Vai al contenuto

PaoloGTC

Utente Registrato Plus
  • Numero contenuti pubblicati

    11083
  • Iscritto il

  • Ultima visita

  • Giorni Massima Popolarità

    50

Tutti i contenuti di PaoloGTC

  1. Non capisco perchè Ghidella avrebbe dovuto arrabbiarsi per aver "scoperto" che Giugiaro stava progettando l'Ibiza. In più di una intervista Giugiaro dice che era stata la stessa Fiat a metterlo in contatto con Seat per quel progetto. Mi risulta che Ghidella sapesse benissimo che la stava progettando, e che i problemi siano arrivati quando gli chiesero di smettere. Sul libro di Piero Casucci dedicato alla Ibiza, Giugiaro dice che i rapporti si raffreddarono dopo aver lasciato l'industrializzazione a Karmann, ma la Seat presentando l'Ibiza sottolineò comunque che il design era di Giugiaro e Fiat non gradì questa riconoscenza.
  2. Esteticamente pensavo peggio, mi piace la fiancata. Ma com'è 'sta moda di presentare tutto dentro una gigantesca bacinella bianca? E' sempre la stessa, se la passano l'uno con l'altro come la scala che scende nella cantina buia di tutti i film dell'orrore da 4 euro e 90?
  3. Non direi... la Thema e la Delta li avevano fatti in tutt'altra maniera...le retro la Delta le aveva addirittura in un altro posto... e Thema e Croma sono nate insieme. Negli stessi anni Fumia doveva litigare per realizzare la fanaleria della 164 ma solo perchè la testardaggine dei "bugianen" che aveva intorno continuava ripetere che non era possibile industrializzarli. Non aveva nè problemi di colori nè di forma. Qualcuno pensava che non avrebbero ottenuto l'omologazione, ma si nascondeva dietro la pigrizia... pigrizia che vinse invece riguardo i fari che Fumia voleva fare all'anteriore, con la freccia sopra il gruppo ottico che proseguiva idealmente la scanalatura (o "collana" come diceva Fioravanti) della fiancata. Dissero che un faro così non si poteva fare... salvo poi farlo pochi anni dopo, rovesciato, cioè con la freccia sotto, sulla seconda serie della Thema. Certo ci sono sempre state regole che riguardano il posizionamento (rispetto alla sagoma del veicolo, la loro altezza da terra e la distanza fra i due gruppi ottici) ed era ovvio vedere le frecce arancio, la retro bianca e gli stop rossi. Ma questa è una cosa, un'altra è ripetere sempre lo stesso disegnino Non mi pare ci sia mai stata grande cattiveria nei confronti dei fari, in fase di omologazione. Nemmeno riguardo le dimensioni. La Uno e la 205 sono coetanee, ed entrambe hanno i fari divisi nei classici tre colori, ma quelli della Peugeot sono grandi meno della metà di quelli della Fiat.
  4. Secondo alcune dichiarazioni ufficiali dei tempi, una tutta sua. Passo 250. Però... dichiarazioni ufficiali dei tempi.
  5. Sarà ma a me sembra già meglio (va a finire che apro il ps anche io oggi... anche se le mie capacità sono assai inferiori) Per dirne una, Packard nel 1987 cercando di immaginarla e usando le porte della Dedra le cui fattezze ormai erano ben note anche se la tre volumi non era ancora uscita, si era avvicinato a quel che intendevo io. Ora... non avrei usato quei fari magari, però con un sederino più basso e un lunotto più esteso, già eravamo più vicini alla Delta originale. Magari farla un po' più nervosa e meno tonda (sembra un'Astra F... vabbè ai tempi non esisteva) ma l'idea di far girare il portellone sui fianchi serviva ad alleggerire un montante enorme; cosa che tentarono di fare con quei due profili in plastica messi lì a citare quelli sottili e ben disegnati della Delta I... e che erano pesanti pure loro. Per me è quella gobba che la frega.
