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Alfa 164, lo zampino Tipo 4. Una gestazione estenuante!! - Design Story


PaoloGTC

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Ho letto tutto questo forum, interessantissimo, lodevole la passione con cui hai messo giù la storia della 164. Non mi convince la scelta del pur valido Lampredi turbo in un'auto che aveva tutti motori Alfa Romeo, appositamente accorciati per adattarli alla disposizione trasversale nel vano motore del pianale Tipo4. Come avevano accorciato il bialbero Twin Spark potevano accorciare anche il "fratello" turbo di identici basamento e cilindrata (1962 cc).

L'Alfa Romeo aveva di fatto abbandonato lo sviluppo di motori con turbine "fatte in casa".

La produzione dei motori 2000 carburatori siano essi con turbina Alfa Avio che con la KKK (Alfetta GTV Turbodelta e Giulietta Turbodelta) è fondamentalmente una produzione artigianale/limitata. La casa nel 1986 propone il 1.8 turbo, con peraltro impianto di iniezione della Bosch. Per la 164 il motore turbo "ideale" sarebbe stato il 6v turbo (tant'è che il motore 4 cilindri turbo fiat commercialmente ha detto poco).

Per quale motivo quindi dover andarsi a complicare la vita, avendo un 6 cilindri da sviluppare per dare la versione turbo (ottima scelta a mio parere)? Che poi Ghidella avesse il pallino del "turbo subito" che altra soluzione poteva esserci, alla fiattara maniera di "poca spesa tanta resa", se non di ficcarci il Lampredi?

Accorciare il 4 cilindri monocandela, doverlo modificare e testare per metterci l'iniezione? Non l'avrei trovata una mossa furba.

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'80 Alfasud 1.2 5m 4p --- '09 147 JTDm Moving

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io da quel poco che mi ricordo posso dire che il motore della Giulietta turbodelta era famoso per cremare i turbine (avio? boh mi pare..) tanto che la maggior parte li sostituivano con delle più affidabili kkk.. (mi pare ci fosse uno di moncalieri che le ricondizionava o te le sostituiva, roba di quando era bambino..) in più mi pare non avesse neppure l'intercooler..

L'intercooler infatti arriva col motore 01634 ovvero con la 75 turbo.

Le turbodelta sono a carburatori, sprovviste di scambiatore di calore, e peraltro le turbine Alfa avio venivano già "sostituite" su esemplari nuovi con le KKK (dopo l'inizio produzione).

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'80 Alfasud 1.2 5m 4p --- '09 147 JTDm Moving

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comunque se ben riscordo il 1.8 Turbo di 75 era considerato da tutti "delicatino", sia per la sua costruzione tutta in lega leggera, sia perche' in pratica tutti i proprietari smanettavano con la Waste-gate...:)

Piu' robusto e piu' adatto al turbo il ghisone Lampredi.

Archepensevoli spanciasentire Socing.

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Mah, io con la wast gate non ci ho mastruzzato, e l'auto (75 turbo america) l'ho venduta con quasi 100k km che consumava meno di mezzo chilo d'olio in 10k km.....

Delicato semmai lo era per altri versi, come il fatto che "sentisse" molto la qualità della benzina, e che in presenza di anomalie (vere o presunte) rilevate dal sensore di battito la centralina praticamente viaggiava in semi-recovery, con ovvie ripercussioni sul funzionamento della macchina.

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'80 Alfasud 1.2 5m 4p --- '09 147 JTDm Moving

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L'Alfa Romeo aveva di fatto abbandonato lo sviluppo di motori con turbine "fatte in casa".

La produzione dei motori 2000 carburatori siano essi con turbina Alfa Avio che con la KKK (Alfetta GTV Turbodelta e Giulietta Turbodelta) è fondamentalmente una produzione artigianale/limitata. La casa nel 1986 propone il 1.8 turbo, con peraltro impianto di iniezione della Bosch. Per la 164 il motore turbo "ideale" sarebbe stato il 6v turbo (tant'è che il motore 4 cilindri turbo fiat commercialmente ha detto poco).

Per quale motivo quindi dover andarsi a complicare la vita, avendo un 6 cilindri da sviluppare per dare la versione turbo (ottima scelta a mio parere)? Che poi Ghidella avesse il pallino del "turbo subito" che altra soluzione poteva esserci, alla fiattara maniera di "poca spesa tanta resa", se non di ficcarci il Lampredi?

