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angeloben

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  1. Si diceva della Marea, che avevo citato per la forma del cofano bagagli. Pensando al passato, potrebbe avere radici nella storia FIAT, con la coda della 1300/1500 del 1961 come fonte d'ispirazione: Ma si parlava anche di Gamma: Interessante il collegamento di @Auditore con la coda di Fiat 124 Sport spider, di cui agevolo foto storica per confronto... ...e per notare la differenza delle "pieghe" che sulla 124 non coinvolgono il cofano bagagli, come invece avviene su Lancia Gamma coupé. Per la quale il collegamento più diretto potrebbe essere semplicemente la sua progenitrice: Lancia Flavia (e poi 2000) coupé seconda serie, quella del 1969 Ma Gamma Coupé mi fa sempre riflettere su una moda per un elemento che, pur interpretato in modo leggermente diverso da caso a caso, divenne tipico di molte auto dei segmenti superiori di quegli anni Settanta: i grandi fari rettangolari a sviluppo orizzontale, suddivisi in riquadri a due fasce sovrapposte: - dalla Citroen SM (1970), coi fari similissimi a Gamma - alle ammiraglie BMW E3 (1968) - e quelle Opel, Kapitan e Admiral B (1969): - alla più "normale" Volkswagen Passat del 1973, pur sempre ammiraglia di casa - e la cugina grande Audi 100 (seconda serie C2 del 1976) - tra le ammiraglia a due volumi, anche la francese Renault 20/30 (1975) - sempre in Francia, la più tradizionale ammiraglia Peugeot 604 (1975) - l'ammiraglia europea di Ford, la Granada: - e quella di GM in Europa, la Opel Senator (1978) - ma anche la nostra Argenta (1981), ammiraglia di transizione in casa FIAT - ma anni prima, già sulla esclusiva FIAT 130 coupé (1971) - e gli svedesi che si allinearono con la loro sei cilindri, la Volvo 264 (1974) Per suggellare che la moda era divenuta puro establishment, eccoci a concludere con l'ammiraglia per eccellenza: Rolls Royce Silver Spirit/Spur (1980) Chiaramente tante altre hanno seguito questa strada, con gruppi ottici di simile impostazione; ma quello che sottolineo di nuovo, è la curiosità che sembrò nascere come elemento distintivo delle vetture europee di classe del decennio "Settanta".
  2. Riguardando delle foto della Lancia Gamma coupé, mi sono tornati in mente due dettagli che non mi pare siano ancora stati ricordati in questa discussione. Il primo è lo scalino sul tetto, in continuità con il montante C : Elemento estetico interessante, a sottolineare la forza e l'importanza proprio del montante C come uno dei punti chiave di quella linea, con un effetto rollbar che verrà poi sfruttato a pieno nel prototipo Gamma T-Roof del 1978. Curioso come anche visto da dietro, il profilo del tetto sopra il lunotto contribuisca a rafforzare il medesimo concetto... Questa foto mette in risalto anche il secondo elemento di cui volevo parlare: la forma del baule incavata, con le due pieghe nette che in qualche modo associo come curiosità a quelle riproposte due decenni dopo dal baule di Fiat Marea:
  3. Continuiamo con materiale Ford dei primissimi anni Ottanta (sempre Steve Saxty la fonte). Per sostituire la Fiesta, abbiamo visto cosa erano capaci di creare i designer Ford già nel 1982... Bene, torniamo indietro solo di un anno, al 1981. Stavolta si tratta dell'ammiraglia, la Granada. L'ultimo modello è stato lanciato a fine '77, e proprio nel 1981 sta uscendo il restyling di metà carriera. E' il momento di impostare il programma per la sua sostituta. Come al solito, Ford si rivolge anche alla sua filiale italiana dedicata al design. E appunto in quel 1981, ecco cosa propone lo Studio Ghia di Torino: Uno strano mix di impostazione tradizionale e linee tese ancora molto anni Settanta, assieme a curiosi slanci di originalità che lasciano piuttosto interdetti... Per non parlare del frontale: puro anonimato nippo-americano anni '80. Tra quelle maquette "Libra" dell'82 per Fiesta e questa Granada di Ghia del 1981 sembra sia passato almeno un lustro, un'intera generazione di design! E invece era solo un anno...
  4. Visto che sono risaltate fuori quelle fotine dei prototipi Fiesta, approfitto per metterne qualcuna in più... Si parla dunque dei primi sviluppi di Fiesta '89, cioè del progetto BE13, per usare la nomenclatura interna di Ford. E' il marzo 1982 e la prima maquette completa di LIBRA (nome in codice del programma di sviluppo) è stata approntata seguendo le idee di Luc Landuyt, del centro stile Ford di Merkenich. Modello asimmetrico di cui purtroppo abbiamo solo la foto del lato a 3 porte, ma pensando che si parla di una utilitaria europea di segmento B e siamo nell'82, l'aspetto è davvero innovativo! Il trattamento delle superfici della carrozzeria è in linea con la solidità plastica di Sierra - che esce in quell'anno - con linee morbide e levigate, ma allo stesso tempo sode e massicce, ma chiaramente è sulle vetrature e la forma della coda che si gioca la sua originalità. Un profilo del genere si distinguerebbe tutt'oggi come decisamente "avanzato". Solo che per Ford è "troppo avanzato" e chiede ai designer di abbassare il tiro... ...e in pochi mesi - nel Luglio dello stesso 1982 - Luc Landuyt con il collega Klaus Kapitza (quello che poi passò a BMW firmando la Serie 8 E31) presentano LIBRA 2: Pur mantenendo l'idea caratteristica del tetto spiovente verso un'alta coda tronca, sempre con l'esclusivo lunotto sdoppiato, effettivamente i toni sono meno futuristici: porte dalle cornici più tradizionali, vetratura che perde la continuità a tutto giro, paraurti non più integrali... La ricerca di volumetrie capienti sembra comunque un obiettivo primario di questa fase del programma, forse ispirato anche dall'appena uscita VW Polo del 1981, con la sua nuova carrozzeria "mini-station". Comunque LIBRA 2 non ha maggior fortuna della prima, venendo soppiantata da un terzetto di nuove idee presentate nel 1983. Tra di esse, quella qui sotto sembra evolvere il concetto di LIBRA 2 verso forme sempre più razionali, enfatizzando ancor più lo sfruttamento dello spazio nella compattezza delle forme. La linea assume un profilo quasi da monovolume, perdendo definitivamente l'idea della coda spiovente con lunotto sdoppiato e lasciando ad uno scalino sulla linea di cintura l'unico guizzo di originalità. Non va neppure così, Ford preferirà virare verso altre idee stilistiche, forse meno innovative ma che si dimostrarono certamente azzeccate per la nuova Fiesta del 1989.
