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angeloben

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  1. Un'auto poco considerata dal punto di vista dello stile, la Renault 9, ma questa foto dice molto della storia di quel progetto, chiamato 142. Nonostante l'aspetto iper-conservatore del modello uscito in produzione, le storie che si leggono e in particolare i commenti di Robert Opron, allora responsabile dello stile Renault, raccontano di una ricerca molto avanzata nello stile, come tipico della Régie per quel tempo. Un lavoro condotto sia internamente che attraverso contributi esterni. La foto già ci presenta qualcosa di interessante, perché se il modello in primo piano "parla Renault" in tutte le maniere, quello in secondo piano "grida Gandini" altrettanto forte! Questo modello davanti proponeva linee che stavano nel filone R14-R18, ma anche Siete e poi anche Supercinque (che per inciso è attribuita a Gandini...): paraurti integrali in plastica, superfici levigate, linee smussate e ben raccordate. La maquette sullo sfondo invece è tutta linee tese, superfici piatte e spigoli vivi. Una delle innumerevoli proposte di Gandini sul quel tema stilistico (un giorno ci sarebbe da dedicare un intero thread a questo argomento!). Dicevamo che la ricerca dei designers era stata anche molto ardita. Alcuni disegni di Michel Jardin del 1978 ci mostrano soluzioni certamente innovative: Quella in alto in particolare, sembra vicina ad un'altra maquette del progetto 142, sempre del 1978 (gennaio, si direbbe dalla targa), estremamente originale e attribuita ovviamente a Marcello Gandini (notare sempre la targa, con le sue iniziali...): Purtroppo la qualità delle foto è pessima, ma siamo sempre lì; Gandini che reintepreta in chiave "berlina Renault a tre volumi" il tema della concept Ferrari Rainbow del 1976 e del prototipo Anadol-Reliant FW11 del 1977. Di un mese successiva è invece questa maquette, dall'aria ben "più Renault" (non ne conosco l'attribuzione purtroppo) e certamente meno estrema della proposta di Gandini, ma comunque portatrice di idee nientaffatto scontate: Il frontale dall'aspetto un po' anonimo, propone comunque l'idea dell'integrazione nel fascione in plastica del paraurti (un'idea nuova tipica delle proposte di molti designers di quel periodo, vista finalmente in produzione su Ritmo) mentre un'insolita forma a diedro incavato definisce una coda del tutto originale. E' inoltre una maquette asimmetrica e non passa inosservato il taglio verticale del finestrino posteriore del lato passeggero. Per me, infine, è interessante l'aspetto insolitamente solido per una francese, dovuto alla forma ben definita e piuttosto massiccia del profilo dei passaruota. E' noto che poi il progetto prese una piega estremamente tradizionale, guidato da due fattori: il Marketing, bruciato dall'esperienza R14 e ora totalmente proiettato sui risultati dei clinic test, in quegli anni ancora troppo influenzati dai gusti del momento e incapaci di coglierne l'evoluzione futura; l'acquisizione di AMC e i progetti di espansione nel mercato Nord Americano, a quei tempi dai gusti notoriamente conservatori. Disegni come questi riflettono certamente questa direzione, dove i guizzi di originalità sono ormai minimali, se non del tutto assenti: Con un risultato finale, se possibile, ancor più semplificato.
  2. Con questo depliant di FIAT Croma al lancio, ho scoperto una cosa che non avevo mai saputo! Riguarda la plancia... Bene, questa era la plancia "normale" della Croma come la conoscevo io... (qui in particolare la CHT, in allestimento strettamente di serie). Invece scopro adesso che Croma 1600 e Croma D, cioè le versioni base dell'ammiraglia di casa FIAT, avevano un allestimento specifico della plancia: Non vi aspettate chissà cosa, le differenze che ho notato sono piuttosto ridotte, esulando ovviamente dalla dotazione di accessori/quadro strumenti. In primis, la consolle di raccordo col tunnel centrale semplificata - e questo ci sta. Cioè nella Croma 1600 e D era così: Anziché così, come le altre più lussuose, che sul fondo della buchetta portaoggetti avevano anche un tappetino di moquette: Ma è soprattutto la pulsantiera a centro plancia che mi ha sorpreso davvero! Io ricordavo da sempre questa tastiera: E gli alzacristalli, invece, sul bracciolo della portiera (sulla prima serie in posizione alquanto scomoda, direi): E invece il depliant riporta questa immagine per la 1600 e la D, per me assolutamente anomala... Per escludere la possibilità di una differenza pre-produzione, naturalmente ho indagato e scoperto che le Croma "base" erano davvero così! In pratica, montavano i pulsanti dei vetri elettrici direttamente in plancia e accanto ad essi utilizzavano i classici pulsanti quadrati introdotti qualche anno prima con la plancia di Ritmo Super (e anche Ducato e poi su Uno, Prisma/Delta, Panda Supernova...). E accadeva sia che montasse vetri elettrici e chiusure centralizzate: ...sia che fosse "base-base" (cioè senza neppure alzacristalli elettrici e chiusura centralizzata, con 6 pulsantoni di cui ben 4 assolutamente inutili!) (foto difficile da trovare, tra l'altro, ché forse in Italia non si è mai avuto questo allestimento; nonostante quanto riporti il depliant di lancio postato da @multiplex, poi mi risulta dalla prova Quattroruote del 12/85 che alla fine il marketing italiano avesse deciso di fornire di serie il pacchetto alzacristalli elettrici anteriori + chiusura centralizzata anche sulle 1600 e D) Chiarita la veridicità della questione, mi rimane il tarlo del perché utilizzare due pulsantiere differenziate? L'unica spiegazione logica che mi sono dato, è una questione di puri costi; forse quei pulsantoni costavano meno (anche per i volumi di fornitura ad altri modelli del gruppo) rispetto a quelli più piccoli specifici di Croma (sebbene simili a quelli di Thema). E magari, in caso di installazione di vetri elettrici, due pulsanti soli a centro plancia facevano risparmiare la doppia pulsantiera sui braccioli, una per ciascuna portiera, come invece avevano i modelli superiori. Onestamente mi pare una complicazione produttiva inutile attorno ad un componente così piccolo, ma sappiamo tutti quanto la differenziazione in termini di costi/prezzi fosse tutto per Croma all'interno del progetto Tipo 4. P.S. Piccola digressione su questa pulsantiera: Ovviamente ha una stretta parentela con quella di Lancia Thema, per componentistica - pur con pulsanti di forma leggermente diversa - e impostazione, con quello strano spazio vuoto sotto ai pulsanti; be', Croma di quello spazio non ne fece mai di nulla... ma su Thema quella seconda "riga" fu utilizzata per i comandi delle sospensioni intelligenti: Scusate la foto minuscola, ma era così montata in plancia: E qui nella realtà della Lancia Thema V6 full optional del 1989 utilizzata dall'Avvocato Gianni Agnelli (attualmente in vendita su Autoscout , qui la sua storia) Quello spazio vuoto, tra l'altro, mi fa venire in mente la successiva FIAT Tipo (160), con quella mostrina normalmente vuota, che solo in presenza dei fendinebbia anteriori montava il "famoso" pulsantino isolato, simile a quelli di Croma (ma diverso e poi utilizzato anche su Uno 2a serie). Poi avevamo già visto in altra discussione che quello spazio fu utilizzato su Tipo per le indicazioni del cambio automatico.
