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  1. Graziano68dt

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Stai visualizzando i contenuti con il più alto punteggio, pubblicati in data 01/03/25 e localizzati Tutte le aree/sezioni

  1. Airflow muta costantemente. Assume una nuova forma ad ogni comunicato stampa Stellantis.
    8 punti
  2. Metto anch'io una francesina, sperando con il nuovo anno di poter ritornare a contribuire alla discussione : è una Lancia Delta HF Turbo del 1987. La vidi circa due anni fa nello stesso punto, mi chiedo se passi le vacanze in Italia o sia di qualcuno che abita lì.
    7 punti
  3. Sbirciando su Google Maps ho notato, con piacere, che DR ha comprato tutti i capannoni accanto la "fabbrica" e i piazzali sono strapieni di auto nuove (un confronto con gli anni passati lascia parecchio stupiti). Comunque ancora più interessanti sono queste vetture tra le tante presenti, ancora non importate da DR. La maggior parte sono delle Exeed, il brand di lusso di Chery: Da sinistra, la 1° e la 3° vettura sono delle Exeed VX: La 2° e la 4° sono delle Exeed TXL: La 5° e la 6° sono delle Exeed LX: La 7° e la 8° sono già note e sono la Dr 3.0 Collection e la DR 1.0 EV, mentre l'inedita citycar gialla è la Jac Sehol 10x:
    6 punti
  4. Lasciatelo in DS, stop. Ma in Fiat anche basta dai, serve gente che batta un po' i pugni sul tavolo, per mettere in gamma quei 1/2 modelli che fanno stare in piedi il brand sul mercato. Gli ultimi anni di Fiat UE sono stati atroci, la deriva sarà pure partita da lontano ma quello che si è visto non è tollerabile. 2018-> abbandono del segmento B con la G.Punto uscita dal listino e tutti zitti nel nome di "abbiamo bisogno di auto che marginano", nel mentre la concorrenza storica ha iniziato a dilagare nel nostro mercato; 2020-> 500 BEV only resto della gamma che invecchia con al massimo qualche MY/Edizione speciale a lasciare il tempo che trovavano; 2022-> Esce di scena la 500L; 2023-> Entra a Settembre a listino la 600, only bev fino a maggio 2024 ma mai dichiarato(bello mettere a listino le auto senza dire con chiarezza le tempistiche di consegna), mhev che tutt'ora stenta dibbrutto a vedersi per strada; 2024-> Giugno anteprima G.Panda, Luglio G.Panda presentata ufficialmente. Siamo ora a Gennaio 25 e nessuno ha info certe o può dare info certe sulla messa in vendita di questa C3 ricarrozzata; Nel mentre girano pure voci inquietanti sulla 500 332 mhev un po' troppo pesantuccia rispetto a quanto preventivavano(quindi non si possono escludere ritardi ulteriori), e pure sulla Multipla/Fastaback lancio commerciale programmato per metà 2026 a detta dell'Argus(una delle poche fonti che c'hanno visto lungo su Stella nei vari anni). 2 anni per ricarrozzare delle C3 Aircross/Opel Frontera OMG. Qualche testa dovrà saltare, non possono pagarla sempre operai, commercianti, fornitori ecc... hanno stufato.
    6 punti
  5. Parlano in termini entusiastici delle vendite 2024 sull'anno, senza ovviamente dire nulla del trend rispetto agli anni passati, e anche nel 2024 stesso (dicembre sono arrivati al 5% di quota). E' il loro mestiere, per carità, mica possono fare altro, però la situazione è un po' diversa dal raccontato. Aspetto ancora il cambio di rotta nei fatti, le parole le conosciamo già.
    5 punti
  6. In USA arriva finalmente la 2.0 Turbo da 272 CV che costa 9500 dollari in meno della PHEV, nonché meno delle tedesche https://www.carscoops.com/2025/01/alfa-romeo-introduces-entry-level-tonale-for-under-37k/
    5 punti
  7. Disamina impeccabile, e non scordiamoci anche Abarth totalmente abbandonata da una visione miope e menefreghista, con scelte vergognose come l'aver cassato Ab500x, non aver sviluppato una Tipo Abarth (bastava metterci il GME che attualmente monta su ben 3 auto basate su SUSW), Ab500e stendiamo un velo pietoso, e infine Ab600e che è quasi non pervenuta. Potevano benissimo fare Cupra prima di Cupra, e invece...
    4 punti
  8. Buonasera e Buon anno nuovo a tutti Voi. Inizio sempre con vecchi avvistamenti che risalgono più o meno allo scorso autunno. Questa me la manda sempre il marito di mia cugina, dalla Germania. Non credo si tratti di un raduno, lui ne frequenta molti, orgoglioso della sua 500L, ma quel numero sulle portiere per me distrugge tutta la poesia.... 😞 benché in tinta col rosso che borda i cerchioni. Queste due un giorno andando al lago, andata, con doverosa sosta. Nel suo bellissimo grigio indaco, anche se credo fosse postumo a questa serie della Super, gli espertissimi sapranno meglio di me. Questa piccoletta sul crepuscolo del ritorno : pistava da morire 😮 mi sembra di scorgere la coppa dell' olio maggiorata, o sbaglio ? E infine questa PT Cruiser, non so se possa meritare il suo posto qui, però ormai sono abbastanza infrequenti da vedere, e versione Cabriolet ancor di più. Sicuramente di qualche turista perché aveva targa Francese. In un blog dove un mio Amico la pubblicò ( suo è l' avvistamento ) qualcuno la sbeffeggiò dicendo sembrasse un bidet, e Lui, prontamente "Beh, strano allora che venga proprio dalla Francia !" 🤣
    4 punti
  9. In un mondo senza le demenziali leggi europee la 2,0 4x4 ci vorrebbe anche in Europa, ovviamente solo per immagine ma almeno eliminerebbe una scusa per non comprare Tonale.
    4 punti
  10. Io senza lo specchietto di destra non posso vivere, se mi capita per esempio che per qualche motivo è chiuso guardo a destra e mi prende il panico. Tra parentesi, io mi ricordo quando è entrato in vigore l'obbligo per lo specchietto di sinistra. Ricordo che mio padre l'ha dovuto mettere aftermarket sulla 127.
