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come cambia la costituzione


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vediamo se capisce da questa mia frase...tanto per farti diventare più pesante la settimana

"Bisognerà poi vedere se al referendum sarà meglio non andare o votare no"

A differenza dei referendum abrogativi, in questo caso non esiste la soglia minima del 50%+1 perchè sia valido.

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Quindici anni sprecati?

Il paradosso della riforma federalista

di

Sergio Romano

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La riforma federale approvata ieri dal Parlamento potrebbe essere la più breve ed effimera della storia costituzionale italiana. È stata varata dalla maggioranza contro la volontà dell’opposizione, è malvista da un gran numero di costituzionalisti e verrà sottoposta entro sei mesi a un referendum confermativo che potrebbe demolire in un giorno ciò che il governo ha laboriosamente costruito durante una intera legislatura. Il compiacimento di Bossi, l’entusiasmo della Lega e i brindisi potrebbero occupare, negli Annali della politica italiana, lo spazio di un paragrafo. Sarebbe stato inutile, quindi, il dibattito sul federalismo e sulla riforma della Costituzione che ha dominato gli ultimi quindici anni?

Non furono questi evidentemente, fra il 1996 e il 2001, i sentimenti del centrosinistra. Nell’ultima fase del governo presieduto da Giuliano Amato, l’Ulivo ritenne che un po’ di federalismo avrebbe giovato alle sue fortune elettorali e approvò, in gran fretta, la modifica del titolo V della Costituzione. Le nuove regole, approvate poi da un referendum confermativo, sono quelle vigenti oggi e presentano almeno tre inconvenienti. In primo luogo i riformatori del centrosinistra hanno creato fra lo Stato e le Regioni una serie di competenze concorrenti che finiscono spesso di fronte alla Corte costituzionale. In secondo luogo non hanno affrontato il problema del federalismo fiscale. E in terzo luogo, infine, hanno dato maggiori poteri alla periferia, ma non hanno fatto nulla per rafforzare quelli del governo centrale. Abbiamo aggiunto alla nostra Costituzione un po’ di federalismo, ma siamo ancora, fra le maggiori democrazie europee, quella in cui il premier dispone di minori poteri.

Con la riforma del centrodestra il pendolo oscilla dall’altra parte. La riforma si chiama «devolution» perché così ha voluto Bossi per valorizzare il suo ruolo, ma si compone di due elementi. Le Regioni hanno maggiori poteri esclusivi e riducono considerevolmente le competenze dello Stato, ma il premier, d’ora in poi, assomiglierà al cancelliere tedesco e al primo ministro spagnolo più di quanto non assomigli ai presidenti del Consiglio della nostra tradizione repubblicana. Il primo elemento comporta molti rischi. L’esperienza belga degli anni Settanta e Ottanta dimostra che la trasformazione federale di uno Stato è generalmente un’operazione terribilmente costosa. Si aprono nuovi sportelli senza che i vecchi vengano chiusi. Vengono assunti nuovi burocrati senza che i vecchi vengano congedati o trasferiti. Non basta. La funzione pubblica italiana non è la migliore d’Europa, ma le amministrazioni locali sono spesso ancor meno preparate e ancor più clientelari. Più che l’«unità della Patria» (un tema spesso retorico e strumentale) dovrebbero preoccuparci in questo momento, oltre a una certa misura di solidarietà nazionale, l’unità e la coerenza degli indirizzi. Vogliamo avere tante pseudopolitiche estere e pseudopolitiche economiche quante sono le Regioni della Repubblica?

Vi sarà un referendum, come sappiamo. Ma il problema non è quello di dire sì o no alla seconda riforma federale approvata da un governo in articulo mortis . Il problema è quello di evitare che le cose buone vengano buttate via con le cose cattive e che gli italiani, voltandosi indietro, debbano giungere alla conclusione di avere perso quindici anni in chiacchiere inutili.

17 novembre 2005

"Io non ce l'ho co' te, ma co' quello che te sta vicino e nun te butta de sotto!"

