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Intervista a Walter De’ Silva, l'italiano dell’Audi.


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'Semplicità. Funzionalità, aderenza allo scopo finale. Io faccio sempre l'esempio dell'accendino Zippo. Era fatto con ritagli di lamiera della Jeep, funzionava con la stessa benzina della Jeep, era antivento, aveva una molla di chiusura che non costava niente e non si rompeva mai, era piatto, era bello. Per me resta un capolavoro di progettazione e di design.'

Walter, ci fai questo esempio perché sei un fumatore o c'è dell'altro?

'No, non solo per questo; lo Zippo è un esempio assoluto, anche per chi non fuma. A proposito: anche tu sei un fumatore, vero?'

Purtroppo sì.

'E allora, mentre chiacchieriamo, accendiamoci una sigaretta. Tanto siamo una razza in via di estinzione. Vedrai che prima o poi il WWF si interesserà anche di noi.'

Senti Walter, non puoi farci un esempio un po' più aderente all'automobile?

'Certo, se vuoi ti faccio l'esempio di un'automobile ben precisa e ben conosciuta: la Panda. Quella vecchia, s'intende, non quella di adesso. Quella che fece il mio amico e maestro Giorgetto Giugiaro. Lui è stato un po' il padre per tutti noi designer italiani. O se non proprio il padre, vista la scarsa differenza di età, almeno lo zio. La sua Panda resta un capolavoro, una vera e propria opera d'arte.'

Sì Walter, però io credo che ai lettori di EVO la Panda non interessi molto, loro sognano auto...

'...ma si capisce! Tutti sognano le top car. Anch'io mi diverto di più se posso disegnare in libertà, se posso progettare senza limiti di misure, di materiali, di costi. E il risultato è sempre affascinante, seducente. Però è facile, è comodo. Direi che possono farlo in tanti. Se invece hai dei vincoli, dei centimetri di lamiera che non puoi superare, dei centimetri quadrati di cristallo entro i quali devi rigorosamente stare, dei centesimi di euro che non puoi spendere, dei centimetri cubi di spazio che devi assolutamente dare, se insomma ti senti chiuso in una gabbia, legato, preso per il collo... allora nasce la sfida. Cominci a soffrire, lo stress ti attanaglia, l'adrenalina ti si scarica per la schiena ed è lì che inventi, che risolvi, che vinci la sfida. E la sfida è vera se è quasi impossibile, altrimenti che sfida è? È difficile fare un'utilitaria piena di vincoli che deve anche piacere al pubblico, che deve essere fatta e venduta in milioni di esemplari. È difficile fare una berlina media che debba ridare immagine a un marchio, che debba riconquistare il mercato. È difficile dare identità a un nuovo nome, dare personalità, dare credito. È difficile sfidare, sentirsi challenger, perché sai che devi vincere.

Il bello è in questo, è il bello della mia vita.'

Tu hai vinto una sfida difficilissima, quella dell'Alfa Romeo. Come hai fatto?

'In quel caso è stato più che una sfida. L'ingegner Cantarella ci aveva detto senza mezze parole che si trattava di vita o di morte. La 156 rappresentava la sfida per la sopravvivenza. Dovevamo vincere a tutti i costi, non c'era via di scampo. E abbiamo vinto con un lavoro sistematico, di ragionamento, valutando e soppesando tutti gli elementi che avrebbero potuto portare alla vittoria. È chiaro che un marchio come l'Alfa Romeo, con un carico di gloria alle spalle che pochi al mondo possono vantare, non poteva andare esente da un richiamo, da un segno, da un'espressione di quel patrimonio che la gente ricorda. Questo non vuol dire rétro, vuol dire conservazione, valorizzazione in proiezione moderna, futura. I fasti dell'Alfa Romeo diluiti a gocce in una moderna berlina media. Abbiamo fatto proprio come si fa per un profumo, partendo dalle essenze, abbinando, mescolando, togliendo, aggiungendo, fino ad arrivare a una gradevolezza e a una funzionalità carica di effetto, di reminiscenze e di novità insieme.'

E alla Seat com'è andata?

'È stato diverso. Intanto non c'era il problema impellente della sopravvivenza. Ma soprattutto non c'era una base storica, un passato con connotazioni precise. La sfida è stata quella di inventarsi un marchio, un'immagine, un'espressione. Il dottor Piech mi chiamò e mi disse che dovevo ribattezzare la Seat. Avevo mano libera. Per certi versi è stato ancora più difficile. Io vedo la Seat oggi come un neonato, come un bambino che poppa ancora il latte. Ma che sta crescendo bene e in fretta.'