    4 punti
  11. Le ibride plug-in hanno nuovi test di omologazione: ecco cosa cambia I modelli lanciati dal 1° gennaio 2025 sono soggetti a una nuova omologazione. Le emissioni di CO2 dichiarate potrebbero raddoppiare [...] Dal 1° gennaio 2025 è entrato in vigore il nuovo standard Euro 6e-bis, che prevede test più severi per l'omologazione dei modelli ibridi "alla spina" lanciati proprio dal 1° gennaio in poi. [...] Come cambiano le emissioni In precedenza, i test sulle emissioni venivano condotti su una distanza simulata di 800 km, ma l'Euro 6e-bis aumenta questa distanza a 2.200 km. Per mostrare l'effetto che questo cambiamento ha sulle emissioni e sul consumo di carburante di una PHEV nella guida reale, l'International Council on Clean Transport (ICCT) ha analizzato le prestazioni di una BMW X1 xDrive25e nelle condizioni riviste. In base ai nuovi parametri, le emissioni della X1 passerebbero da circa 45 g/km a 96 g/km. Un ulteriore aggiornamento degli standard di emissione è previsto per il 2027, quando entrerà in vigore la normativa "Euro 6e-bis-FCM". In queste condizioni, che prevede una distanza totale di 4.260 km, la stessa BMW dovrebbe emettere circa 122 g/km. Come detto, questi test riguarderanno tutte le nuove ibride plug-in introdotte nel listino dal 1° gennaio 2025. Dal 31 dicembre 2025, però, il nuovo standard riguarderà tutte le auto plug-in esistenti, quindi anche quelle lanciate negli scorsi anni. I dati di omologazione saranno aggiornati per avere così un quadro uniforme e per permettere agli automobilisti a una scelta più consapevole. [...] Vedremo, quindi, quali conseguenze ci saranno per le strategie di mercato delle Case, che contavano non poco sulle plug-in per abbassare la media della CO2 delle proprie auto vendute (e pagare così meno multe all'Unione Europea). A tal proposito, ricordiamo che nel quadriennio 2020-2024 il limite di CO2 emessa dalla flotta di auto immatricolate era di 115,1 g/km e che per ogni vettura venduta eccedente questo valore era prevista una sanzione di 95 euro. Dal 2025 questo limite si abbasserà a 93,6 g/km. https://it.motor1.com/news/746105/ibride-plug-in-nuovi-test/
    3 punti
  12. Ma hanno intenzione di far saltare in aria per davvero tutta l'industria auto europea quindi 😂😂. Qua altro che 2008, ci sarà una catastrofe raramente vista prima d'ora, e la cosa assurda è che è stata volontaria.
    3 punti
  13. Legati allo specchietto destro ho due simpatici ricordi. Il primo di un caro amico, ultra comunista che andava fiero della sua Uno Fire mono specchietto in quanto averlo a destra era simbolo di borghesia. Intendiamoci, sicuramente era il primo a scherzarci ma un giorno che eravamo in macchina con lui e non vide un ciclista se la prese sul serio, attaccando con la solita solfa. Il secondo è stato al ritiro della Seicento Young, presa orgogliosamente base da mio padre perché secondo lui "le Fiat vanno prese così" e il venditore alla consegna era tutto esaltato dicendoci che c'erano due sorprese. La prima lo specchietto destro, la seconda i tappetini.
    3 punti
  14. Quoto, io senza specchio dx divento impedito a fare le manovre dato che sono abituato ad usare gli specchietti. Le poche volte che mi capita di far manovra con auto così mi sento cieco da un occhio
    3 punti
  15. In queste 2 foto è racchiusa tutta l’essenza Lancia di quegli anni ed ora vengo a spiegarmi meglio perché in fondo si tratta di una sensazione! la sensazione è che siamo di fronte ad un’auto indiscutibilmente elegante! Eppure così sportiva, senza orpelli, prese d’aria ecc eppure sprigiona una sportività pazzesca! Eppure è elegante! Boh. la stessa sensazione l’ho sempre avuta guardando la Thema! Un’eleganza non gridata eppure una sportività non nascosta! confesso che è un lavoro di design pazzesco dove il “less is more” impera ma in quel poco riesci a vedere 2 facce della medaglia! forse era merito del tanto tempo che avevano a disposizione per progettare disegnare un prodotto! Non lo so!
    3 punti
  16. Leggevo il tuo post ridendo, perché rivedo pari pari mio padre e il suo rapporto con gli specchietti destri.😂 Ricordo quando nel settembre del '90 compro la Delta LX priva di serie dello specchietto dx, con suo sommo piacere e con mio grande disappunto. Sempre vista quella mancanza come un pugno nell'occhio, ancor più quattro mesi dopo, nel gennaio '91, quando mio zio comprò una Clio 1.1 RN 5 porte, una base che più base non si poteva, con tanto di specchio dx rigorosamente di serie. Inutile dire che gli anni non hanno scalfito la sua granitica avversione allo specchio dx: oggi che ce l'ha di serie, lo specchio sta sempre così: 😆
    3 punti
  17. Vi lascio i miei auguri di un buon 2025 con questa Nissan Micra 1.0 del giugno '01: buonissime condizioni, ma con la pecca dei copricerchi di tipo universale, molto dozzinali.
    3 punti
  18. Le Exeed ce le rifila col marchio Osca? 😅
    2 punti
  19. Dev'essere il nome, sulla Ritmo non me l'hanno mai fritmo. (In realtà avevo la Ritmo prima serie che ce l'aveva nel vano motore.)
    2 punti
  20. Io credo sia reduce di qualche gara di regolarità, spesso partecipano auto stradali con l'unica eccezione dei numeri di gara per permettere alla giuria di riconoscerle. Questa teoria potrebbe essere avvalorata anche dal fatto che la W111 da nuova ebbe una discreta carriera agonistica e quindi particolarmente adatta a questo tipo di competizioni. Se l'hai vista nello stesso periodo o in occasione di altre feste penso si tratti di qualcuno che passa le vacanze in quella zona, magari facendo visita a dei parenti.