  3. Verissimo, quella versione Lotus seppe creare un'aura particolare intorno ad una macchina che in pochi se la sarebbero filata altrimenti... E infatti mi ricordo ancora - primissimi anni Ottanta - quando io bambino ci vidi arrivare a casa nostra mio cugino grande, sui 25, uno cui piaceva la bella vita... Pur non vedendone quasi mai a giro (almeno dalle nostre parti), la riconobbi subito! Adesso non potrei più giurare se avesse proprio la Lotus (nei miei ricordi è così!) o magari una versione normale, ma l'aura di sportiva da "manici" era evidentemente quello che si percepiva e che rimaneva nella mente. Comunque auto interessante a vederla con gli occhi di oggi: al di là dell'immagine sportiva, l'ho spesso considerata un mezzo fallimento, ma in realtà fu un'operazione non poi così sbagliata quella di Chrysler: con poco sforzo riuscirono a offrire un modello che poteva essere percepito come variante compatta a 3 porte della Horizon. I numeri dicono che, pur senza la forza di General Motors, in 4 anni di produzione vendette poco meno di quella che era una concorrente diretta, vale a dire l'Opel Kadett City, nata appena 2 anni prima (e prodotta anch'essa per 4 anni), ma che dal punto di vista dello stile sembrava di una generazione precedente! Anche se, a onor del vero, ai numeri di Opel andrebbero aggiunti quelli della equivalente versione hatchback di Vauxhall Chevette, che in UK vendette assai... Sì, 100% Opel, della serie "OHC Four". Presentato a inizio 1982, sviluppato come variante Diesel del pari cilindrata a benzina della "Familiy II" uscito appena un anno prima. Diesel moderno e abbastanza apprezzato per l'epoca, ma nel tempo, senza particolari evoluzioni, perse terreno nei confronti della concorrenza. E parlando di Opel e di motori, grazie @multiplex per il depliant italiano dell'Ascona C, roba rara! Questo, stampato nel febbraio '83, riflette la seconda gamma italiana, rivista a cavallo tra '82 e '83. Oltre all'aggiunta delle nuove versioni Diesel (appunto...) e 1.8E CD, la filiale italiana decise di eliminare l'allestimento "Berlina" (il più raffinato prima dell'arrivo della CD, e sempre disponibile in altri mercati), sostituendolo con un allestimento arricchito della versione intermedia "Luxus". Un riposizionamento che in generale giovò alle vendite in Italia. Ma dicevamo il depliant... Be', evidentemente quella edizione della brochure riportava una tabella di specifiche con alcuni dati poco attendibili... e quelli di accelerazione clamorosamente sballati Giusto per riferimento, da vari siti si ricavano info più credibili: - la velocità max del 1.6S da 90CV era di 170 km/h (non 163...) - accelerazione 0-100 km/h: 1.3S (75CV) 1.6S (90CV) 1.8E (115CV) 1.6D (54CV) 15 s 12,5 s 10,5 s 20 s E in effetti questi motori furono tra i punti di forza Opel/GM in quegli anni, considerati tra i migliori in termini di rapporto prestazioni/consumi.
  4. Un altro aggiornamento, su un tema già accennato in alcuni post precedenti: la semi-ignota SEAT Rose. Qualche mese fa - sul sito periodismodelmotor.com - sono venute fuori informazioni più dettagliate su questo prototipo e sul progetto che ci stava dietro. Pur confermando la collaborazione con Suzuki, sull'effettivo contributo dei giapponesi poche notizie sono disponibili. Solo si menziona la firma del protocollo tra le due aziende il 24 Luglio del 1992, per lo sviluppo di un modello comune da produrre in Spagna in circa 150.000 unità l'anno, oltre al probabile utilizzo di un motore a 3 cilindri da 1 litro e circa 60 CV, da produrre in Spagna anch'esso (come l'auto), ma nella fabbrica Santana di Linares in Andalucia, con la quale notoriamente Suzuki già aveva accordi per la produzione in loco dei suoi fuoristrada. Dettaglio che assieme all'architettura del motore (ai tempi i piccoli tricilindrici erano quasi esclusiva dei marchi giapponesi) ci fa ipotizzare che il motore dovesse essere sviluppato da Suzuki. Comunque, oltre a queste scarne informazioni, è stata pubblicata una bella carrellata di foto sullo sviluppo di questo prototipo, oggi presente nella cosiddetta Nave A122, il deposito di veicoli storici di SEAT a Barcellona. Partiamo allora da qualche disegno, di cui purtroppo non riesco a capire né l'anno, né l'autore (Pilsbury?? non trovo nessuna notizia/collegamento con un simile cognome). Nonostante mostrino la sola versione 3 porte, sono disegni interessanti perché di una fase già sufficientemente realistica, e con una qualche vaga somiglianza con il concept Volkswagen Chico del 1991. Ma anche per i loghi sulla targhe... Il primo disegno recita "ROSE" ed è il nome con cui oggi viene identificato il prototipo, ma a me suscita qualche domanda: SEAT in quegli anni aveva già stabilito la regola di denominare i propri modelli secondo note località spagnole, ma non esiste alcun luogo in Spagna esattamente con questo nome. Era quindi solo un nomignolo interno? Stranamente, la piccola che poi prese il posto di questo progetto, la Arosa (località della Galizia), ha una certa assonanza. Ma è altrettanto curioso l'altro disegno che riporta "600": semplice riproposizione del nome della storica utilitaria FIAT/SEAT, come aveva appena fatto FIAT con la Cinquecento? O magari proprio un'ipotesi di cilindrata da un piccolo motore nipponico? Infine l'accoppiata di bandiere che indica inequivocabilmente la collaborazione ispano-giapponese (o nippo-spagnola?). Andando avanti, in un periodo imprecisato, ecco l'inizio della fase di modellazione delle maquette: ...che via via prende forma... ...aggiungendo sempre più dettagli... ...ed eccola qua bella e finita! E dall'altro lato, eccola anche a 5 porte! Maquette ovviamente asimmetrica, di cui possiamo apprezzare la coda in quest'altra vista: Si passa anche attraverso le classiche prove con l'applicazione di semplici fogli disegnati per differenti soluzioni del frontale: Per passare poi ad una seconda maquette che sviluppa un tema leggermente diverso, non solo nel frontale, ma anche nelle linee della fiancata, con passaruota bombati: ...e coda più verticale: Qui ormai semifinita, con passaruota decisamente meno accentuati: E finalmente completa e verniciata, ancora una volta asimmetrica, mostrando qui la fiancata della soluzione a 3 porte: Mentre si lavorava agli esterni, anche l'abitacolo seguiva i suoi sviluppi, con uno stile che mi sembra più di impronta giapponese che europea, soprattutto se si pensa agli abitacoli delle SEAT coeve, decisamente teutoniche nell'impostazione e nella componentistica: Il prototipo finale tuttora conservato da SEAT, pare comunque avere una plancia diversa, che per l'aspetto della componentistica e per l'adozione di questo cambio automatico, potrebbe confermare ancor più l'origine sostanzialmente giapponese della meccanica: E finalmente torniamo al prototipo conservato da SEAT, con queste nuove foto più ravvicinate, prese nei depositi: Non sono certo che si tratti di maquette marciante (ne dubito, sia perché asimmetrica, sia per dettagli come i vari fanali che non sembrano veri, oltre ad essere - quelli posteriori - attaccati "con lo sputo" ), probabilmente è statica anche questa, ma è chiaramente un altro oggetto rispetto alle maquettes "piene" viste prima. Questa sembra un'evoluzione della seconda, ma con frontale chiaramente diverso, così come come altri dettagli. Forse questo è il momento di partenza della realizzazione di questa maquette see-through: Qui sotto eccola ancora nella sua attuale collocazione della "Nave A122" di SEAT; - ancora dal lato 5 porte: - e infine di coda, dal lato 3 porte: Da capire, da queste ultime due immagini (da Motorpasion.com), il senso di quella scritta sotto al nome "ROSE", in cui mi pare di leggere "S003"... Come mai allora questa Rose non vide mai la luce? Suzuki intorno al 1995 si ritirò dall'intesa, per i problemi economici suoi e dello stesso gruppo Volkswagen di quel periodo. Il progetto ovviamente fu chiuso e SEAT vide nascere la sua nuova piccola quasi omonima (la Arosa) solo un paio di anni dopo, dal progetto comune con Volkswagen Lupo.
  5. Su questo curioso prototipo di Seat Ronda a due volumi e mezzo, ho trovato altro materiale informativo e fotografico. Secondo la fonte (un articolo di Ivan Vicario Martin, su Escuderia.com) parrebbe sviluppato nel 1984 anziché nel 1982, dal team di Antoni Miquel nella sede storica SEAT di Zona Franca a Barcellona. Tra le cose interessanti, il fatto che questo prototipo sarebbe stato pensato per adottare il motore due litri della "CRONO 2.0", modello del 1984 realizzato in tiratura limitata di 500 esemplari, pare con lo scopo di smaltire delle scorte di tale motore della SEAT 131. E comunque la versione "CRONO" era evidentemente il modello di partenza di questa "SPORT", che ne riprendeva gran parte dell'allestimento esterno. Al di là dell'ovvia differenza nella coda, dalle foto si possono vedere comunque alcune differenze specifiche, tra cui il frontale con calandra con listelli a contrasto e corredato di numerosi fanali aggiuntivi, nonché i paraurti parzialmente in tinta (mentre su tutte le Ronda sono sempre stati tutti in plastica grezza). Oltre a ciò, nelle varie foto si possono notare le prove di piccole varianti su particolari puramente decorativi come le fasce laterali nere più o meno estese, o la cornice inferiore dei finestrini colorata in nero come sulle prime "Crono" e poi lasciata in tinta carrozzeria; e poi i cerchioni monocolore o con doppia colorazione nero/argento, o altri dettagli come i ripetitori laterali degli indicatori di direzione (assenti, o circolari in alto, poi rettangolari più in basso), o la presenza o meno dello specchio destro o dei paraspruzzi; o infine la vistosa fascia rossa in coda con la scritta "CRONO 2000": Infine la variante più evidente, la verniciatura della carrozzeria: oltre al colore grigio chiaro metallizzato, esistono foto di questo esemplare in giallo paglierino: Io ho il dubbio che possano essere lo stesso prototipo, colorato o allestito in modo differente in tempi successivi; ma secondo la fonte sarebbero due esemplari diversi, in ogni caso poi andati persi entrambi. Parere del tutto personale - e ovviamente non supportato da alcuna analisi di costi/benefici - ma questa carrozzeria due volumi e mezzo non era venuta male e sarebbe stata una reale ed efficace differenziazione da FIAT Ritmo.
