Mi inserisco in questa discussione per dire una cosa che, forse, non ho avuto il coraggio di ammettere neanche a me stesso: se ripenso al passato (scuole superiori, università, gli inizi della mia "carriera" lavorativa) fino a qualche tempo fa, mi scoprivo a pensare che stavo meglio nel "presente".
Mi spiego: avevo sempre visto la mia vita come un miglioramento continuo: dapprima il senso di crescita e libertà che danno le scuole superiori e l'università (ho avuto la fortuna di essere un fuori sede e, conseguentemente, vivere l'uni come un liceo in cui, però, ero libero di fare, quasi, quello che mi pareva, pur laureandomi in tempo e brillantemente), poi il lavoro, che mi ha dato stabilità economica, poi la cerchia dei miei amici, che, seppur conosciuti in "tarda età", sono stretti come se ci conoscessimo da una vita.
Quindi per me il futuro si era sempre prospettato come migliore del presente.
Ebbene, da un po' di tempo a questa parte, questa sensazione è un po' svanita: vivo il presente con maggiore preoccupazione (non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello familiare, con i genitori che invecchiano, i caratteri che si irrigidiscono e tu a volte non sai fare altro che discutere, più che comprendere e soprassedere) e il futuro è, insieme, un'incertezza (tanta) e una speranza (un po' appannata).
Sottolineo che non vivo situazioni drammatiche (altrimenti non sarei neanche qui a parlarne) nè che sia depresso, però credo che si affrontino meglio e con più convinzione le "emergenze", piuttosto che il continuo e strisciante senso di malessere che ogni tanto ci prende riguardo la vita e i suoi casi e che ci rovina la sensazione che abbiamo della nostra esistenza.
Non so se tutto questo centri con il tema delle "ultime volte", ma spero che per me sia l'ultima volta che mi sento così...
Scusate lo sfogo...