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  21. Fare un family feeling unico pareva brutto? 😅
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  22. Secondo me è un tentativo di riprendersi quel mercato, stando alle dichiarazioni i clienti della nuova sono prevalentemente uomini
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  23. No, it will be a completely different car. The C6X will be a E-segment crossover inspired by the Halcyon concept
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  24. https://www.italpassion.fr/it/stellante/stellantis-sta-gia-cercando-di-aumentare-lautonomia-della-sua-nuova-piattaforma-stla-small/ This is necessary for the platform, in order to accomodate the C-hatches
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  25. https://www.rivistastudio.com/cybertruck-trump-hotel-video/ Quindi al momento abbiamo imparato che: se vogliamo fare un attentato terroristico con un auto bomba è meglio scartare il Cybertruck se acquistiamo una Tesla dobbiamo rassegnarci al fatto che Musk può avere letteralmente accesso al veicolo quando gli pare e piace
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  26. "vende" è una parola grossa, hanno riempito i piazzali degli stock dei dealer e ci mettono 428 giorni di media per venderne una dallo stock, è la vettura che detiene questo infelice record nel mercato US: La Dodge Hornet è in testa alla classifica dei veicoli che si vendono più lentamente, con un Market Day Supply (MDS) eccezionalmente alto, pari a 428 giorni. Attualmente, ci sono 14.596 unità in magazzino, ma solo 1.536 sono state vendute di recente. Questo prolungato periodo di giacenza offre agli acquirenti una forte posizione di contrattazione, in quanto i concessionari potrebbero essere più inclini a offrire sconti per spostare le scorte in eccesso. https://moparinsiders.com/dodge-hornet-tops-the-u-s-slowest-selling-vehicle-list-again/
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  27. They did anything they could to torpedo the Tonale in the USA with Hornet and PHEV-only. Now Larry Dominique is gone. But they need to get the word out. Hornet will always sell much more simply because Dodge has many more dealers.
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  28. L'obbligo è solo per lo specchietto di sinistra: ☏ Redmi Note 7 ☏
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  29. Scusate ma io sono fissato con gli spazi interni. Lui viene da una C3: sia Jazz che HR-V sono molto più spaziose della francesina ed anche molto più spaziose di Corolla. Corolla ha spazio a bordo solo in versione SW che, come scrive anche @v13, risolverebbe il problema cane, dato il grande bagagliaio. HR-V valla a vedere, perché potrebbe anche bastarti. Per quanto riguarda la ZR-V, considera che è sorella di Civic, solo in versione suv. Sul discorso affidabilità ti hanno già risposto ma io posso aggiungere che anche in casa Renault il sistema ibrido si è evoluto dalle prime applicazioni e quello montato adesso su Austral e Raphale, per esempio, dovrebbe aver risolto le magane principali.
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  30. Con i soldi del furto che prendevi dell’assicurazione mettevi su una vecchia ruota di scorta che avevi in cantina (generalmente di una 124) tanto tempo 1 mese te la rubavano di nuovo e ti compravi lo specchietto o lo stereo..
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  31. Però i Renault su Mercedes non li schifava nessuno, anzi; o la Mini con gli stessi Peugeot. Quelle erano fighe, perché tedesche, no?
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  32. Switch to electric can be abandoned. Why not?
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  33. Con la DS N8 debutta la Medium EVO con modifiche che ritroveremo anche sulla Gamma (e richieste anche da Lancia) [...] DS Automobiles can count on extensive modifications to the STLA Medium platform, which becomes STLA Medium ‘EVO’, because it will be sharing it internally with the next DS N°7 (presented in 2025, marketed in 2026), and also with the next Lancia Gamma of 2026, which will be produced in the same plant in Melfi, Italy. And it is thanks to the contribution of the Italian programme that the basis of the STLA Medium ‘EVO’ platform has been approved, with a retracted windscreen and modified bay, and a lowering of the hard points of the roof. Indeed, work on the DS ‘D85’ – now N°8 above – was accompanied by work on the next Lancia Gamma, which Jean-Pierre Ploué (then head of design for the Italian marque) wanted to be dynamic and ‘aero-efficient’. This was not possible with the STLA Medium platform as it stood. And what Jean-Pierre Ploué wanted soon became a reality! At least at the time when the Stellantis group was headed by Carlos Tavares… Photo : © LIGNES/auto This diagram of the architecture of the Peugeot e3008 in blue and the DS N°8 in white above clearly shows the modifications made for the DS N°8, the forthcoming DS N°7 and the Lancia Gamma: in 1, the bonnet has been lowered by 5 cm, which is enormous in architectural terms, in 2 the windscreen has been moved back, in 3 the windscreen bay makes it possible to lower the dashboard by 5 cm, in 4 the roof has been lowered by 6 cm, which has a major impact on the SCx in particular, in 5 the rear seats of the N°8 can be tilted further (30°) and in 6 the stern has been lengthened to reflect the more formal positioning of the DS N°8. DS Automobiles is therefore the first brand to benefit from this evolution of the STLA Medium, and the design team, led by Thierry Métroz, has taken advantage of this package to offer good interior space in row 2, despite the dynamic, plunging line imposed by the fastback concept. Photo : © LIGNES/auto Next, let’s look at the technical architecture of the DS N°8 which, like any 100% electric architecture, has its advantages and disadvantages. Above, although the ‘H’ point line (at hip level) is classically positioned in relation to the reference plane (in 1), the cabin cell is raised because of the presence of the batteries under the floor, in 2. This is the basis of a 100% electric architecture which