  6. Dicevamo che dopo il primo approccio al mondo off-road con il progetto VVA, Renault intese correggere il tiro con un nuovo programma chiamato VGR (Véhicule de Grande Randonnée, traducibile con "veicolo per grandi escursioni"), sempre sviluppato presso il BEREX. Messe da parte le idee più innovative e futuribili, l'obiettivo era adesso studiare un mezzo per fuoristrada ispirato in modo più esplicito al modello che in quegli anni rappresentava il riferimento quasi unico per il concetto di fuoristrada "civilizzato", vale a dire la Range Rover. Da riscalare comunque verso un target non di lusso, ma più generalista. La meccanica diventava a trazione integrale inseribile - anziché permanente come il VVA - e questa volta Renault arrivò a finalizzare due maquette a scala reale, entrambe visibili nella foto sotto, messe una accanto all'altra.. Una è disegnata da Piero Stroppa del centro Stile Renault di Rueil-Malmaison: Apparentemente realizzata nella sola configurazione a 5 porte su entrambi i lati, mostra un originale effetto bicolore creato da un fascione protettivo a tutto tondo e particolarmente alto, a inglobare anche fari e calandra. Lo stile è piuttosto massiccio, sebbene moderno e levigato, con particolari originali come le maniglie porte incassate e gli specchi di foggia aerodinamica (paiono simili a quelli di R14...). All'interno, una plancia piuttosto massiccia, con leva del cambio a portata di mano sulla zona sollevata della consolle centrale: Di questo modello è stato realizzato anche un prototipo marciante, con alcune variazioni e necessari adattamenti: L'altra maquette è attribuita invece al designer italiano Marcello Gandini, che anche per questo progetto fu coinvolto da Renault come consulente. L'aspetto è ancora più vicino a quello di Range Rover, ma con superfici più tese e moderne ovviamente. La maquette in questo caso pare asimmetrica, con una sola portiera lato guidatore, ma il disegno mostra analogie con l'altra proposta comunque: dalla scelta dei colori, alla presenza di un ampio fascione paraurti integrato, che in questo caso però corre solo sulla parte bassa della fiancata. Curiosamente però, fari maniglie e calandra sono anche qui incorniciati da protezioni del medesimo fascione in materiale plastico. I tocchi di originalità non mancano, con la ripetizione in più punti del tema del rettangolo con estremità a semicerchio (sui cerchioni, sulle maniglie delle portiere, e le protezioni per fari anteriori e posteriori, la calandra, il vano portatarga sul portellone...), talvolta creando delle piccole asimmetrie. Non vorrei dire una solenne castroneria, ma sullo sfondo mi pare di riconoscere proprio Gandini (sulla destra, con la cravatta) con Robert Opron (sulla sinistra, col papillon...) Questo modello porta una firma italiana anche all'interno. L'abitacolo presenta infatti quella che sembra la messa in opera della seconda proposta di Mario Bellini vista nel post precedente, basata sul tema del modulo rettangolare, con linee squadrate e superfici piatte. Rimane l'idea delle poltrone girevoli, mentre al centro, tra i sedili anteriori, pare trovare posto un modulo scorrevole (si intravede nella foto in alto), forse utilizzabile come contenitore, bracciolo, tavolino o magari addirittura come terzo sedile... La fiancata lato guida della maquette di Gandini è visibile in queste altre foto, che ritraggono il modello su strada (pare un'area privata, con un che di italiano nell'ambiente...). L'allestimento è chiaramente riadattato, con alcuni dettagli semplificati tra cui l'eliminazione dei particolari e delle protezioni in plastica scura come fascioni, calandra ecc. La targa pare dire "maggio 1981". Potrebbe essere il momento in cui Renault fece un clinic test a Zurigo, in Svizzera, mettendo a confronto i due modelli del programma VGR (quello di Stroppa e quello di Gandini/Bellini), più un terzo veicolo... ...e torniamo così all'inizio, quando abbiamo accennato alla vicenda americana di Renault e AMC. Il terzo incomodo nel test svizzero è proprio il progetto "XJ" di AMC, quello per il nuovo Cherokee, che ormai era quasi pronto e che uscì vincitore dal confronto. In sostanza Renault valutò che - in una visione di gruppo industriale ormai consolidato - non c'era spazio o non sarebbe stato conveniente portare in produzione due modelli così vicini come concetto e collocazione sul mercato. Il piccolo Cherokee, con il suo stile moderno, le caratteristiche meccaniche "da automobile" (monoscocca), i pesi e le dimensioni compatte, sarebbe stato perfettamente in grado di competere anche sul mercato europeo, per di più con un marchio e un'immagine, quella di Jeep, anche più appetibile di Renault in quello specifico segmento. Così venne chiuso il programma VGR e finalmente, nel settembre 1983, il Jeep Cherokee fu presentato sul mercato americano, mentre le vendite in Europa iniziarono nel 1985, tramite la rete Renault e prevalentemente con il motore turbodiesel fornito proprio dalla casa transalpina. L'accordo di distribuzione con Renault andò avanti fino al 1992, quindi anche dopo che questa - nel 1987 - aveva già rivenduto AMC e Jeep a Chrysler. Fonti: Renault Histoire, Lignes/auto, CarDesignArchives, Renault Concepts.
  7. Be', la maquette esisteva anche in allestimento "liscio": In realtà... sì, i francesi riuscirono a sviluppare il segmento in questione, solo che lo fecero attraverso un marchio di loro proprietà, ma non francese. E giusto per sgombrare il campo dai dubbi, si tratta del Jeep Cherokee XJ, quello degli anni Ottanta! La storia è piuttosto interessante e - come sempre - alquanto complicata... Come è noto, già dal 1978 Renault aveva stretto un primo accordo commerciale con AMC - proprietaria anche di Jeep - e subito dopo, nel 1979, i francesi avevano acquisito il 22% di AMC. Nel frattempo, era stato avviato il progetto per la sostituta delle vecchie Cherokee e Wagoneer, e Renault aveva già messo alcuni suoi uomini in ruoli chiave del progetto... Ma non era tutto. Forse proprio per il coinvolgimento nei mercati americani, i francesi della Régie avevano davvero realizzato il potenziale dei veicoli "ricreativi" per gli anni a venire, non solo in America. E quindi si erano mossi anche in casa propria, per sviluppare qualcosa di specificamente europeo. Ma il 1979 è anche l'anno in cui nasce il BEREX (Bureau d’Etudes et de Recherches EXploratoires), filiale Renault dedicata a progetti avanzati. E' basata a Dieppe, sede storica di Alpine in Normandia, e fonde parte dell'ufficio studi di Alpine con parte dei tecnici di Renault Sport. Ed è proprio al neonato BEREX, presieduto da un giovane Georges Douin (che poi farà carriera in Renault), che la Régie affida un nuovo programma, denominato VVA (Véhicule Vert Alpine). Si tratta di un progetto per un veicolo che voleva interpretare il concetto di "fuoristrada" secondo le tendenze che si potevano immaginare per la clientela europea degli anni Ottanta. Quindi 4x4, sì, ma con dimensioni relativamente compatte, linee quasi automobilistiche e pesi contenuti per consumi in linea con le aspettative post-2° shock petrolifero. I tecnici del BEREX lavorarono quindi su un veicolo con scocca autoportante, con sospensioni indipendenti e trazione integrale permanente ricavata da una trasmissione del Trafic. Sempre al Berex, Yves Legal si occupa degli interni, in competizione con l'architetto italiano Mario Bellini (quello della plancia "gruviera" di Lancia Beta...), cooptato dal Centro Stile Renault di Rueil-Malmaison, nell'area parigina. E' il medesimo centro dove, sotto la guida di Jean-François Venet, i designer Michel Jardin e Piero Stroppa si occupano dello stile esterno e dove, nel Novembre 1979, viene approntata la maquette a scala 1:1 vista sopra. Maquette di cui vi ripropongo altre viste qui sotto, che ci rivelano come ovviamente fosse un modello asimmetrico, già pensato per configurazioni sia a 3 che a 5 porte: Al di là di alcuni dettagli molto legati al design di quell'epoca (vedasi le fasce zigrinate attorno al lunotto in stile Fuego, o il modulo frontale "giugiaresco" con la cornice di plastica attorno a fari e calandra), mi