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Fatbastard78

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  1. I bev vanno velocemente verso il 25% fin tanto che ci saranno incentivi importanti per l'acquisto e zero accise sull'energia elettrica per autotrazione. Ma mica può durare.
  2. Il diesel è sceso del 25% per i blocchi, veri o presunti. Ovvio che chi acquista due considerazioni se le faccia. Ma il bev di massa secondo me è ingestibile pure nell'ile de France o in Baviera, mica solo a Catanzaro. Almeno con la tecnologia attuale.
  3. Tutto giusto tranne che per una cosa: non si tratta di errori di avvocati o di medici, gravi ma che purtroppo sono sempre possibili, ma di truffa. Truffe che poi peraltro danneggiano il mercato dell'usato. Quindi all'inizio ci poteva stare, il rivenditore incazzato da certi comportamenti che gli rovinavano anche il suo mercato. Poi è diventato business.
  4. Il Berlingo fa quasi 15k all'anno in Italia con anche il commerciale. E se fai il commerciale, fai pure il passeggeri. Lo fai sul Ducato, non lo fai sul Doblò? Anche li, se andiamo a vedere quanti Ducato passeggeri vs Ducato furgone...
  5. No. Serve a parecchi, visto il numero di Berlingo che stanno venendo, cosa che ha logica visto la scomparsa dei monovolumi, che non possono essere sostituiti dai SUV. Io stesso a breve credo che prenderò un nuovo Kangoo.
  6. Ma secondo te in alfa avranno già smontato i bidet dai bagni aziendali? Ok, mi banno da solo.
  7. Imparato ha lavorato una vita in Italia, ovvio che parli italiano...
  8. Quello che avevo letto al tempo, vado a memoria e potrei pure sbagliarmi. Si, Autocrocetta vendette questa macchina che parrebbe essere stata più storta di una banana, a causa di un grave incidente. Sulle varie trasmissioni tipo striscia (che aveva fatto un servizio) e i vari gruppi fb concordo con te.
  9. Infatti il problema è generale, ho postato un articolo del fatto Quotidiano ma l'andazzo è questo per tutte le testate, o quasi. Ma credo che scrivano semplicemente quello che l'italiano vuole leggere.
  10. Oddio, se ricordo bene avevano venduto una BMW serie 3 bella costosa come usato premium selection, quando in realtà aveva avuto in incidente grave che aveva danneggiato il telaio. Probabilmente non hanno rimosso i post "diffamatori", epperò se la sono pure cercata. secondo me.
  11. Devo confessare che, per tanto che mi sforzi, nell’affare Stellantis fatico a comprendere il punto di vista degli azionisti di Exor e dei suoi maggiori proprietari, la famiglia Agnelli. Nonostante questa prospettiva sia la migliore per cogliere il senso e la razionalità, se vogliamo persino la giustezza, della fusione italo-francese, non ci riesco, e forse non sono l’unico. Certo, ora, con la benedizione della Ue, Fca è finalmente in un grande gruppo, maggiormente competitivo; gli azionisti di Exor si sono portati a casa 5,5 miliardi, gli Agnelli hanno rafforzato forse fino all’80% la loro quota di controllo di Exor; e poi Carlo Tavares, il nuovo Ad è un “genio” (IlSole24Ore). Eppure, il passato della storia di Fiat-Fca continua a pesare come un macigno e ci impedisce un giudizio svincolato dal fastidio, oltre che dal dolore, per le scelte manageriali della più grande azienda privata italiana, del nostro campione dell’industria automobilistica, divenuto monopolista, da tempo ai margini sia tecnologicamente che produttivamente. Fuori discussione è in ogni caso il fatto che tra i due partner, quello italoamericano e quello franco-nippo-cinese, chi compra sono loro, chi vende siamo noi, per una differenza di valore di circa 7 miliardi, secondo stime a suo tempo fatte da Mediobanca. Giusto per gli appassionati del genere, che ancora credono che qui stiano i