  6. Ci ho pensato diverse volte pure io e l'opinione che mi son fatto (giusto il mio feeling eh... sbaglierò e i designer mi diranno che non ci ho proprio preso) è che l'altezza dell'abitacolo queste vetture abbia la sua parte di colpa. Sulla Tempra e sulla 155, dove abbiamo un bagagliaio più alto e, soprattutto sulla prima, assai più legato al corpo centrale, con il lunotto più inclinato e la coda più corta, si nota di meno, ma se prendiamo una Dedra di lato, col suo bagagliaio più "classico" c'è un certo effetto bolla E' una vettura piuttosto alta. La stessa altezza l'abbiamo sulla Tipo, perchè l'abitacolo è quello, ma la Fiat ha un design più "scatolone" e dietro termina massiccia come a livello del parabrezza. Alla Delta dovevano levare la coda della Dedra, che aiutava a dissimulare l'altezza con una maggior lunghezza (senza comunque riuscire, per me, nella vista laterale, ad azzerare del tutto l'effetto bolla dell'abitacolo). Il problema è che la Delta non chiude come la Tipo o come una Golf. Ha la stessa inclinazione iniziale del vetro posteriore della Dedra, dopo la quale ti aspetti di vedere un bagagliaio perchè il lunotto termina ad un livello piuttosto alto... che però non c'è. E' gobba. Su Delta I e Prisma secondo me l'effetto era ben diverso perchè le vetture erano più basse e Giugiaro aveva saputo fare un bel lavoro nell'innestare il terzo volume. Il montante posteriore è diverso, il lunotto ha un'altra inclinazione. Prova ad immaginare una Delta fatta segando semplicemente il bagagliaio alla Prisma e tenendo pressappoco il suo lunotto... sembrerebbe monca anche lei. Inoltre, Giugiaro aveva scelto bene anche allungando leggermente il frontale della Prisma per bilanciare meglio il terzo volume (cosa fatta anche da Fiat nel passaggio da Tipo a Tempra) mentre... sulle Lancia è accaduto il contrario. Con il restyling della Delta II messo in cantiere prima di presentarla il frontale (almeno otticamente, non conosco le misure degli sbalzi così su due piedi) è diventato più pronunciato, mentre dietro... cavoli dietro c'è uno sbalzo che sembra quasi più corto di quello della Tipo (anche se non credo che lo sia) perchè la massa della Tipo è più corposa. Al di là di dettagli poco felici come la fanaleria posteriore che non svolta sui lati o il lunotto che nella vista posteriore si stringe mentre scende (cosa che secondo me aumenta la sensazione di "mozzato") la Delta II ha dei problemi di proporzioni. Probabilmente con 10 cm in più di sbalzo posteriore, un po' più di sviluppo e un lunotto che scendeva ancora un po', quasi a livello della cintura, sarebbe stata un po' più bellina.
  7. Mi unisco a chi apprezza il Ferrari di Castellitto. Per me un bellissimo film, con l'atmosfera giusta e con un grande attore decisamente calato nella parte. C'era secondo me quel tot di somiglianza che sicuramente aiutava, ma Sergio è stato bravissimo e quel poco che abbiamo di Enzo Ferrari "live" tramite le sue interviste secondo me mette in evidenza come sia stato in grado di dare la miglior interpretazione di Ferrari fino ad oggi. Tutti gli altri che ci hanno provato (sia per capacità loro che per messa in scena del personaggio così come qualche "fenomeno" l'aveva immaginato nella sceneggiatura) per me son tutti da scartare. Pure il Commendator Perrari di Cavazzano su Topolino è venuto fuori meglio. E' il nostro il cinema che se vuole ha tutte la capacità di raccontare Enzo Ferrari, perchè Enzo Ferrari è l'Italia e la nostra storia cinematografica testimonia che certe corde le sappiamo toccare meglio di tutti gli altri. Gli americani per me possono continuare a raccontare storie loro, inventate o realmente accadute, con i loro eroi e la loro ipocrisia. Quando raccontano qualcosa che storicamente non li riguarda, lo fanno sempre "a modo loro".
