louisiana, il Texas, il New Mexico, l'Arizona, lo Utah e la California, con partenza da New Orleans e arrivo a San Francisco. Un totale di 5500 chilometri (il dato esatto risulterà alla fine 5537,400 km) da compiersi in otto giorni. Sulla carta tutto sembrava sì avventuroso ed eccitante, ma sostanzialmente facile. Avendo percorso l'Amazzonia da Caracas a Manaus con le Fiat Ritmo pensavamo di avere già raggiunto l'apice delle difficoltà ambientali. E gli Stati Uniti non presentavano certo i problemi amazzonici. Louisiana - Stadio "Superdome" Le avventure di guerra e morte del vero “Pony Express” appartengono alla storia: oggi vi sono autostrade, meravigliose strade statali, velocissime tangenziali per attraversare paesi e città. L'unico “intralcio” è rappresentato dalla Polizia statunitense, che colpisce severamente, e con ragione, chi supera i limiti di velocità. E noi, che negli Stati Uniti abbiamo viaggiato in auto svariate volte, ne sappiamo qualche cosa. Pensavamo quindi che sarebbero bastate un po' di resistenza fisica, nelle tappe più lunghe, la scrupolosa osservanza dei limiti e nulla più. Invece anche in questa occasione le nostre previsioni si sono rivelate troppo ottimistiche; soprattutto una cosa non avevamo ben valutata: il caldo. Un caldo che nel mese di giugno è divampato su tutto il Sud degli Stati Uniti, causando oltre duecento morti, innescando incendi paurosi (di uno siamo stati anche testimoni a El Paso, al confine con il Messico), uccidendo animali e piante, rendendo incandescenti paesi, cittadine, strade e autostrade. Già alla partenza da New Orleans avevamo avuto qualche temibile avvisaglia: 35 gradi all'ombra, con una umidità relativa intorno al 40-45 per cento. Una temperatura che è andata aumentando sempre più, fino a toccare, nel deserto dell'Arizona i 47 gradi all'ombra. Scritta così, sulla carta, questa cifra non può dare l'esatta idea di quel che significhi nella realtà; bisogna essersi trovati in una situazione del genere per poter capire appieno cosa sia il caldo. Non avevamo aria condizionata a bordo e abbiamo dovuto ricorrere agli espedienti più vari, fino al ghiaccio sistemato in sacchetti intorno al collo. Vanni Belli temeva che quel caldo potesse addirittura “sciogliere” le sue pellicole fotografiche. E poi vi era la fatica di ore e ore di guida: 15 ore e 02' nella terza tappa, da Sonora a Las Cruces; 14 ore e 33' nella quarta tappa, da Las Cruces a Kayenta; 14 ore e 27' da Kayenta a Phoenix, e così via. Mai un giorno di sosta o un'ora di riposo, sempre chiedendo il massimo alle due nostre meravigliose (oggi lo posso dire) Lancia Delta e a noi stessi, giunti stremati a San Francisco otto giorni dopo. Oltretutto, il passaggio repentino dalla fredda primavera-estate italiana alla torrida primavera-estate americana aveva ulteriormente ridotto le nostre risorse fisiche. Ma procediamo con ordine. Cominciamo dal momento della partenza, quando a New Orleans, dal locale concessionario Fiat entriamo in possesso delle due Lancia Delta che avevamo spedito dall'Italia via mare. Carlo Massagrande si accorge subito che qualche cosa non va. La Delta affidatagli non ha la sospensione posteriore a posto. La guido anch'io per qualche chilometro e mi rendo conto che effettivamente i rumori provenienti dal retrotreno non sono certo forieri di buoni presagi. Marcia indietro e ritorno dal concessionario. Mettiamo l'auto sul ponte e constatiamo che la vettura, durante il trasporto via mare, è stata evidentemente ancorata in un punto non idoneo a reggere gli sforzi di trazione conseguenti al rollio della nave. Esaminiamo quindi anche l'altra vettura ma scopriamo che in questa il danno è per fortuna minore. Per poter partire subito, l'unica soluzione è intervenire empiricamente; attendere