colpisce l'estrema modernità di questo modello, sia nello stile generale che nei dettagli. L'impostazione estetica è automobilistica, decisamente "civile", sebbene rialzata e con ampie protezioni. Per un veicolo fuoristrada dell'epoca, sorprende la cura aerodinamica: oltre al cofano molto spiovente, si notino la portiere con cornici a tetto (anch'esse molto "Giugiaro") o le maniglie a filo carrozzeria, o anche paraurti e fascioni assai integrati e uniformi. E poi il tocco dello scalino sul finestrino anteriore. Insomma, a me sembra anticipare concetti e linee di almeno 10-15 dopo; penso al Nissan Terrano II o alla prima Honda HR-V, e poi in generale al concetto attuale di SUV. Mario Bellini, oltre al lavoro sugli interni, aveva proposto idee anche sul corpo vettura del VVA, dall'impostazione ancora più "crossover" se si vuole: (© Mario Bellini Archive) Di questo modello colpisce il frontale con i quattro (+2) cerchi, che ricorda alcune proposte di Marcello Gandini di un lustro precedenti (per Renault Master e NSU/Audi K50). Che ci fosse di mezzo Gandini anche qui? Altro studio di Bellini per VVA, più orientato alla ricerca di concetti innovativi, soprattutto nelle soluzioni di abitabilità e accessibilità: (© Mario Bellini Archive) Più che al fuoristrada, qui sembra di essere più vicini al concetto di multivan, che proprio in quegli anni occupava le scrivanie dei centri di sviluppo di svariate case automobilistiche nel mondo. E ricordiamo anche che Bellini è anche il padre del concept "Kar-a-sutra" del 1972... Che in questo progetto VVA l'attenzione agli interni fosse almeno pari a quella per gli esterni, è testimoniata dalla varietà e qualità delle proposte realizzate. La "fruibilità" sembra essere stato il concetto fondamentale da sviluppare. Riprendendo le forme esterne del prototipo Berex, ecco la maquette di abitabilità di Yves Legal, creata sempre al Berex: Forme, materiali, colori... tutto sembra decisamente innovativo per un fuoristrada (e non solo...). Ma ciò che sorprende di più sono le soluzioni "multi-uso" come i contenitori con coperchi colorati integrati nelle pannellature, le poltrone anteriori girevoli, o i sedili tutti indipendenti e abbattibili (a tavolino o del tutto), fino addirittura al sistema integrato per montare due brande nell'abitacolo! Insomma, idee e soluzioni molto "avanti", che non andarono persi con questo progetto, bensì riproposti (almeno parzialmente) proprio da Renault con la successiva Espace. Anche dal lato consulenti ingaggiati dal Centro Stile Renault, le idee furono più che interessanti. Una prima proposta di Mario Bellini: (© Mario Bellini Archive) Anche qui, interessanti soluzioni che ricordano più l'ambiente da multispazio che quello da fuoristrada: dai sedili puramente automobilistici (paiono quelli di modelli di produzione Renault del periodo), all'aspetto molto "arioso" e pratico, con l'ampia superficie a mensola, la palpebra sul cruscotto della strumentazione, e i grandi sportelli in plancia per i cassetti portaoggetti, tutto rivestito da ampie imbottiture e soffici materiali. E poi i dettagli dell'autoradio a scomparsa, con addirittura i comandi al volante! E infine il posacenere "appeso" sulla barra cilindrica della mensola... Curiosamente, più di uno spunto per realizzazioni successive, non solo di Renault, anzi. Seguendo poi un'impostazione più tipicamente da fuoristrada, ecco un secondo studio sempre di Mario Bellini: (© Mario Bellini Archive) Qui si nota soprattutto la modularità delle sedute, con le poltrone laterali uguali, sia davanti che dietro e il modulo centrale probabilmente presente anche nella fila anteriore, per una possibile configurazione 6 posti, come si potrebbe intuire dalla prima foto, dove sembra con lo schienale abbattutto in avanti, a formare un ripiano centrale poggiabraccia e portaoggetti (stile Multipla...). E questo era il progetto VVA (Véhicule Vert Alpine), che - giudicato troppo costoso - fu bocciato come tale per essere riformulato in un successivo progetto, forse meno ambizioso, ma più concreto, denominato VGR (Véhicule de Grande Randonnée), oggetto del prossimo post... Fonti: Renault Histoire, Lignes/auto, CarDesignArchives, Renault Concepts, Mario Bellini Archive.
  8. Certo Paolo, nelle plance rinnovate del 1986 - quelle simil-Prisma per intendersi - sì, il trip computer occupava quella posizione. E come dici tu, pare che solo la "GT i.e." potesse averlo, proprio assieme al "control system" (cioè il check panel) che stava sopra. Le altre versioni o non avevano nulla, o il solo check panel, o questo con gli strumenti supplementari delle sportive. Ma il problema di @v13 era che aveva visto il computerino sulla vecchia plancia, quella squadrata di Giugi. E lì non siamo riusciti (io almeno) a trovare con certezza dove fosse sistemato...
  9. Nel topic sui progetti Tipo 2-3 è tornata fuori una questione che dagli anni Ottanta del secolo scorso attanaglia la mente di @v13 ... Si tratta del mistero sul Trip computer di Lancia Delta, che v13 ormai qualche annetto fa aveva portato all'attenzione del forum proprio in questo topic: Be', colto ormai dalla insistente curiosità, mi sono messo a fare un paio di ricerche e ho trovato ulteriori conferme che questo accessorio è esistito realmente, ma per pochissimo tempo. - Manuale d'Uso Lancia Delta, 1984, prima edizione (maggio): - Già nella 4a edizione dello stesso anno del manuale, le pagine sul trip computer sono scomparse: - Che si tratti di qualcosa di realmente messo in produzione, lo testimonia anche il fatto che una sezione apposita è stata dedicata anche nel manuale di officina (qui la composizione al 1988, con la sezione 55 in cui si parla proprio del nostro accessorio): Rimane a questo punto il dubbio di come e dove fosse questo benedetto Trip Computer! Purtroppo non sono riuscito a trovare immagini e riscontri diretti su Lancia Delta, ma... ...cerca cerca è spuntato questo! Lancia Delta S4 Stradale : ecco, lei aveva questo computerino in plancia: E andando per analogia, ho cercato sempre tra la parentela più stretta, ed è spuntato anche questo! Lancia Prisma: stesso modulo come struttura e dimensioni, ma questo Trip Computer sembra una versione leggermente diversa e più evoluta di quello visto sopra su S4, con funzioni aggiuntive sui consumi in particolare: Il quale, per via di alcune grafiche e funzioni, mi ha fatto subito pensare alle versioni ancor più evolute e integrate (ma altrettanto rare...) dei Trip Master coevi di: - Fiat Uno SL - Autobianchi/Lancia Y10 (con strumentazione "Solid State") Quindi, purtroppo rimaniamo senza prove dirette di come era il Trip Computer di Lancia Delta, ma abbiamo abbastanza materiale per confermare: - la sua esistenza (depliant originali, listino Quattroruote, manuali d'uso e di servizio) - il suo periodo di disponibilità (pochi mesi, max un anno attorno al 1984) - il suo probabile aspetto (o quello di Delta S4 o quello di Prisma visti sopra) Sulla posizione... be', qui ci mancano certezze. Però, vista la forma e dimensione del modulo, pare ragionevole affermare - come suggerito da @lelasquez - che avrebbe dovuto trovare posto nel pannellino sopra al posacenere; che però implicherebbe l'adozione della nuova console centrale estesa introdotta nel 1983 per la nuova versione HF Turbo, e che non mi pare di aver mai visto du altre versioni. Altrimenti... boh! Il depliant della nuova gamma 1983, nella pagina dietro dice anche che era optional per la 1500 Automatica e la GT 1600. Alla pagina dedicata alla GT, comunque riporta la disponibilità di "un avanzatissimo trip computer, abbinato all'orologio digitale (di serie) e che fornisce in tempo reale informazioni sulla velocità media, il tempo di viaggio, la temperatura esterna..." Non parla di consumi, autonomia etc, quindi sembrerebbe paragonabile a quello visto su Delta S4. Intende dire che è una versione evoluta dello stesso orologio che sta sulla plafoniera? Mi pare strano, però una prova della rivista inglese "Motor" riporta quanto segue, facendo pensare che sia davvero così... Rimane il mistero, ma basterebbe recuperare le pagine di quei manuali di uso o di riparazione...
