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Euro vicino alla caduta? - Punto di vista


Motron

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Si è vero che il linguaggio è per modo di dire "colorito", però mi hanno colpito quelle 2 o 3 considerazioni, di stampo complottistico diciamo :)

Sopratutto è interessante l'ipotesi che l'Italia sia stata tenuta fuori dal solito gossip del debito per non generare eccessivo timore..

Comunque quoto autodelta, è un po un "urlatore di professione" sul suo blog

Fiat Punto I 55 sx '97

Fiat Punto II restyling 1.2 60cv '04

Toyota Prius V2 '06

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S

Sopratutto è interessante l'ipotesi che l'Italia sia stata tenuta fuori dal solito gossip del debito per non generare eccessivo timore..

guarda che ormai da molto tempo per un istituto di credito il cliente ideale non e' il classico "possidente"8-) come si sarebbe detto da queste parti:oops:, ma il debitore che dimostra di garanzie di solvibilita' :roll:

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7:32 : Segni i punti coglionazzo !

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Sondaggio in Francia :69% dei francesi dicono dispiacere il Franco .

69% des Français disent regretter le franc, selon l'Ifop (per quali che sanno leggere il francese)

Per me , l'euro è una moneta che ha fatto inflazione e ha provocato ancora più delocalizzazione .

Mi ricordo che mie genitore in 1992 , per il referendum per l'adozione della moneta unica in Francia , hanno votato "NO" . Anch'io avrei votato la stessa cosa ma avevo 12 anni :lol: .

Ma il "Si" ha vinto con appena 51% ....

Alfa Giulietta 1.4 MultiAir 170 Distinctive

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Come fa contemporaneamente a fare inflazione e delocalizzazione? :pen:

I paesi dove si delocalizza solitamente sono ad altissima inflazione....

IMHO tornare indietro sarebbe un rimedio ben peggiore del male

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Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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c'entra QUASI un ghezz

Trucchi, errori, incompetenza

Se il dato economico è «falsato»

di Vittorio Carlini

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20 febbraio 2010

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Dal confronto sbagliato del Prodotto interno lordo alla revisione dei dati flash; dai numeri di consensus alla normalizzazione dei cambi fino all'attendibilità delle fonti. Breve viaggio negli errori, voluti o meno, della finanza e dell'economia.

«Nell'ultimo trimestre 2009 il Pil Usa è cresciuto del 5,7 % contro l'0,1% di Eurolandia». Quanti hanno realizzato questo paragone! Peccato che il dato americano è annualizzato e il giusto confronto sia: 1,42% per gli Stati Uniti e 0,1% per l'area euro.

Ancora: prima lettura, a inizio dicembre 2009, delle buste paga americane di novembre: «Il calo è di 11.000 unità, un trend che resta negativo». Peccato che, nella lettura di due mesi dopo, il dato definitivo è: «Crescita di 64.000 unità».

Gli esempi di questo tipo potrebbero continuare per un bel po'. Nel mondo dei numeri economici e finanziari, sempre più vasto e complesso, le inesattezze , le revisioni e i confronti non proprio ortodossi sono all'ordine del giorno. Situazioni che gli esperti evitano senza troppi problemi ma che, invece, ingannano il profano. Il sole24ore.com, senza alcuna pretesa di completezza, ha voluto passarne in rassegna alcune.

Quando l'indicazione flash non c'azzecca

Così, ci sono dati il più possibile anticipati («il tempo è denaro» di Paperone non è solo una battuta) che servono all'industria e ai mercati. Numeri usati per i bugdet di spesa o le strategie d'investimento che, però, sono spesso oggetto di revisioni troppo ampie. Clamoroso il caso dell'andamento del Pil a stelle e strisce sul quarto trimestre 2008: la prima lettura flash indicava un calo del 3,6 per cento; il dato definitivo sentenziò un ribasso del 6,2 per cento. La domanda è spontanea: com'è stata possibile una simile differenza? «Negli Usa - spiega Marco Valli, economista di UniCredit - l'indicazione flash sul Pil è anticipata rispetto all'Europa, dove la prima lettura avviene 45 giorni dopo la fine del trimestre in considerazione. Il dato flash si basa su numeri preliminari: giocoforza, la sua revisione è inevitabile». A ben vedere, però, non è solo questione di dati ancora incompleti. Diversi esperti sottolineano che , in periodi di recessione, i modelli di rilevazione funzionano con più difficoltà. Reagiscono bene all'interno di un determinato "regime": cioè, quando esiste un trend delineato che, seppure caratterizzato dai cicli economici, vanta una tendenza di fondo sul lungo periodo. In questo caso le serie storiche di numeri permettono di definire la probabilità del verificarsi di un evento. Al contrario se il regime cambia, come è accaduto nella crisi, cogliere le variazioni diventa difficile. C'è una novità all'interno della serie storica che diventa "inattendibile".

