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PaoloGTC

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  1. Ricollegandomi alle foto del muletto Alfa 6 postato più sopra e all'accenno sulla sua genesi che ho fatto l'altro giorno, riporto il testo dell'articolo che fu pubblicato da Gente Motori e che riguardava appunto la sua tormentata nascita. Non ci sono foto, perchè non vi sono muletti. Vi sono delle varianti di design, che semmai si potrebbero postare in "Mai nate" ma prima di postarle ho bisogno di chiarire una cosa in pvt. Pertanto, ora eccovi il testo. Da Gente Motori. (citandolo ricordo che ci potrebbero essere delle inesattezze riguardo la storia "reale"... non che voglia dubitare del lavoro di GM di allora.. però sapete bene tutti che i giornali non sempre sanno tutto neppure loro) -- La nuova Alfa Romeo a 6 cilindri riportava l'industria automobilistica italiana in un settore dominato da anni dai costruttori esteri. Fu quindi un atto di coraggio, il segno tangibile delle capacità tecnologiche italiane. E, questo, andava detto. Ora mi interessa soprattutto richiamare l'attenzione sul retroscena umano. La presentazione dell'Alfa 6 infatti, segnò per i tecnici e le maestranze che l'avevano concepita, messa a punto e realizzata, la fine di una fase di lavoro molto importante durata complessivamente cinque anni. Impegno tecnico a parte, non si può certo dire che quel periodo di tempo fu facile per gli uomini Alfa. Oltre al diffuso clima di incertezza sociale, le pesanti difficoltà economiche della Casa e lo smarrimento provocato da rapidi mutamenti ai vertici aziendali non avevano certo avuto un peso positivo. Ciononostante i ritardi non riuscirono a bloccare la nascita di questo modello, e credo che questo sia stato possibile grazie all'impegno di tutti. Ai tempi, infatti, si sapeva che l'Alfa Romeo impiegava, in situazioni di normalità, circa quattro anni per “generare” un nuovo modello, e si deve pure tenere presente che nello stesso periodo era stata progettata e messa a punto una vettura come la Giulietta, di importanza vitale per la Casa di Arese. Sulla nascita dell'Alfa 6 tante cose sono state scritte, e non tutte confortate da fatti reali. Per questo, abbiamo deciso di riprendere più ampiamente la storia della “119-Alfa6”. Questa storia ci riporta indietro di 11 anni rispetto alla data di presentazione. Allora gli stilisti dell'Alfa stavano elaborando le prime proposte estetiche del progetto “118”, una vettura tipo berlina con motore a 4 cilindri di 2200 cc., che avrebbe dovuto riconfermare la presenza Alfa Romeo nel settore “2 litri” situandosi al di sopra della 1750 berlina. Il gruppo “Stile”, in base alle caratteristiche di massima descritte nel “Capitolato 118”, aveva disegnato una berlina di generose dimensioni esterne, tradizionalmente impostata secondo la linea a tre volumi. I figurini non convinsero e il partito degli oppositori al “progetto 118" divenne ben presto maggioranza. Inoltre, i tecnici progettisti del motore, denominati anche scherzosamente “i puri”, avevano sempre osteggiato l'idea di un motore a 4 cilindri, con cilindrata unitaria superiore ai 500 centimetri cubi. A loro presto si unirono i “commerciali” che, visto il successo della 1750 berlina, cominciavano a considerare di buon occhio una versione di “2 litri” sullo stesso corpo vettura. Gli “amministrativi” controfirmarono questa ipotesi che permetteva loro di non impegnare grossi capitali nella progettazione di una nuova carrozzeria. Fu la fine, prematura, della berlina denominata “118”. I contrasti tra “favorevoli” e “contrari” non erano però terminati. Anche per raggiungere una sorta di compromesso, fu deciso di iniziare la progettazione di un propulsore a 6 cilindri di 2200 cc., da utilizzare sulla scocca “tipo 118” modificata e aggiornata nei particolari. I tecnici si misero subito al lavoro. Alla fine del 1970, ecco il “6 cilindri” sulla scocca modificata della vecchia “118”. Che fosse vecchia se ne accorsero tutti. Gli stilisti dovettero elaborare una nuova linea più adatta, esteticamente, a sostenere