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Supercar: tutto quello che accadde prima, durante e dopo.


PaoloGTC

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Paura che fosse finito tutto eh, Gamera? :D

Ma figuriamoci.

'nnamo avanti :) ora c'è una lunga ed interessante intervista a quel Michael Scheffe che fu il disegnatore del primo Kitt.

Leggetevela con calma, perchè è un papiro. Però racconta un sacco di cose su come e perchè Kitt nacque in quella maniera.

Buona lettura!!

MICHAEL, DICCI, C'E' QUALCHE GIOCO MATTEL (E SE SI, QUALE) AL QUALE STAVI LAVORANDO IN QUEGLI ANNI E CHE TI ISPIRO' NEL CONCEPIRE IL CRUSCOTTO DI KITT?

In verità, il lavoro che eseguivo alla Mattel ha davvero poco a che fare con il progetto Knight Rider. Esso riguardava soprattutto la consulenza nella creazione dei master prototipo per i giochi Hot Wheels tipo le automobiline e i giochi da guerra in kit (soldati, veicoli militari, Big Jim, cose così, aggiungo io). Mi occupavo di quello, e svolsi molti altri lavori di progettazione prototipi in uno studio di industrial design. Lavorammo davvero parecchio per la Mattel.

Glen Larson aveva bene in mente questo elemento del mio curriculum, e lo capii subito, dai primi colloqui che avemmo, quando mi offrii di progettare io l'auto del suo serial. Puntai molto sulla mia esperienza per dare un po' di credibilità al fatto che ero veramente convinto di riuscire a portare a termine il suo progetto in tempo per il Pilot del telefilm.

Ma voglio per un attimo sottolineare quanto facesse caldo in quell'ufficio, parlando con Glen Larson, nonostante si fosse comodamente seduti nell'aria condizionata.

Era davvero pieno di idee ed entusiasmo, ed adorava parlarne. Discuteva della sua idea di creare un'auto parlante in poche settimane, per girare il pilot di un nuovo show, partendo dalla base di un'auto i cui “pilot” stavano proprio in quel periodo uscendo dalle catene di montaggio di Van Nuys.

Ero pazzo di auto, aerei, moto, biciclette, e più in generale, di tutto ciò che si muove. Alle superiori c'era la sezione dedicata allo studio di meccanica e prove pratiche, e molti miei amici passavano tutto il loro tempo a correre con le moto, a modificarle, a costruire minimoto, e a fare tutte queste cose nello stesso tempo. Lo stesso valeva per me, ma io amavo ancor di più il disegno e la progettazione. La cosa che sognavo più di tutte era costruire veicoli.

Dopo le superiori, frequentai l'A & P College, una grande scuola per imparare tutto sulla meccanica e come costruirla, dalle turbine all'idraulica, imparando a maneggiare ogni tipo di materiale, dall'alluminio al legno, passando per i compositi e studiando i metodi di costruzione.

Più avanti, frequentai l'Art Center College of Design di Pasadena, il migliore in fatto di design automobilistico. Un mucchio di grandi del design auto è uscito da qui, da Chris Bangle (oggi capo del design BMW) a J Mays (stesso incarico per lui alla Ford), passando per gente come Mark Jordan (autore della Mazda Mx5).

Iniziata l'attività, lavorai per l'ottanta per cento delle serie televisive di fantascienza nate nel periodo di Knight Rider, ed ebbi la fortuna di lavorare anche per un progetto cinematografico con grande budget, lavorando al design di diversi mezzi ed oggetti che apparirono in “Blade Runner”.

Tra tutti questi impegni il mio originario lavoro di progettista giocattoli ne uscì schiacciato, facendosi sempre più piccolo e lontano. In mezzo a tanti progetti pieni di fantasia e notorietà, disegnare giocattoli di colpo era diventato un lavoro noioso e schematico.

Ma sono fiero di averlo fatto, perché tale esperienza fu determinante nel portare avanti il progetto che Glen A. Larson volle affidarmi.”

DOPO AVER ASCOLTATO I DESIDERI DI GLEN, QUANTO TEMPO CI METTESTI A CONCEPIRE E COSTRUIRE IL CRUSCOTTO DELLA KNIGHT 2000?

Prima di tutto attraversai un fase di disegno e schizzi durante la quale io e Glen discutemmo molto, fin sui più piccoli dettagli, cosa molto bella perché mi aiutò a conoscerlo bene e a capire con precisione cosa aveva bisogno. Di certo c'era solo che Kitt sarebbe stato il protagonista di uno show d'azione, e che avevamo poco tempo per concepirlo. Per il resto, il lavoro era lo stesso degli altri progetti. Glen era il cliente, ed il progetto nacque seguendo le indicazioni date da lui e cercando di realizzare ciò che lui trovava bello ed interessante.

Avevo un mucchio di idee riguardo alla strumentazione, fin da quando da ragazzo avevo cominciato ad appassionarmi alle automobili. Ero meravigliato soprattutto di quanto disordine regnasse nei cruscotti delle auto, coi comandi così distanti dal volante.

L'avvento dei display digitali e delle grafiche a barrette luminose dava un sacco di nuove opportunità al design dei cruscotti, e da ciò fu quasi naturale giungere all'idea della grafica del contagiri, stile curva di coppia.

Glen voleva vedere un cruscotto molto futuristico, ma non impossibile. Doveva essere credibile. Attraente da guardare, ma composto e anche serio. Un cruscotto pieno di lucine di ogni tipo e di numeri lampeggianti sulle prime può sembrare carino, ma di sicuro non è pratico e nemmeno tanto credibile.

Per esempio. Voi quando guardate il cruscotto della vostra auto, apprezzate il poter avere un'idea veloce di ciò che avete davanti, no? Se la lancetta della temperatura segna 105, voi non dovete stare a cercare di capire quanti grandi possano essere, volete semplicemente sapere se 105 sono troppi o no.

Da qui nasce l'idea della grafica a barrette luminose: avere immediatamente idea di ciò che è al massimo oppure no, e di ciò che manca.

Inoltre, le barrette luminose impiegavano un piccolo lasso di tempo ad accendersi, e questo era favoloso in termini scenici!

Tra i concetti vi era quello di un display variabile, che riportasse messaggi differenti, dove le informazioni meno importanti potessero essere visualizzate. L'idea era quella di utilizzare il pannello principale per le cose essenziali, evitando di distrarre il guidatore con informazioni di poca importanza. (Cenni di ciò si possono ritrovare oggi nel black panel della Saab, o nell'I-Drive Bmw). Con questo display, si poteva accedere alle più svariate funzioni. Decisi molto presto che tutto ciò avrebbe dovuto avere il look più razionale possibile. Centrammo l'obbiettivo? A volte penso proprio di sì, soprattutto quando ho sotto gli occhi l'accozzaglia di luminarie in sostanza superflue che addobbano Las Vegas.

Le due “ali" del cruscotto a sbalzo proteggevano dalla luce del sole i display, aiutando la loro consultazione. Gli strumenti su cui ci si affacciava erano progettati per essere interpretati anche da spenti, mentre da accesi i loro led spiccavano come brillanti nel buio dovuto al fatto che il livello degli strumenti era più interno rispetto alla linea del cruscotto.

Notare bene, questo accadeva ben prima che chiunque potesse entrare in un negozio e comprare barrette a led di qualunque misura si voglia. Ma non importava, niente era più appagante di una precisa linea di lampade tutta fatta a mano, montata, collegata e poi alimentata da circuiti, i quali dovevano anch'essi essere progettati e costruiti.

Quando io Glen parlammo del progetto, io gli chiesi chi lo avrebbe costruito materialmente. Siccome il tempo era proprio poco, avevo paura che l'esperienza e la comodità di lavoro del costruttore avrebbe avuto la meglio, riducendo la portata del mio progetto. Era difficile immaginare un lavoro come quello che stavo facendo che passasse attraverso la fase di produzione senza venire stravolto e ridotto ai minimi termini.

Diedi i miei pareri in proposito, e parlai con diversi amici del settore, per sentire se avevano tempo di aiutarci.

Lo studio di design per cui avevo lavorato (a Beverly Hills), con il suo laboratorio di modellazione e costruzione di prototipi, era perfetto per dedicarsi ad un lavoro del genere. Il proprietario stesso era disponibile ad interessarsi del lavoro.

Era ansioso di ottenere dalla Universal i permessi necessari a lavorare sul progetto, per un paio di settimane. Si era mai vista prima la Universal mettere a disposizione le sue risorse per un progetto esterno? Mai. Ma il tempo stringeva, era davvero poco, ed il lavoro da sbrigare moltissimo. Ci pensai, e confermai a Glen che se ci fosse stato l' ok, ero sicuro che avrei fatto in tempo a costruire la sua automobile in tempo per le riprese del Pilot.

Dall'altro lato, mi sentivo semplicemente un pazzo. E dire che lavorare per gli show a basso costo in precedenza, mi aveva ben insegnato cosa vuol dire avere un bel progetto complicato tra le mani, con tempo pressoché zero. Per questi film, gli oggetti dovevano essere belli, o meglio carini e robusti, che non andassero in pezzi fra le mani degli attori.

Avevo diversi amici che insieme a me dopo aver frequentato scuole di design, si erano dedicati a tempo pieno da tale mestiere, e loro a loro volta conoscevano un mucchio di persone molto in gamba nel settore.

La squadra che ebbi la fortuna di riuscire a mettere insieme era fatta tutta di grandi talenti.

Tale squadra era composta da Leslie Ekker, Robin Reilly, Bob Wilcox, Dick Chronister, e quell'uomo coraggioso che sta raccontando a voi ora queste cose, con l'incarico di capobanda agitatore e creatore di problemi.

Conoscevo Leslie fin dai tempi delle scuole. Aveva lavorato per il primo film della serie “Star Trek2", ed in seguito per “Blade Runner”, “Brainstorm”, “Close Encounters” e tanti altri. Dopo il nostro progetto, si dedicò a molte cose pregevoli, come gli effetti di miniatura di “True Lies” e di “Apollo 13”, ed oggi è un supervisore agli effetti speciali Sa disegnare e costruire di tutto.

Robin era un altro ragazzo entusiasmane. Aveva preso la laurea in scultura alla USC, e fu un modellista per anni, fin dai giorni di “Battlestar Galactica”. Era specializzato nell'intrecciare forma e funzione.

Non era semplicemente una persona che ci sapeva fare con le sfumature, era anche un esperto saldatore, meccanico e risolutore di problemi, oltre ad essere un ex corridore in moto che divideva il suo tempo tra il lavoro per il cinema ed il pilotaggio di elicotteri.