In un simile scenario, per evitare clamorosi abbagli, sarebbe utile offrire al lettore (soprattutto inesperto) maggiori informazioni. «In effetti stressare maggiormente il disclaimer - dice Valli - può essere corretto. Magari, pensando a un'indicazione in cui viene spiegato con chiarezza che si tratta di un numero preliminare». E non solo. Si dovrebbero aggiungere due ulteriori precisazioni: una forchetta all'interno del quale il numero probabilmente si muoverà; e lo scenario macro-economico considerato più probabile. Senza la paura di apparire non così puntuali: l'economia è complessa; pensare di prevederne esattamente i suoi sviluppi è utopia.

Quali dati comparabili?

Ma non sono solo i dati preliminari. L'utente inesperto deve fare attenzione anche quando si confrontano tra loro numeri che appaiono simili, e in realtà non lo sono. In Italia, per esempio, le vendite al dettaglio sono espresse in valori nominali; in Francia, invece, è pubblicato il numero reale, cioè i volumi. Sul fronte dei prezzi al consumo, poi, negli Stati Uniti viene fornito sia il dato destagionalizzato sia non destagionalizzato. In Europa, invece, di solito solo quello non destagionalizzato. Gli esperti, ovviamente, conoscono bene queste situazioni ma molti cascano nell'inghippo. «A ben vedere -tiene a precisare Anna Grimaldi, economista di Intesa Sanpaolo - tra i vari stati c'è una differenza nella realizzazione delle statitistiche. Tuttavia non è tale da impedire i confronti: alla fine la comparabilità, nei paesi industrializzati, è possibile con un certo grado di accuratezza». Una considerazione assolutamente condivisibile. E tuttavia, giornali, media, agenzie specializzate hanno confrontato il Pil Usa (+5,7%) del quarto trimestre 2009 contro l'0,1% di Eurolandia. Un errore marchiano: il numero americano andava, infatti, diviso per quattro (i trimestri dell'anno).

La normalizzazione del cambi

Nel rutilante mondo della finanza esistono anche dimenticanze più piccole che, proprio perché minime, spesso non vengono prese in considerazione. Così è il rapporto tra le performance degli indici azionari e la moneta con cui si fa l'investimento. Da inizio anno, per esempio, l'S&P500 ha perso circa lo 0,4%; l'investitore europeo, verrebbe da dire, è anche lui in rosso. Invece no: in seguito all'apprezzamento del biglietto verde sulla divisa europea di circa il 5,4%, l'andamento dell'indice americano in euro (come indicato da Reuters) è di una crescita del 5 per cento. Una "minimalia", ma chissà che qualche gestore non si faccia bello di questa performance di fronte al risparmiatore.

Dal confronto sbagliato del Prodotto interno lordo alla revisione dei dati flash; dai numeri di consensus alla normalizzazione dei cambi fino all'attendibilità delle fonti. Breve viaggio negli errori, voluti o meno, della finanza e dell'economia.

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Il consensus di mercato

Un altro luogo del "mistero", ben conosciuto nelle sale operative, è quello del consensus di mercato. In generale, si tratta di sondaggi realizzati tra esperti del settore per definire un valore medio tra le loro indicazioni su diversi argomenti: dagli utili per azione stimati fino alle previsioni sul rialzo dei tassi d'interesse. Agenzie autorevoli, come Reuters o Bloomberg, ne pubblicano diversi e sono attendibili. Capita spesso, però, di imbattersi in numeri di "consensus" che non indicano né l'ampiezza del panel di riferimento, né la sua composizione né chi li ha realizzati. Dovrebbero finire nel cestino della carta straccia e, invece, vengono ripresi, ricopiati, riutilizzati in articoli e commenti. Soprattutto in Internet. Magari perché, con un'azienda che prevede profitti bassi, una stima di consensus ancora minore permette di dire: battute le stime di mercato.

Fidarsi del Dragone?

