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Sono ancora vivo, bastardi! Con Camilleri.


copco

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Per via di una lombosciatalgia che oramai sta diventando cronica, ho scoperto la letteratura di Camilleri, anche se solo da pochi giorni. Leggendo le pagine di Camilleri, intrise di termini e frasi dialettali siciliane, mi ha prima di tutto sorpreso la somiglianza tra il mio dialetto, il salentino, e il dialetto di Vigàta e Montelusa (se ho ben capito si tratta di Porto Empedocle ed Agrigento). Per via del cinema e della televisione la suddetta somiglianza mi era già nota, ma solo superficialmente. Leggendo Camilleri ho scoperto che è molto più profonda di quanto pensassi. Questa è una cosa che continua a sorprendermi e incuriosirmi; il risultato della non del tutto elucidata storia delle migrazioni e delle dominazioni nel Sud Italia è tale che un pugliese del basso Salento come me capisce i distanti siciliani di Vigàta e Montelusa ma non capisce i vicini pugliesi di Bari e Foggia. Sta grannissima curnuta (la lombalgia, dico) e figghia di buttana ha trovato l'America! Mi perseguita da quattro mesi ed infine oggi sono a casa, già al quarto giorno di malattia. Mia moglie aveva preventivamente buttato giù dalla libreria un po' di libri da farmi leggere, tra cui quattro di Camilleri. Scopo: sottrarsi alla rottura di un pò di cabasisi (palle) che non ha, povera criatureddra. E ci ha 'rraggione ci ha! Quanto rompo i cabasisi io quando sto male non li rompe nessuno. Ahia! Che dolore! Nel giro di tre mesi ho consumato di già sette o otto scatole di Moment, tre scatole di Sanipirina, una di Momendol, una di MomentAct, una di cerotti Tachidol, cinque di cerotti Actiflex, innumerevoli borse d'acqua calda, trenta doppie bustine di Aulin, quaranta doppie bustine di Tachidol, un calendario di santi in paradiso, una scatola di Orudis, una di Oki, sei iniezioni di Muscoril+Dicloreum, un tubetto e mezzo di Voltaren e, come in un crescendo rossiniano, ora sono alla quarta iniezione di Muscoril+Cortisone. In casa non c'era nessuno capace di farmi le iniezioni. Per farmi fare le inienzioni da mia moglie abbiamo messo su una tragedia greca. Alla fine della tragedia (con goduria sonora generalizzata per tutto il vicinato) il successo venne ovviamente a mancare. Arrivati alla frutta stavo pensando di ingegnarmi a bucarmi da solo. Cagandomi sotto, si capisce. In quel frangente la fortuna volle che s'appalesò in càmmara di durmiri (camera da letto) ù figghiuzzu miu esclamando: “Maremma maiala! Ma dove cacchio siamo? All'estrazione dei cavalli in piazza? Toglietevi dalle scatole!” (Propriu propriu accusì ci disse commissariu!). “Tu dammi codesta siringa! Tu stenditi, rilassati e abbassati le mutande! L'iniezione te la faccio io, Dio bonino! Altrimenti qua ci portano tutti quanti al manicomio di Porta Romana!”. Mentre con estrema cautela e titubanza stavo ancora tremando nel calarmi le braghe, ù figghiuzzu aveva già finito di infliggere la prima iniezione della sua vita. Indolore! Sia l'ago che la mano santa. Fine della tragedia greca ma con miracolo incorporato. Un ibrido di nuovo conio quanto alla tragedia greca (Fazio, prendi nota e trasmetti il rapporto a Camilleri. Deve campare altri 120 anni, quindi necessita di materiale su cui travagliare.). Un amore di figghiuzzu quanto al figliolo. Grazie all'Altissimo Onnipotente Bonsignore. Quando sentirò squillare le trombe sarò al trionfo finale per rimuovere un'ernietta in L4-L5 che mi s'infiammò una prima volta già nove anni fa lasciandomi piegato in due per sei mesate. Ora che ho compilato l'elenco di quanta merda ho già preso in corpo mi meraviglio d'essere ancora vivo! Anzi vado subito subito a specchiarmi per darmi una controllatina. Mentre vado, fammi pure tastare il fegato per sentire se ce l'ho ancora. Un mio amico di travaglio sono mesi che mi vede giallino e sospetta fortemente che io sia malato di fegato, senza tema alcuna di dirmelo a muso duro, sperando di scatenare l'alterco con scazzottata incorporata, così, tanto per rompere la routine quotidiana. Un sant'uomo bolognese pieno d'amore per il prossimo non meno chè per i suoi morti più cari. Un gaglioffo di prima, d'antico stampo, col quale non ci s'annoia mai tranne quando si fissa su qualcosa per via dei sorpassati limiti dell'età pensionabile, si capisce. Allora sì che diventa di una noia mortale degna di trovar soluzione non solo in una bella scazzottata ma anche di un bel duello finale alla “Mezzogiorno di Fuoco”.