Di recente si è occupato della costruzione di una bicicletta con telaio in materiali compositi per il film “Minority Report” di Steven Spielberg, e lo ha fatto trovando il tempo fra il lavoro di pilotaggio per la Papillon alle Hawaii e altri impegni del genere contratti anche in campo militare. E' un pilota certificato CFI, e diversamente dal resto delle persone che costruirono Kitt, lui si è sempre occupato realmente di... turbine, e lo fa tuttora.

Il nostro genio dell'elettronica Bob Wilcox si occupò del progetto e della realizzazione di tutti i circuiti elettrici, coadiuvato in parte da Dick Chronister.

L'esperienza di Bob era sbalorditiva. Come Robin, anche lui era un maniaco delle auto con alcuni grandi progetti alle spalle. Aveva letto il testo di Gordon Jennings riguardo all'elaborazione dei motori a due tempi. Usando le sue formule aveva progettato la sua personale camera di scoppio, utilizzandola per il progetto di una super moto da strada. Cervello superiore, unito a grandi capacità manuali, davvero.

Ricordo una delle ultime notti passate sul progetto degli interni di Kitt. Avevo terminato di fare tutto ciò che dovevo, e me ne stavo andando a casa, ben dopo la mezzanotte. Bob aveva l'intero tavolo da disegno sommerso da cose di ogni genere, e mi fece segno di fermarmi, trattenendomi ad ascoltare il suo rock and roll che gli usciva dalle cuffie ad un volume così alto che si poteva sentire anche nella stanza accanto.

Tutte le idee che ebbe le usammo per costruire quell'auto, e fu davvero dura farle vedere tutte assieme! E io sono felice che quest'auto, arrivando a tutti voi, abbia dato un grande tributo alla sua pazienza e al suo genio.

Bob, Dick e io disegnammo e costruimmo tutta l'elettronica, sagomammo schiume, creammo pannelli, spolpando quella povera auto fino all'osso per creare il nostro progetto.

Ebbi il piacere di lavorare ancora con Dick in seguito, quando disegnammo alcuni oggetti veramente pazzeschi per il film “Back to the future”. Lui era sempre lo stesso, un uomo molto in gamba a tradurre in forma funzionante ciò che avevamo in mente, e soprattutto un gran bravo ragazzo.

Leslie e Robin mi aiutarono nelle fasi di fabbricazione, seguendo il processo dall'idea, passando per la struttura ed arrivando all'estetica finale: dalle intelaiature e marchingegni fino alla modellazione dei compositi, fino alla verniciatura e alla rifinitura dei dettagli.

Se la memoria mi assiste, mi pare avessimo dai 15 ai 18 giorni per prendere l'auto, portarla allo studio, modellare gli interni, preparare i prototipi degli strumenti per l'approvazione, costruire tutti i supporti, costruire tre copie degli interni, rifinirli, verniciarli, disegnare e costruire gli strumenti definitivi, fare tutte le grafiche, assemblare tutto e consegnare l'auto agli Studios.

Il progetto andò avanti per fasi. In un primo momento ci concentrammo unicamente sugli interni, il frontale venne dopo, soprattutto perché era l'interno la parte che doveva essere pronta in assoluto per tempo, perché Glen la doveva utilizzare per la presentazione della sua idea ai dirigenti. Così, i produttori, mentre noi ci concentravamo sugli interni, assegnarono un'altra TransAm da modificare solo nel frontale, ad un tizio molto in gamba di nome Jon Ward, che gli consegnò l'auto modificata rispettando la loro tabella di marcia.

Parte del Pilot venne realizzata filmando quell'auto, modificata solo esteriormente.

Questo è il motivo per cui vi sono due musetti nella serie; quello che vedete nel Pilot era quello realizzato da Jon Ward, mentre il nostro, quello a voi più familiare, venne pronto un po' più tardi.

Il suo frontale rimaneva molto più simile a quello della Pontiac di serie: lo scanner era montato proprio sulla punta del musetto, ed era più piccolo. Inoltre l'auto non aveva ancora il pannello sulle luci posteriori (e qui ci si riferisce all'auto che viene mostrata nel Pilot quando i poliziotti fermano Michael, e appare il "blooper" della TransAm con le luci originali e la targa normale, non Knight).

Le scene girate per la presentazione a New York, fatte con quell'auto, vennero inserite nel Pilot, senza essere sostituite con delle altre in cui c'era la versione definitiva.

Quando la presentazione fu pronta, ed appena prima che venisse girato il Pilot, Glen ci disse di aver deciso per un altro tipo di musetto: lo voleva più grande e più in sintonia con gli interni, costruito utilizzando fibra di vetro ed una procedura che richiedeva uno specifico ambiente per la lavorazione. Il nostro primo laboratorio non era in grado di svolgere tale mansione, e quindi dirottai in mio lavoro presso un altro, che si chiamava Image Engineering.

Tom Valentine e Peter Chesney entrarono a far parte della squadra. Tom aveva costruito in precedenza una replica dell'aereo dei fratelli Wright molto famosa e negli anni successivi a Knight Rider lavorammo ancora insieme, su progetti di aerei in scala alla Apogee, il laboratorio di effetti speciali di cui fece parte anche il grande Jon Dykstra.

Tom era un ragazzo dalle capacità davvero elevate, ed oggi è un production designer. Peter dopo questo lavoro, percorse una strada che lo portò ad occuparsi degli effetti speciali di molti progetti a grande budget... per dirne una, l'ultima volta che l'ho incontrato, era sul set di “Men in Black”....

Ideammo diverse versioni di musetto da mostrare a Glen, e una volta scelta quella definitiva, la costruimmo in un lasso di tempo davvero breve. Eravamo una squadra di gente davvero in gamba, e ci divertimmo molto.

Come per il cruscotto, ci concentrammo molto sui contorni e sulle linee di giunzione al corpo vettura originale, cercando di amalgamare il più possibile il nostro pezzo, in modo che si attaccasse senza effetti spiacevoli o imperfezioni. Decidemmo di affrontare il progetto con un puntiglio che si sarebbe potuto riservare nei confronti di un lavoro per una grande casa automobilistica, e questo credo che risaltò molto nel guardare l'auto finita, o almeno guardando quanto Glen ne era affascinato...

Per rifinire il musetto,coprimmo le griglie laterali che ospitavano gli indicatori di direzione con parti in plexiglas sagomate in maniera da ricalcare perfettamente le sagome del frontale. Avevano l'effetto di amplificare la presenza del muso che avevamo disegnato, facendolo sembrare molto più esteso.

Usammo il progetto dello scanner di Jon Ward, soltanto modificandolo come forma e posizione, più profondo e nascosto, e lo montammo in un sede riflettente realizzata in alluminio.

Dopo il Pilot, furono i laboratori di costruzione alla Universal a continuare a produrre le repliche di esterni ed interni (degli interni specialmente per i dettagli ripresi in studio) per tutto il resto della durata della serie.

QUALE FU LA PRIMA REAZIONE DI GLEN QUANDO VIDE IL TUTTO? C'E' QUALCHE ANEDDOTO PARTICOLARE CHE CI VUOI RACCONTARE SULLE SFIDE CHE DOVESTI AFFRONTARE PER PORTARE A TERMINE IL TUO COMPITO?

Dopo aver terminato i disegni, Glen mi confessò che era certo che l'auto finita sarebbe stata bella come i miei schizzi. Nello stesso tempo in cui disegnavo, continuavo a pensare anche come avremmo dovuto costruire ciò che usciva dalla mia matita, o meglio, che non fosse troppo difficile da fare, perché avevamo poco tempo. Chiamatela fiducia nel prossimo, o fiducia in chi disegna e progetta allo stesso tempo, fatto sta che il mio cliente era felice di aver avuto al primo colpo l'idea di ciò che quei disegni sarebbero diventati.

Glen era uno che tirava dritto in avanti, deciso, ma anche un gentiluomo, fedele alla sua parola, e soprattutto una persona che sapeva interpretare perfettamente un progetto quando gli si parava davanti. Non si sognò nemmeno di richiedere cambiamenti campati in aria che troncassero sul nascere le nostre speranze di finire in tempo.

Quando l'auto fu pronta, ne era entusiasta, felice, meravigliato, e mi omaggiò di alcune bottiglie di champagne. Negli anni successivi ho lavorato ancora per lui, a diversi suoi progetti.

Riguardo alle sfide.... due sopra tutte: creare qualcosa di costruibile e che fosse molto attraente da vedere, e riuscire a farlo nei pochi giorni che avevamo.

La sfida più grande era la tabella di marcia stessa.”

IN QUESTO PROGETTO QUANTO C'ERA DELL'ELETTRONICA AL MOMENTO DISPONIBILE IN COMMERCIO?

Bob Wilcox progettò tutti i circuiti, come ho detto, e li costruì, con l'aiuto di Richard Chronister. Il mio impegno in tale settore era rivolto soprattutto a capire “quanto” avrebbe influito, sull'aspetto del dashboard, ciò che ci veniva messo a disposizione dalla tecnologia.

Riuscii a far collimare entrambe le esigenze in diverse parti, scegliendo ciò che si presentava meglio fra quello che Bob mi presentava come disponibile.

Tantissimi viaggi fino ai magazzini di forniture elettroniche, cercando pulsanti e comandi, continue consultazioni di cataloghi alla ricerca dei display giusti... che lavoro! Avevamo bisogno di alcune cose già fabbricate da altri, oltre a ciò che costruimmo noi, viste le sole due settimane di tempo per finire il tutto. Con l'obbiettivo principale, quello di costruire qualcosa che non si potesse comprare in giro, dal vostro concessionario Pontiac di fiducia, o dal negozio di car stereo vicino a casa vostra.”

Bob mi mostrò esempi dello schema dei vari circuiti e componenti che avrebbe usato, affinché io potessi calcolare i giusti spazi per i vari display nella costruzione dello stampo, in modo tale che negli appositi fori i vari LED combaciassero alla perfezione.

Lavorammo su tutto ciò che credevamo possibile fare nel tempo che ci avevano dato, seguendo l'elenco delle richieste imposte dalla scheda di progetto: una su tutte. L'accensione automatica del motore e di tutto il sistema di bordo, doveva avvenire per gradi, coi giusti tempi, per fare un bell'effetto.

Mentre preparavamo il cruscotto, progettammo anche una grande scatola di controllo delle varie funzioni, destinata ad essere piazzata all'estremità posteriore dell'auto, nel bagagliaio. Gli strumenti erano controllati da un tecnico che rimaneva fuori scena. Potevamo tempestare di impulsi i visualizzatori digitali, per simulare il salire di giri del motore e della velocità, oltre ad altre funzioni come i dati della temperatura e della pressione del lubrificante. Vi era anche un altro sistema che controllava le funzioni secondarie, mantenendole stabili, con solo leggeri cambiamenti, per simulare il vero e proprio lavoro di un centro computerizzato che monitorava il funzionamento di motore e veicolo.