Stesso discorso per l'Audi?

'Solo parzialmente. È un'altra casa ancora, diversa, con esigenze particolari. Siamo solo agli inizi e il lavoro è tanto. Vieni, ti faccio toccare la nuova A6. Senti, qui sul cofano, fin giù verso il muso, senti? Tocca, passa la mano sulla superficie, senti com'è liscia? Ho tolto tutto, l'ho letteralmente lisciata, e poi ho caratterizzato il muso, con questa calandra. Ti piace, pensi che abbia espressione? E l'abitacolo, seguimi, toccalo, senti come scende verso la coda? L'ho allungato, vedi, e ho accorciato la coda, toccala, abbracciala, senti com'è più compatta? Ho cercato di dare più immagine, più espressione e naturalmente più funzionalità a un marchio che ha un bel carico di storia: Auto Union, capisci?'

Capisco, certo, ma soprattutto vedo. Non so come e perché, ma in quella calandra ci vedo la faccia di Nuvolari, o forse di Rosemayer. Sarà la suggestione... E dopo l'Audi a chi toccherà? (Non rompesse le palle Centenaro: Nuvolari è Alfa Romeo! ndc)

'Toccherà anche alla Lamborghini e allora i tuoi amici di EVO avranno pane per i loro denti. Ma per ora non posso anticiparti niente.'

Senti Walter, raccontaci qualcosa di te, della tua formazione, della tua vita.

'Oh, basta poco. Sono nato a Lecco, sul lago, 53 anni fa, da una famiglia di architetti: mio padre, mio zio, mio fratello. Quella dell'architetto doveva essere una scelta obbligata anche per me. Ma io disegnavo automobili, fin da piccolo, appena nato, forse ancor prima di nascere. Macchine, io disegnavo macchine. Avrei voluto frequentare un corso in Inghilterra dove c'è l'unica facoltà al mondo di architettura automobilistica. Ma costava troppo e mio padre, uomo all'antica, rigoroso, mi disse no, ti mando a bottega. E così entrai alla Fiat nel 1972, dove percorsi tutte le tappe della progettazione e del design, compresi i veicoli commerciali, i camion, i trattori e le macchine per movimento terra.'

Ecco, Walter, parlaci di questo tipo di design, che noi conosciamo poco.

'Beh, guarda, devo tornare al discorso dello Zippo. Semplicità e funzionalità. Il bello nasce sempre dalla perfetta aderenza alla destinazione, al modo in cui verrà utilizzato quell'oggetto. Questo vale per un bull-dozer, come per un aereo da caccia, o una semplice arma, come una pistola. Ci sono delle rivoltelle che, al di là del loro concetto detestabile di offesa, sono belle, perché sono pratiche, funzionali, e quindi perché sparano bene. Anche una Formula 1 può essere bella e lo è ancora di più se è vincente.'

Qual è la prima macchina del gruppo Fiat di cui ti senti in qualche modo padre?

'È la Ritmo. Però non posso considerarmi il padre della vettura. Ero ancora giovane e avevo responsabilità modeste. E poi ogni macchina nasce sempre da un complesso di contributi. Posso dire che in quella c'è più parte di me rispetto alle precedenti su cui avevo già lavorato.'

Walter, perché te ne sei andato via? Noi appassionati, noi alfisti, e come me ce ne sono tanti altri, eravamo molto felici di aver ritrovato le nostre macchine, il nostro marchio. La tua partenza ci ha dato un gran dolore.

'Anch'io ho sofferto, forse più di voi. Dopo tanti anni di lavoro, serio, entusiasta, dopo il raggiungimento di obiettivi che io credo buoni, importanti, mi sono ritrovato un po' solo, un po' imbrigliato nella mia attività, nella mia ricerca della sfida, che è poi, come ho detto, la mia vita. Ho espresso pareri critici riguardo a certi nuovi modelli, ho dato tutta la mia disponibilità a intervenire, a ripercorrere il cammino che era stato fatto in Alfa, ho chiesto maggior responsabilità. Ma il momento era difficile e non c'è stato accordo. E proprio in quel momento mi è stata offerta la possibilità di una grande sfida, fuori dall'Italia, molto stimolante.'

Ci sono macchine nella storia che ti hanno particolarmente colpito? Se tu dovessi fare cinque esempi, di design, di progettazione, quali citeresti?