  8. All'inizio del 1983 lo stato maggiore della SEAT tenne una conferenza in un hotel milanese (si trattava di una tappa del loro "tour": erano già stati in Olanda per firmare il contratto di concessione ed erano attesi in seguito in Belgio e Austria, e a seguire in Germania e Francia). La giornata fu all'insegna di una disputa con domande cattive, alle quali - va detto - i dirigenti spagnoli risposero sempre in modo esauriente, confermando la sensazione che sarebbe stato difficile arrivare ad una soluzione pacifica della vicenda. L'arbitrato stesso era stato invocato a fine 1982 dalla FIAT alla camera di commercio internazionale di Parigi e rischiava di non dirimere del tutto la questione poichè, come vedremo, non c'era in quel momento omogeneità di vedute nemmeno sulle sanzioni derivanti dalle decisioni dei tre arbitri. Forse perchè abituato a trattare coi suoi dieci figli, il presidente Juan Miguel Antonanzas mantenne una calma olimpica anche di fronte alle domande più impertinenti e provocatorie. Era convinto di aver ragione, tanto d'aver deciso - con i suoi uomini - di avviare la commercializzazione della Ronda in Europa (pomo della discordia), senza nemmeno attendere il verdetto degli arbitri, che in ogni caso ci avrebbe messo sei-otto mesi ad arrivare. Per fare un passo indietro, andiamo al mese di maggio del 1981, momento in cui la FIAT aveva abbandonato l'idea di entrare ancor di più profondamente nella SEAT. Le due aziende avevano firmato un accordo il quale siglava la fine di un sodalizio trentennale che aveva portato la casa torinese ad avere una grossa influenza sulle decisioni di fondo e sulle scelte commerciali dell'azienda spagnola. Il contratto del maggio 1981 veniva firmato da Vittorio Ghidella per la FIAT Auto, da Cesare Romiti per la FIAT S.p.A, da Antonanzas per la SEAT e da Carlos Busselo per la INI, azienda di stato paragonabile alla nostra IRI e che in quel momento deteneva il 95 per cento delle azioni. Due gli articoli di questo contratto che bisogna ricordare per capire il seguito della vicenda. Nel primo (il 2.3) si leggeva tra l'altro: "tuttavia, a partire dal primo gennaio 1983 SEAT potrà esportare liberamente i modelli di progetto FIAT che abbia ristilizzato in conformità con quanto stabilito dall'articolo 5 del presente accordo". Ed ecco, per intero, l'articolo 5.1: "qualora SEAT proceda a ristilizzare i modelli Ritmo, 127 e 131 attraverso restyling della loro carrozzeria, utilizzando i gruppi meccanici degli attuali modelli oggetto di licenza FIAT Auto, il citato restyling riguarderà non soltanto gli elementi di finizione interna ed esterna, ma anche elementi significativi della pannelleria esterna." Secondo la FIAT, il senso di quest'articolo era che nella commercializzazione delle vetture di origine FIAT ristilizzate dalla SEAT non doveva essere evocata l'immagine FIAT della vettura. Il ricorso della FIAT al tribunale arbitrale comprendeva una richiesta precisa: che si inibisse alla SEAT l'esportazione della Ronda fino a quando sulla stessa non fosse stata effettuata una ristilizzazione prevista dall'accordo e si condannasse altresì la SEAT a pagare danni e penalità nel caso in cui l'esportazione fosse comunque stata messa in atto. Secondo la casa torinese, al di là degli stretti termini del contratto, la SEAT veniva a trovarsi in una tipica situazione di concorrenza parassitaria avendo la possibilità di sfruttare indebitamente, sui vari mercati, l'immagine commerciale e la notorietà della FIAT e della Ritmo. Di tutt'altra opinione, ovviamente, era la SEAT. Secondo Antonanzas la Ronda per l'esportazione che sarebbe stata presentata nel successivo mese di aprile sarebbe stata sufficientemente diversa dalla vecchia Ritmo dalla quale derivava e ciò secondo lui era già sufficiente. Inoltre Antonanzas non credeva affatto che in Europa SEAT non fosse ancora sufficientemente conosciuta ed era quindi certo che i suoi prodotti non sarebbero stati scambiati per quelli FIAT. "Abbiamo speso un miliardo di pesetas per modificare l'estetica della vettura e a nostro parere oggi la Ronda ha una sua personalità." In lire italiane, gli interventi estetici alla Ronda (curati dalla Rayton Fissore) erano costati dieci miliardi di lire, contro i