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Il futuro dei siti produttivi Stellantis


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Non discuto del merito, ma del metodo.

Se tu scrivi che non accetti scioperi durante lo straordinario, ti metti contro la legge , op er lo meno lo rischi.

Tu non puoi scrivere su un contratto per esempio, che in caso di inadempienza, darai 4 bastonate al fornitore...:)...anche se lui te lo firma.

E percio' che credo che sia tutta una manovra per scardinare il sistema ( poco probabile ) od andarsene.

Quoto :agree:!

Stamattina parlavo con un imprenditore dalle mie parti (non un bolscevico ;)): ha detto esplicitamente che gli eventi di Pomigliano rischiano di spianare la strada al lavoro-schiavitù. Ha ragione. Maglionne, il governo e Confindustria stanno giocando una brutta partita sulla pelle dei lavoratori e giocano sporco con il ricatto della delocalizzazione: è facile così ottenere il voto favorevole dei lavoratori. Tra l'altro mi piacerebbe sentire la loro opinione non filtrata dai soliti tg e giornali a 90° con il governo: finora ho sentito solo sindacalisti (quasi tutti venduti), Maglionne, Confindustria e governo.

Un qualsiasi accordo che viola il Contratto Nazionale e in palese violazione della costituzione (il diritto di scipero è inalienabile) è impugnabile e annullabile (o nullo, l'avvocato Loric mi corregga se sbaglio :)). Un conto è discutere di straordinari, turni, flessibilità, un altro è mettere nero su bianco la rinuncia ai propri diritti costituzionalmente garantiti ;): la cancellazione della malattia nei picchi di assenteismo rappresenta un kalashnikov che spara nel mucchio degli assenti senza distinguere tra gli assenteisti e chi sta male davvero (cosa peraltro già attuata dal solito ministro tascabile in guerra contro tutti i dipendenti pubblici).

Questa partita di Fiat-Confindustria-governo spalleggiati dai sindacati venduti contro i lavoratori ricattati dallo spettro della delocalizzazione fa parte di una strategia partita 8 anni fa: l'abolizione dell'Articolo 18, come confessò senza vergogna l'allora presidente di Confindustria D'Amato, doveva essere una falla per far crollare la diga dei diritti dei lavoratori. I confederali resistettero uniti per pochi mesi, poi sui spaccarono e passarono la precarizzazione selvaggia del lavoro, l'indulto esteso anche ai datori di lavoro responsabili di morte o infortuni dei loro dipendenti, gli stage come porta d'accesso quasi obbligata al mondo del lavoro (gratuito) e altre infamie. Tutto questo è passato con l'opposizione talvolta della sola Cgil e con la grancassa delle tv impegnate a convincere gli italiani che i diritti sono privilegi e che bisogna mettersi nei panni dei poveri imprenditori, anche e soprattutto di quelli che evadono miliardi e li riciclano con lo scudo fiscale :(r.

Ora obietterete che c'è troppa gente che lavora male e che fa assenteismo: è vero, ma questi problemi si risolvono con maggiori controlli, non sparando nel mucchio, sennò finisce che pagano anche gli onesti che lavorano bene e che si assentano solo se indispensabile.

In questa situazione non c'è nessuno che discuta i 2 nodi prioritari: l'estirpazione della piaga dell'assenteismo senza sparare nel mucchio e i problemi di qualità dei prodotti.

La nuova schiavitù di Pomigliano - micromega-online - micromega

La nuova schiavitù di Pomigliano

di Luigi De Magistris, da luigidemagistris.it

Il ministro del Lavoro Sacconi parla di “svolta storica” nelle relazioni industriali e sindacali italiane, il collega dell’Economia Tremonti lo definisce esempio dell’avvento di una “economia sociale di mercato”, mentre per Cisl, Uil e l’ad Fiat Marchionne è l’unica soluzione possibile. Per i lavoratori dello stabilimento si tratta invece di un ricatto: continuare a lavorare si, ma in un regime di schiavitù formalizzato dalle parti sociali.

L’accordo sul destino di Pomigliano d’Arco, che vede l’opposizione della sola Fiom Cgil pronta già allo sciopero, rappresenta il primo importante passo verso la controriforma del mondo del lavoro che questo Governo sta cercando di realizzare da mesi, sfruttando come paravento di copertura la crisi economica. Una sorta di spartiacque, non solo simbolico, fra due ‘epoche’ contraddistinte.