imposes a more generous height than that of a combustion engine car, but here it is kept under control at 1.58 m on the DS N°8. Thierry Métroz tells us that ”work on the modified platform began in 2018, before the first drawings for the D85 project. It took a year working with the architecture teams to make the changes we wanted to the STLA Medium. All these modifications enabled us to give a real elegance to the silhouette, which is more of a saloon than an SUV. This fastback silhouette is very aerodynamically efficient. It’s also a real weight saver”, with a final figure of 2.1 tonnes. Since we’re talking about the next Lancia Gamma, future cousin of the DS N°8, let’s put it opposite the latter. We asked Thierry Métroz if the future Lancia would indeed benefit from this ‘EVO’ platform. ”Yes, Lancia will use this architecture. We designed it for the DS N°8, for the next DS, which will benefit from all these architectural developments and advantages, and Lancia will use it for the Gamma.” The first important piece of information is that the Lancia will be shorter than the DS N°8, which is 4.82 m long. At around 4.60 m, the Italian will be closer in size to the Peugeot e3008, but with sleeker proportions thanks to the STLA Medium ‘EVO’ platform. [...] FINE-TUNED ACOUSTICS DS N°8 is part of Stellantis’ Premium division, which currently comprises three brands: Alfa-Romeo, DS Automobiles and Lancia. As such, the newcomer aims to highlight French ‘savoir-faire’, particularly in terms of choice of materials, quality of assembly, design and on-board experience. Produced on the same platform and in the same factory as the forthcoming Lancia Gamma, the DS N°8 attempts to make a difference with its acoustics: more than two square metres of absorbent material in the engine compartment, an acoustic windscreen of almost 5 mm, acoustic front and rear windows, elaborate seals (below), and so on. But with the carry-over imposed by the group’s former boss, Carlos Tavares, the Gamma could logically carry over some or all of these elements… Photo : © LIGNES/auto Above, a detailed view of the rear door of DS N°8. In 1, a top door felt at the roof junction. In 2, delicate work carried out on the opening handle, for watertightness and acoustics. In 3, the classic door perimeter seal. In 4, an additional seal and in 5, the overhang of the outer finish of the rocker panel. [...] https://lignesauto.fr/?p=37509
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  34. Non me ne parlare... Non ci fu verso di farlo mettere alla Tipo 1.6 da mio padre nell' 89... Quando ritirai la mia Punto ELX nel '95 "...ma... due specchietti...?" Ed io: ".. che vogliamo fare? Lo sradichiamo quello di dx?". Faticai ancora nel '97 per farlo mettere nell'ordine della Punto S per mia sorella... che poi arrivò in concessionario senza e mio padre la ritirò lo stesso... Appena arrivato a casa dissi "...non ci provare..." Presi quella Punto e tornai incaxxato dal venditore per farlo montare..... Ma cosa hanno fatto gli specchietti dx ai guidatori di quella generazione? ☏ Redmi Note 7 ☏
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  37. Ghisa ghisa. Quello del Cherokee, non quello della Giulia.
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  38. e dove avrei detto che erano fighe perchè tedesche?
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  39. Terza parte La piccola sveglia, che ho messo sullo sgangherato tavolino che separa il mio pagliericcio da quello di mia moglie, suona. Ma ero già sveglio da un pezzo. Dalla specie di hotel dove stavo passando la notte non giungeva alcun rumore. Ma da fuori mi giungeva il respiro della foresta, quella foresta che avevamo intravisto la sera prima arrivando a La Clarita. Un posto dimenticato da Dio e dagli uomini, dove avevamo deciso di pernottare. La foresta respira: è un mormorio, un sussurro, un sordo rombo di tamburi, un pizzicare di corde di violino, un suono di oboe, a cui si aggiungono altri rumori, altri sussurri, che aumentano di intensità, si zittiscono improvvisamente per poi riprendere con un alternarsi di alti e bassi. E, più vicini, il cinguettare di uccelli sconosciuti, il canto del gallo (c'è sempre un gallo, in qualsiasi posto di campagna, che ti dà la sveglia e il canto è uguale dappertutto), lo starnazzare di galline faraone che sembrano aver trovato qui, al margine della foresta, il loro regno. È il momento della sveglia per tutti. La toilette è rapida. Usciamo. Albeggia, l'aria è afosa e umida. Un velo di nebbia, di caligine, copre gli alberi. Non si vede il cielo. I soliti controlli: Massagrande le “sue” automobili, mia moglie i rifornimenti, Vanni Belli le sue macchine fotografiche (perennemente preoccupato per l'elevato grado di umidità e per la polvere che dovremo affrontare e che potrebbe compromettere il suo non facile lavoro). E' il momento di partire. Obbiettivo: raggiungere il confine con il Brasile e la cittadina di Santa Elena de Uairen. È la nostra terza tappa, che sarà lunga 249,500 chilometri. Duecentocinquanta chilometri di terrore. Partiamo affrontando una strada di terra rossa, tutta buche. Abbiamo lasciato alle spalle i “llanos”, le immense distese di savana venezuelana, e siamo nella foresta, in quel pianeta Amazzonia che non ci abbandonerà più fino a Manaus, dove abbiamo fissato il nostro punto di arrivo. Ma arriveremo indenni? Dopo dieci chilometri incontriamo l'ultimo distributore di benzina. Sino al confine con il Brasile non ve ne saranno più. Rifacciamo il pieno di questo pessimo carburante a sessantacinque ottani, ma forse ne ha anche meno. Chiediamo notizie della strada, di cosa ci attende. Ma nessuno sa niente; nessuno sa darci notizie sicure. Racconti, favole, tutto per sentito dire. Non ci resta che verificare di persona. La strada, via via che procediamo, si fa sempre più infida. È una autentica gimcana, una sfida fra i due piloti e i sassi appuntiti, più o meno grossi, disseminati ovunque. Vi sono anche torrenti limacciosi che attraversano la strada; l'acqua ristagna perché fortunatamente da alcuni giorni non piove. Ma in quella melma si nascondono altri sassi: se li urtiamo rischiamo