Accorciare il 4 cilindri monocandela, doverlo modificare e testare per metterci l'iniezione? Non l'avrei trovata una mossa furba.

Accorciare il bialbero Alfa non era un problema, visto che avevano già accorciato il "fratello" Twin Spark che aveva lo stesso basamento; abbandonato lo sviluppo interno delle turbine potevano sviluppare in parallelo il 1.8 turbo della 75 e un 2.0 turbo per la 164 sul basamento accorciato del 2.0 Twin Spark, impiegando anche per questo le turbine Garrett T3. La scelta del 2.0 V6 Busso per il turbo è stata senz'altro ottima, anche in considerazione del fisco italiano, per offrire un Busso di elevatissima potenza senza la mannaia fiscale riservata alle cilindrate superiori a 2000 cc, anche se la cilindrata unitaria (333 cc) non era certo ideale per la resa termodinamica. Lo sviluppo però partì tardi: il 2.0 V6 turbo non sarebbe arrivato prima del 1989 e fu installato nella 164 soltanto nel 1991. Dunque la scelta del Lampredi turbo fu corretta in considerazione del grave ritardo del 2.0 turbo V6, e mise in evidenza ancora una volta l'inadeguatezza e la confusione della gestione Alfa Romeo da parte di Finmeccanica-IRI negli anni '80, anche se Fiat riuscirà a fare molto peggio negli anni successivi.

Modificato da V6 Busso

"Se passi una vita noiosa e miserabile perché hai ascoltato tua madre, tuo padre, tua sorella, il tuo prete o qualche tizio in tv che ti diceva come farti gli affari tuoi, allora te lo meriti."  Frank Zappa

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  • 1 mese fa...

Tutti in vacanza, tutti a spasso.... e il sottoscritto è qui che lavora. :)

Vabbè dai, teniamo compagnia a chi è rimasto qua.

Pronti per l'ennesimo malloppo? (tranquilli, questa storia è quasi finita :D)

Siamo qui a riprendere in mano il discorso “164” perché ai tempi dell'inizio del topic, trattammo la cosa più dal lato ingegneristico e manageriale, sorvolando un pochino su come effettivamente era nata in quanto a design.

Ora ho appena terminato di sistemare del materiale che permette di andare un po' più nello specifico.

Si parlerà del design in senso stretto, di come si è evoluto lo studio e dei confronti-sfida fra Centro Stile e Pininfarina.

E' un malloppone con un sacco di foto, quindi probabilmente dovrò spezzarlo in due post o forse più.

Vabbè, basta cianciare, come dice qualcuno che conosco :)

Premetto che questa volta la preziosa fonte, per foto, interviste e informazioni inserite qui e là nel testo, è la rivista AUTO & DESIGN.

(ricordatevi che i miei topic sul vecchiume sono sempre impostati come salto nel passato... quindi leggete fingendo di essere nel 1987, perchè il testo parla come se fosse “il presente”)

Ma ora basta sul serio... lasciamo la parola ad A&D.

DESIGN MODERNO, LAMPI DEL PASSATO

Il muso, si, è un'Alfa, con quello scudo d'altri tempi che pare eiettarsi dalla carrozzeria, che pare mordere quel labbro a guisa di paraurti.

La fiancata reinventa quel movimento laterale già violento, sovraccarico ed esibizionista della Giulia, dimenticato sull'Alfetta, razionalizzato dalla linea a tre spezzate sulla 33 e mortificato dal listone plastico della 75.

Un movimento che trova la forza di spingersi sul frontale e su quella coda, ancor più gonfia ed altera in quei suoi fari annichiliti.

Questa, nelle sue apparenze più immediate, la 164.

Una vettura che Ghidella non esita a definire “meravigliosa, moderna espressione del concetto di sport-sedan”.

La sua storia ci porta indietro nel tempo, ai primi disegni effettuati dal Centro Stile della casa milanese nel 1981.

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E tanto per gradire, :) mettiamoci un modello in scala ridotta ed una delle tante varianti realizzate in scala reale.

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Ricordiamo i primi prototipi apparsi come scoop sulle riviste specializzate ed impostati sull'estetica del modello del Centro Stile interno allora guidato da Ermanno Cressoni.

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Un disegno giudicato ancora oggi dagli addetti ai lavori molto bello, tanto da aver reso estremamente difficile la scelta dei vertici aziendali che poi optarono per la proposta Pininfarina.

