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Alberi OGM quando li faranno?


Guest frallog

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Discorso che però non vale per il metano derivato da biomasse.

IMHO è appunto questa la soluzione "migliore". Specialmente per le grandi città...........

Solo che i termovalorizzatori vengono anche loro ahimè osteggiati......

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Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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Solo che l'impatto a medio e lungo termine di quegli OGM non è studiato e verificato prima che vengano messi sul mercato.

Sia su chi se ne ciba, sia sull'ambiente in cui si inseriscono.

E' un concetto totalmente antieconomico, chiaro. Ma si tratta di prendersi la responsabilità di inserire consciamente degli organismi "alieni" all'ambiente.

Nella maggior parte dei casi l'effetto non si rivelerà maggiore di quello di una qualsiasi mutazione spontanea.

Ma statisticamente ci sono di sicuro dei casi con degli effetti collaterali seri.

Se poi parliamo di OGM in cui uno o più determinati comportamenti sono ricercati in modo specifico, allora il rischio aumenta esponenzialmente.

Perchè un conto è scoprire una specie utile nata da un singolo danno/alterazione genetica. Un altro è alterare finchè si trova quello che si cercava: si carica il DNA di un elevatissimo potenziale, di cui solo una piccola parte è sfruttato per ottenere quello che cercavamo.

Il resto di quel potenziale è sconosciuto e pressochè incotrollato.

A meno di lavorarci su con i tempi della scienza e non con quelli del mercato.

20. Quali possono essere gli effetti a lungo termine degli OGM sulla

biodiversità?

Il problema che questo tipo di domanda pone è la definizione di cosa si intenda per

“lungo termine”. Il tempo biologico necessario a valutare le conseguenze di una nuova

pratica agricola nell’ambiente è necessariamente lungo, potendo arrivare ad alcuni

secoli. Questa considerazione vale non solo per gli OGM, ma per qualsiasi nuova varietà

coltivata, così come per l’adozione di nuove pratiche agricole e, in ultima analisi, per tutte

le azioni umane. Appare perciò chiaro come non esistano che due opzioni: o non fare

nulla fino a quando non si avranno certezze scientifiche della “innocuità” di un intervento

(ma anche il non agire ha un impatto sulla biodiversità) oppure accettare come adeguata

un’analisi protratta per un periodo di almeno 10 anni come adatta allo scopo: questo

è infatti il periodo generalmente impiegato per l’approvazione di un OGM secondo le

normative vigenti. Si ricorda che per le varietà tradizionali (anche quelle notoriamente

allergeniche come ciliegie, kiwi, mele e altre) non sono richieste analisi di impatto di nessun

tipo e possono essere commercializzate subito dopo la loro costituzione.

non chiarisce del tutto, però puo sempre servire...

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IMHO è appunto questa la soluzione "migliore". Specialmente per le grandi città...........

Solo che i termovalorizzatori vengono anche loro ahimè osteggiati......

Il teleriscaldamento è un ottima strada. Ha il pro di essere estremamente flessibile: puoi man mano evolvere la fonte di energia, scegliendone di man mano meno inquinanti, pur mantenendo intatta e funzionante la rete.

Però l'uso della legna come combustibile è forse quello più lungimirante al momento: esempio ne è la Svezia, dove le centrali di teleriscaldamento bruciano legno, e non un legno a caso, ma il legno di coltivazioni intensive di specie locali a rapida crescita.

Ogni 2 anni tagliano, bruciano e ripiantano, ottenendo un elevatissima resa per metro quadro di terreno e rendendo praticamente zero il bilancio dell'immissione di CO2.

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Si, ma gli svedesi quanti sono? E che territtorio hanno? :D

Da noi è più praticabile il pattume vista la quantità enorme che ne produciamo........

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Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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non chiarisce del tutto, però puo sempre servire...

10 anni di studi (sul comportamento, non certo sugli effetti a lungo termine o sull'ecosistema) portano ad avere un rischio accettabile per una logica commerciale.