Un prima in cui l’occupazione e i diritti, almeno sul piano ufficiale, dovevano coesistere senza conflitto e un dopo - che è il nostro presente e il nostro futuro e che comincia proprio a Pomigliano - in cui il lavoro diviene spudoratamente e formalmente il far west delle leggi e dei diritti, per aprirsi ad un’economia “senza lanci e lacciuoli” come piace a quella Confindustria del profitto privo di regole, alla politica rampante del “mercato libero” sulle spalle dei più deboli, al sindacato che confonde modernizzazione con rinuncia dei diritti e delle regole.

Pomigliano rappresenta una partita di più vasto significato in cui si giocano due modelli socio-economici inconciliabili: quello del lavoratore e quello del nuovo schiavo. Si comprende allora la virulenza della concertazione e del conflitto sorti intorno allo stabilimento campano, non solo fabbrica di occupazione ma anche di legalità in una terra nella quale il lavoro è un presidio di contrasto alla montante camorra, che tutto cerca di infiltrare e di gestire adesso che ha assunto la fisionomia del business e si è accomodata nei Cda.

700 milioni investiti per garantire lo stabilimento in cambio della deroga al Contratto nazionale di lavoro e alla Costituzione, che la Fiom non si piega ad accettare, evidenziandone anche i profili di inefficacia e di non validità proprio perché in contrasto con la Carta e con le norme del contratto nazionale. Disponibili ad accettare l’intensificarsi dei ritmi produttivi (18 turni con 40 ore di straordinario comandato, flessibilità necessaria, riduzione della pausa), i lavoratori e la Fiom non possono però piegarsi alla sospensione dei diritti costituzionali e al rispetto dei contratti in essere.

La Fiat infatti si impegna ad investire a Pomigliano, soltanto se viene riconosciuta la possibilità di licenziare quei lavoratori in sciopero che in qualsiasi modo mettano in discussione l’accordo. Tradotto: la fine dell’articolo 40 della Costituzione, quello che dopo il Fascismo fu voluto dai padri costituenti per garantire ciò che la dittatura aveva cancellato, cioè il diritto di chi lavora a difendersi con l’astensione dall’occupazione. Un diritto costituzionale individuale rispetto a cui nessuna organizzazione può sottoscrivere la rinuncia. Punizione dei sindacati che proclamano questo tipo di lotta e che si vedranno privati del versamento dei contributi e sospensione dei permessi sindacali previsti dallo Statuto dei lavoratori.

Semplificato: il ritorno al passato, ad una condizione antecedente al 1970, quando lo Statuto fu approvato segnando un traguardo importante. Cessazione del pagamento della malattia di fronte ai picchi di assenteismo e cancellazione dei permessi elettorali: tutto in violazione della legge e dei contratti attuali. Pomigliano è dunque il palcoscenico delle prove generali di una “recita” pericolosa: quella che vuole uccidere la forza del sindacato; distruggere il Contratto nazionale di lavoro per la contrattazione locale o aziendale, che rende il lavoratore solo e quindi debole; restringere lo spettro dei diritti, dissenso compreso, violando la Costituzione e la legge. Perciò accettare questo ricatto non è possibile. Per Pomigliano e per il Paese, per il futuro dei lavoratori.

(15 giugno 2010)

Modificato da V6 Busso

"Se passi una vita noiosa e miserabile perché hai ascoltato tua madre, tuo padre, tua sorella, il tuo prete o qualche tizio in tv che ti diceva come farti gli affari tuoi, allora te lo meriti."  Frank Zappa

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Stamattina parlavo con un imprenditore dalle mie parti (non un bolscevico ;)): ha detto esplicitamente che gli eventi di Pomigliano rischiano di spianare la strada al lavoro-schiavitù. Ha ragione. Maglionne, il governo e Confindustria stanno giocando una brutta partita sulla pelle dei lavoratori e giocano sporco con il ricatto della delocalizzazione: è facile così ottenere il voto favorevole dei lavoratori. Tra l'altro mi piacerebbe sentire la loro opinione non filtrata dai soliti tg e giornali a 90° con il governo: finora ho sentito solo sindacalisti (quasi tutti venduti), Maglionne, Confindustria e governo.