  10. Di queste numerose e interessantissime immagini dello sviluppo di Corsa B - postate un annetto fa da @DOssi, che ringraziamo per la capacità di trovare e condividere continuamente simili informazioni e immagini - colpisce la quantità di maquettes a scala 1:1. Voglio dire: idee e proposte ancora così numerose e diverse tra loro, in altre situazioni si sono viste realizzate e valutate in una fase precedente, e con meno costosi modelli in scala 1:5. Per poi, una volta fatta la scrematura, passare ai confronti su maquette a scala naturale. In questo caso invece, Opel sembra non aver lesinato! Colgo poi l'occasione per aggiungere un paio di immagini. Purtroppo non sono di gran qualità e non so neppure prese da dove provengano, anche se evidentemente si tratta di scansioni da qualche pubblicazione (qualcuno sa quale?). Però mostrano altri interessanti disegni e modelli della fase di sviluppo di Corsa B: Mi piace quel disegno in alto a sinistra con la terza luce a triangolo smussato; e mi incuriosisce anche la maquette a sinistra al centro, con il montante/parafango posteriore nero a contrasto, un po' stile Smart ForFour (o nuova Kia Niro, se volete...) Qui sotto altre maquette ancora, a confronto con il modello reale della prima generazione. Modelli e didascalie confermano la direzione ormai intrapresa di differenziare la carrozzeria tra versioni 3 e 5 porte. Infine due cosine - nuove scoperte per il sottoscritto - a proposito di Corsa B. In realtà si tratta di concept... Mai andati in produzione, vero, ma non esattamente sconosciuti o mai visti, perché in effetti presentati al pubblico in modo ufficiale. Be', andando al sodo, molti ricordano i concept "Scamp" e (forse meno) "Scamp II", presentati nel 1993 e nel 1994 rispettivamente, e tuttora conservati nel museo/scantinato Opel di Russelsheim. Agevoliamo fotine... Scamp (1993) Scamp II (1994) Anticipavano in Europa la tendenza crossover-SUV-rialzetta poi affermatasi negli anni successivi. Ignoravo però l'esistenza di una, anzi due, concept molto simili, ma di origini un po' diverse... ...ecco quindi la Corsa Tonga! 1995, Brasil Motor Show. Chevrolet ha presentato la nuova Corsa per il mercato sudamericano l'anno precedente e pensa ad una operazione show car simile a quella fatta da Opel con la Scamp. L'idea è simile, una versione fuoristradistica della Corsa, ma la concept carioca è specifica, differente da quella europea: Fatto curioso, l'anno successivo GM decise di portare questa show car anche in Europa, presentandola al Salone di Torino del 1996 rimarchiata Opel ! E nel 1998 anche i brasiliani di GM raddoppiarono, con la Tonga 2, facendone stavolta la versione station wagon (che ricordiamo era una carrozzeria prodotta esclusivamente in Brasile, anche per i mercati internazionali). Chevrolet non la portò in produzione, ma anticipò e avrebbe potuto essere una reale concorrente della Fiat Palio Weekend Adventure, presentata nel 1999...
  11. Vedendo come quei paraurti in plastica delle maquette del projet 120 non abbiano avuto seguito nelle R30/20 di produzione uscite nel 1975, riflettevo sul perché di questa decisione. Soprattutto perché - già nel 1972 - erano stati invece introdotti sulla fortunata R5. Quindi non era un motivo di costi. Più probabilmente il motivo stava nella percezione che in quegli anni ancora si aveva di questa soluzione tecnica. La plastica era considerato un materiale "di sostituzione", un'imitazione di altri materiali più nobili e costosi (pelle, legno, metallo). E se poteva essere accettabile su un'utilitaria sia per ragioni di economia che di praticità d'uso in città, evidentemente nella prima metà degli anni Settanta ancora non pareva la scelta migliore per auto di categoria superiore. La stessa "regressione" tecnica avvenuta tra maquette e modello di produzione, in realtà era già avvenuta anche per altri modelli Renault del periodo: un paio di anni prima, nel 1967, una maquette realizzata da Gaston Juchet per il "programme 131" (la futura coupé R17), proponeva già i paraurti in materiale sintetico dal profilo simile a quello del projet 120 : Nonostante lo spirito certamente più innovativo e tecnologico di questa coupé rispetto all'ammiraglia, Renault intraprese comunque una strada più prudente con il paraurti in metallo, sebbene nell'originale forma ad anello ad incorniciare fari e calandra. Dieci anni dopo, però, riecco un altro progetto di Renault per una coupé e un altro tentativo di utilizzare i paraurti in polipropilene. Siamo a inizio 1977 e da non molto è arrivato Robert Opron a guidare il centro stile della casa francese. Anche a lui piace l'innovazione e - tra i tanti progetti - si cimenta in una proposta per una piccola e originalissima coupé basata sulla R5 del periodo. Si tratta del "projet 143", in cui l'uso della plastica - pur assai esteso per il periodo - sembra quasi l'aspetto meno innovativo della maquette! Con linee e soluzioni così radicali, si potrebbe pensare all'idea per un concept, ma non era affatto così; si trattava di uno studio molto concreto, pensato per il mercato e la produzione, ma ovviamente non ebbe il via libera. Renault preferì puntare sulle versioni sportive della R5, si può dire con ragione. Restando in tema coupé, passa un altro decennio e ovviamente i paraurti in plastica sono ormai divenuti uno standard; ma l'ennesima coupé in sviluppo presso i centri di design della Régie, resta negli scantinati. E' il 1987 e Renault ha appena venduto i suoi rami americani (AMC/Jeep) a Chrysler. Nell'accordo rientrano anche i modelli Renault sviluppati appositamente per il mercato nordamericano, tra cui la nuova berlina Premier, ormai in produzione e messa sul mercato con il marchio Eagle. Nel 1988 è previsto però anche il lancio della sua derivata coupé, il progetto D59 ormai quasi pronto. Disegnato sempre da Giugiaro, ha già dei prototipi definitivi e addirittura un nome ufficiale: "Allure". Solo che Chrysler decide di non finalizzare il progetto e accantona uno dei prototipi nei suoi scantinati a Detroit, eredità - priva ormai dei loghi originali Renault - giunta fino a oggi al gruppo Stellantis... Fatto curioso, anche nei magazzini dell'impianto Renault di Billancourt in Francia era rimasto almeno fino al 1992 un prototipo "fratello" di quello americano. Diverso per colore e cerchi, nelle foto manca anch'esso dei loghi Renault (oltre che dei proiettori davanti), ma la sua fine è ignota. Fonti: - più immagini e notizie sullo sviluppo dei progetti R15 e R17 li potete trovare al seguente link - lignesauto.fr - Losange magazine
  12. Se colgo in modo giusto l'ironia, onestamente non mi trovo del tutto d'accordo... Intendiamoci, non sono mai stato un fan della 166 (la berlina intendo) e questa possibile versione coupé non mi dice molto di più. Ma da qui al paragonare questo modellino di 166 coupé - un po' scolastico, ma onesto - alla (di)sgraziata Kappa coupé... ce ne corre! Comunque, vale sempre il de gustibus... Passando a tutt'altro, aggiungo invece una foto d'epoca che ho incrociato nei meandri della rete:* Non credo abbia bisogno di grandi presentazioni, ché qui nel forum tutti sono esperti dell'auto voluta da Dio. Mi interessa semplicemente notare come la foto ritragga in modo esplicito il lavoro di trasformazione della originaria Giulietta in Alfa 75. * (Non chiedetemi l'origine o la fonte, perché non ne ho idea, purtroppo. Io non la ricordavo e mi perdonerete se magari era già passata nel topic.)
