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Caso De Tomaso-Rossignolo: troppe cose non tornano... (UPDATE: infatti è fallita)


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Rossignolo merita più che la galera, ma purtroppo resterà impunito.

Oltre ad avere sottratto finanziamenti pubblici tra fondi UE, della Regione Toscana, della Regione Piemonte e statali per lo sviluppo per circa complessivi 30 milioni, ha intascato anche i TFR degli ex dipendenti Pininfarina per circa 15 milioni. TFR che quando la De Tomaso sarà messa in liquidazione sicuramente saranno spariti e quindi sarà l'INPS a doverli pagare.

Oltre a questo l'operazione De Tomaso è costata circa altri 15 milioni alla Regione Piemonte per l'acquisto dell'ex stabilimento Pininfarina dato poi in affitto a Rossignolo (ma lui non ha mai pagato nessuna rata).

L'operazione De Tomaso è quindi costata circa 40 milioni oltre alla cassa integrazione per almeno 3 anni di tutti i dipendenti Pininfarina e di 4 anni di tutti i dipendenti ex Delphi.

In questa voragine vanno aggiunti i danni creati dalla sottrazione di risorse pubbliche che veramente ssarebbero potute essere indirizzate all'innovazione e a progetti imprenditoriali veri.

La vergogna è che tutti sapevamo da subito che si sarebbe giunti a questa fine ma nonostante questo le amministrazioni hanno arricchito Rossignolo.

Ridicolo è che il copione messo su da Rossignolo era già stato messo in scena, anche se in misura minore, da lui stesso e dal suo socio Giuliano Malvino con la Isotta Fraschini pochi anni fa.

Grottesco è che Rossignolo e Malvino insieme hanno imbastito nuovamente la messa in scena alla luce del sole dando vita alla TAS-Fissore azienda nata per veicolare i soldi sottratti da De Tomaso. Addirittura il nome TAS-Fissore riporta ai traffici di Malvino e della sua Rayton-Fissore poi Isotta Fraschini.

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@ isogrifo, hai ragione da vendere, purtroppo.

Toglimi una curiosità: quando, in fondo, nomini la Rayton-Fissore di che anni parli? Gli anni del Magnum, venduto principalmente, senza gare trasparenti, alle amministrazioni varie?

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  • 2 settimane fa...
Il tempo si sta consumando: se entro al massimo fine aprile i cinesi della Hotyork non onoreranno il contratto e verseranno i soldi promessi, e più volte annunciati in arrivo, la famiglia Rossignolo potrebbe porre fine alla sua avventura industriale nella De Tomaso. Sono parole amare quelle di Gian Mario Rossignolo: «Se la situazione non si sblocca in fretta andiamo tutti a casa, siano le istituzioni a trovare una soluzione. Noi non abbiamo più soldi. Ci rimettiamo i 10 milioni che abbiamo investito in azienda che è tutto quello che avevamo. I lavoratori ci hanno guadagnato tre anni di cassa perché quando rilevammo la Pininfarina stavano per finire in mobilità».

La rabbia

Ma questi sono ancora i giorni della battaglia. In primo luogo per dire una cosa: «Non ci siamo intascati neppure un euro di fondi pubblici. Voglio andare in Consiglio regionale e documentarlo». Sulla giornata pesa l’assedio da parte di un gruppetto di lavoratori alla casa del manager. Protestano - e uno si è anche incatenato al cancello - perché da alcuni mesi non ricevono lo stipendio. Un problema che si potrebbe risolvere in un minuto dice l’imprenditore. E spiega: «Lo Stato ci deve tre milioni di Iva; se ce li rendesse potremmo pagare dipendenti e fornitori. E’ quello che accadrebbe in un Paese normale».

E’ indignato l’anziano manager, che con i figli Gian Luca, Edoardo e Emanuela - tutti impegnati nell’azienda - esibisce carte su carte per dimostrare la propria buona fede. Dice: «Ma è credibile che a ottant’anni mi metta a fare il truffatore? Intorno al nostro progetto industriale è stato creato un clima di sfiducia anche da parte delle istituzioni che certo non favorisce il buon esito della vicenda».

La formazione

Spiega che per la formazione l’azienda ha incassato 8 milioni e 282 mila euro per le sedi torinese e toscana. E emesso fidejussioni per un milione. Aggiungono Gian Luca e Edoardo: «I lavoratori che hanno seguito una formazione teorica sono 583, altri 185 quella pratica, partita in ritardo perché la Ue ci ha messo 17 mesi a fare il decreto. Ora però non ha senso proseguire se non parte in fretta la produzione». Poi ci sono i fondi per la innovazione. Il 13 aprile di quest’anno è stato redatto un rendiconto, inviato a Finpiemonte, sul progetto Univis che dettaglia le spese sostenute per 13 milioni e 68 mila euro di cui un milione e 67 mila euro per costo del lavoro, 5 milioni e 416 mila per materiali e attrezzature, 5 milioni e 337 mila per consulenze, 59 mila per spese di viaggio, un milione e 188 mila per spese generali. I Rossignolo esibiscono anche la lettera di Finpiemonte dell’aprile 2011 che certifica che «l’ispezione tecnica risulta conclusa positivamente».