trecento spesi da FIAT per realizzare la Nuova Ritmo. Anche sulla parte tecnica, Antonanzas non ebbe esitazioni. A chi gli ricordava che la Ronda montava il vecchio motore della 124 lui faceva osservare che questo propulsore era stato scelto dai dirigenti FIAT che lo avevano ritenuto idoneo per la Ritmo spagnola. Circa i consumi (20 per cento in più rispetto alla Nuova Ritmo, secondo quanto affermava Fiat) Antonanzas si limitò a dire "giudicherà il pubblico." In realtà, alla FIAT non temevano tanto le 36000 Ronda previste per il mercato europeo nel 1983, quanto il rischio che gli acquirenti ricorressero, per l'assistenza, alla rete FIAT. Ma anche in questo senso alla SEAT sapevano cosa rispondere: "Abbiamo chiesto ai singoli importatori di organizzare delle sufficienti reti di assistenza. Solo a queste condizioni noi daremo loro le vetture da vendere." In Italia, come ben sappiamo, le SEAT sarebbero state importate dalla Bepi Koelliker Importazioni S.p.A. e il vice presidente della società, Luigi Koelliker, ne approfittava per enunciare i programmi: "Nel periodo da maggio a dicembre di quest'anno intendiamo vendere 5000 Ronda con motori 1200 e 1700 diesel attraverso i 90 concessionari che avremo a disposizione per maggio e che diventeranno 120 entro fine anno. Avremo ovviamente anche una adeguata rete di subconcessionari e di punti di assistenza." (e io ne avevo uno qua, nel mio paesello: un'officina di 100 metri quadri, con due ponti ed un piccolo ufficio e un marchio SEAT sulla vecchia porta in ferro e vetro a quadretti, di un signore, il mitico Elves, che in precedenza aveva propinato agli abitanti una manciata vetture dell'EST) La presentazione ufficiale a Madrid delle Ronda per l'esportazione sarebbe stata ad aprile e solo in quell'occasione sarebbero stati resi noti i prezzi per l'Italia. In quel momento ci si poteva basare sulle cinque versioni che SEAT produceva per il mercato interno: 65 CL, 75 CLX, Crono, CL Diesel e CLX Diesel, con prezzi puliti (cioè senza tasse) che andavano (in lire) da 6.465.000 a 8.603.000. Per un opportuno confronto, le nuove Ritmo (sempre a prezzo senza tasse) andavano da un minimo di 6.680.000 ad un massimo di 9.615.000 per le versioni più o meno equivalenti come cilindrata e grado di finitura. "In ogni caso - disse il presidente della SEAT quasi a gettar acqua sul fuoco - noi non abbiamo nessuna intenzione di far guerra alla FIAT. Non possiamo dimenticare che dalla FIAT abbiamo imparato tutto nel corso dei trent'anni di collaborazione." Il divorzio dalla casa torinese, comunque, se aveva coinciso con un periodo piuttosto difficile per la SEAT (con perdite annue variabili attorno ai 200 miliardi) aveva anche dato vita ad un piano di differenziazione della gamma. "I nostri programmi - spiegò il direttore commerciale Juan Antonio Diaz Alvarez - prevedono la nascita nel marzo del prossimo anno di una nuova vettura utilitaria a due volumi che per il momento chiamiamo in codice 'S1' e che è stata disegnata da Giugiaro, verrà industrializzata dalla Karmann e avrà un motore nuovo (più o meno... ndGTC) di 900 e 1200 cc, progettato congiuntamente da noi e dalla Porsche. Intanto alla fine del 1983 commercializzeremo in Europa anche la Fura mentre per il 1985 è prevista la nascita della S3, una berlina media a tre volumi sempre con motore SEAT-Porsche con cilindrate di 1500 cc a benzina e diesel." Il perchè del desiderio di esportazione europea lo spiegò Antonanzas: "Il nostro traguardo per l'equilibro tra costi e ricavi è 400.000 auto con gli attuali 25000 dipendenti. Noi, nel 1981 e nel 1982 ne abbiamo prodotte circa 320.000 di cui 120.000 l'anno assorbite dalla FIAT. Da quest'anno, noi abbiamo un ordine per 50.000-60.000 Panda con marchio Fiat e quindi il surplus produttivo lo dovremo vendere direttamente all'estero: 36.000 unità in Europa e le altre 24.000 unità in versione CDK (cioè smontate) le manderemo in Egitto e in Cile dove esistono accordi per l'assemblaggio in loco." Per arrivare al fatidico traguardo delle 400.000 unità la SEAT aveva firmato con la VW un accordo che prevedeva dal 1984 la produzione annua di 120.000 vetture fra Polo, Classic, Santana e Passat destinate parte all'esportazione e parte al mercato interno spagnolo, dove la VW avrebbe potuto vendere i suoi prodotti attraverso l'intera rete SEAT con vantaggi non indifferenti. L'impegno SEAT-VW aveva validità di 7 anni e prevedeva una tacita possibilità di rinnovo.... p.s. Riguardo la vicenda "Ibiza", è interessante questo breve passaggio che riporto dal libro "Il Giovane Giorgetto". "Un piccolo incidente diplomatico avvenne al momento di fare la Croma. 