Ma lo stesso rischio è enorme se valutato con una logica scientifica e soprattutto in una scala temporale più lunga (che per una logica commerciale è del tutto incomprensibile, come è normale)

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Si, ma gli svedesi quanti sono? E che territtorio hanno? :D

Da noi è più praticabile il pattume vista la quantità enorme che ne produciamo........

Da noi dovremmo fare meno pattume e spingere di più sull'agricoltura in modo intelligente. ;)

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Guest DESMO16
CO2 a gogò però......quote]

No. riscaldando a legna non si produce CO2. O meglio si immette in aria quello che è stato assorbito dalla pianta il quale a sua volta sarà riassorbito da un altra pianta, che poi verrà bruciata: bilancio 0.

O quasi, per i consumi legati al trasporto, ma quelli ci sono comunque anche per i combustibili fossili.

Il metano immette CO2, ma non lo riassorbe in alcun modo. Quindi, per quanto ne produca meno a parità di calore, ne immette molto di più di "nuovo" in atmosfera.

Discorso che però non vale per il metano derivato da biomasse.

Esattamente, inoltre i nuovi apparecchi chiusi, che hanno rendimenti superiori al 70%, si inseriscono perfettamente nel processo di fotosintesi clorofilliana, nel quale processo l’anidride carbonica dell’aria viene assorbita dalle foglie per produrre: ossigeno (O2) per l’ambiente e carbonio © per nutrire la pianta stessa. In europa il riscaldamento é molto utilizzato e recnti studi ed esami hanno confermato l'assoluta ecologicità della legna se bruciata correttamente.

Non é vero che il metano é ecologico, forse é meno inquinante degli altri, ma non in rapporto alla legna, ma al grande pubblico il metano deve sembrare come tale per evidenti motivi di lobbyes.

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Da noi dovremmo fare meno pattume e spingere di più sull'agricoltura in modo intelligente. ;)

Per l'agricoltura si dovrebbero cambiare le sovvenzioni a favore del granturco con quelle a favore della produzione di etanolo (con quella pianta che propone Rubbia su 4R).

Quanto alle biomasse.....in fondo la mela che sto mangiando ne produce di pattume....buccia e torsolo....che famo?

O non mangio più la mela oppure tanto vale usarne in maniera intelligente i residui :D

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10 anni di studi (sul comportamento, non certo sugli effetti a lungo termine o sull'ecosistema) portano ad avere un rischio accettabile per una logica commerciale.

Ma lo stesso rischio è enorme se valutato con una logica scientifica e soprattutto in una scala temporale più lunga (che per una logica commerciale è del tutto incomprensibile, come è normale)

ecco dimostrato ke gli studi li fanno eccome...

19. Quale impatto hanno gli OGM sulla biodiversità?

L’impatto degli OGM sulla biodiversità è un tema complesso. Qualunque tipo di intervento

umano o anche semplici eventi naturali hanno un impatto sulla biodiversità.

Chiedersi se gli OGM siano una minaccia per la biodiversità dovrebbe perciò essere

inquadrato in un ambito più generale e domandarsi invece se questi organismi influiscono

sulla biodiversità in modo diverso rispetto a quanto accade per le colture convenzionali.

Il primo problema che si incontra nel condurre queste analisi sta nel decidere

cosa considerare come “biodiversità” e se sia possibile ridurre l’analisi a un dato

numero di specie campione. A seconda dei modelli usati è infatti possibile prevedere

scenari con conseguenze “irreversibili” o “catastrofiche” oppure scenari del tutto opposti.

Solo un approccio caso-per-caso può portare a un’adeguata analisi dell’influenza

potenziale di una data coltura sulla biodiversità naturale.

Sul tema OGM e biodiversità è nato un dibattito a seguito della pubblicazione di

un articolo che riportava il ritrovamento di DNA transgenico in varietà locali di mais

messicano. L’articolo, messo poi in discussione dalla stessa rivista che ne aveva

accettata la pubblicazione, ha sollevato un problema di una certa rilevanza. Infatti,

geni di varietà commerciali (GM o meno) possono entrare a far parte del DNA di

specie sessualmente compatibili. Questo fenomeno naturale diventa problematico

se vengono trasferiti agli ecosistemi naturali geni in grado di aumentare la competitività

di questi ibridi a scapito di specie selvatiche, determinando quindi una diminuzione

di biodiversità. Il problema è importante e sentito e ha aperto la strada a

una serie di studi volti a chiarire l’impatto dell’agricoltura, in quanto tale, sulla bio-diversità.