  13. Un aggiornamento sui travagliati progetti che portarono alla coppia R30/R20. Intanto, per chi vuole rileggersi i post precedenti in merito: pagina 21 (angeloben) pagina 22 (PaoloGTC) pagina 22 (angeloben) Ed ora le novità (si fa per dire, è roba di oltre 50 anni fa! ), cominciando con una riordinata alla cronologia di questi progetti. Purtroppo rimane materia un po' fumosa, ma nei post precedenti era sicuramente imprecisa. Nel 1968 si parte col "projet 120", ammiraglia da 4,70 m, motore V6 (probabilmente erano previsti anche dei 4 cilindri), trazione anteriore. Intorno al 1970 compare il "projet R", per un'aùto più corta e stretta - attorno ai 4,5 m - il cui sviluppo viene portato avanti in parallelo alla 120, almeno per un certo periodo. In un momento non precisato tra il 1971 e 1973, appare infine il "projet 127", considerato una sintesi dei due precedenti - che rimpiazza entrambi - e in seguito rinominato "X27". Bene, al momento questo è quanto sono riuscito a ricostruire mettendo insieme le informazioni di varie fonti, la più robusta delle quali è la rivista Renault Histoire. Detto ciò, aggiungiamo alcune nuove immagini a corredo. Partendo dalla 120, ecco altre foto delle maquette realizzate nel 1969: Praticamente la stessa maquette con i doppi fari tondi già vista nel post di pag 21, qui in versione con fari rettangolari. Maquette che - da queste due foto sotto che ne mostrano il lato guida - scopriamo essere lievemente asimmetrica, per via della differente soluzione del paraurti posteriore e della lavorazione della lamiera sulla zona bassa della fiancata: Interessante il confronto con questa tavola: ...con questo schizzo: ...e con questo disegno di Gaston Juchet: (da juchet.fr) Riguardo al Projet R, ecco invece una foto di migliore qualità di quella maquette del 1970 già mostrata nel mio post di pag. 22 (e che avevo attribuito al progetto 127, a quanto pare erroneamente): (foto da Renault Histoire) Ed ora un aggiornamento sulla questione "Giugiaro & R30", che avevo accennato nei post precedenti. A gennaio di quest'anno CarDesignArchives ha pubblicato un interessante post che conferma il coinvolgimento di Giugiaro in questa intricata storia. Dagli archivi personali del designer Renault Robert Broyer (quello della R12, per intendersi), sono uscite queste tavole realizzate da Ital Design nel 1971 per Renault: Un primo commento: l'anno 1971 è riportato dalla fonte (che anzi indica addirittura la data esatta: 9 febbraio 1971), ma almeno in queste immagini non si vede. Si vede però la scritta "127". Torna quindi il problema di capire quando il progetto 127 sia effettivamente nato. Le pubblicazioni Renault indicano in genere il 1972 o '73, mentre qui sembrerebbe anticiparsi di almeno un anno... Commento n.2 : ufficialmente il design finale di X27 non è attribuito a Giugiaro, e questa proposta sarebbe stata scartata da Juchet; ma per me queste tavole sono interessanti perché mostrano l'introduzione di un linguaggio più definito, solido e geometrico rispetto alle maquette di "120" e "R", segnando in effetti un'evoluzione verso quella che poi fu la R30/20. Commento n.3 : curiosa la denominazione "R18" sulla coda dell'ultimo disegno: evidentemente il nome-numero da assegnare all'erede di R16 non era ancora chiaro... Commento n.4 (e ultimo...) : strana la differenza di "mano" tra la tavola dei prospetti in alto - tipicamente Ital Design e ben realizzati - e i disegni di 3/4 in basso, resi con una rigidità e pesantezza che la fanno sembrare quasi un modello diverso. Mah! Per finire, un bozzetto di Gaston Juchet per il progetto 127/X27 nel suo aspetto sostanzialmente definitivo:
  14. Prendo spunto dall'improbabile Serie 8 Speedster qui sopra per ricordare la ben più nota versione "normale" della cabriolet su base BMW E31, di cui purtroppo non c'è più traccia di foto nei messaggi più antichi della discussione. Adesso si trovano immagini a bizzeffe del modello superstite, esposto nel museo BMW; perciò aggiungo qui solo alcune immagini storiche dei prototipi realizzati e utilizzati a suo tempo. Qui la maquette definitiva: In questa foto sopra, oltre alla capote chiusa, si nota il deflettore sui finestrini anteriori, assente nella maquette aperta. Deflettore che compare anche in questo prototipo camuffato e portato in strada: Infine il prototipo in rosso che potrebbe essere il medesimo oggi esposto al museo. Chiudiamo ora con un po' di storia, giusto per inquadrare il contesto. La E31 Cabriolet fu un progetto sperimentale avviato da BMW subito dopo l'approvazione definitiva e il "congelamento" della versione coupé nel tardo 1987. Per la versione aperta, i principali mercati considerati erano il Nord America e il Sud della Francia. In quel momento la E31 coupé era considerata il modello con la scocca più rigida mai realizzata nella produzione BMW, ma i progettisti rimasero piuttosto sorpresi dalla grande diminuzione della rigidità a seguito della rimozione del tetto, assai più di quanto si attendevano. Il progetto venne rivisto due volte, aggiungendo elementi strutturali sotto la plancia e la paratia posteriore, rinforzi trasversali sotto i sedili e lungo i sottoporta. Queste le dichiarazioni di Hanns-Joachim Kraft, uno degli ingegneri che vi lavorò: "La 850i Coupé è stata una granturismo superba sulle lunghe distanze e le alte velocità, con un ottimo comportamento anche se era un po' pesante. Invece la Cabriolet era veramente deludente, perché indipendentemente da come si intervenisse per irrobustire la scocca, non è mai stata abbastanza rigida da dare i risultati che volevamo. La Cabrio era tra i 250 e i 300 kg più pesante della Coupé e nessuna modifica al telaio riusciva a mascherarne il peso." La decappottabile era più lenta di oltre 2 secondi sullo 0-100 km/h, avrebbe raggiunto solo i 245 km/h e dopo un lancio considerevole peraltro; consumava il 10% in più di carburante e impiegava distanze assai più lunghe per fermarsi. Risulta che BMW avrebbe costruito - a mano - solo 5 di queste auto, una delle quali bianca con rivestimenti interni rossi, e ha speso diversi milioni di marchi tedeschi in progettazione e sviluppo prima di cancellare il progetto. Con gran disappunto di Wolfgang Reitzle, ai tempi responsabile dello sviluppo di prodotto BMW, che in consiglio di amministrazione aveva spinto per il progetto.
  15. Riportiamo in auge la discussione con un'altra supercar di quelle rare, ma veramente, ancor più della Jaguar Sport XJR-15 vista sopra. Più che raro, un oggetto quasi oscuro, a partire dal nome... SPECTRE R42 ! Storia piuttosto classica nel genere: sogno di sports/racing car del solito progettista/appassionato anglosassone, viene presentata come GT Developments "R42" nel 1993, ma presto i soldi finiscono e la recessione taglia le gambe. Pochi anni dopo l'intero progetto è rilevato dalla solita (ignota) azienda americana, dal nome piuttosto evocativo: Spectre, appunto. In breve, questi riescono a produrre in Inghilterra una ventina di esemplari, dal 1995 al '98. Qui però non ci interessa tanto la sua storia, quanto i suoi carry over , quindi partiamo proprio dagli albori. Ecco la foto nella brochure di presentazione, del 1993, quando ancora non si chiamava Spectre, ma GTD. Moltissimi riconosceranno la provenienza dei fari posteriori, ma per chi cerca conferme, la soluzione è qua sotto Proprio la stessa provenienza anche delle maniglie della portiera della R42: Più che le maniglie, la foto sopra mette in evidenza un altro dettaglio: nel tempo infatti, quando non fu più GT Developments, ma divenne SPECTRE e iniziarono davvero a costruire le poche mai vendute, ecco che quei gruppi ottici di Orion furono rimpiazzati. Sempre ripresi da una produzione di serie, questa volta un po' meno popolare... Dalle luci dietro a quelle davanti... Fin dall'inizio le luci anteriori con indicatori di direzione sono quelle di un'altra giapponese... Ai più non sarà sfuggito un grande classico dei carry over, i retrovisori esterni ripresi da Citroen CX, già ampiamente documentato in questo thread: Anche gli interni ci mostrano l'abbondante ricorso a componentistica altrui, soprattutto Ford... - le maniglie apriporta e il piantone dello sterzo con levette e hazard di... - i pulsanti alzavetri e regolazione specchi, nonché la manopole della climatizzazione : ...sono ancora Ford, ripresi da... Infine le bocchette di aerazione della plancia della R42: Be', in questo caso no, no è Ford! Sono invece quelle laterali della... E con questo è tutto. Notte notte...
  16. Sì, vero che gialla come l'avevano fatta era bella, ma l'ho fatto di proposito di mettere la foto in B/N perché fa risaltare meglio la forma del montante C e del lunotto. Nelle foto a colori, il giallo della zona inferiore stacca troppo rispetto alla zona scura superiore, che tende a essere percepita come un tutt'uno, facendo perdere il contrasto tra vetri e padiglione. In effetti Tigra ha osato qualcosa più della normale e sobria produzione Opel, ed è più che normale che i designer in Germania si possano essere ispirati a concept GM d'oltreoceano. E che dire di questa? Il fatto è che questo clay non è affatto roba GM, bensì...