  5. Di sfuggita e priva di riferimenti, è già apparsa nella discussione questa immagine: Senza bisogno di grande immaginazione, ritrae chiaramente una Tagora sotto mentite spoglie. Volendo dare qualche dettaglio in più, risulta che si tratti di un tentativo avvenuto intorno al 1980 di ristilizzare la Talbot Tagora portandola sotto l'egida del marchio Peugeot. Non si trattava di un semplice rebadge perché le modifiche agli esterni erano varie, sebbene non radicali. La qualità della foto non aiuta, ma sembrano smussarsi in generale i dettagli della linea, dalla scanalatura sulla fiancata ai bordi dei passaruota, e anche la forma della terza luce laterale. Poi, oltre ai cerchi in lega tipicamente Peugeot e i nuovi paraurti accompagnati da più ampie modanature laterali, certo la modifica più evidente era il nuovo frontale, decisamente più morbido e moderno di Tagora, ma allo stesso tempo sempre un po' anonimo e "poco Peugeot". Perdonate l'azzardo, ma qualcosa in questa maquette mi riporta a Giugiaro e al suo stile di allora. Quanto ho scoperto più di recente, però, è che quella sopra non risulta l'unico tentativo di trasformare la Tagora in una Peugeot! Ne esistono infatti almeno altre due.. Da un articolo della rivista LignesAuto è stata rilasciata in rete questa foto: La targa della maquette a sinistra pare suggerire che la casa del Leone stesse lavorando ad un modello indicato come "605" da lanciare nel '86... si tratta del progetto "H9", una 605 ante-litteram, per dare un'erede alla anziana 604, utilizzando come base di partenza proprio la Tagora. Rispetto all'altra maquette già vista in alto, questo sembra uno studio più raffinato e più moderno, con un chiaro intento di rafforzare l'immagine della vettura di origine per portarla al livello dell'ammiraglia di casa da sostituire. Frontale sicuramente molto "ottantesco", ma anche qui poco Peugeot a mio avviso. Da CarDesignArchives arrivano invece le foto di quest'altra proposta, più classicheggiante ma anche più vicina al family feeling Peugeot nel nuovo frontale: Oltre al frontale, anche qui cambia la linea del cofano motore, il disegno degli archi passaruota, della terza luce laterale e di tanti altri dettagli (paraurti, cerchi, specchi retrovisori...) Non abbastanza per convincere i manager Peugeot a dare una seconda chance alla Tagora. Visto il destino segnato di Talbot, cioè di un marchio, una gamma e una rete commerciale non sostenibili dalle finanze di allora del gruppo, è comprensibile il desiderio di PSA di non buttare via un modello immesso da poco sul mercato e sul cui progetto di sviluppo, ormai in fase troppo avanzata al momento dell'acquisto da parte di PSA, erano stati fatti investimenti significativi per portarlo a termine adattandolo alle esigenze di integrazione e condivisione di parti e meccaniche del gruppo. E razionalmente, l'unica possibilità di riutilizzare Tagora in qualche modo era quella di ridarle vita integrandola nella gamma Peugeot, dove l'unico ruolo che poteva esserle dato era quello di sostituta dell'anziana 604, visto che 505 era quasi coetanea di Tagora e ben avviata commercialmente. Allo stesso tempo si intuisce che, senza investimenti eccessivi, sarebbe stato difficile portare una "Peugeot Tagora" allo stesso livello di percezione di 604, distanziandola a sufficienza da 505 e dal suo stesso passato Talbot... Immaginiamo quante chance avrebbe avuto il lancio - a metà anni Ottanta - di una qualunque di queste realizzazioni come "nuova ammiraglia Peugeot" al cospetto delle varie Renault 25, Mercedes W124, Lancia Thema, Ford Scorpio, Opel Omega che sarebbero uscite in quel periodo!
  6. Aggiungiamo un paio di elementi sulle versioni [MAI NATE] della Volvo Serie 400, sempre da CarDesignArchives. Continuando sulla mancata versione Station Wagon, ecco un modello in scala realizzato internamente a Volvo nel 1985, e indicato come "Pro kombi 91": Guardando il frontale, ma anche tanti altri dettagli, risulta ovvio che gli sviluppi del progetto fossero in divenire, lo stile non ancora congelato. Mancavano in effetti tre anni al lancio della berlina sul mercato, avvenuto nel 1988. L'aspetto più interessante è di sicuro lo scalino della linea di cintura all'altezza del terzo finestrino, idea che non ebbe più alcun seguito in Volvo (ricorda invece la soluzione di Hyundai Matrix del 2001, quella disegnata da Pininfarina). Sicuramente aiutava a movimentare la linea, ma in questa realizzazione mi sembra lasciasse troppa lamiera sul parafango posteriore. Nel 1988 invece, a progetto ormai avviato in produzione, i designer della sede Volvo in Olanda ancora esplorano ulteriori varianti di carrozzeria per la loro media, nata in configurazione due volumi e mezzo con portellone ed in procinto di essere affiancata dalla versione tre volumi. Forse nel tentativo di coprire il segmento centrale del mercato europeo, si studiano soluzioni per inserire la Serie 400 tra le due volumi compatte, immaginando una carrozzeria propriamente a due volumi, sia a 3 che a 5 porte: Da un punto di vista squisitamente estetico, la 3 porte non mi sembra riuscitissima nella soluzione del doppio finestrino posteriore. La 5 porte invece risulta più equilibrata, ma l'ampiezza della terza luce sembra quasi anticipare quella soluzione "ibrida" tra 2 volumi e station wagon iniziata 15 anni dopo da Audi A3 Sportback. Non conosco le misure di questi prototipi, ma lo sbalzo posteriore sembra in effetti più corto della 440 (nella foto sopra se ne vede una bianca sullo sfondo, aiutando a valutare le differenze). Abbastanza da farla rientrare nelle misure standard del segmento C di allora? Considerando i 4,31 metri della 440, a occhio non credo fossero arrivati ai classici 4 metri di Golf & Co...
  7. Wow, il Gulliver! Non mi sarebbe mai venuto in mente, adesso lo ricordo grazie alle tue immagini. In effetti è impressionante la somiglianza. Mi viene solo da pensare che Aprilia abbia chiesto una studio a Ghia, oppure che qualche designer piuttosto disinvolto non si sia fatto problemi nel "prendere spunto" da idee altrui... magari su quel concept non c'era brevetto? Va be', torniamo a Ford. Ancora un paio di anni indietro e andiamo al 1976. Ford sta iniziando a lavorare alla sostituzione di Taunus/Cortina, prevista per i primi anni Ottanta. Dalla fase di studi avanzati si è passati alla fase successiva di proposte concrete di sviluppo, assegnandole il nome in codice "LINDA". La base meccanica doveva essere la medesima piattaforma a trazione posteriore delle berline Ford di fascia superiore; l'estetica e l'aerodinamica erano quindi i principali temi di sviluppo del progetto. La prima idea buttata giù dal designer Tom Scott fu questa interpretazione piuttosto radicale dello stile "origami" introdotto da Giugiaro in quel decennio. Giudicata troppo avanzata, si cambiò direzione verso una maggiore classicità, pur tenendo la barra sempre ferma verso l'aerodinamica. Ecco allora una successiva proposta sempre a tre volumi, più dettagliata certo, ma soprattutto molto più vicina allo stile della progenitrice: Allo stesso tempo, cominciarono comunque a proporre nuove soluzioni per affrontare il mercato in evoluzione, provando anche la corrispondente variante a due volumi: Tentativi piuttosto deludenti in tutta onestà, ai quali seguirono ulteriori proposte, inclusa questa che esplorava la stessa formula 2 volumi e mezzo che avrebbe caratterizzato la successiva Escort Mk3. Era evidente che questi sviluppi non stavano portando ai risultati sperati nell'impatto estetico, sembravano non riuscire a scrollarsi di dosso una certa aria scontata. Ford decise di stoppare il programma Linda. L'erede di Taunus e Cortina sarebbe nata da un nuovo progetto, stavolta denominato Toni. E Sierra fu. N.B. Foto e info da materiale rilasciato in rete dalle pubblicazioni di Steve Saxty