il ruolo dell' ”ammiraglia a sei cilindri”. Preparata tra il '71 e il '72, questa vettura, che riprendendo le prime tre cifre della sigla del motore (119.00) veniva denominata “119”, non risultò in linea con i tempi. Già si ventilavano possibili limitazioni fiscali alle vetture con cilindrata superiore ai 2000 cc. Qualche mese più tardi, i “commerciali”, lanciatissimi sull'onda dell'enorme successo registrato dall'Alfetta 1800 e dell'ottimo andamento commerciale della 2000 berlina, si sentirono tanto sicuri da chiedere che tutte le forze fossero impegnate nella produzione della gamma esistente, in modo da poter far fronte alle pressanti richieste del mercato. Il primo “progetto 119” di cui ancora oggi (ai tempi ndGTC.. ora non saprei) si conserva al Museo Alfa il modello in gesso e legno (lo styling ricordava molto le linee della 2600 Sprint disegnata da Bertone), si concluse con un nulla di fatto. Solo nel 1973, i “commerciali”, con un notevole atto di coraggio, dati i tempi, cominciarono una vasta ricerca di mercato. L'obbiettivo fu quello di determinare quale fosse nei quattro principali mercati europei, il cliente “fino a 6 cilindri”. Si cercava insomma di chiarire se fosse il caso di sviluppare un nuovo progetto per offrire un'alternativa Alfa Romeo alla fascia di utenti delle “oltre due litri”. Dai risultati di queste indagini nacque il progetto “Alfa 6”, che dagli addetti ai lavori venne chiamato ancora “119” perchè non erano cambiate le prime tre cifre della sigla del motore (119.13). Gli stilisti elaborarono i primi schizzi nella primavera del 1974:è questa la vera data d'inizio del progetto. Non vi furono, all'inizio, particolari problemi. Tradizionale, classica, sobria: erano le tre qualifiche che ispirarono la linea “119”. La forma a tre volumi, coi cofani ben delineati dal corpo centrale vettura, era chiaramente l'unica che potesse sostenere l'immagine tradizionale e classica. Ma la sobrietà era qualcosa di difficile da esprimere, e c'era il rischio di cadere in un prodotto poco originale o anonimo. Il tema dato agli stilisti intanto si arricchiva di nuovi valori. Ai 2,6 metri del passo e 1,4 metri circa di carreggiata, si aggiungevano le specifiche sull'ingombro dei gruppi meccanici: in particolare, il propulsore doveva essere previsto con cambio disposto anteriormente in asse con il motore, sia nella versione meccanica che in quella automatica. In un primo momento, infatti, l'esperienza costruttiva iniziata con l'Alfetta aveva portato i tecnici ad insistere sullo stesso schema “transaxle” con motore anteriore e gruppo cambio-frizione-differenziale posteriore. Accadde però che il pesante condizionamento che il gruppo cambio dava all'abitabilità posteriore, le capacità di erogazione del motore (che nella versione di 2500 cc disponeva di almeno 60 cavalli/litro) che rendevano inadatti i cambi già disponibili, e la mancanza di particolari necessità di aumentare il peso gravante sull'asse di trazione, convinsero i tecnici a rinunciare allo schema “transaxle”. Seguendo la tradizione Alfa Romeo, fu operata la scelta della larghezza e quindi della sezione frontale. Nei limiti del possibile, con l'esigenza di abitabilità, la larghezza della vettura venne contenuta in 1,7 metri per non gravare sulla sezione frontale, che è la prima responsabile del risultato aerodinamico. In questo modo, si dava preferenza allo sviluppo longitudinale dell'abitacolo e della vettura ottenendo una buona agibilità posteriore e un coefficiente Cx più basso (in quanto tende a diminuire con l'aumentare della lunghezza del mezzo). Settembre 1974: in una delle consuete riunioni aziendali, vennero selezionati alcuni schizzi di stile che più di altri sembravano interpretare l'immagine ideale della nuova vettura. Di norma, gli schizzi prescelti vengono lasciati “a riposo” per alcuni mesi e poi riesaminati per constatare se la loro validità non fosse dovuta solamente ad una prima impressione, alla stregua di ciò che accade quando si tende a sopravvalutare le qualità di un motivo musicale molto orecchiabile. Mentre i primi componenti