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E' un fatto vero....


daytona

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Siam tutti ansiosi qui ad aspettare;

vogliam saper la fin delle macare.

Non c’è un più agitato immaginare

di quello acceso dal tuo novellare.

Ma presto! L’alba sta per arrivare!

Al buio, sai, lavoran le macare;

la luce le farà pietrificare

se non finisci tosto il raccontare.

Un raccontar forbito e assai solare,

benché piuttosto teso a spaventare;

chè certo spaventar non può il parlare

d’una Grecìa pur piena di macare.

Dei demoni, le streghe e le macare

non può il mistero tetro mai offuscare

l’altro mistero d’una terra e un mare

d’una beltà che non si può eguagliare.

Ma che dici! Siamo seri!

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Entrai nella vecchia casa di corte, un grande portone di legno chiudeva l'ingresso principale, mentre il normale transito degli occupanti avveniva tramite una porticina ricavata all'interno di una delle ante della porta.

Dallo spioncino del portone, che altro non era che una finestrella aperta sulla corte ad altezza d'uomo, avevo già scorto una donna venire verso di me. La vecchia aveva un aspetto austero, vestita rigoriosamente di nero. Aveva i capelli argentei trattenuti in un' unica treccia, avvitata in una rosetta posteriore, La fronte alta sovrastava piccoli occhi grigio azzurri, taglienti e privi d'espressione. Mi venne incontro con le mani quasi congiunte, muovendo piccoli passi con pantofole di panno, nere anch'esse.

Sentii il cigolio di un ferro che scorreva nelle guide arrugginite e dopo qualche scricchiolio si aprì la porta di servizio del portone.

All'intermo c'era la frescura che solo certe vecchie costruzioni sanno restituire nei periodi di afa. Il soffitto della zona coperta era con volte a stella, le pareti ancora fresche di calce. Qualche crepa partiva dal pavimento a chianche e si disperdeva verso l'alto ramificandosi fino ad diventare sempre più impercettibile, come fosse la traccia di un fulmine catturato dalla pietra.

La donna, senza parlare, mi fece cenno di entrare in un piccolo disimpegno con pavimento di di lastre pietra. Di fronte all'ingresso c'era la porta a vetri di una cucina di un'abitazione, tutt'ora vissuta . Sul tavolo al centro di quella stanza, infatti, era stesa una tovaglia a grandi fiori e, oltre il tavolo , una porta aperta conduceva ad un giardino, lo si intravedeva in fondo, con alberi d'arancio e panni stesi al vento ad asciugare. Sulla sinistra del disimpegno, c'era una scala con una bella ringhiera di ferro battuto che conduceva al piano di sopra, a destra una porticina faceva accedere ad una rampa di scale di una cantina.

Indicandomi con un cenno proprio la porta di destra, la donna mi invitò a scendere , sempre senza proferire parola.

Una sola ed unica rampa ripida con i gradini consumati al centro portava al piano sottostante, quello che era stato un deposito di legna, vivande, e conserve varie oggi era una saletta sotterranea, ripulita come il resto della casa ed il cui livello, rispetto alla superficie, era tradito solo da un leggero odore di muffa fredda e dalle prese di luce in alto. La luce, infatti proveniva dalla corte, sulla quale erano aperti due lucernai a scivola, di quelli che in queste antiche case venivano utilizzati, in passato, per far passare l'uva da spremere o sacchi di farina.

In questa cantina, ancora più fresca della corte superiore, non vi era luce elettrica L' arredamento era scarno: solo sei sedie di paglia poste in circolo sotto la volta centrale. ed una antica madia di noce locale incerato, un pezzo raro che esprimeva una certa agiatezza dei primitivi proprietari e che anche oggi avrei pagato a peso d'oro se lo avessi scovato nella bottega di un antiquario.

La donna mi fece sedere su una sedia, poi mi chiese:

Hai acceso le tre candele all'altare della beata Vergine?

- Annuii, deglutendo la poca saliva che avevo in bocca solo per sbloccare l'epiglottide.

Hai fede nei Santi del Paradiso e nell'angelo custode? - continuò, estraendo dalla madia un vecchio messale ante Paolo VI.

Si, si...- risposi con poca convinzione. In fondo avevo detto una mezza verità, non sono mai stato un cattolico praticante. Eppoi lei non era il mio confessore a cui dovessi raccontare i fatti miei.

- Mo' - continuò - Non "ti" credere che qui risolverai tutti i tuoi problemi. Io cerco di vedere, di sentire e se posso, di aiutare. Però c'è ancora troppa luce, per vedere quello che si può vedere -.