  8. Immagino sia questa: Ford Focus, concept di Ghia, presentata al Salone di Torino del 1992. Lo scooter che aveva la stesse linee quale sarebbe stato? Il Malaguti Phantom? Restiamo da Ghia e torniamo indietro nel tempo, al 1978. Ford sta lavorando al progetto Erika per la nuova Escort del 1980, ma a Torino qualcuno ha delle idee... Siamo alle solite: tentare la strada di una Escort coupé, mai approvata finora, soprattutto dai vertici americani. Stavolta Ghia si muove addirittura all'insaputa della sede europea di Ford, e deve prendere una VW Golf per costruirci sopra la sua nuova proposta di coupé 2+2 compatta. E per vendersi meglio, ecco che la agghinda con una livrea in stile John Player Special, dandole pure un nome piuttosto evocativo: Erika RS Capri! Interessante l'idea del profilo laterale di coda, dove il montante C sembra parte del portellone stesso; effetto raggiunto sia per l'allineamento tra finestrino posteriore e faro dietro, sia per la sottolineatura data dalle strisce adesive dorate. In realtà il portellone è "normale" (si vede la luce della cornice attorno al lunotto...) L'idea di una moderna sportiva 2+2 a trazione anteriore è supportata da Don Kopka, capo del Design Ford di allora, che ritiene possa funzionare sia per sostituire Capri in Europa, avvicinandosi all'idea delle hot-hatch che stanno prendendo il sopravvento sulle classiche coupé, sia per l'America, dove si richiede una piccola sportiva da inserire sotto a Mustang. Ma anche stavolta niente Escort coupé. In Europa Capri sopravvisse ancora vari anni, la nuova Escort ebbe le sue versioni sportive su carrozzeria standard, mentre in America, dove il fenomeno hot-hatch non ebbe lo stesso seguito, si fecero la loro classica coupé a soli due posti, la EXP. Foto e info: materiale rilasciato in rete da pubblicazioni di Steve Saxty
  9. 9 Settembre 1983, quartier generale Ford: giorno di presentazioni top secret. Ford ha commissionato a Ghia lo studio per un modello da inserire nel mercato delle convertibili di lusso, dominato dalla classica Mercedes-Benz SL (allora si trattava della R107). Dietro a questa richiesta è probabile che ci siano le voci secondo cui General Motors starebbe già lavorando a un'idea del genere; qualcosa che in effetti diverrà la Cadillac Allanté, ma ancora a Dearborn non lo sanno... Dunque, in sala si espone la proposta uscita dalla sede Ghia di Torino. Non ha un nome, viene indicata internamente solo come "Sierra Luxury Convertible", perché lo studio è basato sulla meccanica della media uscita l'anno precedente in Europa. Come tale, pur concepita come 2 posti, sarebbe potuta essere anche una potenziale concorrente di modelli europei più compatti (ma a 4 posti) che si apprestavano a entrare in quel segmento, vedi BMW Serie 3 o Saab 900 cabrio. In tal senso una eventuale commercializzazione in Nord America avrebbe potuto avere quel medesimo marchio Merkur utilizzato per la XR4Ti (versione USA di Sierra), sebbene l'effettiva presenza del marchio Lincoln sul frontale risulti in definitiva più aderente all'obiettivo di Ford USA di esplorare un mercato che avrebbe visto protagonista un modello con il più tradizionale dei marchi di lusso statunitensi. Lo stile della proposta Ghia è equilibrato, abbastanza elegante, con qualche ispirazione Mercedes soprattutto nella fanaleria posteriore, ma niente di più. E per un'auto di questo segmento, quel "di più" è proprio ciò che fa la differenza. Ford non dette alcun proseguimento a questo lavoro infatti. La concorrenza invece, arrivò in forze. Nel 1986 fu presentata in anteprima la Chrysler TC (by Maserati), che poi fu disponibile sul mercato solo due anni dopo, anticipata da Cadillac Allanté (presentata anch'essa nel '86 come MY87). Le quali sarebbero state poi seguite dalla nuova Mercedes SL - la R129 - nel 1989 e nel 1990 anche dalla versione convertibile di Buick Reatta... In risposta a tutto ciò, Ford presentò al pubblico solo un concept, la Lincoln by Vignale, sempre ideata da Ghia e che riprendeva i concetti e gli obiettivi della "Sierra luxury convertible" aggiornati al 1987, anno in cui fu esposta al Salone di Detroit di gennaio. Nonostante l'aspetto assai più convincente, Ford decise di non procedere neppure su questa strada, forse conscia del rischio di essere associata troppo facilmente alla concorrente Cadillac Allanté, presentata pochi mesi prima al Salone di Parigi del 1986. Chissà se fece bene... le concorrenti americane furono degli insuccessi fin dal principio, e poi arrivò la nuova Mercedes SL facendo saltare il banco! N.B. Foto di Sierra Luxury Convertible da materiale rilasciato in rete dalle pubblicazioni di Steve Saxty.
  10. Oggi condivido un po' di materiale per portare avanti discussioni già avviate. Parto dallo sviluppo di Vectra A del 1988, su cui il buon @PaoloGTC ha fornito molte informazioni e immagini: Aggiungo qui un paio di maquette appartenenti alle prime fasi di sviluppo; in qualche modo le possiamo associare allo stesso periodo della prima foto del post di Paolo. In questa prima foto qui sotto, in particolare, è estremamente chiara la derivazione dal concept Tech1 del 1981, il cui muso sbuca infatti lì a sinistra... Le influenze di Ascona C e soprattutto di Kadett E sono ancora fortemente presenti. Maquette "sorella" in chiave tre volumi, ma con alcune variazioni sull'attacco vetratura sul montante A e sul profilo del parafango (è la stessa foto di Paolo, solo la ripropongo a colori) Quest'altra maquette qui sotto, invece, potrebbe essere uno step successivo dove entrano ancor più prepotenti i temi dell'aerodinamica, con elementi stilistici più vicini allo stile di Omega: La fiancata posteriore di Vectra però, sembra già aver preso una strada chiara. Curiosa la varietà di nomi che portavano queste maquette: dallo scontato "ASCONA", a "J-88", che presumo voglia indicare la sostituta della J-Car di Opel per il 1988, fino a "2400" che fu il codice di progetto di Vectra. Riporto ancora qui sotto due ulteriori post di Paolo con altre immagini, giusto per dare una visione completa di quello che era venuto fuori. E in fondo due aggiunte mie... Qui voglio solo aggiungere un bozzetto "fratello" di quello postato da Paolo, semplice variazione sul tema "Vectra cattiva": Stesso disegnatore, stessa identica impostazione, cambiano vari dettagli però, tra cui il più interessante per me è quello della fanaleria posteriore in un unico anello a tutta larghezza: forse un po' troppo americana? A me sarebbe piaciuta comunque... Infine, lasciamo la Vectra per riparlare di questa semi-sconosciuta, che giace nei garage sotterranei dello pseudo-museo Opel: Finalmente possiamo aggiungere una foto che ci consente di capire meglio come è questo fantomatico prototipo di Opel "Parabolica" che ha fatto capolino qua e là nella discussione: Una "long tail" impressionante, che mi ha sorpreso! Non perché non abbia senso (tutt'altro, essendo uno studio aerodinamico), ma semplicemente perché non me l'aspettavo così... tutto qua.