meccanici, fabbricati con mezzi artigianali dai reparti “esperienze” venivano messi alla prova nelle officine e nei laboratori, il reparto stile sviluppava diversi temi estetici. Si cercava soprattutto di definire le linee di raccordo del padiglione e delle fiancate il cui disegno doveva rispondere a quel famoso concetto di sobrietà. La soluzione più idonea venne trovata moderando l'angolo di inclinazione del parabrezza, che non doveva diventare sfuggente elevandosi fino ad un altezza massima da terra di circa 1,4 metri. Si modellò quindi il padiglione con un'ampia superficie, leggermente convessa, smussata sui bordi, che discendeva percettibilmente sino all'asse posteriore, a cavallo del quale era seccamente tagliato dal montante. In questo modo la superficie vetrata veniva a snellirsi procedendo verso il posteriore, e tutto il corpo vettura assumeva un moderato slancio. La linea della fiancata, in armonia con il padiglione, doveva discendere lievemente a partire dall'attacco del parabrezza fino a chiudersi nella mascherina anteriore; si manteneva poi sensibilmente orizzontale nella linea di cintura, interrompendosi alla base del montante posteriore, a un livello di circa 6 cm più basso rispetto alla congiungente lunotto-cofano bagagli. Questa soluzione, molto usata in tutta la produzione Alfa Romeo, consentiva di avere migliori capacità del bagagliaio e in particolare per la “119” permetteva di chiudere il cofano posteriore con una linea discendente dall'attacco del lunotto, all'ideale proseguimento della linea di cintura. La fiancata, dapprima solo bombata e liscia, veniva sottolineata da un diedro più marcato. L'unione delle due diverse superfici superiore e inferiore, dava così maggiore risalto al motivo discendente dei cofani e contribuiva, snellendoli, a rendere più equilibrata la disposizione dei volumi. In omaggio alla sobrietà della linea, era questo l'unico motivo stilistico presente. I primi mesi del 1976 furono decisivi per la “119”. Da ormai un anno, “innocenti” 1750 berlina camuffate con grosse ruote a 5 bulloni e cofani bombati, percorrevano migliaia di chilometri, provando e riprovando tutto ciò che era possibile. Affiancate e successivamente sostituite da prototipi specifici più vicini alla soluzione definitiva, queste strane vetture furono viste (e spesso fotografate) su pista e nelle zone più impensabili, dal massiccio africano dell'Atlante al Circolo Polare Artico. Anche gli stilisti, ormai rotti gli indugi, avevano realizzato il primo modello in gesso e legno della “119” e l'avevano rapidamente trasformato in un prototipo in lamiera chiamato, chissà perché, “Alfa Romeo 33-B6”. Fu a questo punto che ulteriori informazioni vennero dagli esperti di mercato: “tradizione” significava anche che la “119” doveva avere un'aria di casa, facilmente riconoscibile, e ispirare non aggressività, ma imponenza, forza, robustezza. Questa variazione non fu bene accolta dagli stilisti che stavano lavorando intensamente alla definizione dei particolari esterni. La personalizzazione Alfa Romeo non era difficile: uno scudetto sulla mascherina e una coda alta e tronca già “alfizzavano” l'estetica della vettura; inoltre le stesse mani e le stesse menti avevano lavorato pochi anni prima sull'Alfetta, e come marchio di fabbrica era sufficiente. Maggiori problemi dava il concetto di imponenza non aggressiva. Alla fine, prese forma un'idea-trucco che risolse la situazione. Venne infatti deciso di allungare la vettura prolungando lo sviluppo dei cofani anteriore e posteriore, terminandoli con un taglio non secco, bensì con un accentuato smusso. L'idea-trucco prevedeva di sostituire i raccordi morbidi con smussature piuttosto ampie ed evidenti a loro volta raccordate con raggi brevi sulle superfici di innesto. Ne derivava, specie nel frontale e nella coda, un aspetto più quadrangolare, massiccio e in definitiva imponente. Su questa impostazione si trovarono favorevoli tutti i tecnici che, estetica a parte, ne apprezzarono gli evidenti vantaggi funzionali. Miglioravano il Cx, da 0,421 a 0,419, e la portanza, che