'Lasciami pensare. La prima che mi viene in mente è la Citroën DS 19. Poi ci metterei la Fiat 500, quella vecchia, del 1957. Poi... la Mini, sicuramente, la Austin Morris Mini Minor, 1959. La Porsche 911, d'obbligo, e la Lamborghini Miura.'

E fra quelle degli ultimi vent'anni?

'Mah, lasciami fare un peccato d'orgoglio se ci metto per prima l'Alfa 156. Poi la Golf, serie 2 o 3 non importa, la BMW serie 3, la Fiat Uno, e qui torniamo al maestro Giugiaro. E... la Renault Espace.'

Quali sono i tuoi hobby?

'Eh, in qualche modo sono legati anch'essi all'automobile. Per esempio mi piace raccogliere i modellini, le macchinine. Ma non sono un collezionista. Le raccolgo per giocarci, per toccarle, prenderle in mano, come da bambino. Mi piace.'

E quando disegni, fai solo automobili?

'No, da bambino disegnavo solo automobili. Adesso disegno di tutto, progetto, con la matita. Disegno sedie, tavoli, caffettiere. Mi piacerebbe tanto disegnare un bel paio di scarpe da donna. Sono così brutte quelle di oggi. Perché sai, mio nonno, non era architetto come mio padre, era calzolaio.'

Di M. Centenari

http://www.inauto.com/supercar/articolo/idA024001000625

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. Ho espresso pareri critici riguardo a certi nuovi modelli, ho dato tutta la mia disponibilità a intervenire, a ripercorrere il cammino che era stato fatto in Alfa, ho chiesto maggior responsabilità.

Bè..fantasticando un pò... me lo immagino davanti a cantarella...a crticare ...in maniera colorita...la punto 99...le prime ipotesi di stilo...la lybra ecc...e col suo fare da milanese avrà detto avete visto la 156 e la 147...ci penso io...sappiamo poi le cose come sono andate....

Cmq semplicemente un mito DeSilva l'uomo che più do ogni altro al mondo rappresenta ALFA ROMEO MILANO.

Senza cuore saremmo solo macchine.......

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de silva o no le Audi son sempre brutte

Non sono per niente d'accordo... a me piacciono da morire per la loro pulizia stilistica, e l'eleganza non ostentata... diro di più [parere contestabilissimo, per carità], secondo moe sono molto più di classe che non le Mercedes. A differenza di quest'ultime, esprimono molto di più il concetto di lusso che non deve dimostrare niente a nessuno, non deve mostrare.

Auto attuale: VW Passat Variant 4Motion 130cv con Torsen

La tua prossima auto: a trazione posteriore o integrale

Moto: YAMAHA FZ6 FAZER Diamond Black '05 "BLACK MAMBA" [clic], Suzuki GSX750 "Cicciottona" e YZF-R6 solopista 8-)

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sinceramente di audi al max si potrà dire che non sono originalissime, ma infondono uno spirito di lussuosità e dinamicità in ogni centimetro della loro carrozzeria e dei loro interni!

mi piacciono sopratutto le nuove audi con calandrone immenso sul frontale, cattivo ma elegante nello stesso tempo.

Se possiedi una Seat Ibiza è ora che vieni QUI

Vuoi sapere cosa vorrei dirti?

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sinceramente di audi al max si potrà dire che non sono originalissime, ma infondono uno spirito di lussuosità e dinamicità in ogni centimetro della loro carrozzeria e dei loro interni!

mi piacciono sopratutto le nuove audi con calandrone immenso sul frontale, cattivo ma elegante nello stesso tempo.

Infatti, a me il calandrone piace tantissimo.... infatti strano ma vero per la prima volta mi piace il lavoro di un tuner, e secondo me l'AUDI dovrebbe provvedere al più presto al restyling dell'A3 in questo senso...

Ecco l'A3 preparata dalla ABT. La cosa su cui vorrei che vi focalizzaste è la calandra, ottenuta semplicemente riverniciando con il nero opaco la parte centrale e aggiungendo la cromatura di contorno. Notate come l'auto sembri molto più aggressiva ma al contempo ancora ELEGANTE

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PS: a scanso di equivoci, mi piace anche il calandrone della thesis... ;)

Auto attuale: VW Passat Variant 4Motion 130cv con Torsen

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il frontale piglia decisamente cattiveria e nonostante tutto ancora nn è esagerata, ma la linea complessiva risulta un pò troppo pesantina secondo me.

Un 3.2 con una estetica così non è affatto tamarra, ma su un 1.6 benzina diviene ridicolo!

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