'La linea del cofano la voglio qui', aveva detto Ghidella, mentre tracciava con il nastro nero un profilo che sbordava di due dita sotto quello del parafango. Io ero rimasto basito. 'Ma Ingegnere, così ci mettiamo in un mare di guai.' 'Non mi pare. E in questo modo il fianco del prodotto Fiat avrà una personalità completamente diversa.' 'Guardi che è già tutto diverso' avevo ribattuto io 'con il portellone che prende il terzo volume e la coda corta. La funzione e lo stile insieme, ricorda?' E avevo anche insistito, 'col cofano che gira , ci impelaghiamo con il centraggio. Vuol dire aumentare i giochi, vien da sé..' Ma mi fermai lì, perchè l'Amministratore Galattico non mi stava già più ascoltando. Come spesso accadeva con Ghidella, la strada era solo una, la sua. Obbiettare non era previsto, si correva anche il rischio che una critica - anche ben posta - diventasse un'offesa. Come infatti avvenne quel giorno. E' un po' questo che, a tanti anni di distanza, ricordo del lavoro fatto con Vittorio Ghidella. Il super-manager di competenza eccezionale che, sono certo, mi stimava pur non avendomi scelto, ma non mi voleva troppo vicino quando era il momento di alzare il sipario. Il dominatore che inventò lo studio I.De.A. per smarcare la Fiat e un po' per farmi dispetto. Il timoniere che ci chiamò a progettare da zero la Seat Ibiza - con cui il marchio doveva rinascere - e ci costrinse poi ad abbandonare la nave, quando Torino lasciò stupidamente la Spagna, e Volkswagen prese l'occasione al volo. 'Giugiaro', mi aveva telefonato una mattina, 'noi usciamo da Seat. E' definitivo. E vorrei che lei uscisse dalla Ibiza.' 'Beh, Ingegnere', mi salì leggermente di tono la voce 'lo stile lo abbiamo praticamente finito, e Mantovani sta impostando la scocca...' 'Vorrà dire che per la parte di design ci metteremo d'accordo. Invece l'ingegneria se la faranno da soli. Voglio proprio vederli', rise acido 'anzi facciamogli perdere un bel po' di tempo.' Alla fine della telefonata io avevo un diavolo per capello. L'arroganza dell'uomo mi indispettiva e metà del lavoro era perduto. Ma forse no. Non del tutto. Potevo almeno passare l'affare ad un amico. Chiesi alla segretaria di chiamare la Karmann."
  9. Delta II non era esattamente la più bella della "famiglia", ma vien da dire "meno male che ci misero le mani" Beh se si tratta di immaginare, esageriamo. Pensiamola con il motore 5 valvole della 355 La K 8.40
  10. Oh oh. (vengono dall'interno eh, non sono lavori di fantasia di qualcuno) Se ne deduce che se la K Ferrari fosse nata, avrebbe avuto una nuova soluzione per lo spoiler posteriore a scomparsa
  11. Pare sia andata così, anche se forse alla fine la Florida è uscita fuori un po' più allungata e meno tozza. Unone ignudo Proto Florida Avrei potuto mettere foto "pulite", ma non è nel mio stile
  12. Sicuramente. Poi lui, specialmente in quegli anni, ha dimostrato di avere dei temi molto cari, che venivano dalla sua imperterrita ricerca della razionalità, della funzionalità, del bello e pratico. Prendiamo la portiera, per citare il tuo esempio. Una portiera che mostra una soluzione innovativa per i tempi, e cioè l'essere avvolgente. La pulizia estetica data dall'eliminazione del gocciolatoio. Una invenzione non sua, ma della quale ha il merito di averla portata in produzione, prima con la Isuzu Piazza e poi, con estrema perseveranza, in Fiat (faticando non poco, perchè non la volevano fare). Poi c'è il disegno, dato da un insieme di fattori secondo lui il più corretti possibile. L'inclinazione giusta del parabrezza, l'altezza corretta dell'abitacolo, la dimensione del vano porta adatta a garantire la corretta accessibilità... tutti fattori estremamente razionali che non ha mai messo da parte nei suoi progetti destinati alla produzione di massa. Mettendo tutto insieme, ne esce quella che per Giugiaro