Fin qui l'incompetenza, la distrazione, gli errori (più o meno) in buona fede. Esistono però, e la recente storia delle finanze pubbliche di Atene ne è la riprova, anche casi in cui il trucco è voluto. Nel primo semestre 2009, l'ufficio di statitisca di Beijing aveva pubblicato il dato del Prodotto interno lordo cinese pari a 13,99mila miliardi di yuan. Peccato che i numeri annunciati dalle 31 province e municipalità, in cui il paese del Dragone è suddiviso, indicavano un Pil totale di 15,38mila miliardi di yuan. Una bella diferenza che, oltre la questione della correttezza, implica problemi di efficienza e credibilità. Anche perché potenze economiche come il paese del Dragone ormai sono al centro del capitalismo moderno.

Di recente, (l'11 febbraio) Wall Street è stata influenzata proprio dal newsflow in arrivo da Beijing: la scelta della banca centrale cinese per un incremento dei coefficienti di riserva delle banche (portato al 16%), nel tentativo di raffreddare il boom del credito, ha fatto scendere gli indici. Un chiaro segnale di come il Dragone sia ormai price sensitive. Ma price sensitive su numeri truccati? Il rischio esiste. «L'economia cinese - spiega Federico Palazzari, fondatore della boutique d'affari Palazzari&Turries, da anni attivo nell'M&A del Far East -, che se ne dica, è ancora chiusa, iper controllata, basata su piani quinquennali di crescita». E quindi? «Quindi non può stupire che le statistiche siano "piegate" agli interessi nazionali. Da un lato, il tema è spesso quello di produrre numero positivi ma non tali da creare timori agli occhi degli occidentali; dall'altro, la statitistica è ad uso e consumo del "marketing" nazionale. Questo lo si vede anche nelle operazioni con le singole aziende». Cosa intende dire? «Capita spesso che le autorità locali chiedano l'assunzione di centinaia di lavoratori, indicando un forte tasso di disoccupazione. Quando, solo un giorno prima, l'ufficio accanto pubblicava dati su un mercato del lavoro in salute». Gli esperti, peraltro, conoscono bene questo fenomeno: da 7 anni il tasso di disoccupazione, nonostante i grandi cambiamenti avvenuti, oscilla sempre tra il 3,9% e il 4,3 per cento. Una variazione troppo limitata: evidentemente i numeri non tornano. Così come non tornano nel l'andamento del settore tessile: «In questo caso -afferma Palazzari - abbiamo dati dopati dall'industria del falso. Una produzione "ombra" che non salta fuori nelle statitistiche nazionali».

vittorio.carlini@ilsole24ore.com

20 febbraio 2010

Trucchi, errori, incompetenza Se il dato economico è «falsato» - Il Sole 24 ORE

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Viviamo nell'era della sovrainformazione, e questi sono i risultati.

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Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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Già é vero che non bisogna essere allarmisti

Pero qui, LE FIGARO MAGAZINE, cazziando e babbiando, sabato scorso é arrivato à ipotizzare una esplosione pilotata dell'euro in due monete.

Una che si chiamerebbe EuroMarco e l'altra che si chiamerrebe EuroFranco

Nella prima ci starebbero la Germania e il BeNeLux e nell'altra tutti i pezzenti del club med e i paesi dell'est, con i francesi capopolo

Intendiamoci, é pura fantasia...... en principe ;)

Modificato da Taliesin
M'inceppo con la grammatica
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I top manager di alcuni grossi hedge fund americani si sono accordati per scommettere pesantemente contro l'euro. Il «complotto» per riportare la moneta unica alla parità con il dollaro, secondo quanto riporta il Wall Street Journal, sarebbe stato deciso all'inizio di questo mese. Alcuni boss di boutique finanziarie del caribro di Sac Capital Advisor e Soros Fund Management, si sono incontrati a cena in un'abitazione privata di Manhattan.

Gli hedge fund Usa alla cena

del «complotto» anti-euro

Secondo il quotidiano newyorkese i vertici degli hedge fund avrebbero deciso di concordare una serie di mosse per speculare al ribasso sulla moneta unica. Mettendo così ancora più sotto pressione l'Europa alle prese con i rischi di un default greco. La prova che il quotidiano porta a supporto del suo scoop è il livello record di contratti futures ribassisti sulla moneta unica (che garantiscono un premio in caso la valuta scenda oltre una certa soglia ndr) acquistati a partire dalla settimana successiva alla cena: circa 60mila secondo dati Morgan Stanley. Si tratta del livello più alto dal 1999. (An. Fr)

Gli hedge fund Usa alla cena del «complotto» anti-euro - Il Sole 24 ORE

gli Hedge fund, quelli cun l'"H" come samantHa e TonyH ;)

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