di rimetterci la coppa dell'olio, o magari il serbatoio della benzina. (ma non aveva messo le slitte?) La strada comincia a salire, dobbiamo affrontare un altopiano. Ma ecco improvviso l'agguato: la strada che sale si trasforma improvvisamente in una specie di scala. Con la benzina che abbiamo, con il battito in testa di questi motori, con i fenomeni di autoaccensione continui e ai quali non possiamo porre rimedio, forse non riusciremo a farcela. Nella migliore delle ipotesi ci rimetteremo le frizioni. Il nostro è un autentico consiglio di guerra: continuare o ritornare? “Continuare.” A turno io e Massagrande, a piedi, ci impegniamo a regolare la marcia di uno e dell'altro. Le povere Ritmo piangono. La Clarita. Non mi sono mai entusiasmato eccessivamente per un motore; non sono cioè un patito della meccanica. Ma nel sentire questi poveri motori delle Ritmo piangere, le sospensioni chiedere aiuto, le carrozzerie torcersi in cento innaturali movimenti, anch'io ho incominciato a soffrire. Prima marcia, raramente seconda; giocare di frizione e acceleratore; un occhio puntato alla strada e l'altro all'amico che ti fa segno dove passare. E non siamo che agli inizi. Finiscono le “scale” e con loro... sparisce definitivamente la strada. E' sommersa da sassi, o asportata da torrenti. A turno un tratto in auto e un tratto a piedi a spostare sassi, togliere tronchi, tracciare il percorso. Siamo in viaggio da un paio d'ore e già la stanchezza si fa sentire. La nebbia è sparita, c'è il sole, fa già caldo e il grado di umidità è elevatissimo. Attorno a noi, sempre la foresta: uno degli spettacoli assoluti della natura. La foresta amazzonica l'avevo già sorvolata in aereo, andando e ritornando da Rio de Janeiro dove mi ero recato per provare la vetturetta ad alcool della Fiat. Dall'alto appare come un mare vegetale sul quale emergono qua e là i tronchi bianchi degli alberi di cocco. Ma dal basso la foresta offre un volto diverso, che non ha eguali in altre parti del mondo. Questa che stiamo attraversando è a cinque strati. La Clarita. Sono come cinque piani di un immenso caseggiato a cui bisogna aggiungere l'attico, forse il più bello, dove vivono i fiori più fantastici, le orchidee più colorate, dove trionfa la natura nei suoi colori più fantasmagorici. Poi, scendendo verso il basso, il quinto piano, caratterizzato dalle ampie chiome a ombrello degli alberi più alti, che possono raggiungere anche i cinquanta metri; poi quelli di media altezza, con le chiome a zazzera; il terzo piano è molto compatto e forma la barriera più consistente ai raggi del sole; poi gli ultimi due, formati da una vegetazione che diventa sempre più rada man mano che si scende. Non conosco nulla di botanica, a parte quei pochi striminziti fiori che sopravvivono nella mia casa di cittadino. Però fra questi alberi riuscivo a riconoscere i ficus, i filodendri, quelli che noi chiamiamo stelle di Natale, con le foglie diventare rosse e che i botanici indicano con il nome di “Euphorbia Pulcherrima”. La Escalera. Anche le felci ho riconosciuto, ma qui tutto è caratterizzato dalle dimensioni: ciclopiche, innaturali. I molti millenni di crescita indisturbata hanno consentito a tutte queste specie di evolversi in una straordinaria molteplicità. È come trovarsi in una immensa serra naturale, dove l'inverno non arriva mai, dove la vita e la morte si susseguono con una rapidità impressionante, perché la morte dell'uno è la vita dell'altro. Tutto germoglia, cresce, fiorisce, fruttifica con un ritmo vertiginoso. La strada frattanto continua a salire. Impieghiamo cinquantacinque minuti per attraversare un punto in cui l'acqua ha cancellato il tracciato. I motori fanno quello che possono, ma le sospensioni sono meravigliose e lo sterzo è preciso. La Escalera. E che dire dei pneumatici, di questi Pirelli P3 che in queste condizioni si comportano come degli autentici pneumatici da fuoristrada? Procediamo a fatica, tutti soli in questo mare di verde, senza mai incontrare anima viva, un camion, un'automobile, un essere umano. Il sole è già alto e l'umidità è diventata opprimente. Siamo sui trentanove gradi all'ombra con un 48 per cento di umidità. Finalmente sbuchiamo su un vasto altopiano. La Escalera. La strada migliora, se di strada si può parlare, o per lo meno, non essendo più in pendenza e quindi soggetta ad essere dilavata e cancellata dalle piogge equatoriali, corre con una certa uniformità. La nostra attenzione non viene mai meno. La foresta lascia il passo a vastissimi prati, che farebbero la fortuna dei nostri allevatori di bestiame. Invece qui non c'è nessuno. La Escalera. Siamo giunti al Paso de El Danto e si profila un monumento: è dedicato al “Soldado pionero”. Fotografie d'obbligo e un attimo di sosta. Continuiamo verso il nostro traguardo di giornata, con la strada sempre infida, che richiede tutta la nostra attenzione. Vediamo del fumo all'orizzonte. Speriamo di trovare un villaggio o qualche cosa di simile. La Escalera. Invece è un accampamento militare: posto di controllo; abbiamo tutto in ordine. I militari sono molto gentili e ci chiedono di portare a Santa Elena de Uairen un portaordini. La cosa ci mette di buon umore. Se non fossimo passati noi, chissà mai quando questi ordini sarebbero arrivati a destinazione. Il soldato viene con noi. Viaggerà zitto zitto, mai un sorriso, una parola. Un grazie solo all'arrivo, che avviene dieci ore e cinquanta minuti dopo. Le ore di guida effettiva sono state 6 e trentanove minuti. Abbiamo perso quattro ore e undici minuti per qualche foto e per le tante peripezie. La media è stata bassissima: 37,518 chilometri all'ora, ma l'essere arrivati al confine tra Venezuela e Brasile è autentica fortuna. Paso de El Danto. Spuntiamo alla periferia del paese, poche case al margine di una zona tutta montagne. Siamo stanchi, abbruttiti, affamati e assetati. Puzzolenti, anche. Abbiamo sudato le classiche sette camicie. Tutti ci guardano come dei fantasmi. Il militare se ne va, barcolla un po'; chissà a cosa sta pensando. I consumi sono stati sempre contenuti: 9,979 litri/100 chilometri la mia Ritmo; 10,060 litri/100 chilometri quella pilotata da Massagrande. Pernottiamo