l'arrivo dei ricambi necessari dall'Italia ci farebbe perdere troppo tempo. Carlo Massagrande non è d'accordo con questo genere di “far da sé” ma il mio dispotismo di capo prevale. Del resto, quello di arrangiarsi è sempre stato, volenti o nolenti, il nostro destino. E finora ci è sempre andata bene. Con un robusto bastone cerchiamo di raddrizzare ciò che si è piegato, ben consapevoli che così facendo la geometria delle ruote andrà a farsi benedire. Ma non c'è altro da fare. Lavoriamo qualche ora. La vettura ridiscende dal ponte e Carlo, sempre poco convinto, accetta di ripartire. Osservo la Delta da dietro: è leggermente fuori posto come assetto ma non sembra che la cosa sia grave. L'unico problema riguarderà il rilevamento del consumo dei pneumatici, i Pirelli P3 che sulla vettura di Massagrande (quella di color blu) denunceranno inevitabilmente una usura anomala. Prenderemo quindi per buoni solo i consumi rilevati sull'altra, quella rossa, guidata dal sottoscritto. New Orleans - Hotel Hyatt Regency New Orleans - "Piazza d'Italia" (vi chiedo scusa per la qualità delle immagini... ho fatto il possibile ma è un dato di fatto che Gente Motori fosse spesso stampato in maniera mediocre, e che questo rovinasse il bel lavoro realizzato da Vanni Belli) Otto mesi erano passati dalla presentazione della Delta e quindi era importante verificare subito alcuni aspetti di questa nuova Lancia. Premetto subito che avevamo optato per la versione da “un litro e mezzo”, quella più accessoriata (mancava soltanto l'impianto di condizionamento e quanto lo abbiamo rimpianto!). Inserita nel traffico americano, dove prevalgono ancora i grossi macchinoni e in cui si fanno sempre più numerose le auto giapponesi, la Lancia Delta spicca per i suoi caratteri somatici ben definiti, propri di una razza purissima. Giorgetto Giugiaro, un autentico mago dello stile, ha ancora una volta centrato l'obbiettivo. Quando vidi la Delta tanti mesi prima della sua nascita ufficiale, in verità mi lasciò perplesso. Era senza finizioni, senza modanature, quasi un manichino. Avevo avuto l'impressione di un qualche cosa di già visto, di già noto. Era una “Giugiaro” che mi ricordava altre realizzazioni dello stesso stilista. Poi è venuta la sua presentazione. La vettura mi è apparsa in una luce completamente diversa, l'ho vista dotata di personalità come ben poche altre. Quella prima volta mi ero evidentemente sbagliato. L'ho vista poi sulle strade europee, emergere nel traffico per eleganza e snellezza. La Delta è un prodotto indovinato a cui il mercato ha risposto adeguatamente. Ed eccola ora nel traffico americano, a confronto con i grossi “barconi USA”, che chiudono un'epoca e ne aprono un'altra. Grandi, ingombranti, arzigogolati, con tanti fregi, modanature, cofani imponenti; poi, quando ci sali sopra, con valigie da sistemare, ti accorgi come tutta quella esteriore ostentazione di spazio sia soltanto apparenza. Nella Delta non c'è nulla di apparente, c'è solo sostanza. Due taxi americani, dall'albergo all'aeroporto di New Orleans, per portare i cinque partecipanti al “Raid del Pony Express”; due Delta per attraversare con gli stessi uomini e le stesse valigie gli Stati Uniti: ma quanto più comfort, quanto più spazio a disposizione sulle vetture italiane. Allo svantaggio di un bagagliaio non eccezionale si può sempre sopperire con l'abbattimento di uno dei due schienali, (o magari di tutti e due) dei sedili posteriori. E allora sulla Delta si può trasportare di tutto, anche le ingombrantissime sacche da golf che avevamo portato da casa nella vana illusione di concederci qualche attimo di svago. Le finizioni interne non fanno una grinza e così pure quelle esterne. L'unico appunto che ci sentiamo di muovere riguarda la qualità dei tessuti: in