ottimizzavano le caratteristiche di sterzo e di assetto della vettura. La maggiore spaziosità dei vani motore e bagagli soddisfece i tecnici dell'assistenza, sempre preoccupati dell'accessibilità degli interventi; mentre gli “uomini della sicurezza”, agevolati dal maggior spazio e approfittando degli smussi per irrobustire le strutture lamierate, raggiunsero in prova valori da record: -4500 kg di forza per collassare l'avantreno -2800 kg per schiacciare il tetto (il 50 per cento in più di quanto richiedevano le norme). Non vi furono altre variazioni importanti. A tre anni dal primo abbozzo di stile e di progetto la vettura era definita. Iniziava la seconda fase, meno emotivante, ma più concreta, che riguardava il futuro lavoro di produzione. Al reparto “Stile” la ricerca dei piccoli particolari di finizione proseguì: fu concesso molto spazio agli smussi, che dominanavano nello styling dei rostri, dei paraurti e nel taglio dei fuochi posteriori. Un ultimo contrasto, quasi un ritorno di fiamma: ne fu coinvolta la forma dei fari. Quelli previsti, rettangolari, furono sostituiti da quattro fari gemellati allo iodio. Era ormai la fine del 1978. Pochi mesi dopo la nuova ammiraglia italiana, l'”Alfa 6”, era realtà. -- Fine
  2. Grazie commissario Giraldi! Ieri sera stavo pensando a questi film e mi è venuto in mente un dettaglio su cui voglio fare un po' luce osservando le pellicole... perchè ricordo di aver letto in uno di questi forum sui film cult che parlavano di Maurizio, che ci fu un caso in cui uno stuntman si fece veramente male.... non so in quale film e in che scena. Però questo mi ha fatto venire in mente un frame in particolare... ma devo rivedere il film in questione. Perchè non ricordo i dettagli. Ricordo solo questa scena (ovviamente senza trucchi di oggi, e nemmeno manichini mi pare di vedere) dove un'auto (e non ricordo nemmeno quale) si intraversa in frenata mentre dei banditi si erano fermati scendendo per spararle addosso... e l'auto intraversandosi lo colpisce con una violenza pazzesca col parafango posteriore, facendolo letteralmente volare via... la scena è senza stacchi e non ci sono evidenti difetti tipo "giunzione pellicola perchè abbiamo messo il manichino"... la prima volta che l'ho vista ho strabuzzato gli occhi... ora non ho qui i DVD e non posso dire di più... non mi ricordo proprio i dettagli... ma se qualcuno si ricorda... a me pareva uno stunt andato male... anche per essere uno stunt, mi sembrava un po' troppo violento, quel ragazzo vola via e cade a terra senza nessun controllo (di solito si nota che sanno come cadere...)
  3. Quoto perchè putenza era tanto che non lo sentivo.... mi hai strappato un gran sorriso. me lo sto ripetendo un po' di volte e rido da solo come un piiiirl... all'una di notte Grazie
  4. Condivido pienamente. Dai discorsi dei miei genitori, specie di mio padre... per certi aspetti materiali (vedi automobili, vedi Alfa) periodi da ricordare.. per la società... meno male che sono passati. Io ci ho fatto solo 3 anni, sono del 77, e quindi è come se non li avessi visti. I primi ricordi li ho del colorato mondo alla BimBumBam degli anni 80. KITT in modalità supervelocità... o SPM come da definizione tecnica. (super pursuit mode)... mi hai toccato un tasto dolente Fu l'inizio della fine. L'ultima stagione di Supercar, con quelle due modifiche, supervelocità e Kitt cabrio.. che fecero solo ridere. Una TransAm che nel posteriore aveva un kit di modifica di alettoni, inoltre accoglieva il tetto ripiegato in cabrio (non si capì mai dove finisse il vetrone posteriore in tutto ciò ) e nonostante questo in configurazione normale aveva il suo bel bagagliaio rivestito in "supervelluto tinta TAN" (come da brochure Pontiac GM). Quelli che fanno le CC oggi, non hanno capito niente la Fondazione Knight si che sapeva come si faceva :D
  5. Ricordo anche John Saxon (che rividi nella parte del padre della ragazza protagonista nel primo Nightmare ) che da qualche parte spuntava sempre fuori, di ruoli ne interpretò parecchi.. e se non erro in uno era alla guida di una Ferrari 412 blu.