Un qualsiasi accordo che viola il Contratto Nazionale e in palese violazione della costituzione (il diritto di scipero è inalienabile) è impugnabile e annullabile (o nullo, l'avvocato Loric mi corregga se sbaglio :)). Un conto è discutere di straordinari, turni, flessibilità, un altro è mettere nero su bianco la rinuncia ai propri diritti costituzionalmente garantiti ;): la cancellazione della malattia nei picchi di assenteismo rappresenta un kalashnikov che spara nel mucchio degli assenti senza distinguere tra gli assenteisti e chi sta male davvero (cosa peraltro già attuata dal solito ministro tascabile in guerra contro tutti i dipendenti pubblici).

Questa partita di Fiat-Confindustria-governo spalleggiati dai sindacati venduti contro i lavoratori ricattati dallo spettro della delocalizzazione fa parte di una strategia partita 8 anni fa: l'abolizione dell'Articolo 18, come confessò senza vergogna l'allora presidente di Confindustria D'Amato, doveva essere una falla per far crollare la diga dei diritti dei lavoratori. I confederali resistettero uniti per pochi mesi, poi sui spaccarono e passarono la precarizzazione selvaggia del lavoro, l'indulto esteso anche ai datori di lavoro responsabili di morte o infortuni dei loro dipendenti, gli stage come porta d'accesso quasi obbligata al mondo del lavoro (gratuito) e altre infamie. Tutto questo è passato con l'opposizione talvolta della sola Cgil e con la grancassa delle tv impegnate a convincere gli italiani che i diritti sono privilegi e che bisogna mettersi nei panni dei poveri imprenditori, anche e soprattutto di quelli che evadono miliardi e li riciclano con lo scudo fiscale :(r.

Ora obietterete che c'è troppa gente che lavora male e che fa assenteismo: è vero, ma questi problemi si risolvono con maggiori controlli, non sparando nel mucchio, sennò finisce che pagano anche gli onesti che lavorano bene e che si assentano solo se indispensabile.

In questa situazione non c'è nessuno che discuta i 2 nodi prioritari: l'estirpazione della piaga dell'assenteismo senza sparare nel mucchio e i problemi di qualità dei prodotti.

La nuova schiavitù di Pomigliano - micromega-online - micromega

Se fosse vero che Fiat pretende di poter violare le leggi nazionali e addirittura la costituzione allora Fiom fa benissimo a opporsi altrimenti c'è il rischio del ritorno al far-west. Certo 5000 persone perderebbero il lavoro ma ne salverebbero milioni dal lavoro schiavitu'.

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io su queste cose però ci andrei piano..

primo non si è capito ancora se c'è qualche sospetto di anticostituzionalità o no (infatti gli altri sindacati non paiono dello steso avviso) , secondo credo che chi ha studiato l'ultimatum (perchè imho di questo si tratta) abbia come minimo richiesto consulenze giuslavoristiche importanti, in caso contrario il bluff sarebbe durato 5 minuti.

non sono mai stato operaio nè dipendente, quindi non posso dire come si lavori in fabbrica, non credo sia un lavoro facile e credo che le richieste possano essere anche pesanti, ma so per esperienza che nelle piccole e medie imprese di qualsiasi altro settore (e anche nel metalmeccanico), la vita è molto più dura. Sicuramente molto meno tutelata.

io al di là di uno scontro di sostanza (e ce n'è), sto vedendo uno scontro di appartenenze diverse.

CI SEDEMMO DALLA PARTE DEL TORTO VISTO CHE TUTTI GLI ALTRI POSTI ERANO OCCUPATI

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io su queste cose però ci andrei piano..

primo non si è capito ancora se c'è qualche sospetto di anticostituzionalità o no (infatti gli altri sindacati non paiono dello steso avviso) , secondo credo che chi ha studiato l'ultimatum (perchè imho di questo si tratta) abbia come minimo richiesto consulenze giuslavoristiche importanti, in caso contrario il bluff sarebbe durato 5 minuti.

non sono mai stato operaio nè dipendente, quindi non posso dire come si lavori in fabbrica, non credo sia un lavoro facile e credo che le richieste possano essere anche pesanti, ma so per esperienza che nelle piccole e medie imprese di qualsiasi altro settore (e anche nel metalmeccanico), la vita è molto più dura. Sicuramente molto meno tutelata.

io al di là di uno scontro di sostanza (e ce n'è), sto vedendo uno scontro di appartenenze diverse.

Forse per qualcuno è uno scontro di appartenenza, ma alla stragrande maggioranza non frega un fico secco, l'appartenenza è un concetto ormai superato.