L'indicatore della velocità, in particolare, poteva salire fino al massimo automaticamente, essere comandato manualmente, oppure salire fino ad un dato valore per poi stabilizzarsi. La maggior parte di queste funzioni era destinata alle riprese dei dettagli degli interni, e sono ancora oggi stupito da come Bob e Richard riuscirono a fare tutto questo nel poco tempo disponibile.”

TI RICORDI QUALCHE ANEDDOTO DIVERTENTE SU QUALCHE MALFUNZIONAMENTO DELL'ELETTRONICA O DEGLI ACCESSORI DURANTE LE RIPRESE SUL SET?

Non feci parte della produzione dello show, e visitai il set soltanto un paio di volte. Grazie a Dio mi pare di ricordare che tutto andò bene, anche perché quando si lavora su un set dove vi sono oggetti complessi e tecnologici che possono dare problemi, si sta correndo un gran rischio. Non ci sarebbe mai stato il tempo di interrompere tutto e fare una revisione all'auto. Se qualcosa fosse andato storto, con tutta una squadra di tecnici, attori e responsabili attorno intenti a fare il proprio lavoro, l'orologio avrebbe comunque continuato ad andare avanti, scandendo secondi che nel mondo del cinema sono molto costosi... si parlava di spese attorno ai diecimila dollari al giorno... una giornata buttata era un gran danno.

Mi ricordo un momento di tensione... esattamente appena prima che portassimo fuori l'auto per consegnarla al network... Quando fu tutto montato, ci accorgemmo immediatamente che i display avevano dei malfunzionamenti.

Bob, agitato come sempre, cominciò un forsennato controllo di tutti i cablaggi, e realizzò che cosa era successo: il voltaggio inviato dalla scatola di controllo remoto al cruscotto era eccessivo, e vi erano stati problemi nei cablaggi che portavano vita ai LED! Chiudemmo la questione in maniera davvero indecente, per riuscire a consegnare l'auto in orario, senza avere il tempo di ordinare cablaggi più adeguati.

Bob risolse questo problema con un'idea peraltro brillante, usando cablaggi solitamente usati per le luci esterne delle auto, che fortunatamente disponibili al negozio di elettrotecnica in fondo alla strada. I fasci di cavi erano diventati più grossi di un polso, ma funzionavano alla grande!”

COSA USASTE DI PRECISO PER PREPARARE I PANNELLI (QUELLI CON LE LINEE VERTICALI BIANCHE E LE DICITURE STAMPATE) CHE COPRIVANO I DUE SETTORI DI DISPLAY A LED?

Robin li ottenne da lastre di Plexiglas dello spessore di 1/8 di pollice (o 3/16? non ricordo...) e li verniciò con l'Ultra black flat Krylon. Io misi le lettere, con la stessa procedura su cui si basa la stampa, che usavo per altri lavori di grafica che svolgevo. Le linee bianche erano fatte con nastro adesivo per decorazioni artistiche.”

DA DOVE PRENDESTE L'ISPIRAZIONE PER LE DUE PICCOLE PLANCETTE DI PULSANTI FISSE DIETRO ALLA CLOCHE DI GUIDA?

Era naturale evoluzione del design degli interni di un'auto, studiata pensando al futuro, ed infatti negli anni prima e dopo, diverse case si erano e si sono concentrate sull'idea di avvicinare tutti i comandi attorno al volante. Date uno sguardo per esempio alla Citroen GS del 1970... la leva del cambio non vincerà un premio per la sua bellezza, ma l'idea è grande!

Nel '77, cominciai a pensare a quest'idea del concentrare i comandi vicino alle mani del guidatore, convinto che fosse il futuro dell'automobile, mentre disegnavo alcuni sketch pieni di idee futuriste.

Portai con me un paio di quei vecchi disegni al mio primo incontro con Glen, pensando: se non gli piacciono, allora faremo un passo avanti, nel senso che sarà lui a dirci con precisione cosa vuole. Ma non andammo a finire molto lontano da ciò che pensavo io.

Glen voleva qualcosa di stilizzato ed inconfondibile, ma anche credibile, e cioè non tremendamente avanti rispetto a ciò che si vedeva fuori dalla finestra. Una cosa futuristica ma plausibile, come fu testimoniato dal fatto che (ne sono quasi certo) diversi anni dopo la Chevy offriva un sistema sulla Camaro Berlinetta che comprendeva due pulsantiere poste appunto ai lati del volante.”

NEL PILOT, CI SONO ALCUNE SCENE IN CUI SI VEDE LA SCRITTA “KNIGHT 2000” ALL'INTERNO DELLA LUCE DEL VOICE BOX.

Quella luce noi la chiamavamo “My mother the car”, mentre costruivamo il cruscotto, riferendoci ad un altro serial con Dick Van Dike, di vecchia data, dove vi era appunto un'auto parlante. Era uno dei punti principali da rispettare nel progetto. Noi la progettammo con quella scritta, sperando che fosse gradita e che non sembrasse troppo strana al pubblico. La tolsero negli episodi successivi, per loro decisione, quelli della produzione.

QUALI SONO LE MOTIVAZIONI DEL CAMBIO DI STILE DEL MODULATORE VOCALE DI KITT, DA UNA LUCE ROSSA PIENA AD UN DISPLAY COMPOSTO DA TRE BARRE DI LED?

Fui chiamato ad un certo punto per realizzare degli sketch di un Kitt rivisto in alcune parti. I produttori preferirono puntare poi sui progetti degli studi Universal, e fu George Barris questa volta a fare il lavoro, anche se il suo lavoro non fu che l'estensione del mio progetto.

Alcuni produttori non avevano lo stesso approccio di Glen nei confronti del design. Fui lusingato che mi fosse chiesto di fare parte del team che avrebbe fatto le modifiche, ma dovetti accorgermi presto che le cose erano ben differenti. Fu duro per me vedere lo stile di alcune cose che avevano intenzione di fare. Mi sembrava che volessero perdere l'idea di credibilità... ne uscirono cose che stavano a metà fra il “wow, è una figata” ed il “ma dai, per favore... ma siamo fuori di testa?”

Ma a volte in questo ambiente questa è una linea di confine davvero sottile sottile.

Però devo dire che decisero di seguire da vicino le mie idee su un paio di particolari, nelle serie successive: uno di questi era il sistema di comando della modalità Spm, con il suo sportello di protezione che proteggeva i pulsanti di comando. Lo feci così ispirandomi ad analoghi sistemi presenti sugli aerei da combattimento, dove appunto un pannello scorrevole copre i comandi per attivare gli armamenti.

Non eravamo al lavoro per un grande progetto cinematografico, ma per un serial Tv, e soldi e tempo erano quelli che erano. Ma questo per me non rappresentava un problema.... avevo concepito il progetto restando su livelli terreni, ipotizzando che l'auto così come si presentò nella prima serie, fosse il parto delle menti dell'ingegneria Knight, dotata di grandi mezzi e capace di costruire un'auto “vera”, non un fenomeno da baraccone. Per questo corsi dietro a tutti i dettagli, dalle lettere sui display alle sedi per gli strumenti, per fare in modo che fossero tutti intonati all'aria dell'auto. Questo dava credibilità fin dalla prima apparizione.

La seconda versione dell'auto (terza serie del tf, dopo che Kitt viene colpito da un razzo in "I misteri di Chinatown" e riappare con una nuova elettronica di bordo) prese chiaramente una direzione diversa, e in quel caso io ebbi soltanto l'opportunità di fare qualche schizzo. Sperai molto che il cambiamento del design suonasse come una discreta evoluzione della precedente generazione....

Di certo, ho capito in quei tempi che ci sono diverse maniere di intendere il design futuristico. Il look sgraziato del secondo interno, come se costruito da più mani ognuna con idee diverse, era senz'altro divertente....

Dev'essere una soddisfazione costruire qualcosa che alla fine sembra come il risultato di una ricerca fra i bidoni dell'immondizia di un centro di elettronica.

Ci trovai somiglianze con la confusione che regnava sulla DeLorean di Ritorno al Futuro, ma quello era tutto un altro tipo di progetto!!!

Tornai a lavorare sull'auto con alcuni schizzi per l'ultima versione degli interni che apparve in video,(quarta ed ultima serie, dopo che Kitt è stato distrutto dal blindato in "Formula Kitt") cercando di razionalizzare ed amalgamare un pochino le cose.

Questa volta avevamo tempo e budget per pensare a nuovi componenti, come il pannello, simile ad una pellicola, sensibile al tocco delle dita, che copriva i pulsanti one-touch dotati di led, rendendo tutta la superficie liscia ed omogenea.

Il singolo grande schermo tv (a differenza dei due piccolini precedenti) però ci obbligava ad inserire le immagini proiettate in seguito, con un effetto di post produzione, perché a differenza dei due piccoli schermi precedenti, questo non poteva funzionare, in quanto sul retro non avevamo abbastanza spazio per installare un tubo catodico delle dimensioni richieste.

(mentre prima le immagini erano veramente mandate in onda, dal tecnico fuori scena, sugli schermini piccoli)

Fu scelto comunque, per il fatto che un grande schermo appariva come una buona soluzione, permettendo a chi guidava di avere una migliore visuale delle immagini che venivano riprodotte, anche da grande distanza, diciamo fuori dall'abitacolo.

IN QUALE MANIERA AVETE REALIZZATO LE “SPIE” AI LATI DEL MODULATORE VOCALE (AUTO CRUISE, NORMAL CRUISE, AIR, OIL, S1, S2, P1, P2)? E GLI STESSI MATERIALI E PROCEDIMENTI LI AVETE USATI ANCHE PER LE “SPIE” CHE SI TROVAVANO SOPRA (POWER, FUEL ON, MIN RPM, IGNITORS)?

Le lenti erano di Plexiglas, bianco oppure trasparente, con il diffusore di luce piazzato dietro, e “gelatine”, ovvero porzioni di sostanze colorate ottenute per fusione e poi solidificate, resistenti alle alte temperature, applicate dietro ciascuna di esse. Scegliemmo il Plexiglas perché era ragionevolmente resistente, ma abbastanza facile da tagliare e sagomare senza mandarlo in frantumi. Si presentava bene, liscio alla vista, coprendo l'effetto sgraziato che avrebbe avuto la gelatina se tenuta esposta davanti al diffusore.

Oltretutto usando questo materiale, la luce veniva emanata in maniera molto uniforme, senza dare nessun indizio sul tipo di lampada nascosta dietro la spia.

