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La (tragicomica) rassegna stampa di Autopareri


Guest EC2277

Messaggi Raccomandati:

Articolo condiviso su "Le calzate degli ambientalisti".

:lol::muto:

Dimmi che è uno scherzo, per favore. Perché è uno scherzo, vero? Dai...

Ho letto più minch... sciocchezzuole in quella pagina di fb di quante me ne siano capitate sotto agli occhi nei miei ultimi 42,17 anni.

Non muoio nemmeno se m'ammazzano! Giovannino Guareschi 1943

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E poi magari hanno il tablet wi-fi a casa.....

[sIGPIC][/sIGPIC]

Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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Visto che sono maceratese, mi sto sotterrando dalla vergogna sia per quei ragazzi sprovveduti, sia per quest'altra faccenda...

Via il wireless, a scuola torna il cavo | Cronache Maceratesi

Secondo me è grave che in una scuola ci si affidi alla diffidenza piuttosto che alla scienza...

Notevole il commento di un probabile grullino che tira in mezzo chissà quali gomblotti di grosse aziende... :disp2:

EDIT: le immagini parlano da sé

http://t.co/8rLLRK6y9p

http://pic.twitter.com/xg0ehJl3Kq

Il libro di Augias la mia morosa non l'ha bruciato ma l'ha portato al mercatino. L'avevamo preso incuriositi dai suoi programmi TV poi tra il fatto che il libro faceva squifo e l uscita in TV l'abbiamo scambiato col libro 'Lo squalo' che e' decisamente meglio :)

Di questi ne vendono a secchiate.

Vedrete.

[scritto in data 18 Luglio 2013 - Riferito a Jeep Cherokee]

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Un articolo simile, è ai limiti del diffamatorio

Vehicle details

Ed il bello è che l'ho trovato facendo una ricerca generica su google con la parola chiave "sicurezza auto". Era il secondo risultato e veniva dalla sezione News :lol:. Non mi sovveniva il nome preciso di Euro Ncap, così ho fatto questa ricerca: primo risultato il sito ufficiale euroncap, secondo risultato quest'articolo :muto:.

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Ladies & gentlemen............Il verbo di Sua Maestà Dott. Prof. Furio Colombo:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/02/litalia-senza-fiat-le-favole-e-la-realta/866389/

"Forse ricorderete certi giorni drammatici della crisi greca. Sembrava che non solo l’economia del Paese, ma lo Stato greco come istituzione fosse sul punto del fallimento senza ritorno. Spaventava una temuta analogia con l’Italia. La risposta rassicurante è sempre stata: ma in Grecia non c’è la Fiat. Da più di un un secolo, generazione dopo generazione, ci siamo abituati a essere una grande potenza industriale, perché intorno alla Fiat era cresciuta un fitta distesa di imprese. Non parlo solo dell’immenso indotto (che poi, a sua volta, creava altri indotti in settori simili quanto a materiali e lavorazioni ma per prodotti diversi, lontani dall’automobile).

Anche la nostra immagine nel mondo era fatta di Fiat. Non solo perché non ci sarebbe stata Pirelli, senza Fiat, e non sarebbe durata fino ai nostri giorni la Ferrari senza Fiat. Ma perché la presenza, la continuità, l’internazionalizzazione della Fiat era una specie di garanzia vasta e implicita per ogni nuovo imprenditore italiano che debuttava nel mondo. Suggerisco di non cadere nella trappola di immaginare – come consolazione e magari come vendetta – un’Italia che non ha mai avuto la Fiat. Possibilissimo. Forse ci sarebbero più verde, più treni, e meno autostrade. Ma il Paese non apparirebbe, come appare ora, improvvisamente e brutalmente mutilato. E forse, fino a questo momento, sarebbe apparso più piccolo e meno importante. +

Si conoscono esodi, anche drammatici, di grandi gruppi imprenditoriali da un Paese all’altro. Credo che il caso Fiat sia il primo che avviene non per cambio di proprietà, ma sotto la guida degli stessi azionisti che hanno deciso di vivere, pagare tasse, incassare dividendi, crescere e curare i loro affari altrove. È bene non dimenticare che la partenza Fiat avviene dopo avere abbandonato l’associazione degli altri imprenditori italiani, la Confindustria, dicendo al mondo che l’altra imprenditoria di questo Paese non è all’altezza.

Avviene dopo avere umiliato gli operai in parte cacciandoli, in parte dividendoli, ma lasciandoli quasi tutti in cassa integrazione, facendo sapere che costano troppo e che con loro uno bravo come Marchionne non intende trattare. Nel caso che qualcuno avesse in animo di investire in Italia, avrà il suo peso la lettera di raccomandazione dell’ad di ciò che è stata la Fiat agli imprenditori del mondo. Ci dicono che alcune fabbriche della ex Fiat rimangono in Italia, e appena l’Italia sarà uscita dalla crisi riprenderanno a produrre. Anzi, all’Italia è stato assegnato il settore lusso, che è più remunerativo. Se vende.