era la miglior portiera anteriore che si potesse progettare per un'automobile. E lui la metteva ovunque: Uno, Thema, Croma, Pony... lì la fantasia cede il passo alla razionalità. I fanali posteriori: di diverse dimensioni, ma se presi assieme, quelli di Uno, Croma prima serie e Pony (e forse anche qualche altra che ora mi sfugge) hanno tutti la stessa grafica. Parte rossa sotto, parte arancio sopra, con il quadratino della retro al suo interno. Perchè secondo lui era il fanale impostato in maniera corretta. In questo non c'è fantasia, va detto. Non abbiamo visto la sua "Due" perchè è nata la Tipo, ma anche lei avrebbe avuto quel fanale lì. Ora... prima di andare completamente fuori strada, visto che ho chiuso con la Tipo, ne approfitto per inserire un "inedito" dell'Unone. Nulla di mai visto, ma così, tanto per... Ottobre 1985
  13. Ma sulla pagina FB del Museo? Qui ancora non si vede nulla
  14. Ah non ne dubito... mai avuto in archivio una foto di 780 in prova. C'è anche da dire che Volvo è sempre stata abbastanza in gamba nel proteggere i suoi segreti... non è mai stato facile beccarle. Ricordo quando i fotografi (anzi... probabilmente il solito, il Re dei paparazzi) riuscirono a beccare la 460 che si spostava da un edificio all'altro... festa grande da una parte perchè nessuno fino a quel momento era riuscito a stanarla e fuoco e fiamme in Volvo perchè com'era possibile, cos'era successo, chi era stato, qualche testa sarebbe caduta. La 460 eh? La versione tre volumi di un'auto che era già in commercio. Non una nuova generazione della Golf. Eppure ci tenevano un sacco ai loro segreti. Un po' come Piech, dopo aver visto una rivista tedesca con le foto (scattate su strada eh, non rubate in area privata) del primo accrocchio di quella che sarebbe stata l'Audi 100 del 1982. "Hans G. Lehmann sta rischiando la vita."
  15. Mah secondo me fantasia e capacità di creare qualcosa che piaccia molto e che rimanga nella storia (per design e per meriti del veicolo in sè... la Panda non è passata alla storia solo per la sua estetica, direi...) vanno separate. Ritengo che la fantasia Giugiaro l'abbia espressa maggiormente nei primi anni della sua carriera. Le sue concept come la Bizzarrini Manta, le Alfa Iguana e Caimano, la Testudo, la Boomerang Maserati, e poi soluzioni oggi banalissime ma ai tempi mai viste prima e che a lui vanno accreditate, come la calandra che inglobava i fari sulla 2600 Sprint, il cofano spiovente sulla Golf, i portelloni che svoltavano sui fianchi... son tutte cose che vengono dalla sua capacità di innovare, immaginando cose nuove. Poi ci son da mettere dei puntini... la Delta ad esempio è un esempio della sua capacità di giocare con le forme geometriche e le proporzioni, ma bisogna anche dire che quando si indica come uno dei suoi tratti caratteristici il disegno del piano di coda, coi fari verticali, si scorda che lui mica la voleva fare così. Lui la voleva con la battuta del portellone alta e dei fari che la rendevano molto simile alla Scirocco che aveva già messo in strada... stava già riciclando soluzioni a lui care, come possono essere i disegni delle portiere di Croma e Thema che si ripetono sulla Pony degli anni '80 e sulla Eagle Premiere (o Premier? boh). Lì era già una fase dove, secondo me, la razionalità del progettista di veicoli belli perchè funzionali aveva avuto il sopravvento sulla pura fantasia. La Thema era ed è un'auto molto bella, elegante, se vogliamo senza tempo come il 190 Mercedes.... ma non vi è nulla di fantasioso. E' tutto estremamente corretto, proporzionato e bello per la maggior parte delle persone, e quindi tanto di cappello. Fumia ha messo la fantasia nella 164. La Thema è un'altra cosa. Uno e Panda sono state altre due auto nelle quali lui ha esplorato molto, e anche questa è creatività.. però espressa attraverso la razionalità. La Megagamma, il Taxi per New York, e tante altre possono essere simbolo della sua fantasia... ma si rifanno tutte ad un certo periodo della sua carriera. Non dico che dopo abbia fatto zero, vetture come 159 e Brera son lì a dimostrare, con il loro frontale, che non era privo di idee.. però secondo me tra la prima e la seconda parte della sua carriera di designer c'è una certa differenza.