Per le scritte, usai il procedimento di litografia in negativo. A quei tempi, bastava andare da un qualunque laboratorio di grafica vicino a voi, con cui foste un po' in confidenza, ed avere pronte scritte come quelle in un'ora o due. Bastava che consegnaste le immagini desiderate (lettere in questo caso) e loro vi facevano il negativo. Era un foglio di plastica molto trasparente e nitido, con il rovescio di qualunque cosa aveste consegnato al tecnico con la camera. Se gli davate delle linee e delle lettere nere, ottenevate linee e lettere trasparenti con il nero tutt'intorno.

Bastava avere fogli di carta per stampante e otto dollari per il servizio di camera, per ottenere la vostra grafica preferita per gli strumenti, pronta per essere retroilluminata, in molto meno di una giornata. Qualche diffusore di luce, un po' di gelatina.... e oplà!”

NEL PILOT, IN ALCUNE SCENE SI PUO' NOTARE UNA PICCOLA SCRITTA BIANCA, SOTTO L'EMBLEMA KNIGHT, SULLA CLOCHE DI GUIDA. PUOI DIRCI QUALCOSA AL RIGUARDO?

Avevo cercato di fare in modo che il piccolo logo Knight sembrasse una moderna interpretazione grafica dei simboli presenti sugli elmi dei soldati Romani... e la scritta l'avevo abbinata allo stemma sulla cloche sperando che piacesse e che venisse dipinta alla fine anche sui lati del rimorchio dell'Unità Mobile, ma non accadde mai. I caratteri dicevano “Knight Two Thousand”, mi pare.

I TUOI PROGETTI HANNO INCLUSO ANCHE ALCUNE PARTI DELL'INTERNO DELL'UNITA' MOBILE, PER CASO? E SE SI, QUALI?

No, io progettai un garage ed un laboratorio mobile per il Pilot della serie realizzata da Glen immediatamente dopo questa, in cui era protagonista la moto, anzichè l'auto.

E' probabile comunque che per la Base Mobile si trattasse di computer fasulli, simulacri che erano stati presi in affitto da una società chiamata “Modern Props.”, con sede in città.”

FU QUALCOSA IN PARTICOLARE AD ISPIRARE IL DESIGN DEL MUSETTO?

Glen voleva vedere uno scanner (tipo elmetto di Cylon) montato sul paraurti anteriore. Ambedue volevamo che la forma del musetto fosse precisa, tagliente e levigata.

Preparai diversi sketch, oltre a una maquette tridimensionale in poliuretano. Decisi di giocare sulle linee guida del frontale che convergevano verso il centro dell'anteriore, puntando verso il basso e verso il centro. Non ero un fanatico dei frontali dalle linee decise, ma bisogna dire che nel musetto originale della Firebird vi erano davvero troppe superfici lisce.

Senza cambiare né il cofano né i fianchi, l'unica maniera di sopperire a tale pesantezza era quella di puntare in avanti, estendendo le loro linee verso terra... ma questo aumentava ancora lo sbalzo anteriore.

Anche se lo sbalzo della Firebird originale '82 non era poi una cosa esagerata, rispetto a quello delle versioni successive, l'idea di allungarlo mi infastidiva.

Fu così che nacque il musetto appuntito: lasciando la profondità del musetto quasi invariata sulle fiancate, l'effetto di allungamento nella vista laterale restava contenuto, mentre osservando l'auto davanti a noi di muso, o dall'alto (“in pianta”, come si dice) la parte centrale che presentava un supplemento di sbalzo, realizzava un buon compromesso fra le varie esigenze.

Dava l'idea di un frontale levigato, preciso, futuristico, senza aumentare troppo la massa davanti alle ruote anteriori. La lunghezza era tutta al centro, non agli angoli, e formava un frontale davvero appuntito.

Non avrei mai voluto essere nei panni di quei poveri ragazzi stuntmen che a volte dovevano scontrarsi contro metri quadri di fibra di vetro, ogni volta che nelle scene d'azione venivano in contatto con il mio musetto!”

Le stesse considerazioni possono valere per il labbro inferiore sotto il musetto. Disegnarlo in maniera tale da seguire il disegno della parte superiore, con la superficie puntata a sua volta verso l'avanti, in opposto alla superficie appena sopra, per intenderci quella delle griglie coi faretti, aiutò ad alleggerire la forma e a renderla ancora più tagliente, tagliando i ponti con la soluzione troppo liscia e pesante del musetto di serie.

Inoltre misi molta attenzione a non disegnare uno spoiler che una volta finito fosse più basso rispetto a quello dell'auto di serie... l'auto sarebbe stata pronta a grattare in terra continuamente.

Fu molto importante prestare attenzione al fatto che le linee del nuovo musetto si integrassero perfettamente con quelle dei fianchi e del cofano di serie, dato che non potevano essere cambiati. Mi piaceva molto vedere questi generosi raggi di curvatura, che uscivano dalla sagoma dei fianchi, disegnavano il musetto, per poi ributtarsi nella forma dall'altra parte.

Gli angoli vivi, molto frequenti sui frontali di alcune auto dell'epoca, specialmente sugli spoiler, perdevano decisamente di fascino alla prova dell'efficienza aerodinamica.

Non serve un tunnel del vento per intuire che un angolo netto fra il muso ed il fianco, con l'effetto “scatola” non è il massimo per il Cx.

La Nasa aveva già provato con i suoi test degli anni '70 (quando la gente terrorizzata dalla crisi petrolifera le studiava tutte per risparmiare carburante) che una curvatura fra frontale e fianchi pari ad appena un ottavo della larghezza complessiva del veicolo era in grado di ridurre considerevolmente l'attrito con l'aria, aiutandola a rimanere attaccata al veicolo, senza brusche rotture dei flussi.

Questo effetto dell'aria sul veicolo, si potrebbe tradurre in potenza aggiuntiva, che si può impiegare in due modi... o aumentando le prestazioni mantenendo invariata potenza e consumi, oppure l'opposto, mantenendo le prestazioni di prima pur riducendo cavalli e richiesta di carburante. Inoltre, a mio modo di vedere, è bello sapere, quando si guarda la propria auto, che è più performante anche perché attraversa l'aria molto facilmente.

In ultimo, le prese d'aria sottostanti il musetto accoglievano dei grossi fari di profondità, che montammo con l'idea che i fari a scomparsa non sarebbero mai entrati in funzione, in quanto oltre ad essere un notevole freno aerodinamico, erano veramente penosi da vedere, facendo davvero a pugni con le linee del frontale.

PUOI RACCONTARE QUALCOSA RIGUARDO A QUALCHE PROBLEMA CHE LO STAFF DEL SERIAL EBBE SUL SET CON IL TUO MUSETTO?

Oh, per cominciare sono sicuro che ne abbiano sfasciati un'infinità. Per quanto avessi cercato di rimanere in valori standard come sbalzo e altezza da terra, bisogna dire che il mio musetto in fibra era molto più cagionevole che il frontale di serie della Firebird. Uno di quei compromessi cui bisogna sottostare in nome del design, suppongo. Penso che a volte bisogna fare dei sacrifici per un'estetica affascinante... del resto, provate a chiedere ad un po' di donne, se quelle scarpe che adorano mettere con il tal vestito, o che vogliono mettere a tutti i costi perché sono alla moda, sono davvero così comode......”

OLTRE ALLA SOMIGLIANZA CON GLI ELMETTI DI CYLON IN BATTLESTAR GALACTICA, CI SONO ALTRI ELEMENTI CHE INVECE SONO PROPRI DI QUELLO DI KITT?

Glen voleva dare all'auto l'impressione che avesse una specie di.... “battito cardiaco”, sempre presente quando lei era in funzione. In questo era similare all'uso che ne facevano i Cylon. Esternava stati d'animo in un volto per altri versi inespressivo.

Era davvero un'idea brillante, e qui lo fu ancora di più.

I ragazzi che lavoravano per John Ward avevano programmato diverse funzioni nei circuiti. Fui impressionato dal numero di modalità di funzionamento che aveva quello scanner.... erano almeno otto, ma forse divenirono anche il doppio.

C'erano diverse velocità, diversi tempi di pausa, diverse intensità, lampeggi, ed altro ancora.”

QUANDO GUARDI INDIETRO E RIPENSI AL TUO PROGETTO D'INSIEME PER KNIGHT RIDER, VEDI QUALCOSA CHE COL SENNO DI POI AVRESTI POTUTO O VOLUTO FARE DIVERSAMENTE?

Non ho nessun rimpianto, ma è chiaro che se avessimo avuto un pochino di tempo in più a disposizione, avremmo potuto ragionare diversamente sul migliaia di decisioni prese in fretta e furia. Se avessi avuto più tempo, mi sarebbe piaciuto fermarmi a riflettere meglio su tante cose. Ma so che tutto quello che potei fare per far sì che quest'auto avesse successo, lo feci. E sono contento di avere avuto l'occasione per farlo.”

FINE (ci siamo arrivati, in fondo... complimenti a chi ha resistito fin qui :) )

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Grazie Paolo.

Per un appassionato di Supercar come me, leggere questi "dietro le quinte" è qualcosa di appassionante.

"All truth passes through three stages. First, it is ridiculed, second it is violently opposed, and third, it is accepted as self-evident." (Arthur Schopenhauer)

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C'era un altro capitolo?? Non vorrei che tu mi avessi frainteso.... ho scritto "Fine, siamo arrivati alla fine", ma mi riferivo al capitolo. :)

Per essere precisi quello che ho scritto stasera è tratto dal sesto, di capitolo della Legacy.... ce ne sono 22 ;)

Altro che finito, abbiamo appena cominciato... ;)

Riguardo lo scanner, credo sia stato magico l'effetto ottenuto, a quei tempi. Quella luce rossa sembrava davvero qualcosa di vivo, con la scia che lasciava.

Uno di quegli effetti che stupiscono per il risultato, in rapporto a cosa li ha prodotti.

Semplicemente una lampada che si accendeva dopo l'altra (alcuni sono fatti a sette luci, altri a otto), mentre la precedente si spegneva gradualmente come una normale lampadina.

Messe tutte insieme, una dietro l'altra, dava un effetto molto superiore a ciò che era tecnicamente in realtà.

Riguardo al suo rumore, non è un'informazione certa, è sempre stato un "sentito dire" e nessuno l'ha mai confermato, chiamiamola leggenda Knightrideriana :) ma si diceva che fosse (pur riarrangiato ed effettato) il suono che...... prendete una grossa lamiera sottile, che possa flettere, tenetela da un lato e mentre vi dondola fra le mani, fatela oscillare che faccia un po' bandiera.... e ascoltate. :)

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Oggi abbiamo fatto una piccola pausa.... ma stai tranquillo gamera, stiamo raccogliendo altri aneddoti da raccontare.