Ma perché allora portare la Cinquecento torinese nell’America in piena ripresa, e far produrre a Torino Cherokee e Suv di stazza americana, come se stralunati cittadini italiani appena usciti (se, quando ne usciranno) dalla peggiore crisi dopo la guerra, avessero subito il desiderio di caricarsi il costo di macchine americane? Però se il settore, come è prevedibile, langue, sarà inevitabile dire: visto? Abbiamo fatto di tutto, ma gli italiani costano troppo e non vendono. Anno fiscale dopo anno fiscale (che si computa a Londra) le filiali italiane richiederanno, da un management saggio, ridimensionamenti adeguati.

Pensosi economisti diranno che è inevitabile e anzi dovuto in base alle leggi del mercato. E sindacalisti prudenti dichiareranno di volta in volta che, ancora una volta, nei limiti del possibile, sono stati salvati (indicare il numero sempre più piccolo) posti di lavoro. Nei limiti del possibile. Si vede a occhio che quel “possibile” si sta restringendo da un pezzo. Niente investimenti, niente progetti, niente nuovo management, al posto di quello in partenza. In un prossimo, prevedibile e non lieto futuro, la “vittoria” dei sindacati sarà di avere salvato due stabilimenti su tre, poi uno su due. Alla fine si leverà un coro di sinceri apprezzamenti per i successi della Chrysler, una fabbrica americana di auto e motori dislocata a Detroit (Stati Uniti) con filiali nel mondo, tra cui l’Italia, con una proprietà coraggiosa (ha saputo sradicarsi dalla provincia costosa, che era una palla al piede) e perciò apprezzata dai mercati.

Avete notato? Questo testo, che intendeva far notare la ferita grave di un’Italia senza Fiat, (un Paese amputato della sua massima industria che, di colpo, perde paurosamente valore) è diventato un elogio di questa proprietà. Dopo tutto, potranno dirvi che, quando lo hanno deciso, annunciato e festeggiato non si è presentato neppure uno straccio di sottosegretario per sapere dove andava, e perché e con chi, l’azienda simbolo del Paese, allo stesso tempo garantita e garanzia dell’Italia. Dopo vicende del genere non ci sono mai ritorni. La tenaglia americana ti accetta, ma non molla. E poi quell’infelice nuovo nome, FCA, si legge male e suonerebbe imbarazzante in Italia. Non preoccupatevi. Qui, in terra di colonia, non dovranno mai pronunciarlo. A loro basta che si dimentichi che qui, ai tempi di Gianni Agnelli, c’era la Fiat."

:shock:

Gran paraculo Furio Colombo :lol:

Probabilmente rimpiange i bei tempi in cui l'amico Gianni l'aveva fatto diventare presidente della Fiat usa (pare che di preciso abbia mai capito in cosa consistesse il suo lavoro :lol: ) con annesso leggendario superufficio :mrgreen:

Finita la pacchia è tornato a fare il rivoluzionario da salotto. Si vede che gli brucia un po'

Ex

Modificato da Cosimo

CI SEDEMMO DALLA PARTE DEL TORTO VISTO CHE TUTTI GLI ALTRI POSTI ERANO OCCUPATI

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mi hai ricordato un vecchissimo articolo che lessi a suo tempo.....di qui uno stralcio:

Per l' Avvocato, Furio Colombo dispiegava tutte le molte e interessanti personalità, contemporaneamente professore alla Columbia e amico di Mario Schifano, in buoni rapporti col direttore dell' elitaria rivista di sinistra Prospect e capace di improvvisare il più divertente dei cabaret insieme con Umberto Eco. Vennero poi la frequentazione con Gianni De Michelis, l' abbandono della Fiat, il sodalizio con Walter Veltroni, il ritorno in Italia, da deputato semplice dell' Ulivo. «Qui ha trovato una politica emotiva che deve aver influenzato le sue ultime scelte» dice l' eurodeputato Jas Gawronsky. «Dev' essere triste, per lui, fare il peone», commentò una volta Gianni Agnelli.

:lol:

Sai che cosa diceva quel tale? In Italia sotto i Borgia, per trent'anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos' hanno prodotto? Gli orologi a cucù.( O.Welles)

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Per capirci, non detto da me ma da un signore (purtroppo morto qualche anno fa) che ha dovuto lavorarci assieme per qualche tempo, per la famosa cattedra alla columbia pare si fosse interessato proprio giuanìn lamiera :mrgreen:

CI SEDEMMO DALLA PARTE DEL TORTO VISTO CHE TUTTI GLI ALTRI POSTI ERANO OCCUPATI

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