a Santa Elena de Uairen. Il confine lo attraverseremo l'indomani. Il problema è quello della benzina: con questo carburante possiamo andare incontro al peggio. Santa Elena de Uairen. “Dio vede e provvede” è stato un po' il nostro motto di questi giorni e Dio ci è venuto ancora una volta incontro, facendoci conoscere in questo paesino di frontiera un italiano, un romano: Franco Melchiorri, trapiantatosi qualche anno fa in questo paese dello stato di Bolivar. Alto, asciutto, baffetti da moschettiere, a suo modo artista (fotografo, pittore, scultore), Melchiorri ha tagliato i ponti con l'Italia e la nostra civiltà. Ha una moglie venezuelana, due figli stupendi, una graziosa casa sulle cui pareti campeggiano quadri da lui dipinti, un piccolo laboratorio fotografico e, benché lo neghi, tanta nostalgia per l'Italia dove, a Ostia, vive una sorella. Ci invita a casa sua ed ecco che “Dio provvede”: Melchiorri ha un suo rifornimento di benzina Super. Non è la Super italiana, ma è certamente migliore di quella venduta alle pompe. Beviamo un caffè e Melchiorri ci parla della sua passione motoristica, dei suoi viaggi in sella a una moto sfidando selvaggi e sentieri sconosciuti. “Lei ha una grande fortuna”, mi dice Melchiorri, “quella di poter ammirare la foresta amazzonica. Da domani la vedrà. È forse il più grande spettacolo della natura. Nulla è più monotono di essa, ma la sua monotonia è una spinta ad andare sempre più avanti, per vedere ancora di più, sempre di più.” Il discorso cade sul Rio delle Amazzoni. “Sa perché si chiama così?”, mi dice l'amico italiano. “Tutto si rifà alle parole dettate nel 1540 dal frate spagnolo Gaspare Carjaval, uno di quegli uomini leggendari che partirono dal Perù con pochi viveri e poche armi e navigarono per mesi su fiumi sempre più grandi, immersi in una foresta in cui i raggi del sole non riuscivano a penetrare. Quest'uomo lasciò una testimonianza: 'Improvvisamente vidi delle donne, armate di frecce e di archi, che scortavano gli uomini al combattimento e lottavano con coraggio superiore a quello degli uomini stessi. E quando essi cercavano di fuggire, usavano gli archi come mazze per colpirli. Facevano pensare alle amazzoni. Difficilmente si potrà credere a un comportamento così lontano da quello che è la normale natura delle donne. Franciso Orellana, il mio capitano, volle sapere qualche cosa di più su queste donne alte, intrepide, bionde e nude. Come potevano avere figli visto che non si sposano e non vogliono uomini accanto a loro? Gli indios gli spiegarono che ogni tanto esse invadono qualche regno vicino, lottano, fanno dei prigionieri che portano con sé per l'accoppiamento; poi li rimandano a casa. Quando i bambini vengono alla luce, uccidono quelli di sesso maschile e mandano i cadaveri ai padri. Allevano invece con grande amore le figlie, istruendole all'arte della guerra.' A questa leggenda”, conclude Franco Melchiorri, “il re dei fiumi deve il suo nome, Rio delle Amazzoni, e la regione il nome di Amazzonia.” Lasciamo Melchiorri e Santa Elena de Uairen e ripartiamo con le due Ritmo 65 rifornite sino all'orlo di benzina Super. Non abbiamo consumato un grammo d'olio. Le ispezioniamo dal di sotto. La mia, quella azzurra, ha un bozzo pauroso nella slitta posta a difesa del motore. (ah, ecco... c'erano le slitte ... noi andiamo in pausa un attimo, vi lascio in compagnia di due amici incontrati per strada ) A fra poco col finale
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  40. Seconda parte Lasciamo alle spalle Caracas, la megalopoli venezuelana e affrontiamo la prima tappa. Ci siamo proposti di percorrere circa ottocento chilometri, cioè da Caracas a Porto Ordaz. In realtà faremo soltanto quattrocento metri in meno, cioè 799,600 chilometri, tutti asfaltati, di cui 104,900 in città, 71,700 in autostrada e 623 su strade urbane. Rimaniamo al volante tredici ore e cinquanta minuti, di cui dieci e trentatré di guida effettiva. La media è di 75,791 chilometri all'ora. Il traffico è molto intenso soprattutto per uscire da Caracas: circa cento chilometri di strada particolarmente trafficata, dove i “locali” guidano alla garibaldina. Incocciamo in una serie di paurosi acquazzoni che riducono molto la visibilità e ci costringono a guidare con prudenza. Fa sempre molto caldo: da una temperatura iniziale mattutina di ventisei gradi centigradi, si passa ben presto ai 38-39 gradi delle ore più calde; l'umidità si aggira intorno al 48-50 per cento. Tutto questo ci consente di fare alcune considerazioni sulle nostre Ritmo. Innanzitutto, la ventilazione interna è stata migliorata: la circolazione d'aria infatti è superiore a quella riscontrata sulle Ritmo che abbiamo provato un anno fa da Montreal a Miami. Il ventilatore centrifugo (che ha una maggiore portata d'aria e si presenta più silenzioso) fa sì che i vetri non si appannino. Non è l'ideale; però un miglioramento, e notevole, vi è stato. Seconda considerazione le gomme. L'asfalto è discontinuo e tremendamente insidioso, a causa dello strato di terra rossa che lo ricopre, proveniente dai campi che costeggiano la strada. Bisogna quindi fare attenzione a non frenare bruscamente e a “pennellare” le curve dosando l'acceleratore. I Pirelli P3 Tubeless in queste condizioni si dimostrano ottimi: tengono perfettamente, ammortizzando le diseguaglianze del manto stradale e consentendo di mantenere con sicurezza la traiettoria impostata dal pilota. Caracas, periferia. Il mercato degli indios. Seguiamo la cosa sino a Barcellona e a Porto La Cruz. In lontananza, tra le brume del Mar dei Caraibi, emerge la Tortuga, isola di pirati per antonomasia. Più lontano, sulla destra, s'intravede l'isola Margarita, 850 km quadrati, la più vasta del Venezuela. A Porto La Cruz ci fermiamo per fare rifornimento e per mettere qualcosa sotto i denti. Distributore di benzina e bar sono gestiti da Alvarez Mangueira, un simpatico bianco di origini spagnole. Si avvicina mentre con un cannocchiale osservo queste isole. “Vede”, mi dice in un misto di spagnolo e francese, “quella laggiù è l'isola Margarita. Centinaia di anni fa era abitata dagli indios Guaiqueri, buoni, leali, che vivevano in pace con