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La Jihad e le guerre dimenticate


JackSEWing

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Secondo la BBC...

CACCIABOMBARDIERI RUSSI PER L’IRAQ

di Maurizio Sparacino,

29 giugno 2014, pubblicato in Enduring Freedom

Frustrato dal lento processo di acquisizione di armamenti americani per la propria forza aerea, il primo ministro iracheno Nouri al-Maliki ha deciso di rivolgersi altrove per contrastare la rapida avanzata del gruppo armato islamico jihadista “Isis” (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante). Secondo la BBC infatti, l’Iraq avrebbe comprato armamenti (prevalentemente di seconda mano) dalla Russia e dalla Bielorussia che stanno giungendo nei rispettivi reparti di competenza mentre scriviamo. Tale accordo per velivoli da combattimento di seconda mano è stato firmato la scorsa settimana e, nelle parole di al-Maliki – “ha l’obiettivo di aumentare la potenza di fuoco della forza aerea e del resto delle forze armate al fine di combattere il terrorismo”. E proprio ieri, sabato 28 giugno, i media nazionali hanno dato risalto alla consegna di 5 Sukhoi Su-25 da supporto tattico (velivoli già impiegati a suo tempo dalle forze aeree di saddam Hussein) consegnati dalla Russia; secondo l’agenzia di stampa Lenta.ru, inoltre, sarebbero giunti persino sei caccia Sukhoi Su-30K che si trovavano in riparazione in Bielorussia. Quest’ultima notizia sarebbe stata confermata anche da Igor Korotchenko, redattore capo della rivista “Natsionalnaya Oborona” (Difesa Nazionale), il quale avrebbe spiegato che si tratterebbe di parte di un lotto di aerei forniti inizialmente all’India verso la fine del 1990, prima che Nuova Delhi ricevesse il più avanzato Su-30MKI multiruolo; i Su-30K furono successivamente restituiti alla Russia nel 2007 e destinati presso la base bielorussa di Baranavičy per la prevista revisione e manutenzione.

I rimanenti 12 Su-30K, sempre secondo Korotchenko (e come Analisi Difesa aveva correttamente anticipato lo scorso anno), è probabile che vengano destinati all’Angola. Secondo quanto annunciato dal generale Qassem Atta, consigliere militare del premier sciita Nouri al-Maliki, la fornitura della dozzina di Sukhoi Su-25 avrebbe un valore di circa mezzo miliardo di dollari inclusi i consiglieri militari russi giunti a Baghdad tra i quali vi sarebbero tecnici e piloti.

L’Iraq ha ordinato negli Stati Uniti 36 Lockheed Martin F-16 Block 52 ma al-Maliki ha criticato come “troppo lungo” il processo di acquisizione e consegna i primi 2 F-16 verranno consegnati solo in autunno. “Sarò franco a dire che eravamo illusi quando abbiamo firmato il contratto – ha affermato alla BBC – se avessimo avuto copertura aerea avremmo potuto impedire quanto finora è successo al nostro paese”. Al Maliki ha poi aggiunto che col senno di poi l’Iraq non avrebbe avuto problemi ad acquistare aerei da combattimento dagli inglesi, dai francesi e dai russi.

Attualmente infatti, gli unici aerei armati ad ala fissa nella forza aerea irachena sono pochi esemplari di Cessna AC-208 Caravan e, per quanto l’Iraq abbia una discreta flotta di elicotteri Mil Mi-8/17 assalto comprese le macchine di nuova produzione, è quasi certo che alcuni di questi esemplari possano essere stati catturati dai gruppi jihadisti di Isis che durante la loro avanzata nel nord e nell’ovest del paese hanno incontrato una scarsissima resistenza da parte delle truppe regolari che hanno del resto abbandonato al nemico molti equipaggiamenti terrestri (inclusi tank e cingolati) e alcuni elicotteri.Attualmente non è ancora chiaro se gli Stati Uniti abbiano frenato nelle consegne per la paura di un crollo completo del regime di Baghdad, tuttavia l’intervento degli americani finora si è limitato all’invio di un contingente di 300 uomini delle forze speciali con compiti di consiglieri militari e di supporto d’intelligence.A proposito di armi russe, invece, ricordiamo che l’Iraq siglò nell’ottobre del 2012 un acquisto del valore di 4,3 miliardi di dollari per un insieme di armi il cui dettaglio (per quantità e tipologia) non è mai stato svelato; al momento, secondo gli analisti militari, è quasi certa la presenza di elicotteri d’attacco Mil Mi-35M e Mil Mi-28NE; secondo altri invece, è molto probabile che il contratto includa anche alcuni esemplari di elicotteri Kamov Ka-52 e di caccia MiG-29.