fatti pesanti della vicenda, ricorderò che con Stellantis nasce il quarto gruppo automobilistico mondiale, dopo Vw, Toyota e Renault-Nissan, con 44 miliardi di capitalizzazione, 8,1 milioni di auto vendute, oltre 180 miliardi di fatturato, 400mila dipendenti e sinergie per 5 miliardi di euro. Exor sarà pertanto il primo azionista del nuovo gruppo, con il 14,4%, seguito dalla famiglia Peugeot (7,2%), lo Stato francese (6,2%) e i cinesi di Dongfeng (5,6%). Infine notiamo che il bel nome dei de Saint-Exupéry, in maniera inedita, andrà a rappresentare i lavoratori nel board. Insomma, un “capolavoro”, come ha scritto il giornale confindustriale. Onestamente e senza offese per nessuno, alla fine l’operazione di fusione a me pare un altro abusato e diffuso caso di Take the money and run, magari nella versione della Steve Miller Band, più che nel film di Woody Allen. Un bel giochino, ma che non sposta di uno iota la situazione dell’economia italiana, visto che verosimilmente peggiorerà l’occupazione negli stabilimenti italiani, stoppando ulteriormente lo sviluppo tecnologico nel settore automobilistico e sigillando per sempre in una bella bara il ruolo italiano nel mercato mondiale, omnia saecula saeculorum tra i paesi importatori (a meno che la Ferrari non si metta a costruire utilitarie). Di sicuro il futuro dell’auto, con le grandi innovazioni tecnologiche ora in corso, non passerà per l’Italia, e gli Agnelli, se decideranno di restare a lungo tra gli azionisti del nuovo gruppo, potranno finalmente sperimentare cosa vuol dire aver a che fare con uno Stato (azionista) che si interessa più e con maggiore competenza del futuro industriale del paese. Molto di più di quanto invece non hanno potuto verificare negli ultimi 50 anni di rapporti con la politica italiana, segnati da un servilismo politico impressionante e da una totale disattenzione verso gli interessi generali del paese. Sinceramente siamo tutti contenti che in questo modo la famiglia Agnelli abbia passato un 2020 felice e abbia rimpinguato i propri patrimoni personali, anche grazie agli ennesimi aiuti di Stato che Intesa non ha mancato di anticipare generosamente (ma “sostengono l’occupazione”…). Non bisogna personalizzare la vicenda e non amo guardare con invidia nelle tasche altrui. Però posso dire che dispiace e molto, per il passato, per le scelte manageriali fatte a suo tempo sotto la responsabilità di quella stessa famiglia che oggi si arricchisce ulteriormente? Mi dispiace in particolare per la Lancia, per l’Alfa Romeo, per la Maserati, per questi marchi italiani storici e prestigiosi ridotti a ombre marginali e forse destinati a scomparire per sempre, per la cultura d’impresa di altissimo valore che essi esprimevano, con le loro maestranze e i loro prodotti. https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/07/stellantis-fca-e-finalmente-in-un-grande-gruppo-ma-provo-un-certo-fastidio/6057688/?utm_content=fattoquotidiano&utm_medium=social&utm_campaign=Echobox2021&utm_source=Facebook#Echobox=1610798134 Semmai ci fossero ancora dei dubbi sul fatto che, perlomeno dal punto di vista contabile, il gruppo Stellantis sia originato dall’acquisizione di FCA da parte di PSA, a chiarire i rapporti di forza all’interno del nuovo soggetto industriale pensa l’organigramma dei manager chiamati a dirigerlo. L’antifona, a dire il vero, si era già intuita dando un’occhiata alla composizione del nuovo consiglio d’amministrazione, con PSA che ha espresso 6 membri, compreso l’amministratore delegato Tavares, e FCA che ne ha espressi 5 (rimarranno in carica quattro anni, cinque nel caso di Tavares). Ieri, a ulteriore riprova del differente peso specifico delle forze in campo, è stato nominato il pool dirigenziale di