Ma “sono ancora vivo, bastardi!” è l'inno alla vita che io urlo, esattamente come lo urlò Papillon ai suoi aguzzini mentre saliva sulla zattera fatta di noci di cocco che lo portò in fuga dalla Guyana francese verso la vita di ignoti approdi. Forse sono ancora vivo per via delle preghiere dell'osteopata che mi fa le manovre, i massaggi e le danze della pioggia intorno al totem dei cinquantacinque euro che gli mollo ad ogni botta! Naturalmente mi guardo bene dallo smettere di frequentarla, si capisce, non sia mai che smette di pregare per il mio portafoglio. E' una donna ma non pensate subito a male! Io sono un brav'uomo e lei è sciaguratamente vecchia per i miei gusti. Ma non troppo.

I libri di Andrea Camilleri !

Ora spiego: Qualsiasi pagina di Camilleri si legga è impossibile addormentarsi. Implacabile, caustico, volentieri privo di bon ton. Se ha bon ton è per prendere per il culo qualcuno o smerdare qualche situazione. Selvaggio, crudo, schietto, pane al pane e vino al vino, espressivo, immediato, fulminante, geniale, colto, arguto, erudito. La delicatezza e la tenerezza ci sono, ovviamente, ma sono nascoste, camuffate, mimetizzate e mai ostentate. Caratteristica abbastanza diffusa in molta gente del Sud. U' masculu ommu ha da esseri! Anche se basta guardare un film del Commissario Montalbano per vedere quanta tenerezza Camilleri mette in realtà nel cuore del “masculu”. Ma tutto ciò è zero di fronte alla qualità principale che Camilleri sfoggia in molte pagine, ossia quella di divertire e far ridere. A volte è addirittura esilarante. Ogni rigo di quelle pagine è un universo da esplorare con estrema calma per trarne il massimo godimento. Camilleri, mai e poi mai scrive un rigo senza spruzzarlo di un po' di goduria, sia essa di carattere terminologico, culturale, storico o altro. A volte ci mette anche la goduria del comico e dell'esilarante. Goduria finemente distillata, cesellata, dipinta, cantata, sognata, scolpita, tornita e depositata nero su bianco. Il tutto, però, condito con una prosa carica di termini dialettali siciliani che, per chi il siciliano non lo conosce, richiedono al lettore un non leggero impegno nell'interpretazione dei significati. Camilleri fa una continua ed indefessa descrizione della sicilianità, sempre, ovunque e comunque in tutti i suoi romanzi (oddio! Ne ho letti solo quattro in pochi giorni, ma in quei quattro è una costante). Una sicilianità che se riesci a capirla vuol dire che capisci la Sicilia, l'Italia, l'Europa e il Mondo intero. L'Umanità intera; lo si può dire senza temere certo di esagerare. Perché sotto sotto il siciliano è uno più estroverso e caldo forse di altri, quindi sul quale si può scrivere di più per via dei pregi e dei difetti facilmente individuabili ed oramai famosi per merito specialmente del cinema. Ma il siciliano un uomo è. La società siciliana di uomini è fatta. Alla fine della fiera i sentimenti, le passioni, le aspirazioni di quella società sono quelli e quelle degli uomini di tutto il mondo. Quindi che Camilleri sia capace di scrivere solo di Sicilia e di siciliani è un falso problema. Leggi Camilleri e leggi la vita, la società e il mondo. Sempre sotto forma di capolavoro letterario godurioso e mai banale. Perché poi Camilleri scrive per divertirsi, quindi diverte chi lo legge. A un patto: ahimé! Camilleri si diverte solo scrivendo appunto molti termini e frasi dialettali siciliane. E' un drogato che non rinuncia al dialetto siciliano così come non rinuncia alle sigarette. Si diverte solo così. Capire il dialetto è il prezzo che quindi Camilleri richiede al lettore per godere appieno dei suoi scritti. Sembra un prezzo abbastanza altino per chi non è avvezzo al siciliano, stracatafottendosene (per dirla alla di lui maniera) se un tale prezzo rischia di abbattere drasticamente le vendite e la diffusione della sua letteratura. Cosa che puntualmente non avviene ed anzi, è ampiamente riconosciuto che Camilleri è stato un fenomeno che ha svegliato e promosso il mercato dei libri nazionale. Evidentemente il prezzo in termini di impegno alla lettura che Camilleri richiede è un prezzo più che accessibile. Come si spiega? Beh, faccio un esempio eclatante, parlando ovviamente per quanto è successo a me: in “La mossa del cavallo” oltre al dialetto siciliano ci piazza pure quello genovese. Cribbio! Se per me che sono salentino è di estrema facilità capire il siciliano, diventa una tortura capire quello genovese. Di fronte al genovese io sono disarmato esattamente come chiunque sia disarmato di fronte al siciliano. Ma la sfida penso di averla vinta o quasi. Chi me lo ha fatto fare a prendere i miei cabasisi e maltrattarmeli da solo? Semplice: leggere “La mossa del cavallo” di Camilleri è come cenare con quei piatti arraggiati carichi di peperoncino e pepe nero che ad ogni boccone devi scolarti mezzo litro di vino per astutare il fuoco ed asciugarti le lacrime degli occhi e il sudore della fronte ad ogni forchettata. Arcanamente, però, ti sbafi ogni cosa e fai pure la scarpetta al piatto. Sarà sadismo? Sarà autolesionismo? E chi lo sa? Poi devi smaltire la sbornia incorporata ed aspettare tre giorni per riacquistare il senso del gusto, tanto le papille gustative si sono abbruciacchiate. Per comune senso del pudore evito infine di descrivere i particolari di cosa succede quando vai al càmmarino di còmmodo (il cesso). Dico soltanto che sul più bello dello spiacevole e cupo dramma ti scolli tutti i santi del calendario. Punto. Vedi che sorta di effetti riesce a sortire un grande scrittore! Almeno su chi, come me, apprezza il piatto piccante, si capisce. Per quanto concerne il suo linguaggio non convenzionale, a me appare come una gran ricchezza che rimette in gioco una mole monumentale di strumenti di arricchimento dell'epressività. Sta globalizzazione ci sta livellando ed appiattendo anche nel linguaggio. Le parole straniere ci colonizzano e perdiamo quelle nostre originali, quelle che ci distinguono dagli altri. Parole che invece sono sempre utilissime ed è una fortuna riscoprirle e rimetterle in marcia per meglio comunicare, descrivere e firmare la nostra storia e cultura.