  11. Non sono mai state molto popolari in generale, e in Italia ancor meno, ma in molti qui sapranno comunque che taaaanto tempo fa Opel aveva le sue ammiraglie di lusso. Di quelle serie intendo, da rivaleggiare con i grossi calibri di Mercedes e Jaguar, i riferimenti di quegli anni Sessanta-Settanta. Allora erano meno diffuse certe terminologie commerciali, ma adesso si parlerebbe proprio di Segmento F; berlinoni da 5 metri e passa, accessori esclusivi, cambi automatici, motori 6 o 8 cilindri, anche oltre 5 litri... (quindi non le "semplici" ammiraglie di Segmento E che tanti marchi - incluso Opel - hanno avuto e manutenuto almeno fino agli anni Novanta). Per un marchio che oggi deve trovare la sua posizione in un mercato in profonda evoluzione, peraltro all'interno di un gruppo in cui pare rivestire un ruolo di secondo piano, forse sembrerà ancora più strano che avesse non solo una ammiraglia di lusso, ma addirittura che fossero tre! Insomma, sto parlando di Kapitan, Admiral e Diplomat, quelle che tra gli anni Sessanta e Settanta formavano una sorta di sotto-gamma, spesso indicata come "KAD", dalle loro iniziali. La realtà è che erano sostanzialmente la stessa vettura e i nomi diversi potrebbero essere più onestamente presi come versioni, piuttosto che modelli davvero autonomi. Ma tant'è, tale era il mercato di allora e la posizione di Opel - leader in Germania fino agli anni Settanta, non dimentichiamolo... - che si poteva permettere di commercializzare la stessa auto con tre nomi diversi! Certamente in Germania - mercato di casa e più ricco del nostro - ebbero un qualche spazio, ma il successo è ben altra cosa. Io, tanto per dire, non ricordo di averne mai viste una in vita mia, né qui in Italia né altrove. Il marchio non aiutava, ma lo stile fu forse il problema principale. La prima serie del 1964 era piacevole, ma ancora cercava di imporre in Europa uno stile decisamente troppo americano. Motivo di successo nei decenni precedenti, ma non più in quel periodo. E infatti dopo soli cinque anni, già nel '69 arrivò la seconda serie: cercarono di dare una sterzata soprattutto allo stile, reinterpretandolo in modo più europeo, ma il risultato fu deprimente... immaginate un barcone americano in salsa teutonica e il disastro è fatto. Con la seconda serie tentarono anche di differenziare in modo più visibile la Diplomat, il modello di vertice, con qualche ispirazione Mercedes-Benz. Ma non bastò, nel 1977 le KAD chiusero la loro carriera e Opel le sostituì con la Senator, abbandonando di fatto il segmento delle grandi auto di lusso. Terminata la noiosa premessa, ecco la questione: il destino delle ammiraglie Opel avrebbe potuto essere diverso, almeno secondo l'Opel Design Studio. Siamo a cavallo del 1970, infatti, e un gruppetto di designer Opel inizia già a lavorare ad alcune idee per un'eventuale sostituta dell'ammiraglia Diplomat da poco rinnovata. Il fatto è che non si tratta di un ordine di lavoro proveniente dai manager di prodotto, per lo sviluppo di un modello approvato. E' piuttosto un esercizio autonomo di immaginazione da parte del Design Studio per fornire prospettive alla direzione aziendale. L'idea è sganciarsi in modo chiaro dallo stile americaneggiante importato (imposto?) dai designer GM e cominciare a ispirarsi più chiaramente ad uno stile europeo, nei fatti fortemente influenzato da quello italiano a quei tempi. Herbert Killmer butta giù disegni di questo genere, dove il dinamismo e l'eleganza si staccano decisamente dalle origini e il tratto caratteristico diventa un frontale affusolato e sportiveggiante. Più che Mercedes, il team sta mettendo nel mirino Jaguar. E non è una frase tanto per dire; quando traducono i bozzetti in maquette a scala reale, nel febbraio 1972, le mettono direttamente e fisicamente a confronto con una vera Jaguar XJ! Quello che interessa ai designer Opel in questo confronto, non è ovviamente somigliare realmente ad una Jaguar, ma coglierne lo spirito, verificare che la loro creatura possa essere percepita come una concorrente dell'inglese. E al di là dello stile radicalmente diverso (e anni luce più moderno...), devo dire che per me avevano colpito nel segno! Uno dei punti fondamentali di sviluppo di questa idea era il frontale e il suo profilo. L'obiettivo era mantenere quell'effetto dinamico che solo Jaguar aveva nel segmento di lusso, con la caratteristica del cofano motore affusolato, il cui segreto era semplicemente l'altezza ridotta sopra il parafango della ruota anteriore. Un risultato raggiunto in queste maquette totalmente prive di meccanica, ma che avrebbe richiesto l'abbandono dell'avantreno delle KAD, inadatto per ragioni di ingombro. Tutto il disegno del frontale è comunque concentrato sull'obiettivo di ottenere un profilo il più basso possibile, fino addirittura allo spostamento completo della calandra sotto al paraurti: roba da coupé! Un frontale sportivo e moderno, che i designer avevano interpretato in più forme, realizzate e messe a confronto già un mese dopo, nel marzo del 1972: Foto interessante per due aspetti. Il primo è la possibilità di apprezzare come cambia radicalmente lo spirito della stessa auto adottando un frontale diverso (seppur pulito e moderno per quei tempi) come quello della maquette a destra. Il secondo è vedere insieme, già nel '72, due idee di frontali che verranno concretamente sviluppati e poi introdotti su modelli successivi di Opel: quello di sinistra - sportivo e privo di calandra - su Manta B del '75 (e coeva Vauxhall Cavalier) e quella di destra su Rekord E del '77. E' ovvio che purtroppo una Opel così non è mai arrivata sul mercato; ne possiamo facilmente intuire i motivi, sia per la crisi petrolifera che arrivò poco dopo, ma soprattutto per i rischi di portare sul mercato un auto che dirazzava così tanto sia dai canoni del mercato delle berline di lusso, sia da quelli del marchio Opel. La clientela di allora era assai più conservatrice di quello che possiamo pensare oggi. Peccato, sarebbe stato un bel vedere! N.B. Info da Der Zuverlässige (Alt-Opel), foto da Opel Archiv.
  12. Verissimo, quella storia del quadro strumenti super inclinato è stato un atout di Renault per decenni! Mai capito se ci fosse dietro una ragione specifica, ma a me non ha mai convinto. Parlo dal mero punto di vista estetico, perché da ex-possessore di Clio phase I, posso dire che non poneva alcun problema reale. A proposito di Renault... No, non era RN, sicuro; perché come dici era nella gamma italiana e la sua plancia era così: con vano portaoggetti chiuso da sportello (curiosamente diverso da quello delle versioni RT e superiori - vedi foto sotto - quindi c'era anche questa tra le differenze nelle plance di Clio...) e bocchette centrali sostituite da sportellino che copriva posacenere e accendino, che nelle versioni "ricche" erano invece sul tunnel davanti al cambio (vedi di nuovo sotto) Insomma, fatta ricerchina e questa plancia che avevo postato appartiene alla versione RL, allestimento mai arrivato in Italia e posizionato alla base della gamma, sotto a RN. Fatta l'osservazione da temperasupposte, ecco che di Renault mi è tornata in mente anche la R18, un'altro modello con le cui plance si sono sbizzarriti davvero! Partita con una sola plancia, questa: ...già dopo un anno, nel 1979, eccone una variante semplificata per il nuovo allestimento di base (senza denominazione): Forse non si nota molto, ma cambiando tutta la console centrale, cambia anche la posizione delle bocchette (spostate dai lati al centro) e soprattutto le levette della climatizzazione e altri pulsanti passano dalla console a dentro il cruscotto, ai lati degli strumenti. Anche posacenere e altoparlante vengono spostati nella parte alta della plancia. Passa un altro anno e a fine 1980 presentano la R18 Turbo, che si distingue anche per la plancia ripresa dalla coupé Fuego: Da questo momento fino a inizio 1984, R18 ha quindi tre diverse plance a seconda degli allestimenti (nei disegni sotto si notano meglio le differenze): Quando nella primavera 1984 esce la "Type 2", l'allestimento base (sempre senza sigla) mantiene la solita plancia semplificata, mentre la plancia standard viene rimpiazzata su tutte le versioni da quella "tipo Fuego"; la Turbo però si distingue di nuovo ricevendo la plancia aggiornata pochi mesi prima su Fuego (foto sotto). E prima di R18, già la mitica R5 prima serie ebbe plance differenziate a seconda degli allestimenti. Questa la versione standard, con la fascia rigata, il piccolo cruscotto portastrumenti e la leva del cambio à la R4: E questa la versione di lusso, con fascia in materiale schiumato (come il volante), cruscotto esteso per ospitare anche il contagiri, comandi a pulsante spostati a sinistra e infine cambio a leva sul pavimento: Questi interni furono inzialmente riservati alla nuova versione di punta, la LS, introdotta nel 1974: Poi vennero utilizzati anche sulle TS (che sostituirono le LS), sulle sportive Alpine, sulla speciale Le Car, nonché sulla Automatic, sebbene questa mantenesse il cruscotto standard. Grazie @aboutdas, non sapevo questa storia! Siccome però sono curioso, sono andato a cercare informazioni e ho scoperto che la questione stava così: - all'inizio, dal 1996 al 1998, tutti gli allestimenti - che in realtà si chiamavano LX, GLX, SLX - avevano la medesima plancia: - nella gamma 1999 però, per la sola versione SLX fu introdotta una plancia di disegno diverso, chiaramente ispirata allo stile Volkswagen-Audi del periodo: Plancia che venne progressivamente estesa verso il basso della gamma in vari passaggi successivi.