http://www.analisidifesa.it/2014/06/cacciabombardieri-russi-per-liraq/

già Zarathustra

"la 4C sarà un trabiccolo per incompetenti" (Ipse dixit)

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direi di no :) e infatti non manca di sottolinearlo

la fornitura della dozzina di Sukhoi Su-25 avrebbe un valore di circa mezzo miliardo di dollari inclusi i consiglieri militari russi giunti a Baghdad tra i quali vi sarebbero tecnici e piloti.

comunque ancora una volta si riconferma il fatto che, per quanto ottimi (e costosi) gli equipaggiamenti USA possano essere, se vuoi intraprendere operazioni belliche per conto tuo e in tempi rapidi devi rivolgerti altrove...

Alfa Romeo Giulietta, 1.4 TBI Multiair 170 CV Exclusive (2013)

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Gli equipaggiamenti usa hanno il grosso difetto, per le nazioni non occidentali, di avere in media necessita' di una manutenzione costosa e capillare, che richiede la formazione ed il mantenimento di squadre di manutenzione preparate ed abili. Non a caso in zona sono mantenute solo da israele, arabia saudita ed...iran :) . L'egitto e' meta' del guado, con gli f4, gli f16 e gli m60, ma rimpinge la semplicita' dei mig21 :)

Archepensevoli spanciasentire Socing.

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l'ISIS invece predilige i veicoli giapponesi :lol:

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hanno depredato i conce Toyota della zona :lol:

non è una novità, solo in messico (per ovvi motivi) usano tecniche su pick up amerigani

in africa e asia invece i toyota spopolano tra gli insorti

Non a caso in zona sono mantenute solo da israele, arabia saudita ed...iran :) .

le 3 nazioni più ricche e avanzate della zona, il caso del iran è ancora più sorprendente dato che l' ultimo carico di armamenti Usa "ufficiale" (escludendo irangate...) è datato 1979 e dopo di che si sono arrangiati gli iraniani

Se andranno in azione in settimane / giorni credo che non ci saranno dubbi sullanazionalita' degli equipaggi e dei team di terra :)

beh mercenari ucraini e russi è praticamente dal inizio degli anni 90 che prestano servizio in giro per il mondo su elicotteri d' attacco e specialmente sui famosi Su-25

comunque ancora una volta si riconferma il fatto che, per quanto ottimi (e costosi) gli equipaggiamenti USA possano essere, se vuoi intraprendere operazioni belliche per conto tuo e in tempi rapidi devi rivolgerti altrove...

comunque tutta questa sofisticatezza ha senso solo contro avversari avanzati, contro nemici tecnologicamente inferiori basta molto meno, ed è da 60 anni che la storia lo dimostra...

l'ISIS invece predilige i veicoli giapponesi :lol:

guarda come si sono diligentemente messi in fila per ricevere ordinatamente dal cielo le pillole 30x165mm del GSh-30-2:lol::idol::bast:

Suzuki Swift, 1.3 DDIS 75 CV, B-Cool (2014)

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arrivati i primi Su-25 in Irak

anche se, stando a quanto dichiarato qua sotto, i piloti russi non parteciperanno alle operazioni offensive...

http://www.themoscowtimes.com/news/article/russian-pilots-will-not-join-fight-against-islamic-rebels-in-iraq/502770.html

Alfa Romeo Giulietta, 1.4 TBI Multiair 170 CV Exclusive (2013)

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Guest EC2277

Nella speranza che anche gli Stati Uniti intervengano palesemente.