condizioni climatiche come quelle da noi incontrate il panno dei sedili accentua la sensazione di caldo causando una maggiore sudorazione. Abbiamo dovuto ricorrere all'interposizione di asciugamani per dare un po' di sollievo alle parti a contatto con il sedile. Per il resto non vi è nulla da obbiettare. La plancia semplice e completa, con tutti gli strumenti a diretta portata di sguardo, i cassetti capaci, i boccagli per l'aerazione idonei ed efficienti in qualsiasi condizione ambientale (insufficienti solo nelle condizioni infernali in cui ci siamo trovati a vivere e a guidare). Ci inoltriamo in New Orleans, in quella che da sempre viene considerata la capitale del jazz. Ancora oggi il festival del jazz che vi si svolge ogni anno in aprile è un grande appuntamento musicale, oltre a essere una vera e propria sagra popolare in cui tutti, per nove giorni, vivono da protagonisti. Si tiene nel Fair Grounds Race Track, un vasto spazio erboso che sorge alle porte della città e che ospita abitualmente l'ippodromo, tra vecchie querce e laghetti costruiti dai francesi durante il periodo coloniale. Il ritmo crescente delle decine e decine di bande jazzistiche si fonde con il profumo delle magnolie (simbolo di questa città) e dei gamberi fritti. La città si scatena. Giungono al Fair Grounds Race Track i poveri che abitano nel quartiere di Algiers insieme ai ricchi che abitano la Bourbon Street, una strada famosa per i suoi locali notturni e per i bar dove ancora si può ascoltare dell'ottimo jazz. Vengono dimenticati i vecchi rancori razziali, quelli che vedono a tutt'oggi i n...i (ndGTC: ometto la n-word con la “g” che ai tempi veniva usata anche senza cattive intenzioni – compariva anche nelle vignette di Topolino - ma che oggi è giustamente vista in altro modo) banditi da certi luoghi e impiegati soltanto in lavori umili e pesanti. Meravigliosi pezzi di “ragtime” si fondono con il “boogie-woogie”, i “blues” con i “gospel”, con i “rhytm and blues” e con tutta quella jazzistica che proprio qui, nel distretto di Storyville a New Orleans, nacque agli inizi del Novecento. Con le due Lancia Delta anche noi ci avventuriamo in Bourbon Street, dalle case basse, con i balconi in ferro battuto e colonne all'ingresso: antiquari, negozi per turisti, tanti bar, cabaret e locali di strip-tease. Mi guardo attorno ed ecco spuntare un personaggio fantastico, che sembra uscire dalla storia del vecchio e originario dixieland, ai tempi in cui il jazz, una musica afroamericana, frutto dell'humus di una razza trapiantata a viva forza da un continente all'altro, rappresentava quasi una preghiera e un atto di rivoluzione assieme. Vecchio, nero, ballerino: aveva dato la vita per il jazz e la vita ora lo ripagava con povertà e privazioni. Al suono di un'orchestrina, Don Ellis, questo il suo nome, ci improvvisa un ballo. L'accompagnamento è perfetto; il violinista non è certamente Gatemounth Brown e il pianista non è Dave Brubeck; non c'è un chitarrista come B.B. King, o un vibrafonista come Lionel Hampton. Ma è come se ci fossero e Don Ellis balla, con il sigaro in bocca e un vecchio ombrello in mano, motivi che ricordano la sua giovinezza, quando lavorava per la grandissima Dixies Davis (tuttora sulla breccia a onta dei suoi ottantaquattro anni) o per l'ineguagliabile B.B. King. È l'occasione per Vanni Belli di scattare le sue fotografie, forse le più belle, le più umane. (fotografie che purtroppo non possiamo ammirare, perchè per chissà quale motivo al momento della "confezione" dell'articolo rimasero fuori dal corredo fotografico... tranne una che però fu pubblicata su due pagine, con Don Ellis piazzato proprio nel mezzo, quasi invisibile) Ma il tempo incalza. Dobbiamo completare la documentazione fotografica della “stazione di partenza”, da