Cominciavo ad innervosirmi per i giochi di parole e per la cantilena delle generiche raccomandazioni a scopo religioso. Pensai addirittura che i riferimenti ai santi fossero una inconscia "copertura", quasi di autoassoluzione, per la donna nel mentre si addentrava in pratiche che di religioso avrebbero avuto ben poco.

Aprì il vecchio messale e cominciò a leggere sommessamente, come se recitasse un rosario. Sentivo solo i sibili che sfuggivano dalle labbra assottigliate dagli anni e le brevi inspirazioni con le quali riprendeva fiato ogni tanto. Avrebbe potuto anche ripetere all'infinito uno sciocco scioglilingua e non me ne sarei accorto.

Ora la luce cominciava ad affievolirsi, il sole era definitivamente tramontato e la cantina fu ben presto invasa dal buio.

La donna lesse le sue preghiere fino a quando potè, poi appoggiò il messale aperto su una sedia. Estrasse dalla madia un cero votivo e lo accese con dei fiammiferi che aveva in tasca.

Pose il cero in terra al centro delle sedie disposte a cerchio e precisamente sotto la chiave di volta. la fiamma tremò per qualche secondo , poi le ombre si definirono e stabilizzarono sulle pareti e la cantina si rischiarò quel tanto da potercisi orientare.

- Togliti la camicia - mi disse:- ed avvicinati al cero-.

Mi tolsi la camicia e mi esposi alla fioca luce del cero che saliva dal basso verso l'alto sfumandosi sul mio torace.

La donna si avvicinò lentamente, poi rimase impietrita e sgranò gli occhi che non erano più sottili e taglienti ma piuttosto allarmati.

- Madonna Santa! Ti ha toccato! Sei stato toccato - ripetè - Indietreggiò lentamente, distolse lo sguardo. Mi invitò a rimettere la camicia. Spense il cero e, nel buio quasi totale, mi sospinse verso le scale.

La bloccai.- Cosa vuol dire essere toccato? -

Lei evitava i miei occhi ma capì che mi doveva una spiegazione.

- Ho visto i segni sulla tua pelle, ti ha segnato. La luce del cero non ti illuminato tutto. Se avessi guardato anche tu te ne saresti accorto. C'erano tante, troppe zone nere...dove ti ha toccato la Santa Luce non ha potuto rischiarare. Credevo che fosse una cosa da niente, un malocchio da invidia o da innamoramento. Tu rischi troppo, invece. Io non posso farti nulla, anzi rischio da me, da sola non ce la faccio...

- E che dovrei fare adesso?-

- Prega, se è vero che hai fede - Ed io contatterò la Madre. Ti farò sapere....

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Come ero arrivato in quella casa ed all'insolito rituale fu del tutto casuale. La notte prima, rientrato da Soleto, dove non avevo avuto il benchè minimo indizio, arrivato a casa mi gettai sul letto e, dopo tante ore di tensione, praticamente svenni dal sonno per svegliarmi la mattina dopo, già avvolto dal sole penetrato dalla porta-finestra spalancata. Maledissi il giorno che avevo deciso l'esposizione della mia camera da letto ad est per la luce accecante che batte già alle sei del mattino,surriscaldandola.

Quella notte l'unica visita sgradita fu quella delle zanzare che, evidentemente, avevano banchettato sulle mie caviglie lasciandomi prurito e ponfi. Decisi di riconciliarmi un po' con la vita sorbendo un caffè nel balcone opposto della casa, fra la verzura di due cespugli di margherite bianche, dove l'ombra avrebbe regnato ancora per qualche ora.

Il frastuono del traffico proveniente dalla statale per Leuca, lo sbattere di sportelli e le voci allegre che si udivano per la strada, presagiva che le spiagge sarebbero state invase da orde di bagnanti provenienti dall'intera regione. Quel giorno era domenica, anche il mio paese sarebbe rimasto deserto, avrei avuto più concetrazione e, inoltre, le ore avevano fatto decantare tutto quel tanto da consentirmi di fare le scelte più giuste.

Squillò il telefono, il bel campanello meccanico del Bigrigio SIP degli anni '60, altro che suoneria elettronica, cordless e tasto cancelletto! Non avrei potuto mai contattare un call-center... pazienza!

Era " L " , una mia cugina che non vedevo dal natale precedente, alla quale avrebbe fatto piacere raggiungermi, con il marito ed i figli, in spiaggia più tardi per passare una giornata insieme. Come riconobbi la voce ebbi un un sussulto perchè, improvvisamente, ricordai che una volta, in occasione di una cena, mi aveva detto nel suo paese, "X", abitava una vecchia signora, sua conoscente e di buona famiglia, che si sussurrava togliesse i malocchi.

La sconcertai quando, mentre cercava telefonicamente di concordare con me una minima organizzazione per la colazione "al sacco" da fare in pineta, la bloccai supplicandola di mettermi in contatto con la vecchia signora, spiegandole sommariamente la mia preoccupazione.