L’impatto degli OGM dovrebbe quindi essere valutato all’interno di questo

più ampio panorama.

L’analisi comparativa tra vecchie e nuove pratiche agricole permette anche di valutare

l’opportunità di inserire un dato OGM nell’ambiente.

Con il termine biodiversità ci si riferisce spesso solo a quella che prende il nome di

“agro-biodiversità”, ovvero la variabilità di specie animali, vegetali e microbiche utili alle

attività umane. Va qui sottolineato che l’agricoltura è il risultato di un lungo processo di

domesticazione delle piante e degli animali. Da quando l’agricoltura esiste (circa 12-

13.000 anni) l’uomo ha condotto scelte o selezioni tra i genotipi delle specie da lui ritenute

interessanti. Il problema della riduzione della “agro-biodiversità” non è quindi

nuovo. La ricerca di piante ad alta produttività, per esempio, ha ridotto radicalmente il

numero di specie utilizzate a scopo alimentare. A oggi 20 specie vegetali forniscono il

90% del cibo umano e quattro di esse arrivano da sole al 50% (frumento, mais, riso e

patata). Questo processo non viene necessariamente amplificato dagli OGM, come

ampiamente documentato nell’analisi del rapporto tra biotecnologie e prodotti tipici italiani.

Secondo la normativa vigente 2001/18/CE, è comunque obbligatorio effettuare il

monitoraggio di ciascun OGM anche dopo la sua approvazione. Questo permette, nel

caso dovessero insorgere ragionevoli dubbi sulla sua compatibilità ambientale, di

sospenderne o revocarne l’autorizzazione. Va anche chiarito che se un transgene si ibridasse

con varietà locali o specie selvatiche questo difficilmente porterebbe a un sovvertimento

genetico irrimediabile delle specie. Il teosinte, progenitore del mais, ha una storia

millenaria di contiguità con le varietà di mais coltivate e, nonostante avvengano da

secoli scambi di polline dall’una all’altra specie, entrambe sono ancora ben caratterizzate

e distinguibili tra loro.

Analoghe evidenze sono state riportate per l’interazione tra alcune varietà italiane di

mais e i più recenti ibridi commerciali; questo è dovuto anche al fatto che generalmente

ibridi e vecchie varietà vengono coltivati in aree non contigue e hanno tempi di fioritura

leggermente sfasati. Va aggiunto che è la mancanza di scambio genico a essere più

pericolosa per la biodiversità, in particolare per le specie allogame come il mais, che

mostrano depressione produttiva e morfologica a seguito di inincrocio.

Va comunque sottolineato come l’ecosistema agricolo sia già profondamente modificato

dall’attività umana. Colture originariamente tipiche dell’America, come mais, patata

e pomodoro, o dell’Asia, come soia, riso e kiwi, sono diffuse anche nell’ambiente europeo:

il kiwi, pur essendo di provenienza cinese, viene coltivato in Italia, che ne è uno dei

principali produttori mondiali.

Qualcosa di molto simile è avvenuto per la soia, la quale per la sua coltivazione richiede dei Rizobi,

batteri del terreno necessari al suo sviluppo:

poco ancora oggi si conosce sull’impatto, a livello di biodiversità del suolo, dello spargimento

di tali batteri. Inoltre, con l’introduzione di specie in territori diversi da quelli nativi

è stata spesso introdotta anche la flora selvatica affine a tale specie, immettendo così

nell’ambiente anche le potenziali infestanti (ad es. colza).

La diffusione di colture OGM non deve quindi essere considerata potenzialmente

più dannosa, per la biodiversità, dell’introduzione di colture “tradizionali”.

pag 21 del primo fascicolo

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