  6. Ma la Roewe "75" come si incastra in tutto questo?
  7. Sicuramente anche la regia lo "condiva" nella maniera adeguata, con tutti quei primi piani quando la battuta era quella ad effetto... tipo... "Allora commissario Tanzi, il caso DeGan si può considerare chiuso?" "Per la legge si.... (zoommata paurosa sul volto)... ma non per me!" (probabilmente fuori in quel momento stava rotolando una balla di fieno ) Tutto questo può esaltare alcuni come noi o far ridere altre persone... ma è indubbio che sia una splendida rappresentanza di cinema di una certa epoca, magari squattrinato, magari senza storie scritte da chissà chi... ma che sprizzava realismo, e quanto ne sprizzava. E le Alfa in tutto questo cadevano alla perfezione, furono grandi attrici realiste pure loro.
  8. Ma non era la EB110 quella? Il 112 non era la 4 porte?
  9. MMM.... cassetti vuoti eh? Faccio che tapparmi la bocca, anzi, stacco la tastiera va'....
  10. Si, e quando si avventa sulla catasta di bidoni che blocca la superstrada a velocità folle, è il momento che più di altri faceva capire quanta rabbia avesse in corpo... grande commissario, e grande Maurizio. Il suo personaggio mostrava che senza tante cerimonie, alla fine gli sganassoni erano la cosa più indicata...
  11. Esatto, ai cattivi davano sempre catorci stranieri Il film dove ha l'Alfetta grigia dovrebbe essere come minimo del 75... ora non ricordo quale sia il titolo in questione, ma nel 75 è stato girato il primo di questa famiglia di film, se non sbaglio... quindi come minimo è del 75. Le auto che aveva comunque spesso erano vecchiotte.... l'unico caso in cui mi parve proprio che gli avessero dato un'auto da mostrare era quando lo vidi a bordo della R14.... per me era troppo fuori tema per essere naturale. Oltretutto penso che fosse agli esordi, la 14... quella mi parve una telepromozione... anche perchè nelle immagini indugiavano molto sugli interni mentre lui nel traffico ascoltava il radiogiornale. Riguardo a Maurizio, qualche settimana fa sono rimasto molto contento di aver visto alcuni forum di cinema cult dedicargli grande spazio, e appunto su questi forum una sera (anzi più di una sera) approdò suo figlio, Maurizio Matteo Merli, che con grande piacere raccontò che padre era il commissario di ferro. Raccontò che la sua passione per i motori era reale, e non era affatto raro vederlo sporcarsi le mani aiutando nei lavoretti il meccanico che avevano sotto casa. Maurizio però, nella vita, guidava una Jaguar, ed era appassionato di auto d'epoca.
  12. Mmm... veramente no... non mi pare proprio una Grifo... la conosco abbastanza bene.... l'avrei riconosciuta.... quella di Thomas ha l'aria di essere un'auto ben più "scarsa" di una Grifo, e neanche tanto bella. Appena posso posto un frame del dvd.. ora non ce l'ho.
  13. Senza il minimo dubbio. Ogni volta che lo vedo mi manca come se l'avessi conosciuto di persona prima che se ne andasse. Forse, non so... è che somigliava parecchio a mio padre a quell'età... ero piccino e lo vedevo in questi film... mi è rimasto nel cuore.
  14. La R5 e la 127 le ricordo pure io... ma non protagoniste di inseguimenti. Ha avuto anche una R14, ricordo. Ne "Il cinico, l'infame, il violento" invece Thomas ad un certo punto arriva in un luogo isolato, insieme al suo scagnozzo, su una due porte di grosse dimensioni con una linea tipo Iso.... o qualcosa di carrozzato su telaio... che non sono mai riuscito a capire cosa sia. Purtroppo non ho una foto al momento... ho chiesto anche a mio padre che le conosceva tutte.. ma buio totale. I cerchi sembrano Fiat. So solo questo.
  15. Perdonate la mia scarsa competenza tecnica, non sono una cima.. ma in questa foto, la testa a 16v lì a destra, è TS? Nelle altre lo noto... nel 16?