  16. A me la 780 piaceva molto perchè aveva perso quel lunotto americano tipico della 760, che per il resto nel suo essere scorbutica mi garbava ma quel vetro dritto non lo sopportavo. Quando uscì la 780 iniziai a sperare che rifacessero la 4 porte con quella linea
  17. Ha vissuto i suoi anni migliori quando lo stile delle auto era fatto di linee precise, nette, spigolose o semi-spigolose: un maestro delle proporzioni quando la geometria la faceva da padrone, un designer con tante belle idee. Finita quell'epoca, s'è persa la sua scintilla. secondo me. Aggiungerei però, parere molto personale, che mentre viene osannato troppo se si pensa a cosa ha partorito in epoche successive, ci sono altri che vengono osannati per cose che in realtà son sue, e non mi riferisco alla solita Alfa di cui s'è ampiamente discusso... Cose lasciate indietro nell'abbandonare chi l'aveva "messo al mondo" e che son perle della carriera di qualcun altro... (e mi fermo qui perchè su certe storie ognuno ha il suo parere e si finisce sempre a discutere)
  18. Fecero un buon lavoro con l'anteriore, riuscendo a portarlo quasi del tutto in produzione... ma dietro riuscirono a rovinare completamente la bella idea che avevano avuto.
  19. Io ho soltanto questa (non saprei nemmeno dire se sia immagine reale di una maquette o un render) con i cerchi marchiati Lancia, che però non ci mostra frontale e coda (della quale si capisce solo che avrebbe avuto dei fari verticali). Riguardo la Large costruita, collaudata e poi cassata v'è da dire che si trattava dell'evoluzione by CS Fiat di una proposta Pininfarina. La Large scartata nasce da loro. Pininfarina in principio (maggio 2004) propone questa: Giugiaro invece questa: Il CS Fiat sta pensando a questa: Nell'agosto dello stesso anno, dal CS Fiat spunta un'altra coda: A novembre da Pininfarina arriva una rivisitazione della proposta di maggio: dalla quale in Fiat si arriva alla maquette del post di ieri.
  20. No no, l'hanno costruita e ci hanno girato un po'. Mio padre addirittura stampi e prima campionatura della cappelliera in parte rigida e in parte avvolgibile di questo macchinone, che anche da loro si chiamava "Large". Componente che non fu "riciclato" sulla Croma definitiva, ovviamente, perchè gli arredi del bagagliaio erano completamente diversi... e dove lavorava papà era pensiero comune che quando si arriva a fare i prototipali di una cappelliera, vuol dire che ad un'auto ci hai pensato per un bel po'. Dopo 126, 128, 124 coupè, Uno, Tipo, Punto prima serie, un'altra Fiat con una "prima ipotesi" pensata, costruita e gettata.
  21. Qui invece si va indietro di qualche anno, con alcuni studi per la Scorpio originale.
  22. Come siete moderni qui mi tocca contaminare il tutto con qualcosa di antiquato. Questo viene dagli studi per la 900 che verrà poi realizzata su base Vectra.
  23. Il fatto è che nella maggior parte dei casi ormai le "design stories" che vengono elargite dalle Case alla solita rivista (ormai anche lei fantasma di quel che fu) non sono altro che questo. Tanti bei bozzetti ipermegalusso che non mostrano altro che l'auto che già conosci. Condito dal bla-bla copia-incolla sul fatto che abbiano cercato: - la tradizione - la modernità - l'aggressività - il carattere - l'eleganza - la personalità. (poi tu su strada a 20 metri di distanza non sai se hai davanti una Tipo o una Focus, oppure un'Astra o un Golfotto) I tempi in cui per la novità del mese c'erano da mostrare (e far topic ) cinque o sei "mai nate" son finiti. Intanto, già che siam qui...
×
×
  • Crea Nuovo...

 

Stiamo sperimentando dei banner pubblicitari a minima invasività: fai una prova e poi facci sapere come va!

Per accedere al forum, disabilita l'AdBlock per questo sito e poi clicca su accetta: ci sarai di grande aiuto! Grazie!

Se non sai come si fa, puoi pensarci più avanti, cliccando su "ci penso" per continuare temporaneamente a navigare. Periodicamente ricomparità questo avviso come promemoria.