Ci sono bluff che durano per tanti anni e leggi incostituzionali bocciate e riproposte. Come disse Ennio Flaiano "in Italia la vera rivoluzione è far rispettare le leggi" e come scrisse Trilussa "La serva è ladra, la padrona è cleptomane": un attore economico molto grosso come Fiat, se spalleggiato dagli altri poteri forti, può dare un contributo decisivo a forzare la legge, tantopiù se mira ad estendere anche ai lavoratori più tutelati (malgrado tutto gli operai a tempo indeterminato lo sono) le condizioni vergognose in cui lavorano tantissimi giovani precari o stagisti, sottopagati (o non pagati proprio) e senza diritti di sciopero, di malattia o altro. E' questo il loro obiettivo, agevolato dal ricatto "O firmate o si chiude tutto" e dal finto sacrificio di continuare a produrre in Italia. Un governo e un sindacato seri rifiuterebbero il ricatto e proporrebbero semmai una legge per penalizzare chi delocalizza.

Modificato da V6 Busso

"Se passi una vita noiosa e miserabile perché hai ascoltato tua madre, tuo padre, tua sorella, il tuo prete o qualche tizio in tv che ti diceva come farti gli affari tuoi, allora te lo meriti."  Frank Zappa

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"Divieto di sciopero", "cancellazione dei permessi elettorali"... il tutto contro la Costituzione. Benissimo, il testo c'è:

http://www.fiom.cgil.it/auto/fiat/materiali/10_06_01-fiat.pdf

Si parli citando gli articoli e argomentando da essi, altrimenti ognuno può dire quello che vuole.

Alfiat Bravetta senza pomello con 170 cavalli asmatici che vanno a broda; pack "Terrone Protervo" (by Cosimo) contro lo sguardo da triglia. Questa è la "culona".

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Fiat, ricatti e sfruttamento sotto il velo della globalizzazione - micromega-online - micromega

Fiat, ricatti e sfruttamento sotto il velo della globalizzazione

di Luciano Gallino, la Repubblica, 14 giugno 2010

E' possibile che la Fiat non abbia davvero alcuna alternativa. O riesce ad avvicinare il costo di produzione dello stabilimento di Pomigliano a quello degli stabilimenti siti in Polonia, Serbia o Turchia, o non riuscirà più a vendere né in Italia né altrove le auto costruite in Campania. L'industria mondiale dell'auto è afflitta da un eccesso pauroso di capacità produttiva, ormai stimato intorno aI 40 per cento. Di conseguenza i produttori si affrontano con furibonde battaglie sul fronte del prezzo delle vetture al cliente.

A farne le spese, prima ancora dei loro bilanci, sono i fornitori (che producono oltre due terzi del valore di un'auto), le comunità locali che vedono di colpo sparire uno stabilimento su cui vivevano, e i lavoratori che provvedono all'assemblaggio finale. I costruttori che non arrivano a spremere fino all'ultimo euro da tutti questi soggetti sono fuori mercato. Va anche ammesso che davanti alla prospettiva di restare senza lavoro in una città e una regione in cui la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, ha già raggiunto livelli drammatici, la maggioranza dei lavoratori di Pomigliano - ben 15.000 se si conta l'indotto - è probabilmente orientata ad accettare le proposte Fiat in tema di organizzazione della produzione e del lavoro. La disperazione, o il suo approssimarsi, è di solito una cattiva consigliera; ma se tutto quello che l'azienda o il governo offrono è la scelta tra lavorare peggio, oppure non lavorare per niente, è quasi inevitabile che uno le dia retta.

Una volta riconosciuto che forse l'azienda non ha alternative, e non ce l'hanno nemmeno i lavoratori di Pomigliano, occorre pure trovare il modo e la forza di dire anzitutto che le condizioni di lavoro che Fiat propone loro sono durissime. E, in secondo luogo, che esse sono figlie di una globalizzazione ormai senza veli, alle quali molte altre aziende italiane non mancheranno di rifarsi per imporle pure loro ai dipendenti.

Allo scopo di utiizzare gli impianti per 24 ore al giorno e 6 giorni alla settimana, sabato compreso, nello stabilimento di Pomigliano rinnovato per produrre la Panda in luogo delle attuali Alfa Romeo, tutti gli addetti alla produzione e collegati (quadri e impiegati, oltre agli operai), dovranno lavorare a rotazione su tre turni giornalieri di otto ore. L'ultima mezz'ora sarà dedicata alla refezione (che vuol dire, salvo errore, non toccare cibo per almeno otto ore). Tutti avranno una settimana lavorativa di 6 giorni e una di 4. L'azienda potrà richiedere 80 ore di lavoro straordinario a testa (che fanno due settimane di lavoro in più all'anno) senza preventivo accordo sindacale, con un preavviso limitato a due o tre giorni. Le pause durante l'orario saranno ridotte di un quarto, da 40 minuti a 30.