" L " esitò qualche secondo. Ritenni stesse mettendo in dubbio mia salute mentale. Non potei biasimarla-.

Insistetti.

- Non ho mai parlato con lei di queste cose.- mi rispose

- Lo sai.... io non ci credo. Non voglio che sospetti che ne abbia parlato alle sue spalle, con altri, in tutti questi anni... Comunque, se per te è tanto importante, la chiamo. Aspettamie notizie, fra un po'...- e riattaccò-

Dopo un quarto d'ora mi richiamò in evidente stato di agitazione. Mi diede un indirizzo ed un orario, per il tardo pomeriggio. Non potevo sbagliare. Fuori dalla "corte" avrei visto un'enorme bouganville rossa, l'unica sulla strada.

Prima però - mi disse - passa dalla Cappella di San ..... Cerca il sacrestano che saprà dirti il da fare. Questo pomeriggio ci sarà un funerale, aspetta che tutti siano andati via..-

"L" mi chiuse il telefono senza attendere il mio ringraziamento. L'avevo evidentemente turbata con questo fatto, forse voleva tornare al più presto nella vita "normale" fatta di un marito già pronto in macchina con maschera e pinne nella sacca e due figli bellissimi da far divertire sul una spiaggia in una domenica d'agosto.

Nel tardo pomeriggio ero alla Cappella di San......, come previsto aspettai che si concludesse la funzione funebre e che il corteo si incamminasse verso la collinetta del cimitero. Fu allora che, rimasto solo, fui avvicinato dal vecchio sacrestano che mi porse tre candele e mi indicò la nicchia dove accenderle.

Il resto lo conoscete già....

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Dopo un'interminabile pomeriggio, battuto da un caldo scirocco e chiuso da uno spettacolare tramonto con tutti i toni del viola e dell'arancio, finalmente calarono le ombre della sera sul paese di X ( n.d.r. = scusate, ma di questo " ...calare di ombre" non potevo farne a meno, a questo punto del racconto).

Inutile dire che io ero là già da un bel pezzo. Avevo lasciato la macchina nel parcheggio del castello medievale, nel bel mezzo del centro storico, fra quelle dei pochi ed illuminati turisti che avevano scarificato un pomeriggio sulla costa per una puntata ai paesi dell'interno.

Mi era stato chiaramente detto che ci saremmo visti non prima della mezzanotte e non per un cerimoniale consolidato in certe pratiche, che aggiunge solennità e drammaticità alla situazione, ma solo per motivi pratici in quanto "chi" o "coloro" che dovevo incontrare avevano delle situazioni lavorative e familiari da risolvere prima.

Poi, è ormai riconosciuto, che nel mese di agosto le notti salentine si annullano, intese come periodo di riposo notturno, e diventano solo un riferimento temporale del tutto irrilevante nelle frenetiche attività che si svolgono nel "coast to coast" Otranto-Gallipoli- Leuca , la cui intensità sarebbe misurabile, forse, solo con i gradi della Scala Mercalli.

Infatti, mano a mano che passavano le ore, anche il piccolo borgo medievale si animava. I baristi sistemavano i tavolini sui marciapiedi, interi ristoranti si trasferivano all'aperto, si chiudevano le strade con transenne e grandi piante verdi. Insomma, a breve si sarebbe iniziato un altro rituale, quello della notte salentina, con pazze corse per raggiungere quanti più locali possibile dall' Adriatico allo Jonio, discoteche e luoghi "deputati" all'incontro della bella gente. Queste mete raggiunte sarebbero state, poi, oggetto di vanto il giorno successivo, in spiaggia, da raggiungere - smaltito l'alcool e l'adrenalina - non prima delle due del pomeriggio.

Alle 23 e 30, ormai impaziente, mi avviai a piedi verso la strada che conoscevo già. Mano a mano che mi allontanavo dal centro, i rumori e le voci si facevano sempre più attutiti e l'illuminazione, ormai ridotta ai soli lampioni della rete pubblica, si limitava ad una luce grigiastra con ampie zone di penombra. Da lontano scorsi la bouganvillea appoggiata al muro, decisi di fermarmi un po', a distanza, anche per osservare i movimenti che ci sarebbero stati prima dell' incontro.

Mi appoggiai alla colonna di pietra un cancello, che era un po' arretrato rispetto al ciglio della strada, e passai un po' di tempo ad indovinare le traiettorie di un pipistrello che planava sulla mia testa, sfiorando le facciate dei palazzotti e facendo incetta di farfalle notturne ed altri insetti attirati dai lampioni.