Stellantis, prevalentemente francese. Appare evidente che la maggior parte degli alti dirigenti di Stellantis sia stata scelta fra le fila di PSA: sono pochi i nomi provenienti dalla fu FCA e ancor meno quelli italiani. Tutto secondo copione. Non è un problema di scarsa capacità italica – come dimostra l’elezione di Luca de Meo alla guida di un’altra realtà transalpina, quella di gruppo Renault – quanto di precisa definizione di quale dei due “coniugi” prenderà le decisioni. Certo è che, qualora fosse necessaria qualche razionalizzazione, fra i posti di lavoro francesi, tedeschi e italiani (ed i pochi presenti oltremanica a fare le Vauxhall, le Opel britanniche), questi ultimi sarebbero quelli più facilmente sacrificabili. Il perché è presto spiegato: tra gli azionisti di peso di Stellantis c’è lo Stato francese, che ha una partecipazione del 6,2%; mentre prima di cederla a PSA, la Merkel e i sindacati tedeschi hanno richiesto e ottenuto specifiche garanzie sulle attività di Opel in Germania (non è casuale che alla guida di un brand teutonico ci sia un tedesco, Michael Lohscheller). https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/20/stellantis-il-top-management-parla-molto-francese-ma-poco-italiano-lorganigramma/6072422/
  12. Mio nonno buonanima aveva un beta laser. Che ricordi, quando portava in giro me e mio fratello. Lacrimuccia...
  13. Per quanto non ti piaccia, il Renault Kangoo sta a 22/23k euro ed è appena uscito di produzione, in rete ce ne sono ancora e scontano parecchio: se arrivi a 15k te lo porti a casa nuovo.
  14. Insomma. Immagino che i benzina ancora un po' di anni sopravviveranno. Magari ibridi. E parliamo di 800k motori all'anno. Se valutano che sia meglio mettere i firefly, non mi parrebbero soldi buttati, tanto più che non penso si parli di un fiume di soldi. In più secondo me ha più senso un 1.0 a 3 cilindri fino al seg c, 1.3 a 4 per le versioni più performanti e sopra il c (tra parentesi il 1.2 puretech sulla 508 o sul 5008 non è che sia il meglio...).
  15. È così incasinato inserire il firefly nella piattaforma PSA? Chiedo perché non lo so.
  16. Sembra il logo degli AC/DC (che poi sempre di elettricità si parla)
  17. nasce Stellantis? «Abbiamo attraversato momenti difficili. Li ha attraversati Psa, li ha attraversati Fca. Non è stato facile ma ambedue li abbiamo superati raggiungendo un notevole livello di crescita. Penso a come Fca è riuscita a superare le sue difficoltà guidata in modo eccellente da Sergio Marchionne e John Elkann. La maturità del gruppo, la sua capacità di crescere anche nelle difficoltà è il cuore, la principale carta che dobbiamo giocare. Stellantis nasce per sfruttare questa opportunità». Come pensate di farlo? «L’obbiettivo principale di un costruttore oggi è quello di creare un sistema di mobilità sicuro, non inquinante e alla portata di tutti. In una parola questo significa garantire la libertà di movimento proteggendo il Pianeta. Un compito arduo che, per essere realizzato, richiede notevoli investimenti. La nascita di Stellantis consente di realizzare risparmi di costi importanti, quelli decisivi per raggiungere lo scopo. Garantendo in questo modo la nostra competitività saremo in grado di finanziare il nostro piano di elettrificazione della gamma». I veicoli elettrificati hanno ancora oggi prezzi alti rispetto al resto del listino. Come pensate di superare questa difficoltà? «Siamo ben consapevoli del problema. Sappiamo anche che in conseguenza della pandemia ci sarà una caduta del potere d’acquisto. Per questa ragione i risparmi nei costi fissi saranno ancora più importanti. Faremo economie di scala per poter proporre al pubblico prodotti ecologicamente compatibili a basso costo». Privilegerete i volumi o i margini? Le