  16. Pare anche a me. E' la stessa modifica che vedevo su quella sua Giulia... però al di là del riciclaggio di immagini, mi pare che comparve comunque due volte, in scene tranquille... mi sembra che in due film salga sulla stessa Giulia, in situazioni diverse. In fondo era facile, questi film furono girati in pratica uno appiccicato all'altro... probabilmente avevano il parco auto in parte in comune. Magari mi sfuggono altre situazioni, ma mi pare di averlo visto una volta sola dare spettacolo al volante ma non di un'Alfa... era con una 124 sport (rubata al mercato ortofrutta ad un povero malcapitato che aveva l'unica colpa di trovarsi lì )
  17. Dovrebbe essere la brasiliana 2300 Rio, se non sbaglio.
  18. Vero. Riuscivano stare su quel sottile filo della credibilità. Erano spettacolari perchè ovviamente lo dovevano essere, non era una gara fra due carrelli alla Coop. Però non sforavano praticamente mai nelle cose che potevi dire "eeeeeh ma daiii" come capita spesso oggi con queste auto nei film che ne fanno di tutte e tu invece prendi un tombino profondo e ti trovi con un cerchio in lega rotto. Anche gli stuntman sembravano più avvezzi a cose reali... ricordo... non so quale film, di aver visto capottare una berlina con il pilota dentro, senza nè casco nè rollbar.. avrà avuto almeno la cintura magari? Maurizio mi pare ebbe la stessa Giulia per due film diversi... se non erro era bordeaux e sembrava preparata... assetto e carreggiate allargate. Il culmine di questi film, secondo le sue parole, fu "Poliziotto sprint", nel quale disse di essersi divertito di più... e mi pare sia l'unico film dove compare senza i suoi baffoni. Quasi irriconoscibile ... su youtube c'è uno spezzone dove prende anche una certa sfollata da paura, partendo con una Giulia all'inseguimento della DS dei rapinatori. (aggiungo... una Giulia che fuma un pelino pelino )
  19. Aggiungo Silvano Tranquilli. Con Thomas ricordo in modo particolare "Il cinico, l'infame, il violento"... dove interpretando "er cinese" portò il suo personaggio ad essere più amato (anche se era il negativo) di quello di Merli... il quale, da voci vicine alla sua famiglia, alla prima del film se ne risentì molto... si diceva che fra i due non scorresse buon sangue... ma un giorno il figlio di Maurizio in una intervista sul web dichiarò che in realtà non è che avessero grandi screzi... erano due galli in un pollaio, e non legarono mai molto, ma a vicenda si stimavano molto. Era proprio bello, però, veder correre fuori il commissario Tanzi, accendere la sua Alfetta e vederla partire col sedere schiacciato in terra mentre lasciava due strisce nere sull'asfalto. Sembrava però che fosse lui l'unico personaggio dei film a saper tirare fuori dalle Alfa il meglio, perchè la polizia con le Giulia spesso faceva delle magre.... (beh certo l'eroe del film era lui... )
  20. Infatti per me è buio totale, per esempio... a che potenza era arrivato, per curiosità?
  21. Spero di non sbagliare come sezione, aprendo qui questo topic... se ho sbagliato, spostate o chiudete pure Negli ultimi tempi, un amico che per me è come un fratello, e vive a Pisa, grande appassionato Alfa Romeo, mi ha regalato diversi film che appartenevano al filone "poliziottesco" come venne definito. I titoli ogni tanto si sentono nominare ancora, e a volte canali come Retequattro ne fanno rassegna ad ora tarda. Titoli come "Roma a mano armata", "Paura in città", "Milano violenta" e via dicendo. Il filo conduttore era la lotta alla criminalità di quegli anni, che veniva mostrata dilagante e dura da sconfiggere. Ad occuparsi di questa criminalità, un personaggio che faceva a modo suo, piuttosto duro e spietato, che spesso veniva soprannominato "il commissario di ferro"... interpretato dal defunto e mai abbastanza apprezzato Maurizio Merli, il quale ci ha lasciato nel marzo del 1989 per un infarto durante una partita di tennis, a Roma. Personalmente mi sono piaciuti molto questi film, e sarebbe bello sapere cosa ne pensate. Però in realtà non è questo l'argomento principale (altrimenti non sarebbe la sezione adatta)... bensì il grande risalto che aveva Alfa Romeo in queste pellicole. Le Alfa erano onnipresenti, tutti i modelli che oggi menzioniamo nei nostri discorsi sugli anni