Le eventuali perdite di produzione a seguito di interruzione delle forniture (caso abbastanza frequente nell'autoindustria, i cui componenti provengono in media da 800 aziende distanti magari centinaia di chilometri) potranno essere recuperate collettivamente sia nella mezz'ora a fine turno giusto quella della refezione o nei giorni di riposo individuale, in deroga dal contratto nazionale dei metalmeccanici. Sarebbe interessante vedere quante settimane resisterebbero a un simile modo di lavorare coloro che scuotono con cipiglio l'indice nei confronti dei lavoratori e dei sindacati esortandoli a comportarsi responsabilmente, ossia ad accettare senza far storie le proposte Fiat.

Non è tutto. Ben 19 pagine sulle 36 del documento Fiat consegnato ai sindacati a fine maggio sono dedicate alla metrica del lavoro. Si tratta dei metodi per determinare preventivamente i movimenti che un operaio deve compiere per effettuare una certa operazione, e dei tempi in cui deve eseguirli; misurati, si noti, al centesimo di secondo. Per certi aspetti si tratta di roba vecchia: i cronotecnici e l'analisi dei tempi e dei metodi erano presenti al Lingotto fin dagli anni 20.

Di nuovo c'è l'uso dei computer per calcolare, verificare, controllare movimenti e tempi, ma soprattutto l'adozione a tappeto dei criteri organizzativi denominati World Class Manufacturing (Wcm, che sta per produzione di qualità o livello mondiale ). Sono criteri che provengono dal Giappone, e sono indirizzati a due scopi principali: permettere di produrre sulla stessa linea singole vetture anche molto diverse tra loro per motorizzazione, accessorie simili, in luogo di tante auto tutte uguali, e sopprimere gli sprechi. In questo caso si tratta di fare in modo che nessuna risorsa possa venire consumata e pagata senza produrre valore.

La risorsa più preziosa è il lavoro. Un'azienda deve quindi puntare ad una organizzazione del lavoro in cui, da un lato, nemmeno un secondo del tempo retribuito di un operaio possa trascorrere senza che produca qualcosa di utile; dall'altro, il contenuto lavorativo utile di ogni secondo deve essere il più elevato possibile. L'ideale nel fondo della Wcm è il robot, che non si stanca, non rallenta mai il ritmo, non si distrae neanche per un attimo. Con la metrica del lavoro si addestrano le persone affinché operino il più possibile come robot. E' qui che cadono i veli della globalizzazione.

Essa è consistita fin dagli inizi in una politica del lavoro su scala mondiale. Dagli anni 80 del Novecento in poi le imprese americane ed europee hanno perseguito due scopi. Il primo è stato andare a produrre nei paesi dove il costo del lavoro era più basso, la manodopera docile, i sindacati inesistenti, i diritti del lavoro di là da venire. Ornando e mascherando il tutto con gli spessi veli dell'ideologia neo-liberale.

Al di sotto dei quali urge da sempre il secondo scopo: spingere verso il basso salari e condizioni di lavoro nei nostri paesi affinché si allineino a quelli dei paesi emergenti. Nome in codice: competitività. La crisi economica esplosa nel 2007 ha fatto cadere i veli della globalizzazione. Politici, industriali, analisti non hanno più remore nei dire che il problema non è quello di far salire i salari e le condizioni di lavoro nei paesi emergenti: sono i nostri che debbono, s'intende per senso di responsabilità, discendere al loro livello.

E' nella globalizzazione ormai senza veli che va inquadrato il caso Fiat. Se in Polonia, o in qualunque altro paese in sviluppo, un operaio produce tot vetture l'anno, per forza debbono produrne altrettante Pomigliano, o Mirafiori, o Melfi. E esattamente lo stesso ragionamento che in modo del tutto esplicito fanno ormai Renault e Volkswagen, Toyota e General Motors.