Ne stavo giusto parlando prima di cena, con questi due... :D

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"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Così, chiaccherando l'altra sera con quei due della foto precedente :b1:pz, sono venuti fuori altri aneddoti vari.

Questa volta ci concentriamo sulla seconda stagione, 1983-84. I punti salienti sono l'entrata in scena di Garthe Knight e la sostituzione di Bonnie con April.

Buona lettura. ;)

Nell'autunno del 1983 Knight Rider parte deciso con la sua seconda – e probabilmente, a detta di molti, migliore – stagione.

La stessa formula base che ha fatto della prima stagione un grande successo resta invariata, eccetto per un particolare piuttosto rilevante: la brava e stimata Patricia Mc Pherson è stata sostituita da Rebecca Holden, dopo che Patricia ha deciso di abbandonare per probabili motivi di attrito fra lei e la produzione.

Il produttore esecutivo Robert Foster spiega. “Volevamo provare con un personaggio differente, dal carattere un po' più brillante, sottolineato da degli splendidi voluminosi capelli rossi. Rebecca Holden.

I giudizi riguardo alla seconda stagione crebbero costantemente mentre questa andava in onda, e ci fu sempre più la convinzione che ormai la Holden avrebbe fatto parte del cast in maniera definitiva. Nonostante questo diversi giornalisti e fans erano comunque sconvolti dal fatto che Foster avesse deciso di rischiare manomettendo l'equilibrio della prima formula.

La produzione giunse alla scelta di Rebecca osservandola attraverso numerosi lavori da lei già eseguiti per il network. La stimavano molto ed erano parecchio interessati al suo lavoro, decidendo così di proporle Knight Rider, una delle punte di diamante di quel periodo.

Patricia commentò: “Quando Robert Cinader morì e al suo posto arrivò Foster, mi sentivo agitata. Quando un nuovo membro della squadra sale a bordo, tutti sono impegnati a dargli il miglior benvenuto, facendo in modo che si senta a casa sua. Essere personaggi fissi di uno show televisivo ti da questa magnifica sensazione di familiarità. I ragazzi della troupe sono la tua seconda famiglia.

Continuando...”Quello che eravamo in grado di fare come squadra era davvero d'aiuto a far sentire una guest star o una comparsa come se avesse sempre lavorato con noi. Quando Foster arrivò, facemmo lo stesso nei suoi confronti, ma lui non ricambiò.

La decisione del cambio di cast non fu ben accetta da David, il quale fu sconvolto dalla notizia.

David non era nella posizione di poter dire la sua, purtroppo”, ricorda la McPherson, “ perché è vero che con la nostra squadra lo show era stato un successo nella prima stagione, ma questo non significava che la produzione non potesse decidere di stravolgere tutto, compreso lui.

E così Rebecca Holden, tra l'altro cantante e ballerina di successo, era giunta a bordo della nave di Knight Rider come April Curtis, la donna responsabile dello sviluppo e della manutenzione dei sistemi e programmi di K.I.T.T.

Descrivendo il suo personaggio, Rebecca puntualizzava che si trattava “di una donna intelligente, capace, e non solo di uno schianto di bambolina. So che molti penseranno il contrario perché il mio personaggio ha sempre una certa maniera di trasmettere il suo fascino, ma dovranno riconoscere che c'è dell'altro.

Riguardo alla sua entrata nel cast, Rebecca ricorda:

Avevo già realizzato diversi lavori per la NBC e per la Universal, e loro conoscevano bene il mio operato. Ricevetti una chiamata dal mio agente che mi chiedeva di andare a fare un provino per quel ruolo. Incontrai così David ed i produttori, e leggemmo assieme diverse scene.

Rebecca ricorda anche come in effetti non fu così scontato il suo arrivo. “La NBC arrivò ad interpellare me ed il mio agente dopo una lunga ed estenuante ricerca della sostituta ideale. Mi chiesero se mi avrebbe potuto interessare fare parte di Knight Rider, al momento in programma per una nuova stagione di 22 episodi. Dissi al mio agente che pensavo che sarebbe stata una grande cosa, perché ritenevo Knight Rider davvero un grande show.

Era nella classifica di TVQ tra i primi dieci, addirittura al 6° posto davanti a “Magnum P.I” e a “60 minutes”. Era un'occasione da prendere al volo, era davvero raro entrare a far parte... in seguito, diciamo, di uno show sulla cresta dell'onda. Solitamente bisognava partire con lui da zero, dal pilot, e impegnarsi aspettando che piacesse. A me non accadde.

I produttori Joel Rogosin e Robert Foster discussero parecchio con la Holden, cercando di dare una dimensione al suo personaggio. Stavano studiando se aggiungere commedia e romanticismo alla serie, oppure no... valutarono anche l'ipotesi di far cantare e ballare Rebecca durante gli episodi.

Ricordo che poi ci si concentrò sul personaggio della “studiosa, esperta di computer”, e mi chiesero anche se mi sarebbe andato di portare gli occhiali, per darmi un'aria ancora più intellettuale. Provammo e la cosa piacque a tutti, concludendone che il personaggio era davvero una bella unione di aspetti fra loro opposti.

Quando arrivai a casa, ricevetti un'altra chiamata dal mio agente, che mi diceva che avevo ottenuto la parte.

Oltre ad essere felice di questo, Rebecca era entusiasta anche di come era riuscita a dare una sua impronta personalissima al personaggio; inoltre fu felicissima di incontrare dei colleghi meravigliosi, che ricorda così:

David era animato da una personalità travolgente, e sapeva rendere tutto piacevole e divertente. Aveva la capacità di fare sentire ogni membro della squadra, fosse attore o tecnico o cameraman, come parte di una grande famiglia. E' sempre stato bellissimo per noi arrivare sul set ancora prima del necessario, o trattenersi a lungo dopo la fine della giornata lavorativa.

Non è mai sembrato un lavoro, davvero.

Edward era un professionista, con l'esperienza di una grandissima carriera. Era davvero un gentleman e un uomo di mondo. Inoltre voglio menzionare anche il meraviglioso talento di Bill Daniels, la voce di K.I.T.T, che incontravo sempre alle serate della NBC. Fu eccezionale nel dare una personalità ben precisa a K.I.T.T, rendendolo vivo.

Durante la seconda stagione, Patricia si dedicò ad apparizioni in altre serie, cercando un nuovo ruolo, ma senza successo, e non ci volle molto perché giungesse alla conclusione che forse era il caso di tornare indietro.

Il compositore Don Peake approfittò della seconda stagione per dare una ritoccata al tema della serie.

Decidemmo di ri-registrare il tema per la seconda stagione, cosa che in effetti eravamo da sempre abituati a fare ogni anno anche in passato. Il tema rimaneva lo stesso, per carità, l'armonia cambiava ma discretamente, senza traumi... introdussi alcuni nuovi accordi che aumentavano la tensione.

Stu Phillips ricorda di aver proposto di cambiare il tema centrale a costo zero.

All'inizio della seconda stagione proposi alla Universal di rivedere l'intero sound della serie, senza compenso in cambio. Lo facevo gratis, volevo esporre delle idee, ma la mia proposta fu scartata, perché gli Studios erano assolutamente certi di non voler cambiare nemmeno una nota dell'originale.

Nella terza stagione, ci fu una proposta ai compositori di preparare un nuovo sound per lo show, ma credo senza il benestare di Glen, il quale infatti appena lo seppe troncò tutto sul nascere con una telefonata ai piani alti....

La seconda stagione cominciò con “Goliath”, la première stagionale di due ore nella quale Michael per la prima volta incontrava il gemello malvagio, figlio di Wilton, ed il suo super tir.

Non fu una grande prova da parte mia, come rimarcarono tutti. Molti sostennero che avrebbero fatto di meglio e io stesso quando mi rividi in quel personaggio, ero convinto di aver dato una brutta botta alla mia carriera. Perfino mio padre disse “Il gemello cattivo di Michael Knight è un attore peggiore di Michael Knight!

Nell'episodio, il gemello di Michael riesce a scappare da una prigione in Africa, sottraendosi alla pena di tre ergastoli consecutivi. E' determinato a distruggere Michael Knight, ritenendolo un insulto alla sua esistenza.

Le storie riguardanti gemelli cattivi, in questa serie e anche in altre, è risaputo che sono degli ottimi espedienti per fare grandi ascolti, ed infatti, quella sera “Goliath” in America rientra nei 20 programmi più visti in assoluto in tutta l'annata.

Questo episodio è anche l'occasione per presentare un altro membro della famiglia di Knight Rider, la moglie del defunto Wilton, e cioè Elizabeth Knight.

Girare Goliath non fu semplice, ricorda Jack Gill.

Avevamo come base il Caesar's Palace, alloggiavamo proprio nel palazzo in cui si svolse parte della storia. Avevo al seguito una flotta di 12 TransAm, a disposizione per le riprese, ma la produzione non volle che restassero parcheggiate davanti al palazzo; avrebbero creato troppa pubblicità e di conseguenza un gran caos. Le parcheggiamo nel sotterraneo, tre piani sotto terra, piantonate da guardiani.

Non potemmo girare subito, perché si mise a piovere a dirotto e lo fece per tre giorni, allagando parte dei garage sotterranei e danneggiando tutte le auto che si trovavano là sotto, compresa la nuova Mercedes del produttore....”

Nonostante questo, la produzione continuò rispettando i tempi previsti."

David Hasselhoff ricorda in particolare il set dello scontro fra K.I.T.T e Goliath.

Non vollero che interpretassi personalmente la scena dello scontro.

Ci recammo a piazzare il set in mezzo al deserto, e vi erano due stuntman ad occuparsi della scena. Ognuno dei due avrebbe dovuto cercare di andare il più vicino possibile all'altro. Il camion avrebbe proseguito secondo la sua linea retta, mentre Jack, nell'auto, avrebbe dovuto scartare all'ultimo istante.

Ognuno dei due aveva una radio a bordo, per aiutarsi a vicenda a controllare la scena. In apparenza si scontrarono, ma era soltanto un effetto speciale. Davvero sofisticato.

Prima filmammo i punti di vista di entrambi, diretti l'uno verso l'altro, poi passammo ad utilizzare un'auto senza guidatore e simulammo lo scontro fra i due.

(David l'ha fatta piuttosto breve, ma in seguito Jack Gill ci spiega meglio...)

A David non fu permesso di fare nulla in tutto ciò, ma venne concesso di realizzare una piccola parte in un altro spezzone d'azione.

Mi potete vedere nel momento in cui nei panni di Garth evado dalla Base Mobile e salto dal rimorchio impossessandomi di un'auto in fase di sorpasso. Sono io sul tetto del rimorchio, ma per motivi di sicurezza non lo sono più nel momento in cui salto dal rimorchio all'auto.