  17. Direi una combinazione di queste due, pieni anni '90... Seat Cordoba (1993), per l'idea generale di coda-fari-alettone Seat Codoba Vario (1996), per i fari in specifico: Rimanendo [OT], ma tornando ai parallelismi e vicendevoli influenze tra i centri stile Opel in Germania e GM in USA, al di là dei casi di semplice rebadging, la storia ci ha consegnato non tanto esempi eclatanti in produzione, quanto piuttosto una notevole quantità di bozzetti, idee, prototipi che rivelavano il reale livello di integrazione, scambio e collaborazione che stava dietro le quinte. Fiancate, passaruota, scalfature, montanti (in particolare il C) di questi disegni del 1991 per Vectra B ricordano varie soluzioni viste in quel periodo su alcuni concept GM. A partire da Cadillac Aurora del 1990 per passaruota e scalfature: Anche il montante C e lunotto del concept Pontiac Sunfire del 1990 E in quel disegno con il montante C ad ellisse, a incorniciare la vetratura, ci si può rivedere quello del concept Chevrolet Monte Carlo del 1992 Oltre a quei disegni per Vectra, Opel Omega B è un esempio notevole a mio parere e come detto non intendo scomodare il banale rebadge per Cadillac Catera... Conosciamo il modello di produzione, ma anche questa maquette di una certa fase dello sviluppo: Confrontiamola adesso con questa: Buick Sceptre, concept 1992 Nonostante questo concept, piuttosto concreto nelle sue potenzialità produttive, non abbia dato origine a niente nella produzione GM USA, il legame con lo sviluppo di Omega B risulta invece evidente. Su Omega B si fece notare anche la linea che circondava tutta la carrozzeria, una trasposizione dell'idea portata dal concept Cadillac Aurora del 1990, di cui anche il frontale si può dire che abbia un legame con la futura Omega B: Smetto qua, altrimenti si potrebbe andare avanti all'infinito... e chiudo l'[OT].
  18. Giusto per aggiungere un paio di disegni... Questo è di nuovo Manfred Rennen, datato 1983. Non me ne voglia il nostro connazionale, ma la mia impressione è che possa confermare ulteriormente che l'idea di base di E34 sia più in questi disegni di Rennen, che in quelli di Spada. E poi questa tripletta di frontali, purtroppo non firmata né datata, ma che ho trovato molto interessanti; sia per le idee sull'integrazione del doppio rene nelle linee del frontale e del cofano in particolare, sia per le proposte di carenatura dei fari. Ancora un po' acerbe, però. L'effetto "2000CS" è ancora piuttosto percepibile, e in questo caso la citazione stilistica non so se sarebbe stato un vantaggio...
  19. angeloben

    BMW Serie 8 E31 - Design Story

    BMW iniziò nel Luglio del 1981 a pensare ad una nuova grande sportiva, destinata a sostituire la Serie 6 E24 presentata cinque anni prima, ma con l'intenzione di alzare l'obiettivo verso un livello decisamente più alto. L'idea fu discussa a lungo, perché l'opportunità di investire nello sviluppo di un prodotto del genere, era ovviamente una decisione controversa. Nel 1984 finalmente venne approvato l'avvio del progetto, denominato E31. Partiamo allora con i primi disegni proprio del 1984, buttati giù da quello che sarà considerato il padre dello stile esterno della Serie 8, Klaus Kapitza, designer che aveva raggiunto BMW all'inizio di quell'anno, proveniente dalla Ford tedesca. Sono disegni alcuni più immaginifici, altri più concreti, ma presto si delinea la direzione stilistica: Questa vista di coda qui sotto, è anch'essa del 1984 ed è interessante perché già suggerisce un'idea molto vicina al tema stilistico fondamentale di quella che sarà la Serie 8: Infatti verrà ulteriormente sviluppata in una varietà di proposte con una serie di numerosi disegni del 1985: Il tema dei fari ad L, variamente interpretati e ovviamente ispirati alla E32 ormai già definita, non fu però l'unica opzione messa sui tavoli da disegno, anzi... Ovviamente anche sul frontale si studiarono varie idee, con e senza fari a scomparsa, ma dove il tema del doppio rene integrato nel rilievo del cofano, sembra già consolidato: A questa ampia raccolta di disegni di Kapitza, aggiungiamo ora un paio di tavole di un altro designer BMW, quel Manfred Rennen che abbiamo già citato nella design story di Serie 5 E34. Purtroppo i disegni non riportano l'anno; un po' rigidina e decisamente più tradizionale, forse poteva essere una credibile erede nel solco della Serie 6, ma le sarebbe mancato quel fascino avveniristico della Serie 8 poi uscita. Parallelamente si lavora anche sulle idee per gli interni: Non riesco a decifrare la firma di questi disegni, ma gli interni della Serie 8 E31 furono l'ultimo progetto su cui lavorò di prima mano Hans Braun, il progettista principale delle più famose plance BMW degli anni '80, ma prima ancora di quella che può essere considerata il punto di riferimento più credibile dell'intero progetto E31, la Porsche 928. A tal proposito, credo sia interessante un confronto diretto tra le plance delle due GT: ci sono 12 anni di distanza, ma valutate voi... Tornando agli sviluppi, nel 1986 il team guidato da Claus Luthe lavora alla preparazione delle maquettes: E qui un'ulteriore maquette in lavorazione e poi finita, con ulteriori dettagli sempre più vicini al modello finale: E' sostanzialmente questo il modello di stile congelato nello stesso anno 1986, quando parte la fase di industrializzazione e nel 1987 vengono realizzati i primi prototipi marcianti. La presentazione del modello definitivo avvenne nell'Agosto del 1989 in anteprima all'interno di BMW, per poi essere esposta al pubblico al Salone di Francoforte nel Settembre dello stesso anno.
  20. Cadillac per decenni ha provato a estendere la sua gamma verso il basso, nel tentativo di attirare la clientela che si rivolgeva alle europee più blasonate, da BMW a Saab, da Audi a Mercedes. Cominciò nel 1981 con la Cimarron, derivata del progetto internazionale GM J-Car; un tentativo considerato fallimentare e la cui produzione fu interrotta nel 1988 senza neppure un'erede. Solo nel 1996 arrivò Catera, vale a dire un'altra berlina di ispirazione europea alla base della gamma Cadillac, sebbene di una categoria sopra Cimarron. E sappiamo che pure questa non era propriamente sviluppata da Cadillac, ma poco più di una semplice rimarchiatura della coeva Opel Omega B. In realtà, ciò non vuol dire che - dopo Cimarron - Cadillac avesse già abbandonato l'idea di perseguire lo scopo. Lo dimostrano queste due foto, che ritraggono un prototipo del 1988 di quella che viene definita come Cadillac LSS, per "Luxury Sport Sedan". Sebbene non troppo riconoscibile come tipicamente "Cadillac" (al di là di calandra e simbolo...), in questa veste dall'aspetto sostanzialmente definitivo mostra già alcuni elementi dello stile GM degli anni successivi, sia americani che europei. Penso soprattutto a molte berline GM dei primi anni Novanta, inclusa Omega B (linea di cintura arcuata e forma del montante C); al cofano-calandra, molto Astra G e poi Omega B restyling; sempre Astra - in questo caso F - il taglio del passaruota posteriore; paraurti un po' Calibra. Persino i cerchi mi ricordano un modello introdotto col restyling di Omega B. Non ho idea di quale piattaforma potesse avere, ma onestamente mi pare più piccola di Omega e neppure ha l'aria di essere una trazione posteriore. Chissà... Fatto sta che ovviamente non ne fece di nulla. Al pari di questa proposta per una nuova Catera realizzata da uno dei disegnatori "feticcio" dei Design Studio GM: David McIntosh. Il post-Catera fu poi la ben più aggressiva e fortunata CTS, ma alcuni temi stilistici di questa proposta, anziché su Cadillac, vennero poi visti su uno dei modelli più controversi della crisi GM, vale a dire la Saturn Ion del 2002. Penso ovviamente al complesso coda-montante C. Assai curiosamente, però, uno dei disegni preparatori di questa maquette porta la dicitura "BERTONE CATERA": Il legame con Bertone in questo progetto per me è ignoto, ma certamente il disegno partiva da un'idea assai più caratterizzata e imponente della maquette poi realizzata. Infine, sempre per quel legame particolare che Cadillac ha avuto con l'Europa, parliamo della sempre affascinante Allanté. Finì la sua breve carriera nel 1993, ma in realtà ci furono anche tentativi di mantenerla in vita con un restyling previsto per il 1995-96. Niente di clamoroso, più un face lifting che altro, ma forse era troppo tardi... P.S. Risulta che esistano due esemplari di proposte di restyling lievemente diverse, conservati nel museo della casa a Detroit. Qui sotto ecco l'altra, ma sfortunatamente la risoluzione dell'immagine che ho trovato io è pessima.
  21. Grazie della risposta! Allora sì, ci avevo visto giusto, ma non so perché mi ero immaginato una datazione più recente... Trattandosi di disegni però, direi che ci stia. Visto che mi parli di Alfetta GTV, metto qui altri disegni, che riguardano la sua gestazione e stavolta sono Giugiaro 100% ! Forse in un passato molto remoto potrebbero essere già stati visti in questa discussione, ma onestamente non li ho trovati e quindi ve li propongo comunque, aggiungendo anche questa tavola: Dalle proposte iniziali, saltiamo alla "3a serie" finale, che mai vide la luce. Nel 1983 era in fase di studio ed ecco qui la meno nota delle due proposte di restyling: Rispetto alla proposta più nota, qui cambiano paraurti e luci posteriori, in un insieme meno "plasticone" e più pulito. Il motivo per cui la propongo qua, è che alcuni dettagli (in particolare la targa ) mi fanno pensare che provenga da Giugiaro/ItalDesign. Concludiamo con un'altra coupé Alfa e ancora Giugiaro: Anche questa chissà se già vista nella preistoria del forum: prototipo per "Alfasud GT", direi fine anni Sessanta, per quella che poi divenne l'Alfasud Sprint.