cui daremo inizio all'avventura che ci porterà nel giro di otto giorni da New Orleans a San Francisco, via Houston, El Paso, Albuquerque, la Monument Valley, il Grand Canyon, Phoenix, Los Angeles e la splendida, indimenticabile penisola di Monterey. Partiamo, lasciando alle nostre spalle New Orleans e puntando su Houston, dove abbiamo fissato la sede della nostra prima tappa. Fa caldo ma in modo ancora sopportabile. Lasciamo dietro di noi anche il Mississippi, il grande fiume che avevamo risalito in occasione di un nostro precedente raid. Complessivamente percorriamo 586,7 chilometri, impiegando dalla partenza all'arrivo 10 ore e 04', di cui 6 ore e 33' di guida effettiva. Per le soste (rifornimenti, fotografie, colazione) abbiamo perso 3 ore e 31 minuti. Carlo Massagrande, con la precisione che lo contraddistingue, mi comunica la media: 90,946 chilometri all'ora. Rapidamente calcola anche i consumi: la mia Delta, quella di color rosso, ha bruciato 51,40 litri di carburante; la sua, di colore blu, 48,60 litri. Veloce lavoro con la calcolatrice e stabiliamo che la Delta rossa ha percorso 11,589 chilometri con un litro; quella blu 12,257 chilometri. Il piede del “regolarista” Massagrande si è fatto sentire ancora una volta. Girare per Houston non un'impresa facile. La circolazione è caotica e, per la prima volta negli Stati Uniti, troviamo che le indicazioni stradali sono scarse, poco chiare. Fatichiamo un po' prima di trovare la strada che ci condurrà a Pasadena, al “Johnson Space Center”, dove la NASA ha fissato il suo quartier generale e dove Vanni Belli vuoi ripetersi in fotografie sensazionali, come quelle già scattate a Cape Kennedy nel nostro raid di un paio d'anni fa, quando da Montreal (in pieno inverno) siamo andati con due Ritmo a Miami. Il “Johnson Space Center” ci accoglie all'imbrunire, dopo che avevamo costeggiato la Galveston Bay, con i suoi pozzi petroliferi oceanici, visibili sullo sfondo ma troppo distanti per essere fotografati. Le ombre della notte sono già scese e quindi decidiamo di rimandare all'indomani ogni cosa. Andiamo a dormire; “mettiamo a letto” anche le due Lancia Delta che non hanno mai perso un colpo, che hanno assecondato benevolmente anche le repentine (e non sempre azzeccate) decisioni di un “capo” come il sottoscritto, soggetto a mutare opinione a ogni momento. Ma fra i due equipaggi regna l'affiatamento e finora tutto è andato sempre per il meglio. Fine prima parte
  5. Salve a tutti. Nel febbraio 2015 acquistai una Lancia Delta 1.6 multijet 120 CV Oro del febbraio 2011 e con 72.000 km. L'acquistai da un privato che a sua volta l'aveva acquistata solo un anno prima da un concessionario locale (prima era di proprietà di Fiat Auto) e la vendeva perché "non ci si trovava bene" ad un prezzo onesto: 10.000 euro + trapasso. Io invece mi trovai subito bene: motore grintoso ed elastico, cambio a 6 rapporti ben spaziati, consumi contenuti, volumetria notevole, finiture di buon livello (bellissimi i sedili pelle - alcantara), sterzo preciso anche se un po' demoltiplicato, comfort notevole malgrado un'insonorizzazione migliorabile. Uso abbastanza intenso (70 km al giorno per lavoro, viaggi in lungo e in largo per l'Italia), manutenzione scrupolosa (olio e filtri li cambio personalmente, il resto in officina). 2016: Sostituzione radiatore con uno rigenerato, a sua volta riparato causa nuova perdita di liquido. Rottura supporto barra antirollio anteriore, sostituzione barra completa. 