Insomma promuovo Camilleri su tutti i fronti. Io poi, dato che sono ammalato di rachide lombo-sacrale infiammato sono un caso patologico (propriu accussì ci disse commissariu!), per non dire da manicomio: leggendo “La Scomparsa di Patò” ho riso ad ogni pagina, ogni risata è stato un pugno alla schiena e una rotolata sul letto matrimoniale per i dolori lancinanti. Ma non ho potuto smettere di leggere il libro esattamente come succede con quel piatto arraggiato che te lo finisci e gli fai pure la scarpetta anche se ti fa bere, piangere e sudare.

In quattro giorni di gioie e dolori mi sono letto “La scomparsa di Patò”, “L'odore della notte”, “La mossa del cavallo”, ed ora sto leggendo “La concessione del telefono”. Ragazzi, com'è possibile che in tant'anni io non avessi mai degnato di uno sguardo Camilleri? Beh, tipico per chi vive fuori dal mondo e gli deve capitare di essere costretto a letto per accorgersi che fuori c'è vita. E non credo che io sia l'unico malato in questa società di merda che ci succhia pure l'anima promettendoci quel famigerato secondo di notorietà che non si nega a nessuno, a prezzi, però, equivalenti ad intere esistenze. Nasciamo e viviamo fino alla morte più morti che vivi, cribbio! Sicuramente schiavi.

La tragicomica lotta continua. Il laboratorio dei tubi Eppendorf, delle pipette Gilson, delle microfuge, delle PCR, delle capsule Petri, dei seminars, delle proteine ricombinanti, dei mutanti, dei lab meetings, delle library, dell'high throughput, dell'in silico selection, dei brain stormings (quelli muscolari li abbiamo già importati ed assimilati; da sei o sette anni stiamo importando Terminators, Rambo e Blade Runners cerebrali), dei papers, delle reviews, delle patent applications, dei reports, dei mid year objectiv reviews, dei microarrays, dei roboclones, dei centri di eccellenza, delle protein-protein interactions, dei figli di buttana e degli Escherichia coli clones si metta l'anima in pace: da ora in avanti verrà frequentato a misura d'uomo e di sopravvivenza. Là fuori ce altra vita. Là fuori ci sono altri cuori che battono. Cuori che sono speranzosi di essere esplorati ed amati. I libri di Camilleri, giusto in tema, ne sono pieni. Quanto tempo bruciato! Sperando di riuscire a sottrarre alla tragicomica questa spina malefica. Per quanto il Signore mi concederà. La pagina che in “L'Odore della Notte” descrive il pappagallo e i suoi padroni dobbiamo farlo diventare un luogo da proteggere come un patrimonio UNESCO dell'umanità. La descrizione dei padroni è esilarante e tenera allo stesso tempo. Il pappagallo canta l'internazionale socialista. Presente il commissario Montalbano. Andrea Camilleri: uno forte davvero! In occasione di questa mia pausa forzata dal lavoro è toccato a lui farmi riflettere un po'.

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