  13. Riprendiamo il discorso sulle Ford abortite. E' il turno della media di casa, la Escort, per la quale la tiepida accoglienza del modello uscito nel 1990, giudicato troppo conservatore, fu "IL" problema dei primi anni Novanta. Oltre ai face-lift e restyling che si susseguirono a ripetizione, la sfida maggiore fu posta nel programma destinato alla sua erede. Doveva naturalmente risollevare l'immagine del modello, ma la concorrenza pareva correre a velocità doppia: Golf III e Astra erano uscite nel 1991 e per loro era già in programma la sostituzione in un ciclo di soli 6-7 anni... Perciò fu una gestazione complicata, con varie idee e filoni inizialmente portati avanti e poi abbandonati o stravolti. E alla fine tutto ciò non fece altro che allungare i tempi. Sicuramente però ne valse la pena e la storia ebbe un lieto fine, se così si può dire, perché Focus centrò decisamente l'obiettivo e fu un successo in tutti i sensi. A grandissime linee possiamo dire che il tutto si può dividere in due fasi (di nuovo la fonte è l'ex-Ford Steve Saxty): - il progetto CE99, varato poco dopo la presentazione di Escort '90 per una sostituta da presentare nel 1997, sviluppatosi fino al 1994 - il successivo progetto C170 che poi dette la luce a Focus nel 1998 Il materiale "filtrato" su CE99 ci consente di vedere alcune proposte con differenti filoni di design. Uno, rappresentato dalla (mezza)maquette argento qui sotto, definita verso fine '93, seguiva lo stile fluido e sinuoso che si può ricondurre a Puma: Un altro, successivo nel tempo e dal carattere più solido e deciso, è quello del modello non verniciato e asimmetrico (hatch- e notch-back) sempre nell'immagine qui sopra. Ma il più originale è in quest'altra maquette, che mostra ovviamente la versione tre volumi: Varie idee interessanti, ma evidentemente il progetto CE99 non stava portando ai risultati attesi, e pare che uno dei problemi più importanti fosse la piattaforma su cui era previsto questo sviluppo, vale a dire la stessa di Escort '90. In particolare i suoi limiti in termini di dimensioni, abilitabilità e altezza non furono ritenuti superabili per raggiungere gli obiettivi prefissati. Quindi nell'Aprile 1994 il progetto CE99 fu interrotto per dare vita al nuovo programma C170, che ripartiva da zero dal punto di vista tecnico (telaio etc), ma con idee sempre molto incisive. Tra le quali direi che la vetratura laterale con andamento lenticolare fu un tema chiave, che Focus si portò dietro dagli ultimi sviluppi del progetto CE99. A questo proposito ripropongo l'immagine - che avevo già postato recentemente - di una delle proposte iniziali del programma C170 per Focus: Infine, qualcosa di ancor più radicale venuto fuori durante lo sviluppo di Focus, in particolare della sua versione Station Wagon: Focus doveva innovare, essere diversa, ma questa versione "Rodius" fu giudicata comunque eccessiva per la clientela media delle station wagon del periodo. Giudizio personale: se la fiancata è inguardabile, devo dire che - in una vista puramente da dietro - il taglio della coda e del portellone a me piacciono. E mentre Focus hatchback (la due volumi 3-5 porte) mi è sempre piaciuta molto, proprio la station wagon andata in produzione mi è sempre parsa assai meno riuscita... (idem per la tre volumi, anche se mai arrivata in Italia).
  14. Ravvivo il tema curiosità per una cosa che mi è tornata in mente di recente. Avete presenti quei modelli che per un motivo o un altro presentano plance differenti a seconda degli allestimenti? E quando dico così, intendo proprio che la forma della plancia è diversa, cioè la struttura o il preformato della porzione principale/superiore della plancia stessa. Escludo cioè tutti quei dettagli che vengono tipicamente diversificati, ma che non determinano l'uso di plance differenti; vale a dire che per questa differenziazione non considero: - estensione inferiore della console centrale - mobiletto tunnel - pannelli porta - coperchio cassetto portaguanti - bocchette aerazione - pulsanti/comandi - schermi infotainment - volante - airbag passeggero (anche quando determinava una forma diversa della plancia) - modanature/inserti vari (legno, etc) Dei modelli attuali mi viene in mente soltanto la FIAT Tipo (356), che nei modelli più economici utilizza questa plancia, con la palbebra superiore che ingloba la sezione autoradio: Mentre nei modelli più lussuosi adotta questa versione con schermo infotainment a sbalzo: Curiosamente, un'altra rappresentante di questo gruppo è anche la sua antenata ormai storica, la FIAT Tipo (160), che tutti ricordiamo per la sua plancia che poteva essere così: oppure cosà: Fu così anche per la sorella maggiore, la FIAT Tempra, che in modo del tutto analogo proponeva le due differenti plance per la strumentazione analogica: o quella digitale: Visto che ci siamo, insisto con FIAT, che evidentemente deve aver avuto i suoi buoni motivi per ritenere che sulle sue vetture di classe media questa soluzione dovesse avere un valido perché... Prima di Tipo, infatti, ci fu anche la Ritmo, che dal momento in cui presentò l'allestimento Super nel 1981, si portò avanti poi per tutta la carriera due plance: - quella della Super, appunto: - e quella standard (in ordine, prima e seconda serie) Da Tempra, invece, si deve saltare la Regata per arrivare all'antenata ancora precedente, la mitica FIAT 131, che nel periodo della seconda serie (dal 1978 al 1981) ebbe anche lei due plance: - per la sola versione di base "Mirafiori L" venne mantenuta quella della prima serie: - per tutte la altre versioni (Mirafiori CL e Supermirafiori, etc) fu introdotta quella nuova: La terza serie unificherà gli interni eliminando la versione iniziale di base. In tempi molto più recenti, un'altra FIAT ha avuto un trattamento simile. La Punto 2012, che sostituendo sia la Grande Punto che la Punto EVO, per le versioni di base utilizzava la plancia originale della prima, mentre per le versioni superiori montava la nuova plancia introdotta dalla EVO. Non posso poi tralasciare un altro caso storico in casa FIAT, la nostra amata 500 ! Nel periodo dal 1968 al 1972, le due versioni disponibili della serie F, la base e la L, si distinguevano notoriamente anche per la plancia: - standard - Lusso Non di sola FIAT si parla comunque... Negli anni Ottanta ricordo la Peugeot 205, che differenziava il cruscotto portastrumenti tra le versioni standard (beh, qui proprio base-basissima!), con le spie in alto separate dagli strumenti: - e versioni GTI (inclusa l'equivalente cabrio CTI), col cruscotto di tipo classico, a palbebra unica: Differenziazione mantenuta in modo del tutto analogo anche con gli interni ridisegnati nel 1987. E del tutto simile era il caso della coeva Peugeot 305, che con la II serie del 1982 anticipò lo stile interno proprio della 205, adottando questa plancia per le versioni standard: E con l'arrivo della versione di punta GTX, ecco anche il relativo cruscotto specifico: Rimaniamo in Francia, perché tra le piccole abbiamo anche quelle dalla Régie. Partiamo dalla Renault 5, anzi la Supercinque. La plancia standard era ovviamente questa: Quando nel 1990 arriva a sostituirla la nuova Clio, la Supercinque continua a rimanere in gamma come "primo prezzo" e le versioni base (tipo Campus) adottano la spartana plancia del derivato commerciale Express: Dicevamo della Renault Clio... beh, anche lei è della partita! La plancia normale era così (oddio, così era un qualche allestimento iper-spartano senza bocchette centrali né sportello del portaoggetti, forse mai visto da noi...) Ma quando arrivò la sportiva 16v, curiosamente portò anche una plancia con palbebra estesa per alcuni strumenti supplementari: Plancia in seguito adottata anche da altre versioni di pregio, dalla elegantissima Baccara alla mitica Williams, fino alle più normali RTi. Sempre i soliti italiani e francesi quindi... ...be', stavolta no! In questa carrellata possiamo annoverare infatti anche una anglo-tedesca, di marchio statunitense peraltro. Trattasi della Ford Fiesta, che con la gamma restyling del 1983 introdusse non una, bensì due plance completamente nuove! - la versione di base, con gli originali comandi clima a rotella laterale: - e quella destinata agli allestimenti superiori (Ghia, XR2), con la console centrale più ampia, il vano radio in alto, le bocchette centrali e i comandi clima con le classiche manopole: Ma anche ricordo una giapponesina anni Settanta, la Mazda 323: Chissà quante altre ce ne saranno state, ma queste sono quelle che ricordo e volevo condividere qui con voi. P.S. Non valgono gli allestimenti speciali di preparatori o carrozzieri, né gli interni delle "stradali da corsa", cioè le varie R5 Turbo, Delta S4, 205 Turbo16 e simili, che praticamente nulla avevano a che fare con il modello di cui portavano il nome...