quote di mercato o il guadagno per ogni singola auto venduta? «Il nostro unico obiettivo sarà quello di rispondere nel modo migliore alle esigenze del mercato. E quel che vuole il mercato non lo decidono i costruttori: lo scelgono i clienti e lo regolano i politici. Probabilmente in un futuro prossimo ciò che il mercato vorrà sarà molto diverso da quel che vuole oggi. La nostra idea di mobilità è destinata a cambiare presto, quella dei nostri figli già adesso è differente. E ci saranno diversi modi di interpretare questo cambiamento a seconda che si viva in una grande città o nelle località di provincia. Noi dovremo proporre soluzioni per tutti questi diversi modi di vivere. La trasformazione della mobilità dovrà tenerne conto. Grazie alla sua grande dimensione Stellantis potrà farlo. In conseguenza della fusione avremo una capacità di investimento che prima i due gruppi non avevano». Lei dovrà fare un esercizio di geopolitica. Dovrà governare aree diverse con regole ed esigenze diverse. In Nordamerica realizzate una parte importante dell’utile e le chiederanno una particolare attenzione. In Europa ci sono da superare le storiche contrapposizioni tra stati. Gli italiani che temono un predominio degli interessi francesi, i tedeschi che chiedono rispetto degli impegni presi sul territorio. Quale sarà il destino degli stabilimenti italiani? «Rispetteremo gli impegni assunti a suo tempo nei singoli paesi. L’obiettivo in Italia come altrove è quello di raggiungere la piena attività dei nostri insediamenti. Ci vorrà tempo ma possiamo farlo perché siamo in grado di agire su una pluralità di possibilità di scelta. Insomma abbiamo una tastiera più larga per proteggere i nostri dipendenti. Io sono un pragmatico. Quel che abbiamo realizzato di positivo provvederemo a replicarlo. Ciò che conta è il modo in cui lavoriamo per trovare le migliori soluzioni per creare più ricchezza e più forza». Ma non teme le gelosie tra aree geografiche? Le contrapposizioni? «Le dirò che guardo tutto con grande rispetto ma con una certezza: io ho un solo passaporto, quello di Stellantis. La mia esperienza mi ha portato ad operare in diversi Paesi al punto che non mi considero né americano, né europeo. Sono un cittadino del mondo. Se vogliamo creare valore dobbiamo metterci alle spalle queste paure. La paura porta all’immobilismo. Noi abbiamo invece bisogno di un ambiente poco ansiogeno per permettere all’azienda di crescere. Un cambio importante come la nascita di un nuovo gruppo non deve essere per forza sinonimo di distruzione». E’ innegabile che la nascita del nuovo gruppo sposta il baricentro in Europa. Sarà un problema? «È quarant’anni che lavoro in questa industria, ho imparato a trattare le diverse sensibilità presenti nei Paesi di tutto il mondo. Ciascuno cerca di proteggere e valorizzare i suoi insediamenti. Lo farà ltalia, come la Francia, come l’America. Finora abbiamo avuto molti riscontri positivi. Abbiamo avuto il sì del governo Usa e gli stessi sindacati hanno approvato l’operazione. Poi, certo, c’è sempre in questi casi chi agita il drappo rosso ma sostanzialmente sono arrivate approvazioni. In questi casi il rischio più grande è non muoversi, stare fermi. L’Europa avrà un ruolo importante solo se saremo performanti in Europa. Io vedo un futuro positivo. E suggerirei di smetterla di ragionare con la logica che divide in Stellantis i vincitori dagli sconfitti». Quale sarà la sua strategia per conquistare il mercato cinese, vero tallone d’Achille del nuovo gruppo? «Le cifre ci dicono che in Cina non siamo performanti. Questo è uno dei principali problemi da risolvere. Creeremo una squadra di manager che studi quel mercato e che ci sottoponga possibili soluzioni. Dobbiamo lavorarci