Quando atterro in auto però sono di nuovo io... ho saltato dal carro del camera car, da un'altezza più bassa, e mi sono fiondato nella Cadillac rossa. Colpivo lo stuntman alla guida, il quale si accasciava continuando però a tenere il piede sull'acceleratore, mentre io con le mani già al volante, mi mettevo al posto di guida e proseguivo. Non fu difficile.

Goliath” segna anche l'inizio dell'utilizzo dei modellini in miniatura in alcune sequenze d'azione.

Gill ricorda: “Il grande scontro con Goliath fu tutto fatto con miniature, e questa fu la prima caduta di tono sia per David che per me. Le miniature si presentavano davvero come cose da due soldi, come appunto in materiali con cui erano realizzate. Nonostante questo un costo lo avevano, e lavorando così non si risparmiava molto, ma si avanzava tempo. Si girava un episodio in cinque giorni di prima unità, più qualche volta due giorni della seconda unità.

Arrivarono alla scelta di questi modellini per fare prima, e venne un punto in cui sia io che David credemmo che prima o poi ci avrebbero sostituiti pure a noi con dei goffi modellini.

Riguardo ancora a “Goliath”, Rebecca aggiunge. “Mi piacque molto cominciare con questo episodio da due ore, perché era una storia che diede l'opportunità agli sceneggiatori di andare un po' più a fondo nelle vicende della famiglia Knight, e diede anche una bella dose di divertimento, guardando David che interpretava un doppio ruolo. Era eccitante pensare di interpretare il proprio gemello cattivo.

Una scena che non fu girata con i modellini fu quella in cui Michael e K.I.T.T corrono attraverso il deserto cercando di controllare lo stato reattore, passando a grande velocità a fianco di un minatore con il suo mulo carico di cose.

Gill, al volante della Pontiac, ricorda come quel giorno ebbe veramente un attimo di terrore.

In teoria la scena avrebbe dovuto essere abbastanza semplice. Avrei dovuto lanciare l'auto alla sua massima velocità e passare vicino al minatore col suo mulo. Quel giorno avevo un'auto che era in grado di arrivare fino a 130 miglia orarie. Dovevo partire da molto lontano, raggiungere tale velocità in prossimità del minatore, sorpassandolo a pochissima distanza. Chiesi ai produttori che cosa sarebbe potuto succedere se per la paura il mulo di fosse messo a correre da tutte le parti, e loro decisero di fissare i piedi del mulo a terra con dei picchetti, in modo che non si potesse proprio muovere. Partii, arrivai ad una certa distanza, già a 115 miglia orarie, e via radio chiamai per sentire se erano pronti. Mi dissero che era tutto ok, ma pochi metri prima di incontrare il minatore ed il mulo centrai un uccello che mi si spappolò interamente sul parabrezza! Panico totale, ero certo che avrei preso o il ragazzo o il mulo, oppure tutti e due! Per fortuna potemmo tornare indietro e rifare tutto da principio....

Tom Greene, sceneggiatore e produttore di molti degli episodi della seconda stagione, ha molti ricordi di quei set.

Io credo che il successo di Knight Rider sia per gran parte merito di David. Fu l'elemento principale di quell'alchimia che rese inconfondibile lo show presso la gente.

Le ispirazioni di Greene riguardo alla sceneggiature provenivano spesso dalla sua infanzia."

Knightmares” (episodio intitolato "Incubi" in Italia), ricorda Tom, “fu uno degli episodi migliori che scrissi e di cui curai la produzione, ed è solo un esempio delle idee che vennero ripensando alla mia gioventù. A tutt'oggi, quando insegno letteratura e sceneggiatura ai miei ragazzi, uso “Knightmares” come esempio, a volte."

Greene ricorda anche come fu bello potersi dedicare per una volta con grande passione ai dettagli.

Il distretto di polizia, ad esempio, ci lavorai molto perché volevo che avesse un'aria datata, che aiutasse a ricordare che stavamo parlando di qualcosa che ormai era passato e lontano per Michael.

Tom ammette anche apertamente che il suo episodio provocò qualche scintilla presso il network.

C'erano alcune scene in cui i dialoghi fra gli interpreti lasciavano trasparire un qualcosa di.... gay. Le prime due che mi vengono in mente sono quella in cui Michael grida a K.I.T.T “You are hot!” " subito dopo aver premuto il tasto del lancio turbo, e quella in cui K.I.T.T dice a Michael “Put in into my chemical analyzer” .

Sono ancora stupito che siano passate attraverso le tagliole della censura del network!"

Greene ricorda anche la permanenza di Laura Bruneau, che interpretava Cara (la ragazza complice del criminale di quell'episodio, che ha il compito di far continuare a credere a Michael di essere ancora Michael Long), come non molto felice.

Non era molto apprezzata, soprattutto dal giorno in cui girammo la scena in cui lei rimaneva chiusa nel pozzo con l'acqua che saliva di livello. Durante una delle prove, lasciammo trafilare un po' più di acqua del previsto, e lei si mise a fare scene madri perché l'acqua era salita di più di ciò che si aspettava!

Uno dei primi problemi per Greene fu andare d'accordo con William Daniels e con il suo ruolo. “Andammo a pranzo insieme per conoscerci e divenni immediatamente un suo grande fan, ma lui apparentemente era un po' sconvolto dal fatto di come nella “mia” seconda stagione, lui non avesse grande risalto con i dialoghi di K.I.T.T.

Io gli risposi “sei fortunato, ti basta venire una sola volta agli Studios per coprire una settimana di lavoro di tutti gli altri!

Dopo questo, peraltro, le cose marciarono benissimo, e i due non ebbero mai nessun motivo per dubitare del loro rapporto di lavoro.

Riguardo alla stagione, inoltre, Rebecca ricorda di non avere mai avuto un episodio preferito in particolare, tranne “quando in alcune occasioni ci sono proprio io al volante di K.I.T.T!

Le piaceva molto in particolare ogni momento in cui nei dialoghi ci fosse il velato humour caratteristico della serie.

In seguito però ci fu un momento in cui Hasselhoff si disse annoiato di come stavano procedendo le cose nella serie.

Greene ci scherzò sopra: “Un giorno David uscì dal mio ufficio per andare al bagno, accennando al fatto che avrebbe abbandonato Knight Rider, ma sapevo che non parlava sul serio. Quando rientrò nel mio ufficio, si sedette e cominciammo a parlare. Ad un certo punto buttò un'occhio sul fascicolo che avevo davanti a me sulla scrivania, che aveva come titolo “La morte di Michael Knight”. Mi chiese che diavolo fosse quella cosa, ed io gli risposi che stavo semplicemente progettando di mettere in pratica i suoi desideri, cercando un modo per farlo uscire dalla serie. Solo più tardi, vedendo la sua reazione, gli dissi che quel plico era tutto di carta bianca, c'era solo il titolo in prima pagina. Avevo visto giusto, David non aveva mai pensato davvero ciò che aveva detto!

Durante le riprese di “A Knight in Shining Armor” (andato in onda in Italia come "Caccia al tesoro"), alcuni reporter vennero invitati sul set per vivere l'esperienza in diretta di come la serie veniva girata.

La scena in programma per quel giorno, malauguratamente, venne girata al maestoso Griffith Park in California.

Mentre la troupe stava preparando la scena dentro K.I.T.T, subito dopo che Michael aveva rapito la ragazza dalla sua scuola privata, un buon numero di persone fra attori, comparse e tecnici stava giocando una partita di softball.

L'attrice che avrebbe dovuto recitare nella scena successiva con David,” ricorda la reporter Janey Milstead, “ diede fondo alle sue energie giocando, mentre indossava le scarpe eleganti di scena. Tra sforzi e colpi ricevuti, in breve si ritrovò con le caviglie blu.

Per questo, quando venne il momento di combattere con Michael, di colpo apparve con un paio di scarpe da tennis blu e bianche, che diedero l'impressione che stesse andando a fare jogging con il vestito da sera.

Per due isolati almeno, la strada che portava a quel complesso venne occupata da ogni tipo immaginabile di camion e furgoni. C'erano camion del trucco e dei trovarobe, dei guardaroba e del suono, della carpenteria nel caso si fosse dovuto costruire qualcosa all'ultimo minuto, senza dimenticare i camion del catering, o meglio della ristorazione, quelli delle luci, e il motorhome personale di David Hasselhoff.

La Milstead continua: “Salendo su K.I.T.T, David si rilassava, seduto dietro alla sua famosa consolle... era il posto dove stava meglio. Scherzando con i tecnici della troupe, incollò una pagina di battute da recitare, di colore giallo, sul cruscotto, in un posto che non sarebbe stato visto dalla telecamera. Il truccatore si occupò del suo volto, attraverso il finestrino, dandogli colpetti coi tamponi, con grande maestria, mentre David tirò fuori fazzoletti, usandoli per farsi la polvere e poi sbattendoli come si fa con la tovaglia, fuori dal finestrino, mentre tutti attorno ridevano come matti. Più tardi, l'attrice che impersonava Katherine entrò in auto, dalla parte del passeggero, e fino a che la puntata non richiese che venissero inquadrati i suoi piedi, continuò a portare quelle scarpe da tennis bianche e blu!

Mentre la ragazza e David si preparavano a bordo a recitare le loro parti, i tecnici stavano velocemente montando tre camere e due set di luci sul cofano della Pontiac, mentre altri allo stesso tempo piazzavano un microfono nascosto nell'abitacolo. Vidi di persona come venivano girate scene di questo genere.

K.I.T.T veniva agganciato ad un camion camera car che era responsabile della registrazione del suono, oltre a fornire in taluni casi un ulteriore inquadratura dell'auto.

David era in uno stato d'animo davvero divertito e sopra le righe, quando lo lasciammo lavorare”, ricorda la Milstead, “e continuava a gettare ogni genere di cosa dal finestrino, tutte le cianfrusaglie che trovava in giro per l'auto, pezzi di carta, straccetti, biro, andando avanti fino a che non scese.

Siccome Knight Rider era diventato col tempo una serie conosciuta e di grande successo, la produzione dovette prendere misure extra per evitare che durante le riprese si formassero folle di fan che alla fine avrebbero creato disordini e problemi.

Prima di tutto, per prevenire tali eventi le location in cui ci si recava per le riprese erano top secret ed in secondo luogo si cercava di lavorare il meno possibile durante i weekend, momenti in cui era più facile che si creassero grandi masse di spettatori.

Si lavorava su più fronti contemporaneamente; mentre la prima unità lavorava con gli attori, la seconda, insieme agli stuntman, si occupava delle riprese effettuate con le miniature e simulava anche sempre con le miniature le evoluzioni che gli stuntman avrebbero effettuato in seguito con le auto vere.