  15. Sullo sviluppo di Opel Signum accennato da @Beckervdo nel post sotto... ...seguendo la medesima fonte, possiamo aggiungere altre immagini interessanti. Dai modellini in scala come questo: ...alle maquettes (più grandi certo, ma anche queste mi paiono in scala) con varie idee, dove il cuore della questione mi pare sia stata la soluzione della coda nel suo complesso: - dalla classica terza luce allungata più in stile station wagon, e non lontano da quello che poi fu nella "cugina" Fiat Croma - ad una terza luce ridotta, per un montante C più massiccio e una originale idea di vetratura estesa del portellone: - fino ad un'ulteriore evoluzione verso l'idea definitiva, priva di terza luce: Salto le immagini dei due concept da salone del 1997 e poi 2001, che nei quattro anni che li separano si differenziano per la vicinanza stilistica ai modelli di riferimento del periodo: il primo concept parla il linguaggio di Astra G, il secondo mostra la definitiva parentela con la coeva Vectra C. Mi piace invece mostrare questo prototipo, relativo alle fasi finali dello sviluppo dello stile. L'aspetto ci è decisamente familiare, ormai siamo al modello definitivo. ...o no? Non credo meriti una sfida da "trova le 7 piccole differenze", ma se il frontale è sostanzialmente quello definitivo (a meno del paraurti, che fu poi quello della GTS), qui la coda differisce per vari dettagli. E vi dirò che a me piace anche di più. Del resto, non si tratta di una Signum, bensì di una ...VECTRUM !
  16. Il periodo sono sempre gli anni Novanta, ma adesso volgiamo lo sguardo verso l'alto di gamma. Che allora si chiamava Scorpio. Ricordiamo tutti il controverso restyling apparso nel 1995... Dicono che l'allora responsabile del design di Ford Europa, Dave Turner, avesse posto come obiettivo quello di uscire con qualcosa di sorprendente. Forse nella consapevolezza - aggiungo io - che senza un tale effetto, l'ennesimo restyling di un modello nato dieci anni prima e su basi ormai superate, non avrebbe avuto alcuna speranza di considerazione. Come è ovvio, lo sviluppo non ebbe un percorso univoco, e qui sotto ecco una proposta che può sembrare "conservatrice" alla luce di ciò che abbiamo poi visto uscire, ma in effetti era un frontale già piuttosto azzardato pensando al modello da cui proveniva e comunque per un segmento come quello delle ammiraglie. Le BMW di Bangle erano ancora da venire... Ma ecco qua sotto un curioso modello di studio che ci aiuta a capire le possibili evoluzioni/connessioni estetiche che possono essere esistite tra la proposta in alto e quella definitiva che abbiamo conosciuto: Infine, anche per il tema scelto ormai come definitivo, sui dettagli dei fari e della calandra vi furono varie idee... Sappiamo che quella Scorpio dagli "occhi di rana" fu l'ultima ammiraglia dell'Ovale blu in Europa, ma volendo essere onesti sappiamo che non fu per "colpa sua". Voglio dire che la decisione di Ford abbandonare il segmento E delle classiche ammiraglie fu una mossa dettata dal cambiamento del mercato, che aveva visto affermarsi lo strapotere dei cosiddetti marchi premium. Non molti sanno però, che un tentativo per affermarsi ancora in quel segmento anche negli anni Duemila, Ford lo aveva fatto. E il risultato non sarebbe stato neanche così disprezzabile... Questa maquette asimmetrica riassume un mix di linee e caratteri che volutamente dovevano ispirarsi allo stile teutonico più in voga in quel momento, in particolare Audi e in misura assai minore Mercedes. Allo stesso tempo, però, a me riporta anche a qualcosa di giapponese. Quel frontale, equilibrato e corretto, ma un po' anonimo tipo Lexus prima maniera, o la fiancata della foto in alto che mi ricorda da vicino certi modelli Nissan anni Novanta, in particolare Primera e Maxima. Risulta dovesse basarsi sul pianale allungato e allargato di Mondeo, e che proprio la valutazione degli eventuali costi legati a queste modifiche del pianale siano stati la ragione principale della decisione di non dare un futuro a questo progetto. E tutto sommato, per come ormai si era evoluto quel segmento di mercato, non credo che una simile Ford avrebbe potuto avere una qualche chance di successo.
  17. Riguardo alla Puma, la piccola coupé anni Novanta intendo, penso sia interessante ricordare anche il ruolo di primo piano svolto da Ian Callum, il designer noto soprattutto per i suoi lavori con Aston Martin e Jaguar. Se AM DB7 fu il primo lavoro che si può interamente attribuire a lui, ecco che Ford Puma fu il secondo. Questa maquette gialla postata da @Beckervdo fu sviluppata da Callum quando lavorava presso TWR Design, azienda che ricevette questo ordine su commissione da Ford. Ed eccone anche un'altra vista che mostra meglio la coda, in questa versione cassata dal profilo spiovente anziché dotata del caratteristico spoiler della versione finale.
  18. Sono uscite delle immagini di anteprima, pare in preparazione di un anticipo di presentazione che potrebbe già avvenire al prossimo evento del Seoul Mobility Show, dal 25 Novembre. https://it.motor1.com/news/549492/kia-niro-2022-teaser-debutto/ Non foto reali, ovvio, ma ormai l'idea è piuttosto chiara. L'intenzione è rendere Niro più originale e attenta allo stile rispetto alla versione precedente. Niente più terza luce laterale, sostituita da massiccio montante C, disponibile anche in colorazione a contrasto fino al passaruota: rosso-arancio come il concept Habaniro e come in alcuni prototipi beccati in prova, e forse anche altri colori come il grigrio chiaro dell'altro prototipo visto sopra. Frontale con DRL a scalino come Habaniro, più probabile ulteriore - e inutile secondo me - striscia luminosa superiore a tutta larghezza. Dietro fari sdoppiati, con gruppo ottico superiore a boomerang più ulteriore gruppo inferiore a livello del paraurti (visto nei muletti, e molto esposto agli urti...). Interni "semplici" (per i canoni odierni...) ma interessanti, soprattutto se riescono davvero a mantenere qualche comando manuale. Da capire, almeno per me, quelle decorazioni luminose davanti al passeggero. Meccanica - se si può ancora usare questo termine - probabilmente invariata, almeno negli aspetti fondamentali.