sodo». Stellantis ha quindici marchi. Quanti sopravviveranno? «Io sono un appassionato di auto. Per me ogni marchio è una storia, ha il fascino di un lungo percorso alle spalle. Mi piacciono tutti i marchi come se li conoscessi da cent’anni. Poi dobbiamo decidere, nel piano industriale che faremo, quel che rende e quel che non è redditizio. Amo tutti i marchi ma dobbiamo essere capaci a proiettarli nel futuro. E sarà compito di ciascun marchio dimostrare di essere in grado di riuscirci. Uno degli obiettivi sarà infatti quello di aumentare la nostra capacità di produrre utili. Stellantis rappresenterà una grande opportunità per i marchi italiani». Dove sarà il quartier generale del nuovo gruppo? «Questo è un tema che ricorre spesso. Stellantis è una multinazionale, ha radici in luoghi e mercati diversi. Questo non deve sorprenderci, anzi può diventare un’opportunità. La recente, drammatica, esperienza della pandemia ce lo ha insegnato. Di fronte all’emergenza i laboratori e gli scienziati di tutto il mondo hanno fatto a gara per trovare una soluzione, mettere a punto un vaccino. E ci sono riusciti in tempi molto stretti per questo genere di ricerche. Da diverse settimane è iniziata la campagna di vaccinazione in tutto il mondo. Chi va a farsi vaccinare si chiede forse dov’è il quartier generale della società che produce le fiale? Ecco, credo che dovremo affrontare questi problemi con un atteggiamento meno ansiogeno. Le imprese servono le comunità in cui operano». Si dice che l’auto sia un prodotto superato. Che il suo costo in termini ambientali sia troppo elevato. Lei come risponde a queste tesi? «Oggi il mondo è diviso in due gruppi. Coloro che chiamerei progressisti, che credono nella possibilità di una crescita responsabile e credono che la tecnologia possa garantirla trovando le soluzioni giuste. Poi ci sono coloro che hanno una vocazione, diciamo così penitenziale. Noi facciamo parte del primo gruppo, di coloro che credono che la tecnologia possa proteggere il pianeta. Abbiamo fiducia nella scienza. I nostri manager ci dicono: dateci lo spazio necessario per trovare nuove soluzioni. Per questo credo che potremo creare un ambiente che permetterà ai nostri figli di respirare. Non sarà facile, sarà come salire sulla cima di una montagna. Ma quando avremo trovato le soluzioni giuste scendere dall’altro lato sarà più semplice». In questi giorni l’Italia sta attraversando l’ennesima fase di instabilità politica. Quali conseguenze potrebbe avere questo sulle scelte del gruppo? «Sono un democratico e rispetto le regole della democrazia. Per questo non voglio entrare nel merito delle scelte che i cittadini dei diversi Stati compiono nelle urne. Conosco la storia dei Paesi del nostro gruppo a partire da quello da cui provengo. Ci adatteremo alle scelte di ciascun sistema democratico». I costruttori di auto sono stati spesso identificati con i loro amministratori delegati. Sarà così anche in Stellantis? «Stellantis per me è una grande opportunità. Ma io sarò al servizio del gruppo, non sarò un “one man show”, un uomo solo al comando. Ho atteso in questi mesi con impazienza di poter cominciare questa impresa. Ora siamo partiti, ora possiamo finalmente lavorare tutti insieme grazie a Stellantis». https://www.lastampa.it/topnews/primo-piano/2021/01/19/news/intervista-a-tavares-i-miei-piani-per-stellantis-1.39793921?ref=fbpp
  18. Se utilizzano Giorgio per l'alto di gamma Ds e Lancia, per la nuova y possono rimarchiare pure una dr.
  19. Questo è palese. Però ha sempre un legame stretto con l'Italia e Torino, fatto salvo situazioni clamorose non sbaraccheranno.
  20. Il progetto è chiaro: vendere vendere vendere, venghino siore e siori
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