Dopo circa 10 minuti, dalla direzione opposta arrivò una vecchia Fiat Uno nera. Si accostò al portone che conoscevo bene e ne scesero due figure femminili. Dopo altri cinque minuti un'altra auto si fermo molto più in là e ne discesero altre due persone. Questi strani movimenti a coppie mi insospettirono un po'. Se, come supponevo, ad ogni sedia del sotterraneo corrispondeva un componente, a questo punto mancava una sola persona, dato per scontato - inoltre - che la padrona di casa fosse già sul posto. Ma non arrivò più nessuno.

Alle dodoci precise sollevai il battente del portone e lo feci ricadere con forza, perchè qualcuno dall'interno mi sentisse. Non fu necessario attendere molto perchè la signora che già conoscevo era gia pronta ad aprirmi. Mi fece un breve cenno di saluto. La corte era semibuia, illuminata solo dalle luci che provenivano dalle porte e finestre che vi si affacciavano.

La signora mi accompagnò nello stesso ingresso della volta precedente ma, questa volta, mi invitò ad entrare nella cucina della casa ed ad accomodarmi su una sedia della cucina. Lei si sedette di fronte e non disse nulla. Era chiaro che dovevamo aspettare l'arrivo di qualcuno e che ero in quella stanza, e non già nella cantina, perchè c'era qualcuno o qualcosa che , per il momento, non avrei dovuto vedere.

- Chi è la madre? - Le chiesi a bruciapelo.

- Qui non si fanno domande- rispose.

Continuai: - Signora, è evidente che se questa notte sono qui è perchè ho un problema, o ritengo di averlo, è vero anche che ho le idee un po' confuse ma non sono uno stupido e non creda, lei o chi per lei, che mi si possa mettere in mezzo. Questa situazione ha dell'assurdo, come è stato assurdo il nostro primo incontro. Ha voluto suggestionarmi con la candela accesa, il buio e le sue insulse preghiere. Ha cercato di spaventarmi con un rituale da "mago televisivo" facendomi credere di aver visto chissà cosa. Ha coinvolto anche un povero sacrestano quasi demente nel suo gioco di suggestione. Ma non ha risposto ad una delle mie domande nè mi ha dato una prova di quello che avrebbe visto. Mi ha fatto intuire chissà quali sciagure ma non mi ha dato alcun aiuto. Anzi, invece di aiutarmi ha aumentato le mie paure. E' evidente che, nella sua strategia, mi ha cotto a puntino per quello che dovrebbe accadere questa sera.... Ma, adesso, voglio e pretendo di sapere a cosa vado incontro, quale effetto speciale sta preparando ed a quale scopo, e voglio saperlo prima! -

Avevo caricato un po' le parole per suscitare una reazione ma avevo superato il limite, evidentemente. La donna si irrigidì poi sibilò:

- Tu non hai capito niente. Sei uno stupido presuntuoso che merita quello che già si è tirato addosso. Tu non sai che per te, e solo per nostra carità, stiamo facendo quello che negli ultimi trent'anni non abbiamo fatto per nessuno e che non ci compete fare. Fessa e strafessa! Dovresti ringraziare invece di inveire! Bacia questa terra perchè da questa terra, FORSE, avrai la salvezza. Solo per te stasera chiuderemo il cerchio e la Madre ci concederà il suo intervento. Ma, sia chiaro, se non sei convinto, quella è la porta. Qui nessuno ti ha chiesto nulla, e la madre non tollererebbe un comportamento come il tuo. E bada bene, se esci, per la vita che ti resta dimentica la mia faccia e questa casa perchè ho i modi per punire chi tradisce...-.

Capii che dovevo darmi un'aria di sottomissione.

- Puoi dirmi almeno che ruolo ha la Madre?- aggiunsi

- Vedi quel quadro appeso alla parete? - Mi disse.

Io annuii. Su una parete in fondo alla stanza c'era un grande quadro ad olio in monocromia sui toni del bruno. Da lontano sembrava uno scorcio di un paese. Mi avvicinai....

- Raffigura il campanile di Soleto- continuò, prima che potessi riconoscere il monumento raffigurato -

- Ecco rientrare nella storia Soleto ed il suo campanile stregato! - Pensai

Poi aggiunse - Sono cinque livelli diversi. Io sono il livello più vicino a terra, sono pietra di costruzione come viene estratta estratta dalla cava di Cursi. Vedi come sale la costruzione verso l'alto? I primi due livelli sono spogli, sono le pietre d'appoggio per i successivi tre livelli. Dal terzo livello in poi appaiono le decorazioni, la finezza delle ghirlande, delle trine e via salire fino al quinto ed ultimo livello, a 50 metri da terra che è il tripudio della pietra fatta filigrana, i lati da 4 diventano otto. Ecco, la Madre è il quinto ed ultimo livello della gererchia.... Ma ora basta!-.

Non mi rimaneva che aspettare....

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