d'oro. Giulia, Giulietta, Alfetta, 1750, 2000 e via dicendo. In ogni pellicola mostravano sempre le loro capacità, in quegli inseguimenti che io chiamo "genuini"... che sembravano molto più veri di quelli fantascientifici che ci sono nei film di oggi... che ci tengono incollati alla sedia certo, ma al tempo stesso è così palese che non sono reali... Lo stesso Maurizio era un "manico" come si usa dire.. pilotava praticamente sempre in prima persona, senza mai ausilio di stuntman, portando queste berline in maniera egregia e mostrando (e facendo sentire anche) le loro capacità. Spesso esse venivano messe in risalto, perchè i "cattivi" avevano blande auto straniere che alla fine perdevano sempre, com'era ovvio che fosse. A tutt'oggi ogni tanto faccio partire una di queste pellicole... a parte il fatto che mostrano sempre un traffico di auto da rifarsi gli occhi, per certi versi... secondo me sono state anche loro testimonial di una certa Alfa Romeo. Maurizio nella maggior parte dei casi ebbe una Giulia o un'Alfetta... e abbiamo due foto al riguardo... la prima con una delle vetture che usò più a lungo, la seconda nella classica posa in cui lo vedevamo impegnato ad inseguire la malavita. Per molte persone questi film sono cose da quattro soldi da dimenticare... e non nego che sia possibile pensarla così... non erano cose da Oscar... ma personalmente li ho nel cuore... sia per il personaggio e l'attore che lo interpretò, cui sono affezionato e mi spiace che dopo questi anni d'oro sia stato dimenticato da tutti... sia perchè fu per me una bellissima pagina televisiva dell'amata Alfa Romeo. Tutto questo discorso mi è nato ossevando le foto di Bond inseguito dalle 159... così oggi mi è venuto in mente che tanti anni fa... non volavano nei dirupi... vincevano loro. Forse sono troppo romantico trattando le auto così? Può essere... Voi che ne pensate di queste pagine Alfa su pellicola? Avete ricordi particolari?
  22. Beh Calibra forse non era rivoluzionaria come auto rispetto al resto del mondo, ciò che fece Opel lo potevano fare anche tutti gli altri, e lo facevano.. poi vabbè andava a gusti... ma di fatto a mio parere era un buon modello, con 4 posti abbastanza seri coperti con una linea con un Cx di 0.26 che dava prestazioni velocistiche di rispetto unite a consumi ottimi in rapporto... e non dimenticherei la Turbo 4x4 6 marce che era un'auto molto veloce nella sua categoria. Certo, per altri versi era una Opel, nasceva con la plancia Vectra A (VW faceva lo stesso con Corrado plancia Passat d'altra parte) e il blasone non c'è mai stato. Più che altro volevo dire che fu un modello abbastanza sorprendente per una marca come Opel. Peccato che non fu mai degnamente sostituita (non mi va di contare come sostituta valida la Astra G coupè... dopo Calibra quella non aveva proprio niente da dire) Tornando a Ford, sono in attesa di trovare immagini di altri progetti di Colonia, cassati ma probabilmente destinati comunque a restare già in partenza dei concept.. vennero mostrati da GenteMotori in una visita al Centro Stile, e riguardavano Fiesta e gli studi fatti prima della generazione '89... anche lì si trattava di cose molto più futuristiche. In quegli anni molte case tedesche realizzarono concept che donarono molto negli anni immediatamente successivi ai modelli di gamma media. Opel con la Tech1 del 1981... che lasciò molto di sè su Omega, Kadett e Vectra A http://www.incarnation.be/uploads/Vk/8Y/Vk8Y8Y0pas1TqlZgGnKi8g/Opel-Studie-Tech-1-1981.jpg VW con Auto2000 di cui rimase molto su Passat 88... http://farm1.static.flickr.com/9/15749509_8bcc606261.jpg?v=0 E la stessa Ford, per tornare a lei... con la Probe III... che beh è abbastanza evidente http://www.carstyling.ru/resources/concept/81ford_probe3_2.jpg
  23. In attesa di proseguire con materiale che devo ancora sistemare, un trio di foto anche per stasera... niente di particolare. Variante a Balocco, TempraVeloce in incognito insegue 33 Sportwagon. Questa invece 4R la usò per tirare le orecchie a quanti la scambiavano per la 6. Chiudo con questa... che sicuramente non mostra nulla di inedito a nessuno, però è della fine anni 70 e mostra la pista prima di varie modifiche che sono state apportate in seguito.
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