tutti. Un giorno furono attaccati dai feroci indios Caribes, provenienti dal continente. Ne ammazzarono moltissimi. I pochi rimasti, per nascondere ai figli questa strage, o forse per trovare una giustificazione alla loro sconfitta, crearono una leggenda: questa. Una bella sacerdotessa Guaiqueri mise al mondo, sotto l'effetto di un sortilegio, un mostro. Prima che esso diventasse pericoloso, i saggi della tribù lo legarono a un tronco e gli diedero fuoco. Ma una nube nera si levò dal rogo, mentre un vento fortissimo disperdeva le ceneri su tutte le isole e sul continente. Ciascun frammento di questa cenere generò un indios Caribe, figlio del mostro la cui cattiveria invano si era cercato di distruggere con il fuoco.” Alvarez mi racconta questa storia con enfasi, quasi fosse la sua storia e quella della sua famiglia. Mi dice che l'isola Margarita venne visitata nel 1498 da Cristobal Colomb (il nostro Colombo), che venne accolto con tutti gli onori. I pochi indios Guaiqueri gli regalarono in segno di deferenza le preziose perle di cui le acque dei Caraibi erano ricche. Questo segnò l'inizio di una loro nuova distruzione: gli spagnoli tornarono e li costrinsero a cercare perle. Il mare insidioso, i pescecani, il sanguinario tiranno Lope de Aguirre, che nel 1561 incominciò a “regnare” sull'isola, decretarono la loro fine o quasi. Lasciamo Alvarez Mangueira e Porto La Cruz; diamo un addio al mare e ci inoltriamo verso l'interno. Il mare non lo vedremo più, in compenso ci avviamo verso le regioni dei grandi fiumi, il primo dei quali sarà l'Orinoco, immenso, maestoso come tutti i fiumi venezuelani-brasiliani. L'Orinoco lo incontriamo nei pressi di Ciudad Guayana, che insieme a San Felix, Matanzas e Porto Ordaz è diventata ormai una città unica. La zona attraversata è abbastanza monotona: solo un mare d'erba, che qui chiamano “llano”, cioè “piano”, e rappresenta il toponimo delle pianure percorse dall'Orinoco. Ciudad Bolivar. Ponte sull'Orinoco. Un vero mare d'erba che si estende per mezzo milione di chilometri quadrati sui quali, oltre a mole tribù indios, vivono i Llaneros, i “gaucho” locali, generosi, sbruffoni, sempre allegri, che hanno ispirato tanta letteratura venezuelana. I Llaneros sono nomadi, come gli indios, e sono i soli che riescano ad avere un colloquio con costoro. A Porto Ordaz arriviamo a notte già inoltrata. Poche ore di sonno ed eccoci pronti per la seconda tappa, che da Porto Ordaz ci dovrà portare a La Clarita o, più precisamente, a un famoso “chilometro 88” oltre il quale comincia la vera traversata amazzonica, con tutti i suoi misteri, le sue incertezze, le sue poche e vaghe notizie. Vanni Belli si “esibisce” in alcune fotografie alla periferia di Porto Ordaz, dove si possono ammirare le magnifiche rapide formate dal Rio Caroni. Porto Ordaz. Il programma della giornata prevede 456,700 chilometri di strada, praticamente tutti in zone disabitate o punteggiate di piccoli villaggi. Di questi 366,600 sono asfaltati e 90,100 su terra battuta. Li percorriamo in dieci ore e 58 minuti (5 ore e 41 minuti di guida effettiva). La velocità media è di 86,441 chilometri all'ora: 96,473 km/ora sull'asfalto e 60,741 km/ora sulla terra battuta. La temperatura media della giornata supera i 38 gradi con una umidità del 50 per cento. Nascono frattanto i primi problemi a causa della benzina, il cui numero di ottani non supera quota 65: i motori delle due Ritmo 65 iniziano a battere in testa per il fenomeno della preaccensione. Cominciano anche le nostre preoccupazioni, per nulla mitigate dal fatto che la benzina costi qualcosa come 40 lire al litro. Sino a El Dorado la strada non pone alcun problema. È asfaltata, molto tortuosa, a schiena d'asino, in alcuni punti estremamente stretta, ma il tempo si mantiene favorevole, quindi, fiduciosi delle qualità di stradista delle due Ritmo, spingiamo a fondo. Breve sosta a El Dorado: quattro casupole che non varrebbe la pena citare, se non avessero rappresentato l'ultima prigione di Henri Charrière, meglio conosciuto col nome di “Papillon”. Nel suo famoso libro Charrière così descrive El Dorado: “E' stato, innanzitutto, la speranza dei conquistadores spagnoli, i quali, vedendo che gli indios che provenivano da questa regione erano carichi d'oro, credettero fermamente che ci fosse una montagna d'oro, o almeno metà terra e metà oro. Ma El Dorado è prima di tutto un villaggio sulla riva di un fiume pieno di caribes, piranha, pesci carnivori che in pochi minuti divorano un uomo o un animale, di pesci elettrici, i tembladores, che girano attorno alla preda, uomo o animale che sia, la folgorano in pochi istanti e in seguito la mangiano, mentre va in decomposizione. In mezzo al fiume c'è un'isola e su questa un vero e proprio campo di concentramento. È il 'bagno penale venezuelano'”. Questa la El Dorado dell'autore di “Papillon”, cioè farfalla, un soprannome affibbiatogli in gioventù negli ambienti della malavita: la stessa farfalla tatuata che campeggia sul suo torace, tra un ritratto di donna e una testa di galeotto. A El Dorado non ci sono più i forzati, il penitenziario non esiste più. La gente ricorda poco o nulla, ma il Paese conserva il volto dei luogo abbandonati da Dio e dagli uomini. Per le strade (strade per modo di dire) quasi nessuno: i pochi che incontriamo ci guardano spaventati. Non ci resta quindi che abbandonare l'asfalto e iniziare la nostra avventura. Attraversiamo il Rio Cuyuni e troviamo ad attenderci i “numeri uno” della Fiat venezuelana: Carlo Lanfossi e Cesare Chirighin. Ponte sul Rio Cuyuni. Sono arrivati con un bireattore executive per augurarci buon viaggio. La loro presenza ha il sapore di un rimorso: quello di averci lasciato partire da Caracas con le due piccole auto verso un'avventura secondo loro irrealizzabile. Ci guardano con preoccupazione; hanno sentito parlare delle difficoltà del percorso, ma loro stessi non le hanno mai provate personalmente. “In bocca al lupo” mi dice Lanfossi “e appena possibile telefoni. Stia attento perché la strada è insidiosissima. Anzi, la non-strada”. Partiamo verso La Clarita dove giungiamo a sera inoltrata. La Clarita non è una città, non è un paese, non è un villaggio. Tre casupole e una baracca adibita a ristorante, albergo e supermercato. Qui fanno capo gli indios locali, i cercatori d'oro e di pietre preziose e i cacciatori di animali da pelliccia. Uomini che si accontentano di dormire sulla nuda terra, passando gran parte della loro vita a piedi scalzi nelle acque dei fiumi a rimestare con le mani terra e melma, per trovare pochi grammi d'oro o qualche scheggia di diamante che rappresentano un miraggio della sognata ricchezza e che si rivelano invece soltanto un mezzo per sfamarli in qualche modo. Passiamo la notte a La Clarita in piccole stanze, senza luce, senza aria. Mancano persino le finestre. Il letto è costituito da un tavolaccio e dal nostro sacco a pelo. Poche ore di riposo ed è l'alba. Ci sveglia il canto del gallo. Siamo al “chilometro 88”. Ha inizio la grande avventura. Fine seconda parte