I patti violati

Ma gira e rigira si torna sempre ai cinesi. Raccontano i Rossignolo: «Perché dovrebbero volerci prendere in giro? Li sentiamo ogni giorno e dicono che i soldi sono in arrivo». Ma Gian Mario aggiunge: «Dicono anche di voler disinvestire alle migliori condizioni. Ma questi non erano i patti; i fondi dovevano arrivare a gennaio e poi l’8 febbraio. Noi non possiamo spettare. Ci bastano 30 milioni per partire a razzo e avere le auto pronte in dieci mesi». Il gruppo cinese è stato l’ultimo di tre possibili finanziatori: prima un fondo indiano che si è sfilato «dopo l’aggressione che ho subito davanti alla Regione dicendo che era meglio produrre nel loro Paese» Poi la Drb-Hicom malese che a ottobre 2011 ha lasciato «perché preoccupati per il rischio Paese e poi ha rilevato la Lotus». La famiglia ha anche interpellato altri possibili partner come Bmw, Mercedes, Gm «ma la crisi mondiale dell’auto lo ha spinti a dire no». Si è così arrivati ai cinesi. Dicono i Rossignolo: «E qui si sono scatenati i problemi con tutti a fare le pulci. Ma quando Gheddafi comprava mezza Italia nessuno ha detto una parola». Gian Mario non ha dubbi: «Magari il gruppo non è il meglio, ma chi viene oggi a investire in Italia nell’auto? Nessuno». E così, malgrado i rinvii, ancora rimane un po’ di fiducia che i fondi arrivino a breve.

I lavoratori

Poi c’è il capitolo lavoratori. I file all’Inps per il pagamento della cassa integrazione di marzo partono oggi da «Livorno perché qui non abbiamo l’agibilità degli uffici». C’è molta amarezza: «Non è giusto che ci trattino come topi. Sono anni che lavoriamo per dare loro un futuro. Nessun dipendente delle pur tantissime imprese in crisi si comporta così». Poi c’è su tutto una amarezza antica: «Quando l’accordo fatto con la Bresso è cambiato, dopo le elezioni, con la nuova giunta dovevo tirarmi indietro. La mancanza di quegli 11 milioni ha indotto anche la banche a ritirare le linee di credito, ci ha creato enormi problemi di liquidità che ci hanno costretti a cercare finanziatori all’estero».

De Tomaso: senza il cinese molliamo tutto a fine aprile- LASTAMPA.it

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Guest EC2277

Però faceva comodo far finta che lo fosse.

E' la solita storia: ogni volta che c'è un problema, anziché affrontarlo nella maniera più razionale, cerchiamo di farla franca evitando tutte le conseguenze spiacevoli. Però così facendo lasciamo liberi di agire gente del calibro di Rossignolo.

Modificato da EC2277
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I fondi pubblici Rossignolo li ha intascati eccome ad esempio tramite acquisti e consulenze che fanno capo a lui (ad es. la TAS-Fissore).

Da scoprire poi che fine hanno fatto i TFR degli ex Pininfarina.

Vero è che ai sindacati andava bene così, prolungare la cassa nonostante il progetto Rossignolo fosse fallimentare già in partenza.

Gli scopi di Rossignolo poi sono sempre stati noti a tutti, assurdo che si sia dato credito a una squadra (Rossignolo-Malvino) che già aveva sottratto soldi pubblici per poi scappare pochi anni fa con la Isotta-Fraschini. Grottesco è che anche il nome con cui agiscono Rossignolo e Malvino non è stato cambiato "Fissore"!

Sicuramente Rossignolo merita il carcere anche se ha superato 80 anni, ma anche la Bresso ha le sue gravi colpe...

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La rabbia poi è che si sia preferito il progetto truffa di Rossignolo a quello di Bollore con la Bluecar che in Francia sta dando grandi soddisfazioni.

La Bluecar, se sostenuta come a Parigi dall'iniziativa Autolib avrebbe potuto essere vincente e salvare Grugliasco.

Bollore, che a differenza di Rossignolo non voleva prendere i soldi e scappare, aveva però detto che non tutti i 900 lavoratori avrebbero potuto essere salvati ma al massimo la metà.

Ai sindacati e alla Bresso questo non andava bene, e quindi...due anni di illusioni e poi tutti a casa con un buco a spese dello stato di 40 milioni!

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