Se in altri paesi i lavoratori accettano condizioni di lavoro durissime perché è sempre meglio che essere disoccupati, dicono in coro i costruttori, non si vede perché ciò non debba avvenire anche nel proprio paese. Non ci sono alternative. Per il momento purtroppo è vero. Tuttavia la mancanza di alternative non è caduta dal cielo. E stata costruita dalla politica, dalle leggi, dalle grandi società, dal sistema finanziario, in parte con strumenti scientifici, in parte per ottusità o avidità. Toccherebbe alla politica e alle leggi provare a ridisegnare un mondo in cui delle alternative esistono, per le persone non meno per le imprese.

(14 giugno 2010)

"Se passi una vita noiosa e miserabile perché hai ascoltato tua madre, tuo padre, tua sorella, il tuo prete o qualche tizio in tv che ti diceva come farti gli affari tuoi, allora te lo meriti."  Frank Zappa

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"Divieto di sciopero", "cancellazione dei permessi elettorali"... il tutto contro la Costituzione. Benissimo, il testo c'è:

.

ne hanno abusato e c'è gente che si è fatta fare permessi elettorali falsi.(letto in giro)

come al solito certi fanno i furbi e poi va a danno di tutti.

io continuo a pensare che la Fiat vuole fottere quelli che per anni hanno fottuto lei.

altro che balle.

OT: al world class manifacturing ci arrivano adesso........:rofl:

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ne hanno abusato e c'è gente che si è fatta fare permessi elettorali falsi.(letto in giro)

Chiariamoci, i permessi elettorali sono un diritto riconosciuto dalla legge solo per determinate categorie di persone: scrutatori, presidenti di seggio, rappresentanti di lista, etc.

Tutti gli altri, cioè quelli che al seggio vanno per votare e non per adempiere a specifiche funzioni, non hanno diritto a permessi specifici (parlo del settore privato). Dovranno attingere pertanto alle ferie, ai permessi individuali, o chiedere permessi non retribuiti. Questi saranno concessi non sempre, ma a condizione che il lavoratore debba recarsi a votare in un comune distante da quello in cui si trova per lavoro.

L'accordo di Pomigliano infine non mira a cancellare i permessi elettorali (idea che verrebbe subito cassata da qualsiasi giudice alla prima impugnazione), ma pretende che l'azienda possa recuperare la produttività persa a causa delle assenze di massa (durante le elezioni si arrivano a toccare punte di 1500 persone assenti contemporaneamente).

Alfiat Bravetta senza pomello con 170 cavalli asmatici che vanno a broda; pack "Terrone Protervo" (by Cosimo) contro lo sguardo da triglia. Questa è la "culona".

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Chiariamoci, i permessi elettorali sono un diritto riconosciuto dalla legge solo per determinate categorie di persone: scrutatori, presidenti di seggio, rappresentanti di lista, etc.

Tutti gli altri, cioè quelli che al seggio vanno per votare e non per adempiere a specifiche funzioni, non hanno diritto a permessi specifici (parlo del settore privato). Dovranno attingere pertanto alle ferie, ai permessi individuali, o chiedere permessi non retribuiti. Questi saranno concessi non sempre, ma a condizione che il lavoratore debba recarsi a votare in un comune distante da quello in cui si trova per lavoro.

L'accordo di Pomigliano infine non mira a cancellare i permessi elettorali (idea che verrebbe subito cassata da qualsiasi giudice alla prima impugnazione), ma pretende che l'azienda possa recuperare la produttività persa a causa delle assenze di massa (durante le elezioni si arrivano a toccare punte di 1500 persone assenti contemporaneamente).

pare che ci siano stati abusi di quel genere di cose. .... :mrgreen::§.....

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Chiariamoci, i permessi elettorali sono un diritto riconosciuto dalla legge solo per determinate categorie di persone: scrutatori, presidenti di seggio, rappresentanti di lista, etc.

Tutti gli altri, cioè quelli che al seggio vanno per votare e non per adempiere a specifiche funzioni, non hanno diritto a permessi specifici (parlo del settore privato). Dovranno attingere pertanto alle ferie, ai permessi individuali, o chiedere permessi non retribuiti. Questi saranno concessi non sempre, ma a condizione che il lavoratore debba recarsi a votare in un comune distante da quello in cui si trova per lavoro.

Guarda che da quanto mi hanno detto i permessi elettorali non erano 1 giorno o qualche ora per andare a votare.

Erano settimane di permesso per campagna elettorale perchè facevano finta di candidarsi in massa alle elezioni :roll:

(Se non ricordo male, in una elezione provinciale si presentarono come candidati il 30% degli operai)

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