Non importa se interverranno solo con azioni di supporto aereo, con truppe o si limiteranno ad addestrare e rifornire i militari iracheni. L'importante è che intervengano e lo facciano palesemente: hanno la possibilità di sfruttare questa situazione per divenire i "salvatori dell'Irak", acquisire un notevole credito presso la popolazione notare e di conseguenza far si che il governo iracheno sia loro amico per decenni; con tutte le conseguenze geopolitiche del caso. Si tratta pertanto di un'occasione troppo preziosa per lasciarsela sfuggire, anche perché se non intervengono rischiano di apparire come coloro che sono arrivati, hanno fatto casino e se ne sono andati quando c'era veramente bisogno di loro.

Limes Oggi

Uniti contro Isis in Iraq? Gli Usa e l’Iran ci pensano

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di Aniseh Bassiri Tabrizi

L'avanzata dei jihadisti sunniti verso Baghdad può indurre Teheran e Washington a cooperare, ma in entrambi i paesi non mancano le voci contrarie.

Solo Baghdad e il Kurdistan possono fermare Isis

islam_contro_islam_500.jpg[Carta di Laura Canali]

La cattura di Mosul da parte dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) e l’incapacità di Baghdad di fermare il gruppo radicale sunnita nelle zone nord-occidentali dell’Iraq - dove Isis ha annunciato la creazione di un califfato che si estende anche alla parte di Siria sotto il suo controllo - preoccupano la leadership iraniana. L’avanzata di Isis sta indebolendo il governo a maggioranza sciita guidato dal primo ministro Nuri al-Maliki, che da 2006 ha costituito un alleato fondamentale per l’Iran nella regione.

Teheran, come tutti, è stata colta di sorpresa dagli sviluppi in Iraq. A seguito della presa di Mosul, il Consiglio supremo di sicurezza nazionale ha convocato una sessione speciale per discutere il da farsi.

Alla sessione, il presidente Hassan Rohani ha espresso la necessità di una risposta internazionale all’offensiva di Isis, mentre la portavoce del ministero degli esteri, Marzieh Afkham, ha presentato la predisposizione dell’Iran ad aiutare la popolazione ed il governo iracheni nel combattere il terrorismo.

La Guida Suprema Ali Khamenei si è detto contrario a qualsiasi interferenza straniera in Iraq, opponendosi in particolare a un eventuale intervento statunitense.

I segnali contraddittori provenienti da Teheran rendono difficile capire quanto sia possibile la collaborazione con gli Usa nella risoluzione della crisi irachena - un’opzione vagliata da entrambe le parti, dato l’interesse condiviso nel fermare i jihadisti. L’appoggio iraniano al rovesciamento del regime talebano voluto da Washington nel 2001 (tramite il sostegno diretto all'Alleanza del Nord e la mediazione nella costituzione del governo Karzai) e gli incontri del 2007 nell'ufficio di al-Maliki a Baghdad tra l'ambasciatore Usa in Iraq Ryan C. Crocker e la sua controparte iraniana Hassan Kazemi Qomi per fermare la violenza in Iraq costituiscono esempi di collaborazione su questioni regionali tra i due paesi generalmente ostili.

Da un punto di vista strategico un disgelo tra Iran e Stati Uniti per combattere la minaccia di Isis in Iraq sembra inevitabile. Ma la questione è altamente controversa: in entrambi i paesi ci sono divisioni interne e messaggi contrastanti da parte dei rappresentanti governativi e dei media. Durante una conferenza stampa, Rohani non ha escluso una collaborazione con Washington; un suo consulente di alto rango, Hamid Aboutalebi, ha scritto su Twitter che i due paesi sono i soli che riuscirebbero a gestire la crisi irachena.

Tale messaggio era stato inizialmente confermato dal segretario di Stato americano John Kerry, che si è detto “aperto a una discussione qualora ci fosse qualcosa di costruttivo che l’Iran possa fare”, senza escludere una collaborazione militare. Cogliendo tutti di sorpresa, anche un senatore repubblicano dalla retorica generalmente ostile nei confronti dell’Iran, Lindsey Graham, ha sostenuto la necessità di parlare con Teheran sia per assicurarsi che quest'ultima non esca vincente dalla crisi irachena, sia per evitare il crollo del governo di Al-Maliki.