  19. Proseguo con un'altra curiosità super-ammerregana, anzi più specificatamente General Motors in questo caso. E vado a ritroso, partendo dai tempi più recenti. Bene, in un video su una Cadillac del 1989, noto un particolare abbastanza strano: La foto è un dettaglio del passaruota anteriore destro, lato passeggero per capirsi, e quello che mi interessa è ovviamente quella placchetta con i tre fori di sbieco. Che roba era? Si tratta di un dispositivo chiamato "Vigilite", la cui funzione altro non è che segnalare il corretto funzionamento o meno delle luci dell'auto. E come funziona? In modo piuttosto ingegnoso in effetti: i tre fori contengono ciascuno un indicatore che si illumina se la lampada corrispondente è realmente accesa, grazie ad un collegamento in fibra ottica... In pratica gli indicatori sono rivolti verso il guidatore, che li può notare nel suo campo di vista, all'estremità dei due passaruota. Maaa... direte voi, nel 1989 non c'erano già evolutissimi check-control con mille spie nel cruscotto? Be', sì, certo. In effetti qui ci dobbiamo ricollegare al discorso sull'anacronismo delle auto di lusso americane degli anni Ottanta. Siamo davanti ad un caso simile: nel 1989 GM montava ancora sulle grandi Cadillac di lusso questo Vigilite, un dispositivo che in realtà fece la sua apparizione sul mercato negli anni Sessanta... e a quei tempi possiamo dire fosse davvero una tecnologia innovativa! Era il 1966 e Chevrolet fu la prima a introdurre questo accessorio sui suoi modelli full-size per il MY 67, cui seguirono la mid-size Chevelle e la sportiva Camaro, di cui riporto sotto il dettaglio del Vigilite dal catalogo: Le prima versioni del Vigilite apparivano quindi così (Chevrolet Camaro 1968 RS327): una piccola protuberanza cromata sui passaruota... ...che mostrava gli indicatori verso il guidatore: Più chiaro forse qui in questa Chevelle del 1969: i tre indicatori erano per anabbaglianti (esterno), freccia (centrale) e abbaglianti (interno): Rispetto a quel termometro visto nel post sopra, che era riservato ai soli modelli di alta gamma, il Vigilite ebbe diffusione maggiore nelle gamme dei vari marchi della galassia GM. Come si vede nel depliant di Camaro sopra, anche le luci posteriori erano sotto controllo, tramite un ripetitore normalmente piazzato all'interno dell'auto, vicino al lunotto, visibile semplicemente guardando nel retrovisore. Ma nel caso della Corvette '68, tutti gli indicatori venivano montati nella console centrale, sopra o alla base del cambio, in un concetto già più vicino a quello dei successivi check-control: Facendo un po' di storia però, è interessante scoprire che l'idea del Vigilite sviluppava ed estendeva qualcosa che già esisteva, sempre in America ovviamente... Già nei decenni precedenti, alcune grandi auto di lusso americane avevano un ripetitore dell'indicatore di direzione sul parafango. E' quel profilo cromato che orna il parafango, appena dietro ai fari: non visibile da questa foto, ma la cornicetta copriva una lampadina rivolta verso il guidatore: Qui il dettaglio del componente: Essendo in concreto una vera lampadina addizionale, in realtà indicava che la freccia era in funzione (un po' come la spia verde nel cruscotto), ma non dava lo stesso feedback del Vigilite, che portando (o non portando) tramite la fibra ottica la luce all'indicatore, poteva indicare un effettivo malfunzionamento delle lampadine.
  20. Condivido altre scoperte di piccole curiosità rintracciate su alcune automobili americane del passato. Inizio con un accessorio abbastanza normale nella sua funzione, ma molto particolare per design e collocazione. Negli anni Settanta alcuni modelli di lusso iniziarono a fornire come dotazione di fabbrica (di serie o a richiesta) questo curioso accessorio: Parlo di quel cilindretto trasparente con numerini sotto al retrovisore. Cosa sarà stato mai? Be', forse non impossibile da intuire, ma si tratta comunque di una dotazione che oggi troviamo in quasi tutte le macchine nuove, anche le più economiche, ma allora non era affatto così. Be', è un ... termometro! Ovviamente è il termometro per la temperatura esterna ed essendo un termometro dei nostri genitori/nonni - meglio: di quelli americani e ricchi - era molto analogico, e quindi... doveva stare fuori! La lineetta rossa ovviamente indicava il valore corrente, e quei numerini sul tamburo rotante (per noi decisamente "estremi") naturalmente si riferiscono alla scala Fahrenheit. Immagino ci saranno stati precedenti per questo accessorio, specialmente nel mondo dell'after market, ma il termometro integrato nello specchietto retrovisore e fornito direttamente come allestimento di fabbrica, fu una prima introdotta nel 1975 da Cadillac per il suo modello di punta, la coupé Eldorado MY 1976. Notare il dettaglio dello stemma coronato... La cosa ebbe un certo seguito, con Cadillac che ovviamente estese la disponibilità di questo accessorio a tutti i suoi modelli di alta gamma, seguita subito da altri modelli high-end della concorrenza, Lincoln in primis. La cosa incredibile è che, nell'attaccamento pervicace alle sue "tradizioni" che caratterizzò l'industria americana dell'auto degli anni '80, specialmente per i modelli di lusso, ancora nel 1988 Lincoln offriva sulla ammiraglia Town Car sempre lo stesso identico accessorio, che allora doveva apparire ormai "vagamente" old style... Chissà com'è che Lexus nel 1989 fu percepita come un terremoto negli USA...