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  41. Un uccellino mi ha detto che è già al lavoro a Maranello . P.S.: sta studiando (e senza simulatore....che talento ! ) un menu totalmente vegano per il ristorante della Ferrari
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  42. Le Smart prima serie che ancora circolano dovrebbero avere tutte il motore sostituito. Il mio meccanico ne ha avute diverse come clienti e nessuna ha superato i 100k Km... Questo perché nelle prime per sostituire l'olio motore occorreva aspirare quello vecchio e pochi lo facevano... ☏ Redmi Note 7 ☏
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  43. Ho come l'impressione che il grosso del problema risieda proprio nei primi (o perlomeno in una loro buona fetta).
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  44. Per la F70 non basta nemmeno più la 120 perché è diventata 3 cilindri ibrida. Ora bisogna andare di 123 xdrive. A nafta ti salvi dalla 118d in su.
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  45. Un po' di design story della DS N°8 Concept test As early as 2019, a 1-scale manifesto in green livery presented the optimization work carried out on the STLA M platform to achieve the unique silhouette of DS N°8: lowering the hood by 5 cm and the roof by 6 cm. This model also incorporated the first style orientations, strongly linked to the DS AERO SPORT LOUNGE concept. This manifesto represents the “missing link” between DS AERO SPORT LOUNGE and DS N°8. Its design was validated by a panel of potential customers during the first Clinic test, called «Concept Test». DESIGN REVIEW In 2020, the first «Design Review» brought together Carlos TAVARES, CEO of the group, Jean-Pierre PLOUE, Europe Design Director of the Group, and Thierry METROZ, DS Automobiles Design Director. This review validated the orientations of the exterior and interior style of DS N°8. Models in scale 1, made of clay (synthetic clay) by the modelers have allowed to refine the volumes and surfaces of DS N°8. Clinic test In 2021, a test model with a near-final design and no DS badge was submitted to a panel of customers for a second Clinic test. This stage, called “Test Clinic SFM”, was crucial to validate the design with customers and make any adjustments before the definitive freeze of style in 2022. https://www.dsdesignstudio.paris/en/article/ds-n8/
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  46. È vero che le Case automobilistiche non siano enti di beneficenza e che, in un’ottica puramente manageriale, Tavares abbia portato a casa risultati importanti per gli azionisti grazie a una strategia di riduzione dei costi e di aumento sensibile dei listini. A volte, nell’immediato, generare utili “a badilate” può sembrare la scelta più logica. Tuttavia, qualsiasi azienda che operi in un settore così competitivo deve anche riflettere attentamente sul rischio che una strategia troppo focalizzata sull’utile a breve termine finisca per erodere la percezione di valore e la fiducia del cliente nel lungo periodo. L’aumento dei listini in modo indiscriminato, senza un contestuale incremento di contenuti tecnici e qualitativi, rischia di alienare una fascia di clientela che non percepisce il valore aggiunto. È qui che entra in gioco la necessità di un equilibrio: fare utili senza trascurare gli investimenti sul prodotto, sulla rete di assistenza e soprattutto sulla reputazione. La strategia della condivisione di piattaforme e componenti tra i vari marchi del gruppo per aumentare i margini da un lato può effettivamente generare significative sinergie e garantire economie di scala, utili per tenere sotto controllo i costi e fornire standard qualitativi più alti su tutta la gamma ma dall’altro è fondamentale che questa condivisione non faccia scomparire l’identità e la qualità percepita dei diversi brand: ogni marchio ha una storia e un pubblico di riferimento con aspettative precise. Se si esagera nella standardizzazione senza adeguati investimenti in ricerca, sviluppo e design, si rischia di livellare verso il basso, con possibili impatti negativi sulla fidelizzazione del cliente. Gli utili derivati esclusivamente dal rialzo dei prezzi e dai tagli ai costi di produzione non sono una strategia sostenibile nel lungo periodo se non vengono reinvestiti in ricerca, materiali di qualità e miglioramenti concreti. Un’azienda solida non può basarsi solo su mosse di breve termine ma deve costruire un rapporto di fiducia con il consumatore. Non bisogna dimenticare che il mercato auto è sempre più trasparente: online si confrontano prezzi, caratteristiche, esperienze d’acquisto e di possesso. Questo genera una pressione costante sulle Case perché garantiscano qualità e valore reali, non solo percepiti. Mantenere il giusto bilanciamento tra risultati economici e soddisfazione del cliente è essenziale: solo così un Gruppo automobilistico può confermarsi un leader di mercato, capace di prosperare nel presente e costruire un futuro sostenibile.
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  47. Appunto. Io gli 800 euro in più li avrei dati per togliere quella patacca di plancetta della "fu-leva del cambio" e disegnare qualcosa di veramente integrato nel tunnel, altro che cerchi nuovi... 😒
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