  22. L'altro giorno mi sono imbattuto in questi disegni, che non avevo mai visto: La pagina internet (roba del 2017, qui il link) indica che sarebbero proposte di Giugiaro/ItalDesign per Alfa 164. Onestamente, a me non convince molto. A parte che si tratta ovviamente di coupé - e tra l'altro l'unica differenza tra le due sembra nella posizione dei fari posteriori - non sto dicendo che non si riferisca a 164, no, perché mi pare del tutto credibile/evidente che si allacci al suo stile e alla sua immagine. Solo che non mi sembra esattamente la mano di Giugiaro. E intendo proprio la grafica del disegno. Colori, sfumature, ombre. A me sembra piuttosto materiale Pininfarina. Potrebbe essere il solito Fumia? Non ho il suo libro, qualcuno può confermare? O magari qualcun altro dello stesso atelier. Tra l'altro mi sembra si inserisca in modo del tutto corerente nel filone coupé Pininfarina di quel periodo, da Audi Quartz (1981) a Ritmo Coupé (1983), da Peugeot Griffe 4 Coupè (1985) a Alfa Romeo Vivace (1986) e Lancia Hit (1988)...
  23. Dopo 7 anni, possiamo ufficialmente dare per [MAI NATA] anche questa presunta "i5", i cui disegni vennero fuori dall'ufficio brevetti giapponese nel lontano 2016.* La linea e l'impostazione la facevano naturalmente associare alle elettriche BMW del periodo, vale a dire la compatta "i3" e la supersportiva "i8". Da qui nasceva anche il nome, del tutto ipotetico (alcuni parlavano di "i4, altri di "i5") e suggerito dal presumibile posizionamento di questa berlina elettrica tra i due modelli precursori. Porte ad armadio, frontale super-corto, linee non proprio fluidissime, coda pesante assai e... sì, per ragioni che fatico a decifrare, le fiancate sono effettivamente asimmetriche, ma solo nella zona del montante/passaruota posteriore. * Nota: sul forum erano state a suo tempo l'oggetto per aprire una discussione dedicata nella sezione "Spy e rumors" (link alla discussione originale, da cui poi sono sparite - per rottura del link immagino); discussione poi riciclata per la vera i4 venuta in seguito.
  24. angeloben

    BMW Serie 5 E34 - Design Story

    Buondì, ho raccolto una serie di immagini sulla genesi delle Serie 5 E34, quella nata nel 1988. La maggior parte del materiale l'ho trovato sul sito VWVortex (sul quale non si chiarisce l'origine delle foto, al di là del watermark...). Da qualche tempo si tende ad attribuire il design di E34 al nostro Ercole Spada, partiamo quindi da qualche tavola di... ...Manfred Rennen! Siamo nel luglio 1981 e la forma di quella che sarà E34 definitiva è già lì, nel disegno a sinistra al centro. Vi pare? Comunque questa serie di disegni mi piace perché riesce a far capire come su una forma generale abbastanza definita, si possano elaborare una varietà di soluzioni diverse, che ovviamente finiscono per caratterizzare significativamente una linea. Inclinazione del frontale, del lunotto, forma dei passaruota, forma dei paraurti, altezza delle nervatura sulla fiancata, deflettore posteriore nello sportello o terza luce laterale... Tornando al nostro Ercole Spada, ecco un disegno più o meno coevo. Frontale escluso, sembra un approccio abbastanza distante, con linee piuttosto morbide, passaruota un po' americaneggianti, terza luce laterale... Arrivano nel 1982 invece, i più famosi schizzi di Spada per E34, quelli che affascinano per il dinamismo e lo slancio, che la fanno associare spesso alla successiva Serie 8 E31: Quest'altro disegno, di cui non conosco l'autore, mi colpisce invece perché riesce sì a condensare efficacemente temi di Serie 3 E30 con altri di Serie 7 E32, ma allo stesso tempo non sembra evolvere in nulla di nuovo davvero. Si prosegue quindi con altri disegni, già di una fase più evoluta, dove su un impianto ormai ben definito, si provano soluzioni alternative per il complesso griglia-doppio rene. Infine un bel disegno preparatorio per gli interni, del periodo 1982-83: Finita la serie dei disegni, passiamo alle realizzazioni in tre dimensioni. BMW inizia a lavora ai primi modelli in argilla nel 1982: Nel 1983 le maquette "piene" sono pronte ed eccone alcune a contronto (non vi fate ingannare da targhe o badge, si tratta in ogni caso di Serie 5 e di E34...). Una proposta alquanto innovativa, con qualcosa che mi riporta a Audi e altri dettagli che invece si vedranno solo più tardi, con la successiva Serie 3 E36: Altra proposta più classica, ma con interessante innovazione nel gruppo fari-calandra davanti e dei curiosi gruppi ottici "Fiat Brava style" al posteriore: In breve, nello stesso anno 1983 si passa ai modelli "see-thru" con vetrature in perspex. Un tema dalle linee particolarmente moderne e pulite, lunotto molto inclinato e coda piuttosto corta: Un altro più tradizionale, ma con terza luce laterale: Infine quella che sembrerebbe il tema fondamentale prescelto (ovviamente seguiranno modifiche e affinamenti...): Nel 1984 si arriva quindi alla definizione della linea finale: Alcuni dettagli sono ancora in evoluzione, vedi i paraurti o i fari, sia anteriori (che fanno ancora molto E32) che posteriori (apparentemente più sottili di quelli finali). Nel dicembre di quello stesso 1984 si arriva infine al congelamento del design in ogni dettaglio: Esattamente tre anni dopo, a fine 1987, iniziò la produzione in serie della nuova Serie 5 E34, per essere poi presentata alla stampa all'inizio del 1988.
  25. Forte! Non avevo mai visto questi prototipi basati su Tigra TwinTop, e dire che queste foto sono lì dal 2010! A vedere queste immagini, ci sono vari aspetti interessanti da commentare. 1. Il primo è il nome. I due modelli coupé (non so la pick-up di Heuliez) portano il nome ANTIRA, mai sentito... ma ricorda ovviamente Antara, il SUV Opel uscito a fine 2006. 2. Il secondo è proprio il legame con Antara (GTC, il concept...) Per dirla meglio, il prototipo bicolore - che sul portellone riporta la denominazione "ANTIRA SR" - nelle linee della zona posteriore ricorda da vicino proprio il concept "Antara GTC" presentato a Francoforte nel 2005. Il confronto di queste due foto sotto penso aiuti a chiarire il parallelismo (qui tra l'altro la "Antira SR" pare avere una colorazione diversa dall'attuale, un assetto rialzato e i mancorrenti sul tetto, proprio come Antara GTC...) 3. Terzo, il legame con Corsa D 3 porte e Astra H GTC La Antira coupé arancione, come suggerisce @KimKardashian, sembra riportare alle linee di Corsa D 3 porte del 2006, vero, ma prima di lei con Astra H GTC (del 2005) e ancor prima con il suo concept anticipatore "GTC Genève" del 2003. 4. Quarto, la differenza di integrazione del tetto fisso tra le due coupé Sulla bicolore la nuova struttura del tetto si innesta sulla carrozzeria mantenendo i giunti della Twintop (evidenziati sotto in rosso) La coupé arancione invece integra il nuovo padiglione con lamierati apparentemente privi di quei sezionamenti. Solo un diverso trattamento dei prototipi (stuccature etc) o magari corrispondeva proprio a una differente idea strutturale? Per me, entrambe le soluzioni coupé sarebbero state esteticamente migliori di Twintop per via della coda più equilibrata (nonostante i fari sempre enormi); e anche più usabili, grazie alla configurazione 4 posti anziché a 2. Il problema è che avrebbero rischiato di cannibalizzare le Corsa 3 porte (rischio relativo...), ma soprattutto l'Astra GTC, avvicinandola un po' troppo come concetto e come estetica. P.S. Infine, giusto una nota a margine per quella Zafira arancione che compare nelle foto tra le due coupettine: non la ricordavo affatto, ma si tratta di un concept ufficiale, presentato nel 2006. Si chiama Zafira Libertin, ed era una elaborazione piuttosto originale per una Zafira "convertibile", realizzata da Bertone con CTS (Car Top Systems), fornitore di soluzioni per trasformazioni convertibili. Era in effetti lo stesso che realizzava il tetto della coeva Astra TwinTop.
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