La visita della scorsa settimana da parte del vicesegretario di Stato William Burns a Vienna - dove sono in corso i negoziati sul nucleare tra i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Nazionale più la Germania e l’Iran - ha ulteriormente alimentato la percezione che Teheran e Washington abbiano avviato un dialogo dietro le quinte sulla gestione della crisi irachena.

Il Pentagono e alcuni politici americani (tra cui il senatore John McCain e il portavoce della Camera John Boehner, repubblicani, e i democratici Nancy Pelosi e Bob Menendez) hanno smentito la possibilità di una cooperazione militare con l’Iran, insistendo sul fatto che ogni contatto si limiterebbe a discussioni informali ai margini dei negoziati sul nucleare, unico elemento che potrebbe cambiare la natura delle relazioni bilaterali.

A Teheran le divisioni all’interno della leadership sulla possibile cooperazione con gli Usa sono ancora più evidenti. Il segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale ha definito tali voci “false, una guerra psicologica”; il capo dello staff delle Forze armate, Hassan Firouzabadi, ha detto che una collaborazione con Washington sarebbe “senza senso”. Il quotidiano conservatore Kayhan ha usato la collaborazione del 2001 per ricordare che, nonostante il sostegno dato agli Usa, l’amministrazione Bush abbia poi incluso l’Iran tra i paesi dell’ “Asse del Male”.

Alcuni ufficiali governativi iraniani si sono spinti oltre: hanno accusato Washington di aver alimentato la crisi in Iraq con l’appoggio ai gruppi estremisti e l’interferenza nella regione. Tra questi, il capo dei Basij, Mohammad Reza Naghdi, il portavoce del Commissione di sicurezza nazionale del parlamento, Mohammad Hossein Naghavi Hosseini, ed il vice Comandante del Corpo delle Guardie della Rivoluzione, Hossein Salami.

Per il momento ciò su cui la leadership iraniana sembra unita è l'avversione a un intervento militare in Iraq, un’opzione che rievoca lo spettro degli 8 anni di guerra con il regime di Saddam Hussein. Tuttavia un attacco da parte di Isis ai luoghi di culto sciita presenti in Iraq (Karbala, Najaf, Kadhimiva e Samarra) potrebbe costituire la linea rossa di Teheran. Il leader della preghiera del venerdì Mohammad Emami Kashani ha infatti detto “se non difendiamo i nostri luoghi di culto in Iraq, avremo perso tutto”.

Persino Rohani, tradizionalmente dalla retorica moderata, ha affermato che qualora i siti venissero attaccati “rimetteremo i terroristi al loro posto”.Vedremo se l'eventuale escalation della crisi porterà Iran e Stati Uniti a collaborare.

Tale cooperazione sarebbe volta nell’immediato ad arrestare l’offensiva di Isis, ma le sue ripercussioni sarebbero inestimabili.

Uniti contro Isis in Iraq? Gli Usa e l?Iran ci pensano - rivista italiana di geopolitica - Limes

Modificato da EC2277
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Inviato (modificato)

e gli amici sauditi che appoggiano platealmente l'ISIS? ;) saranno d'accordo?

secondo me il problema degli USA è proprio quello.. nel corso dei decenni si sono legati troppo a gente che, di fatto, sono integralisti islamici sunniti esattamente come i loro nemici.

non sto dicendo che l'arabia saudita, gli EAU o il Barhein "controllino" i terroristi... quelli restano cani sciolti

però è indubbio che il terrorismo islamico faccia comodo agli interessi delle monarchie del golfo... perchè va a fare la guerra agli sciiti, agli stati islamici laici e mette il pepe al sedere agli USA costringendoli a rigirare fior di miliardi di dollari in termini di aiuti militari alle monarchie del golfo.

non è un segreto quindi che, troppo spesso, i sauditi abbiano dato una spintarella ai vari movimenti islamici, dall'ISIS ai ceceni e se devo puntare il solito obolo mi azzarderei a dire anche africa ;) vedi mali, libia o i pazzoidi nigeriani.

del resto i missili anti carro che hanno mandato in fiamme gli abrams irakeni qualcuno dovrà pur averli forniti ;)

e questo qualcuno si sa benissimo chi è...

Modificato da JackSEWing

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