Non nuovo alle pressioni da parte dei network, Tom Greene ebbe dei problemi mentre girava “A Knight On Shining Armor”.

Il network voleva che io riscrivessi il finale dell'episodio, mentre io ero totalmente contrario. La questione era questa: la ragazza protagonista della vicenda alla fine riusciva a trovare il tesoro nascosto da suo padre, ma non si trattava di un tesoro nel senso vero e proprio: era un posto molto bello, ma di nessun valore. Il network invece voleva che lei trovasse un tesoro vero e proprio.

Greene si arrabbiò e si rifiutò di portare tali cambiamenti al copione. “David capì in pieno il mio punto di vista, e minacciò di abbandonare il set se il copione non fosse rimasto intatto.

Alla fine la spuntarono, come abbiamo potuto vedere nell'episodio.

Greene ricorda anche come l'idea per quella storia venne da esperienze personali.

A Knight On Shining Armor” saltò fuori perché un mio parente di professione era geologo. Un giorno mi stupì, mostrandomi come una montagna come tutte le altre in apparenza, la Gioed Rock, nascondesse al suo interno un luogo così bello da non poter nemmeno immaginare.

Pensai che sarebbe stato fantastico avere una caverna simile per la mia storia.

L'esterno della caverna, la location insomma, si trovava nel Bronson Canyon, ed era la stessa che venne utilizzata come luogo dell'entrata alla Bat Caverna nella serie di telefilm “Batman” degli anni '60.

Per girare le scene in cui la caverna crolla e Kitt ritorna alla luce, logicamente vennero usati i modellini, mentre qui per la prima volta fu visibile l'effetto del Turbo Boost in retromarcia, concetto che ritroveremo in seguito, in “Goliath Returns”.

A Greene piaceva molto anche l'idea che questo burbero e riservato uomo avventuroso, padre deceduto della protagonista, nascondesse dentro sé il dolce sogno di poter contemplare un giorno quel posto così meraviglioso insieme a sua figlia, un posto di nessun valore, ma la cui bellezza valeva più di qualunque gioiello.

Passando oltre, Greene ci rivela che l'episodio “Speed Demons” (“Motocross a quattro ruote” in Italia) originariamente avrebbe dovuto essere il primo spin-off a nascere da Knight Rider.

La Universal era convinta ormai che Knight Rider sarebbe divenuto un successo planetario e voleva sfruttarlo il più possibile.

Abbozzai l'idea che ci fosse una serie che pareva un intreccio tra Ironside e Knight Rider, nella quale un ragazzo costretto sulla sedia a rotelle e suo sorella combattessero il crimine in sella a delle motociclette evolute tanto quanto Kitt, sulla falsariga di quella che si vide in seguito nella serie “Streethawk”, o forse anche più sofisticate.

Il Pilot prevedeva che Devon ingaggiasse i due ragazzi, portandoli alla Fondazione e creando una squadra parallela a quella di Michael e Kitt, che potesse entrare in scena quando nemmeno loro due potevano fare qualcosa per il problema che si era presentato.

Ma perché allora tutto ciò non arrivò mai sullo schermo?

Essenzialmente perché dopo avermi chiesto l'idea il network e la casa produttrice cominciarono a mettermi i bastoni tra le ruote, sotto forma di cambiamenti, ritocchi, richieste, preferenze... troppi impicci per un lavoro che doveva ancora cominciare.

Per esempio, si sarebbe partiti subito con un'incongruenza, visto che la ragazza che prese parte all'episodio di Knight Rider insieme al fratello sarebbe dovuta sparire nello spin-off.

In mezzo a tutti questi impicci, alla fine ebbe la meglio l'idea di creare uno spin-off da “Bocca di serpente”, il quale arrivò in effetti sullo schermo con il nome di “Code of Vengeance”, ma fu un flop su tutti i fronti.

Fu comunque nell'episodio "Speed Demons" che Edward Mulhare conobbe il suo più grande momento di frustrazione.

Nel finale dell'episodio, infatti, vedevamo Devon arrivare su una motocicletta anni 60, a dimostrare che anche lui, una volta, era uno che sapeva correre.

Durante le riprese di “Speed Demons” Edward si rifiutò un giorno di uscire dai camerini con il costume da motociclista, perché non aveva nessuna intenzione di recitare quella parte, ritenendo che sarebbe stata ridicola. Andai nel suo camerino e gli dissi che per noi era un onore avere un attore come lui, e che era il migliore di tutta la squadra, ma che se non gli andava di lavorare a questa “serie di merda" (proprio tali parole usai) poteva sempre tornare al suo amato teatro. Gli dissi anche che se per lui andava bene ero pronto a chiamare la Universal e comunicare la sua intenzione di abbandonare Knight Rider.

Edward lo fermò appena in tempo, prima che uscisse dalla porta del camerino. “Sapevo che alla fine sarebbe stato dei nostri anche quel giorno, era solo un po' sulle sue”, ricorda Greene.

Com'è ovvio, fu Jack Gill a girare le scene d'azione con la moto di Devon, mentre Edward si occupò soltanto delle riprese in cui la moto era montata sulla piattaforma del camera car.

Verso la fine della seconda stagione, a febbraio, David si trovò di fronte alla possibilità di far rivivere lo scontro tra Michael ed il suo gemello cattivo Garthe, nell'episodio di due ore intitolato “Goliath Returns”.

In questa puntata, Garthe riesce ad evadere una seconda volta di prigione, e progetta di rapire April e Devon, per attirare Michael in trappola e compiere finalmente la sua vendetta.

Goliath Returns” è un episodio particolare, in quanto è l'unico in cui vediamo la coalizione di due criminali già conosciuti durante la serie, in storie separate.

Ann Turkel, autrice di una deliziosa interpretazione in “Soul Sourvivor”, ( in Italia "Il rovescio del computer", episodio in cui Kitt viene attaccato via etere da una donna ed un ragazzo genio del pc, che si impossessano dell'auto gettando Kitt fra i rifiuti) ritorna con la sua Adrianne Margeux, a fianco del gemello cattivo di Michael, formando una squadra lanciata verso un obbiettivo comune.

(un aneddoto di cui non si conosce la motivazione, è che questa Adrianne Margeaux, sia in questo "Ritorno di Goliath" che ne "Il rovescio del computer" appare nei titoli di testa come "Adrianne St.Clair"... nessuno ha mai capito perchè)

Questa volta il personaggio di Elizabeth Knight non venne preso in considerazione, perché si voleva trattare la storia da un altro punto di vista.

Comunque, alla fine, anche in questo caso Michael riuscì ad avere la meglio, sconfiggendo il nemico facendolo precipitare in mare da una scarpata. Va detto però che nell'episodio non ci è dato modo di sapere che effettivamente Garthe e Adrianne sono morti o meno nell'incidente.

Greene ricorda: “Bastò un giorno per scrivere questo copione. Andammo in un posto che si chiamava Hamburger Hamlet, un sabato mattina. Eravamo in quattro ed avevamo bisogno di otto atti che avrebbero composto la puntata di due ore. Ognuno di noi si dedicò ad una parte, scrivendo due atti a testa, ciascuno di circa 20 pagine. Il tutto infine venne intitolato “Dejà vù.... All over again”.

La principale idea che era scaturita era che questa volta ad essere in pericolo di vita non sarebbero stati solo Michael e Kitt, ma la squadra intera.

Una delle scene clou dell'episodio nacque proprio dalla mente di Greene, ed in particolare quella in cui Kitt perde il controllo e si ritrova a precipitare nel vuoto, salvando sé stesso e Michael con il paracadute in dotazione.

Furono utilizzati alcuni modellini per la prima parte della scena, mentre in seguito agganciammo una TransAm ad un braccio gru lunghissimo, che la portò ad un altezza superiore ai 250 piedi, con a bordo David al posto guida e dalla parte passeggero un cameraman per riprendere le scene di stupore di Michael. Cominciammo mandando su il regista per fargli dare un'occhiata e dirci cosa voleva in particolare”, ricorda Jack Gill, “ma ad un'altezza di soli quindici piedi si fece prendere dal panico e dovetti andare io a fare le sue veci.

Una delle parti essenziali di “Goliath Returns” è la scena in cui Devon, April e Klaus cercano di evadere dalla cella in cui Garthe li ha rinchiusi. Anche questa fu un'idea di Greene, coadiuvato dalla sua collaboratrice Ann Davis.

Avevo i tre che dovevano trovare una soluzione per evadere, e giungemmo all'idea di fargli preparare un esplosivo rudimentale, utilizzando dei bottoni e materiale preso da un cardigan.

Anni dopo scoprii che alla ABC qualcuno era ritornato sulla nostra idea... avevamo ispirato nientemeno che le storie di Mac Gyver!

Passando all'episodio “A Good Knight's Work” (in Italia "Matto Matteo", protagonista il peluche di cui abbiamo già parlato), va detto che in quell'occasione il nuovo autore, Richard Okie, ebbe subito maniera di capire quanto fosse forte l'effetto che la serie faceva sui telespettatori.

In questa puntata vediamo Kitt alle prese con un orsetto parlante piuttosto dispettoso, e nell'ultima scena lo vediamo catapultato fuori dalla TransAm tramite l'eject roof.

Ricevetti una lettera dall'Inghilterra, in cui vi era una foto di un bambino che teneva in mano un'immagine di Michael e Kitt. Sua madre mi aveva scritto per dirmi che il piccolo era rimasto sconvolto dal vedere l'orsetto sparato fuori da Kitt. Ci era rimasto davvero male.

Scrissi personalmente una lettera al bambino, spiegandogli che Kitt in realtà era davvero affezionato a Mighty Mouth (Matto Matteo in Italia) e che i due erano diventati grandi amici. Lo aveva sparato fuori solo per giocare, e Mighty Mouth non si era fatto nulla perché qualcuno lo aveva preso in braccio al volo. Non ci credereste, ma questa storia finì in prima pagina su ben due quotidiani inglesi!

Lo stesso William Daniels, molto attento all'effetto che potevano avere le sue frasi dette da Kitt, aveva preparato diverse battute alternative per i dialoghi fra la Knight 2000 e l'orsetto, ma nella post produzione tutto era poi rimasto esattamente come era stato pensato in principio.

Oltre che per gli attriti fra Kitt ed un peluche, quest'episodio è ricordato anche per una bellissima sequenza in cui la TransAm della Fondazione salta da un palazzo all'altro, atterrando dentro l'appartamento di Cameron Zachary, il cattivone della situazione.