  21. Sì sì, le lancette erano arancio-rosse, certo, ma dico solo che in quella foto sembrano ricolorate. Qualche manipolazione secondo me c'è stata, altrimenti altrimenti non si spiega la spia dell'acqua accesa di un bel rosso, quando il termometro segna 70°C Poi non voglio negare che in pre-produzione avessero fatto davvero quel tachimetro con la zona rossa. Magari qualche ingegnerino aveva buttato là l'idea "ma per chi non ha il contagiri, magari diamoglielo un aiutino per evitare di sfondare il motore!"; e il capo "sì sì certo, metti la zona rossa sul tachi, non ci costa nulla...". Detto fatto, l'ingegnerino parla col fornitore, il quale dice al suo scagnozzo: "ehi, l'ing Rebaudengo vuole il quadro con tachimetro con la zona rossa, sul 160 (il progetto, ndr). Costo zero mi raccomando!" Lo scagnozzo pensa tra sé: "diavolo se questa la voglion far bene, persino questi dettagli sulla strabase..." E via di tachimetro con zona rossa a 160 (i km/h..., ndr) Ma arrivano in prova e i collaudatori: "ma che roba sono quelle linee rosse sul tachi?" "Boh, telefona a Rebaudengo" "Chi?" "L'ingegnerino..." "ah, lui, ok..." Drin drin: "Ingegnere, ma che sono le linee rosse sul tachimetro?" "Sul 160?" (il progetto) "Sì, esatto: 160" (i km/h...) "Sono come se fosse una zona rossa del contagiri" "Ah, bello, ma... a 160 'sto polmone non ci arriva neanche in discesa!" "come?!?!" "eh, ingegnere, son col nuovo FIRE, il 1100, su 1100 kg di macchina... che cosa pretende?!?" "ma perché deve andare a 160?" "infatti non ci arrivo, e la zona rossa così non mi serve a una beneamata, mi scusi la franchezza!" "non capisco..." "neanche io ingegnere..." "aspetti, faccio un salto alla Mandria..., che forse ci capiamo meglio" ... Alla Mandria: "allora, saliamo che le spiego come funzionano le linee per la zona rossa" "si accomodi ingegnere" "..." "allora?" "merd... caxx, , questi cogl... incompetenti" "ma ingegnere... che succede?!? Qualcosa non va?" "no, nulla. Dimentichi la storia della zona rossa... come non fosse mai esistita." "d'accordo, come dice lei. Allora... niente, arrivederci, buon rientro a Torino" "Arrivederci." Collaudatori: "Ne', che ti ha detto l'ingegnerino?" "Mah, niente... è venuto fin qui, è salito in macchina, poi ha dato di matto e se n'è tornato a Mirafiori" "Eh, non ci son più gli ingegneri di una volta, ora ci mandano sti ragazzini che san lavorare al calcolatore, ma son tutti esauriti e non si metton più neanche a provare le macchine..." "Eh, sì, che vuoi che ti dica... andiamo a farci un bicchiere di rosso, va". A Mirafiori intanto l'ingegnerino chiama il fornitore: "ma perché avete messo la zona rossa dopo i 160? " "ingegnere, che le devo dire, ma ce lo avete chiesto a telefono, da un giorno all'altro, non ci avete fornito i disegni... e l'operaio ha fatto di testa sua. E sia chiaro, non vi abbiamo chiesto nulla in più, nonostante il lavoro extra!" "ma che dice, lo capisce anche lei che non ha senso??!? La zona rossa dipende dai motori, e dalla marcia innestata..." "si, ingegnere, certo, capisco, ma questo significa un quadro strumenti diverso per ogni motorizzazione..." "ovvio!" "e allora in produzione il costo non ve lo posso fare uguale... e se poi un giorno cambiate i motori o le rapportature del cambio... bisogna cambiare anche i quadri strumenti. Ingegnere, un quadro di prova con le linee rosse ve lo faccio anche gratis, e se lo vogliamo rifare, glielo faccio trovare domattina sulla scrivania esatto come vuole lei. Ma se lo vogliamo mettere in produzione, la questione cambia..." "ah, sì... mmmhh, va be', niente, lasciamo perdere, tanto con voi non si ragiona. Tachimetro tutto bianco. E non se ne parli più!" "Bene, allora, buona serata Ingegner Rabaudengo". "Arriverderci" (voglio andare a lavorare a Stoccarda!) Storielle di fantasia a parte, la cosa ovviamente non poteva avere senso: le versioni base avevano diverse motorizzazioni (dal 1100 al 1400, fino al 1600 in certi mercati, più il 1.7 Diesel) e non mi risulta avessero tutte la stessa velocità massima... si andava dai 150 di 1100 e 1.7 D, ai 170 della 1.6. E che pensassero di fare un tachimetro diverso per ogni motore mi pare poco probabile. Brevissimo OT: Ai tempi c'era solo Mercedes Benz che utilizzava un tachimetro con delle indicazioni delle velocità max per ciascuna marcia, potendosi permettere di farli ovviamente diversi a seconda del motore e del cambio in dotazione; ed era indipendente dal fatto che ci fosse o meno il contagiri. Alcuni esempi: Tachimetro di una MB 190 con fondo scala 200 km/h e cambio 5 velocità (il limite in V non è indicato, perché tanto era di riposo, non poteva raggiungere regimi motore da zona rossa...): Tachimetro di altra MB 190 con fondo scala a 220 km/h e cambio a sole 4 marce: quindi indicazioni limite solo fino alla III... (e pendola al posto del contagiri... ) Fine OT su MB. Altra cosa strana di quella foto di Gente Motori, il volante. L'attacco del coperchio centrale sulle razze superiori mi pare un po' strano, come fosse staccato. Però... di nuovo, ci sono delle strane sfumature... Boh! Infine la plancetta posticcia sotto le bocchette: be', guardatevi questa foto. Prototipo di interni per versione base, roba semi-definitiva... Comunque, mai capita neppure io la tristezza assoluta di quella striscia vuota, peggio che mai quando ci infilavano appunto quel pulsantino triste e solitario dei fendinebbia anteriori. Però... credo lo ricordino in pochi, ma ad un certo punto FIAT trovò un modo per riempire quello spazio! Era il 1992 e FIAT presentò la Tipo 2.0 i.e. Automatic, versione con cambio automatico "tradizionale", vale a dire non la Selecta con cambio a variazione continua, già presentata un paio di anni prima.
  22. Queste foto con le loro incongruenze sono sempre un argomento tremendamente interessante! In quella foto di Gente Motori però... mah, caro @PaoloGTC, a me quei colori non convincono molto... tutti i dettagli colorati (lancette, clima, e anche la presunta "zona rossa" sul tachimetro...) mi sembrano tutti vagamente posticci. Ritoccare le foto per aggiungere o esaltare i colori era un classico per l'editoria del periodo! E quindi dubito possa avere un senso quella storia della zona rossa a 160... Ma proprio quei 160... ...ecco, mi hai fatto venire in mente una curiosità delle prime foto ufficiali pubblicate da FIAT: La strumentazione digitale della Digit/DGT era naturalmente tutta accesa come un albero di Natale, ma curiosamente il tachimetro segnava la "stratosferica" velocità di 160. Be', non era un numero casuale... Che numero di progetto è Tipo? Poi, quando fu il momento di rifare le foto perché avevano introdotto il logo sul volante e qualche altra piccolezza, Fiat optò per un più ragionevole e "legale" 130...
  23. Visto che recentemente sono state rivangate alcune storie e immagini di progetti mai nati, ho fatto un collegamento con questo topic notando come il tergi-monospazzola sembrava destinato a diventare un must per FIAT, se avessero mantenuto quello che girava negli anni Ottanta nei centri stili, ma anche nei muletti per strada... Proposte di stile per Tipo, 1983 (sia Giugiaro, in alto; che CS Fiat, in basso) Poi sappiamo che Tipo 160 nacque con due spazzole, e nelle proposte I.De.A. era stata così fin dall'inizio. Prototipo per erede 126 (progetto anni Ottanta variamente denominato "Micro", "Topolino" etc) Ancora monospazzola nelle maquette del successivo progetto 170 : La Cinquecento definitiva che nacque nel 1992, ebbe due tergi. Per l'erede della Uno, ecco un muletto di "Bino"... ...ma anche le proposte alternative sempre del CS Fiat (1988) E tutti sappiamo che anche Punto 176 ebbe due tergi...
  24. Grande! E' veeero, non la ricordavo più... Evidentemente il nome che hai scelto è del tutto meritato! Grazie mille. Considerando che quei disegni risultano più o meno coevi a questo concept, a me rimane una curiosità: questa linea è "nata" per il progetto futura A112 Autobianchi o era nata per questo concept e poi hanno provato a proporla per Autobianchi? A seconda della relazione temporale tra concept e disegni Autobianchi, ci vedrei tre possibilità: disegni nati per Autobianchi --> scartati nel progetto --> concept presentato al Salone di Torino con queste forme perché già cassate; disegni nati per Autobianchi --> concept presentato al Salone di Torino con queste forme per "saggiare" le reazioni del pubblico --> bocciatura proposta e/o revisione totale progetto sostituta A112; disegni nati per questo concept FIAT --> presentazione al Salone di Torino --> tentativo di Pininfarina (o richiesta di FIAT) di rielaborarle per progetto sostituta A112 --> nulla di fatto comunque. In ogni caso, per quanto non mi dispiacciano affatto, credo abbia fatto bene FIAT a non portare avanti queste proposte, perché a mio avviso si ponevano in sostanza sul solco già tracciato dalla Mini di Bertone. Certo un'evoluzione significativa, ma pur sempre su quelle idee di base.
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