2018: raggiunti i 175.000 km inizio ad avvertire vibrazioni dal motore ed una rombosità più marcata: a dicembre (182.000 km) il meccanico sostituisce il supporto motore inferiore, ma mi dice che anche gli altri non avranno vita lunga. Le vibrazioni trasmesse risultano molto attenuate, ma dopo soli 4.000 km sono al punto di prima, e per di più spunta una copiosa perdita d'olio dalla zona alta del motore. Nuovo intervento in officina e sostituzione degli altri 2 supporti motore. Le vibrazioni trasmesse all'abitacolo ora sono di nuovo contenute, ma la rumorosità e le vibrazioni del motore - prima parzialmente coperte dal rumore e dalle vibrazioni indotte dai supporti usurati - ora sono evidenti e per nulla rassicuranti. Il meccanico dice che il motore è poco bilanciato e ha indotto una rapida usura dei supporti, che lui mai ha sostituito così presto su modelli analoghi. Discutendone sono emerse 3 possibili cause: - olio motore scadente: per un po' ho utilizzato olio Rhiag 5W30 Acea C2, poi altri oli 5W30 conformi alla specifica Fiat 9.55535-S1 prescritta. A suo dire certi produttori barano e dichiarano specifiche senza alcun controllo. - esemplare "jellato". - kilometraggio non veritiero: qualche dubbio ce l'ho malgrado un libretto dei tagliandi coerente, ad esempio per la forte usura del pedale frizione già a 70.000 km. Oggi il meccanico ha scovato la perdita d'olio dalla guarnizione del coperchio punterie e a breve mi farà un preventivo. A questo punto mi chiedo se vale davvero la pena spenderci ancora soldi: ho acquistato l'auto 4 anni fa con l'obiettivo di utilizzarla per 10 anni e per 300.000 km, ma sono ben lontano dall'obiettivo e ho il serio timore che le vibrazioni possano portare ad una rapida usura del motore che, vibrazioni a parte, è ancora in gran forma. Il cambio emette dei lievi fischi da parecchio tempo ma si manovra molto bene, mentre frizione, sterzo, sospensioni e freni vanno ancora bene. Che ne pensate?? Grazie in anticipo a tutti.
  6. Ciao a tutti, ho una Lancia Delta 2.0 165 CV con pneumatici 225 45 R17. Tra qualche mese mi toccherà cambiare il treno gomme estive che utilizzo tutto l'anno (qua in sicilia non mi sevono pneumatici invernali) e anche gli ammortizzatori. Premesso che monterò ammortizzatori simili agli originali (Bilstein B4) e che quelli attuali sono rigenerati al 30% di durezza in più (ma ormai sono mezzi scarichi), ho utilizzato diversi treni di Goodyear Eagle F1 Asymmetric 2 e invece il mio primo treno gomme, dopo quelli di primo equipaggiamento, sono state le Bridgestone Potenza S001 (con ammortizzatori originali non ritarati). Faccio circa 30.000 km all'anno di cui buona parte autostrada (diciamo un 70%). Le Bridgestone le ho trovate molto "granitiche" ma appena invertite erano troppo rumorose e sul bagnato non davano sicurezza. Nulla da dire sulla tenuta in curva in autostrada ad alte velocità. Le Goodyear molto più progressive in curva, silenziose, ottime sul bagnato, però un po' "mollicce" nel senso che ho notato un po' più di rollio in curva sempre in autostrada. So che la spalla delle Bridgestone è rigida mentre quella delle Goodyear è un po' più morbida ma esiste una via di mezzo che mi consenta di contenere un po' di più il rollio in curva e che però non sia proprio scarsa sul bagnato? Il rimanente 30% della percorrenza è traffico cittadino quindi con le goodyear mi sono trovato bene perchè assorbono bene le asperità. Che mi consigliate?
  7. Touareg 2.5

    Lancia Delta M.Y. 2014

    Fuori Produzione. Press Release :
  8. Chiamarle "Foto" forse è una parola grossa. Volendo essere maliziosi, la foto è stata "tagliata" perchè sullo schermo centrale compariva il marchio Lancia? Io se fossi in Chrysler/Lancia mi vergognerei per questa pseudo foto. Ci sarebbero anche le foto della brochure ma alla fine è quella della "nostra" Lancia Delta solo con i loghi cambiati e con scritte in inglese.
  9. Ospite

    Lancia Delta per la Policja Polacca

    Per il momento sono 6, tutte 1.9 multijet 190cv.
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