Realizzammo un intero appartamento partendo da zero”, ricorda Jack Gill, “che usammo prima per girare tutte le scene con gli attori, e nel quale in seguito mi fiondai dentro con l'auto, da una rampa esterna. Agganciammo l'auto posteriormente con un cavo, per essere certi che si fermasse prima del muro con la porta d'entrata, che rappresentava la fine del set.

Il palazzo usato per le riprese degli esterni si chiamava Richfield Tower, e ai tempi delle riprese era appena stato ultimato. All'interno era ancora in parte vuoto.

Fu simpatico infine trasformare il dubbio di Okie in una divertente battuta di Kitt, riguardo al fatto che lui stesso non avesse idea di come avrebbe fatto dopo il salto a scendere da quell'appartamento(al 20mo piano).

Lo stesso autore non seppe mai dare una risposta soddisfacente!

Questo fu il primo copione scritto da Okie, a quei tempi un executive della Universal che si era messo in testa di scrivere trame. Greene non era molto ispirato dalla persona in questione, e solo dopo avergli fatto riscrivere ben 25 volte tale copione, prese in considerazione la storia, che in effetti una volta realizzata lo soddisfò pienamente, come ricorda in queste parole.

Secondo me “A Good Knight's Work” è una storia di cui chi ne ha fatto parte deve esserne orgoglioso, perché fu uno di quegli episodi in cui si potevano notare tutti i toni di scrittura presenti nella serie, per non parlare della magica presenza nel cast di John Vernon, nel ruolo di Zachary. Lo stimavo molto per altri suo lavori, e alla fine delle riprese giocammo un po' mostrandogli gli scritti alternativi che lo riguardavano, giusto per il piacere di fargli provare anche quelli e vederlo recitare ancora, anche se non sarebbe mai servito a nulla.”

Rebecca Holden aggiunge a tutto questo un'ulteriore riflessione sul suo personaggio.

Fui veramente soddisfatta della popolarità che mi diede April Curtis, ma lo fui ancor di più nello scoprire che era diventata un modello per le ragazze che la seguivano. Non era la classica bambolina stereotipata, ma una donna in gamba, intelligente e che credeva davvero nella sua missione, quella di fare in modo che Kitt fosse sempre più attrezzato e pronto a coadiuvare Michael nella lotta contro il crimine.

La cosa divertente è che a quei tempi io non capivo assolutamente nulla di computer... ma in seguito migliorai incredibilmente!

La popolarità in crescita in quel periodo di Michael e Kitt offrì loro l'opportunità di impegnarsi anche come “guest stars” in altri telefilm.

E' il caso di “Different Strokes” (il mitico “Arnold”), nell'episodio intitolato “Hooray for Hollywood”, che andò in onda in due puntate (11 e 18 febbraio 1984, in America si intende) e nel quale Arnold ed il suo migliore amico Dudley riuscivano ad eludere la sorveglianza del set, con lo scopo di incontrare Knight Rider, fare qualche foto e farsi fare degli autografi.

Arnold e Dudley, una volta sul set si nascosero in un'auto che stava per essere fatta saltare in aria, e soltanto con l'aiuto di Michael e Kitt fortunatamente ciò non accadde.

Riuscito finalmente ad incontrare i suoi idoli, Arnold non perse occasione per usare la sua espressione più familiare, “Whatchootalkin' bout Knight Rider?” (“checcavolostaidicendoKitt?").

In quell'occasione David girò soltanto le scene all'aperto, mentre a bordo non furono realizzate riprese. Le inquadrature di dettaglio del voice box erano riesumate da puntate della serie, ed i dialoghi di Kitt, specialmente in inglese, si poteva notare come non fossero coordinati al movimento del voice box, in quanto il parlato venne realizzato apposta ma in seguito, non essendo disponibile William Daniels, da un altro doppiatore.

Approfondiamo ora il discorso di “Bocca di serpente”. Molti fan sono convinti che “Knight Rider 2000” (il film del 91) sia stato il primo spin-off nato dalla serie, ma non sanno che al contrario in “Bocca di serpente” vennero gettate le basi per una serie intitolata “Code of Vengeance”, che aveva come protagonista quel David Dalton (interpretato da L.Charles Taylor), un uomo che operava “trasversalmente”, fuori dagli schemi, per combattere le ingiustizie.

Bocca di serpente” andò in onda due settimane dopo “Goliath Returns”, e in quell'occasione Michael e Kitt, come abbiamo già detto nei capitoli precedenti, furono ben poco presenti sullo schermo, in quanto David stava trascorrendo la sua luna di miele con Catherine Hickland.

Code of Vengeance” andò in onda per la prima volta il 30 giugno del 1985 e venne sospesa con l'episodio del 11 maggio 1986, non essendo assolutamente riuscita a crearsi un audience presso il pubblico.

Ma mettendo da parte questa piccola vicenda marginale, ritorniamo un attimo alla fine della meravigliosa seconda stagione di Knight Rider, un momento in cui a tutti dispiacque di doversi lasciare, anche se per poi ritrovarsi entro breve tempo.

Il più dispiaciuto era David, che passò ogni minuto del suo tempo in compagnia della troupe e della sua auto parlante.

Preferisco recitare con lei che con altri attori, perché quando io e lei siamo insieme, anche se è finzione, siamo nel nostro piccolo intimo mondo privato, ed è sempre un'emozione.”

FINE

;)

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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acc questa volta non interpreto quella pèarola fine ma anche se lo fosse ogni tanto vengo a rileggerlo cosi' faccio anche un tuffetto nei ricordi eh eh

uhmmmmmmm bonnie o april ? secondo me se avessero fatto una serie con tutte e due avrebbe avuto un successone (magari mettendoci anche un po' di pepe nella lotta alla conquista di machael ) Ricordo una puntata dove kitt fa la descrizione fisica di bonnie ehmmmmmm be' e' stato lo sdegno di michael che mi aveva lasciato un po' perplesso (quasi come se non gli interessasse sapere le misure di bonnie e per un donnaiolo come lui la cosa era alquanto sospetta ) hahahaha ma ora che so' cosa c'era dietro tutto appare chiaro

posso solo dirti e ribadirti che e' un gran bel lavoro ;)

NON C'E PEGGIOR VIGLIACCO DI CHI SPUTA SENTENZE SENZA AVERE IL CORAGGIO DI AFFRONTARTI

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Grazie Gamera. ;)

Lo sdegno di Michael non era dovuto alle misure di Bonnie, certamente, o al fatto che Kitt le citasse. Era solo perchè, tanto per cambiare, Kitt rispondeva a sproposito, mancando il senso dell'osservazione che aveva fatto Michael, e rispondendo "ingenuamente" come un qualunque pc.

Era il bello di Kitt, anche questo.

A volte se ne usciva con cose completamente fuori dal contesto, perchè non aveva capito.

E' una scena che è stata trattata parecchio ai tempi, nel forum del KR Italia, e a furia di parlarne, me la ricordo.

La situazione era questa:

Bonnie ha appena finito di realizzare alcuni "upgrade" a Kitt, e ne rende conto a Michael, spiegandoglieli.

Dopo la descrizione, lei non sa resistere, e tira una delle sue frecciate e Michael (e al suo comportamento alla guida).

Bonnie- "....ora possiamo dire che a Kitt resta un solo difetto...."

Michael (interrompendola) - "... lo so... lo so.... lo so... la pazzia del suo pilota (mentre lei ripete all'unisono insieme a lui)

Poi lui si gira e va verso la porta della Pontiac sussurrando "... ma cosa ho fatto di male io....". Si siede a volante, e pensando ad alta voce mentre la osserva lavorare... "... mi chiedo se sotto quella tuta ci sia una femmina in carne ed ossa, o semplicemente un robot..."

A quel punto salta fuori Kitt.

"Sotto quel vestito c'è una femmina umana. Altezza un metro e 68, peso 57 chili, circonferenza seno 95, vita 58, fianchi..."

"Kitt?"

"Si Michael?"

"Piantala eh?" (una delle battute più ricorrenti nella serie)

Sul forum del KR Italia battezzammo questi momenti come "highlights", i duetti storici.

Ce ne sono a bizzeffe, e furono cose che diedero un colore tutto speciale al rapporto che c'era fra questo uomo eroico e passionale, e questa Pontiac che a volte non capiva, a volte capiva e lo prendeva un po' in giro.

Quello che posto qui sotto, ad esempio, è uno dei migliori.

Situazione: una soffiata ha comunicato alla Fondazione che è probabile ci sia un kamikaze in una squadra di agenti speciali che in quel momento è sotto addestramento e dovrà proteggere i capi di stato di un sacco di nazioni, durante un meeting internazionale che sarà organizzato dalla Fondazione stessa.

Michael e Kitt quindi vengono inviati sotto copertura a far parte di questa squadra che è sotto addestramento da parte dello specialista Redmond, in un campo di esercitazione.

La prima notte al campo, mentre tutti compreso Michael riposano nei loro dormitori e Kitt è parcheggiato nel prato in stato d'allarme, tale Redmond, l'istruttore, si intrufola nei dormitori e piazza sotto i letti di tutti dei fumogeni.

All'alba li fa esplodere, sgridando tutti quanti di non essere stati attenti, perchè se lui fosse stato un attentatore, e quelle delle bombe, ora sarebbero tutti morti.

Dopo la ramanzina, Michael (ancora in boxer) va da Kitt e sale a bordo per sgridarlo a sua volta.

K- "Michael, hai dimenticato i pantaloni." :D

M- "Lo so!!! Io... io ho un rimprovero da farti!"

K- "Un rimprovero da parte tua significa che io non ho eseguito a dovere una mansione che mi avevi affidato, cosa improbabile." :D

M- "Io.... io ti avevo lasciato in stato d'allarme! Perchè non mi hai avvertito quando Redmond è entrato nella mia stanza???"

K- "Dimentichi che tu stesso mi hai detto che ci potevamo fidare del signor Redmond..."

M- "Devo dedurre che questo è un esempio della tua logica?"

K- "Oh, no... che è un esempio della tua...." :D:D:D "Ma cambiando discorso, hai qualche idea per far saltar fuori il sospettato?"

M- "Si, ho un piano. Stasera, per cercare di smuovere le acque, organizzerò una partita a poker dove farò l'ubriaco e l'attaccabrighe..."

K- "Perfetto, allora non hai bisogno di suggerimenti..." :D:D:D

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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"... mi chiedo se sotto quella tuta ci sia una femmina in carne ed ossa, o semplicemente un robot..."

A quel punto salta fuori Kitt.

"Sotto quel vestito c'è una femmina umana. Altezza un metro e 68, peso 57 chili, circonferenza seno 95, vita 58, fianchi..."

"Kitt?"

"Si Michael?"

"Piantala eh?" (una delle battute più ricorrenti nella serie)

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