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Guarda, Riccardo, prescindo completamente da considerazioni politiche e mi attengo ai fatti.

Berlusca e Fini sono stati alfieri del maggioritario che volevano addirittura all'inglese: da tale base i c.d. saggi di Lorenzago (e ho detto tutto) sono partiti immaginando un premierato forte, sistema che si sposa solo, ovviamente, col maggioritario. Purtroppo, nelle more che la riforma affrontava i complessi doppi passaggi parlamentari, ritenendo più conveniente che nel 2006 si voti col proporzionale, non hanno esitato a buttare a mare quella che era la "religione del maggioritario" che, tra l'altro, aveva nel bene e nel male consentito una certa alternanza. Il voto definitivo sulla devolution basata sul premier forte arriva quindi quasi in contemporanea con una riforma proprozionalistica che è l'antitesi di un premier forte, checché se ne dica. Quindi, di piroette trattasi.

La scuola è la base comune: se pensi di averne venti, posso rispettare la tua opinione ma non la condivido neppure un pochino. Eventuali approfondimenti su dialetti (o lingue vere come quella sarda) possono tranquillamente rientrare nei piani del Ministero (comunque il mio era un esempiuccio), ma i rischi, ovviamente, riguardano l'impostazione in generale del sistema scolastico, che non è affatto chiara.

Sulla polizia, non ho nulla da spiegarti: ti sia sufficiente quello che si combina con i mancati scambi di informazioni sui latitanti. Ma, soprattutto, anche qui non è chiaro il quadro in cui opererebbe questa polizia locale ed è questo che lascia sgomenti, cioé l'enunciazione di principi interpretabili a piacimento. Appare come una sesta forza dopo PS, CC, GdF, Forestale e Guardia Costiera (oltre le attuali municipali che pure hanno poteri di P.G.). Ce n'era bisogno?

La seconda parte, ovvero quella inerente gli organi costituzionali andava modernizzata: alcune cose sono giuste, tipo l'abolizione del bicameralismo perfetto, altre sono pericolose perché lasciano propendere per una politicizzazione ad esempio della Consulta: inoltre, il già flebile ruolo del Capo dello Stato è ulteriormente sminuito. Comunque sarebbe lunga davvero a dirsi.

Probabilmente la differenza è che nel 46-48 vi erano 75 signori con le palle sotto, tra cui immensi giuristi. Oggi, lasciamo perdere....

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Qualche osservazione:

Secondo me non è vero che il premier forte sia incompatibile con il proporzionale. Spagna e Germania sono riuscite ad evitare l'instabilità tipica del proporzionale con uno sbarramento (in Germania al 5%, in Spagna non so) e proprio con un premier forte.

Sono contrario al federalismo per le stesse ragioni di Romano, ovvero perché sono sicuro che in Italia si tradurrà nel raddoppiamento di uffici, spese, dipendenti pubblici, ecc. ecc. Se fate attenzione alle notizie sull'argomento, già si notano le prime avvisaglie. Questo paese non può prorpio permettersi un'ulteriore esplosione della psesa pubblica... A quanto dovrebbero salire le tasse? E chi le pagherebbe più? Sarebbe il passo finale verso la bancarotta (sarò pessimista, ma secondo me rischiamo davvero grosso).

Non conosco la situazione della Valle d'Aosta, ma la ricchezza del Trenitno Alto Adige la pagano gli altri italiani. Il Trentino alto adige passa allo stato solo il 10% delle tasse che incassa e il resto se lo spende in amenità varie, dato che tutti i servizi gli vegono forniti praticamente gratis dagli altri italiani.

Prima di dire con sicurezza che i costituenti tenevano le palle sotto, ricordiamoci che la loro costituzione ha generato 50 governi in 50 anni, un confronto con la coeva costituzione tedesca potrebbe essere interessante...

Concludo dicendo che anche io odio (letteralmente) Scalfaro (peraltro, uno dei costituenti di cui sopra, se non erro...)!!

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