Racconta l'architetto Ermanno Cressoni, da qualche tempo direttore del Centro Stile Fiat:

I temi con i quali cercavamo di illustrare la vettura erano gli stessi della Pininfarina, proprio perché si trattava di rappresentare la storia di un'azienda attraverso un prodotto che doveva poi muoversi sulla strada.

Direi che siamo stati un po' come Carl Lewis e Ben Johnson; abbiamo corso con loro, siamo arrivati secondi per un'incollatura, abbiamo fatto il record del mondo e siamo stati battuti da chi ha dovuto abbassare il record del mondo per batterci.

Ritengo questa una delle funzioni più importanti per il centro stile di un'industria; quella cioè di essere vincente perché tutti hanno voglia di vincere ma soprattutto di essere di stimolo per il “carrozziere” esterno che in quel momento è suo diretto avversario.

Se questo avviene, il risultato trova sicuramente l'azienda a decidere su prodotti altamente qualificati.”

Al 1981 risale il primo disegno di Pininfarina, non pensato per il pianale attuale (Tipo4) bensì per una vettura leggermente più corta, sotto i quattro metri e mezzo.

Il progetto si chiamava 156, e in questo bozzetto vediamo la proposta di Pinin.

(la seconda e la terza vista già molto 164 style, a mio parere, a parte la minore altezza del cofano)

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Qui sotto invece, l'esplorazione sempre da parte di Pinin di soluzioni alternative... siamo sempre nel 1981-82, e siamo ancora in tempi di “156”.

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L'Alfa Romeo maturava l'intenzione di costruire una vettura di dimensioni medio-grandi indipendentemente dal cosiddetto “piano auto Tipo4” che porterà alla joint venture tra Fiat, Lancia, Saab e la stessa casa di Arese.

Pertanto aveva impostato la nuova vettura seguendo certe sue filosofie e disponibilità di elementi meccanici e strutturali.

Per riepilogare brevemente, si trattava quindi di un cahier de charges che prevedeva la base meccanica tradizionale della casa milanese, ossia trazione posteriore e ovviamente schema transaxle.

Più avanti vedremo l'evoluzione del progetto 164 nei bozzetti di Pininfarina, ma prima torniamo un attimo alla storia, con qualche intervista.

Il “piano auto” interveniva a cambiare completamente l'architettura della vettura ma non ne modificava l'indirizzo immagine.

La volontà di fare un qualcosa di aggressivo, con linee molto tese tendenti all'orizzontalità e muso spiovente, sopravviveva. E questo ha fatto si che il discorso estetico si sia mantenuto inalterato nello sviluppo del progetto, anche attraverso un completo rimaneggiamento della meccanica.

L'idea di joint-venture partiva da un moderno concetto di sinergia legata soprattutto a componenti meccanici.

Del resto, solo l'esistenza di sinergie tese a ridurre i costi avrebbe consentito ad un'azienda come l'Alfa Romeo, in periodo non certo roseo e legata a volumi produttivi ridotti, di programmare la costruzione di un modello interamente nuovo nel segmento alto di gamma.

In particolare, il piano auto prevedeva comunanza di pianali, di organi di trasmissione e sospensioni; non vincolava invece le porte, e l'identità di queste su Thema, Croma e 9000 deriva da un progetto Fiat che fu accettato in pieno da Saab (vedremo poi in altra sede come, dove e quando nasce 9000 dalle mani del Giugi, ndGTC)

E la 164?

Nessuna lamiera esterna”, spiega l'ingegner Leonardo Fioravanti, amministratore delegato e direttore generale della Pininfarina Studi e Ricerche di Cambiano, “è comune alle altre vetture del progetto Tipo4. Esistono soluzioni simili, tipo le portiere che coprono in montante anteriore e vanno sul padiglione, perché vista la comunanza strutturale certe soluzioni andavano ricalcate.

Nell'evoluzione poi ci si è talvolta allontanati dal capitolo Tipo4, certo organi sono stati accomunati e altri scorporati, sempre nell'ambito di una trattativa Fiat-Alfa; ad esempio sono state impiegate ossature dei sedili ed impianto di climatizzazione comuni, mentre le sospensioni anteriori sono state pensate ad hoc per la 164, come pure qualcosa del pianale”.

IL GIOIELLO

Alla base del disegno di Pininfarina è il desiderio di recuperare la migliore immagine Alfa Romeo, quella della 1900 e della prima Giulietta, che si era un po' dispersa nel tempo.

Lasciato lo scudetto e la trilobatura centrale, la casa milanese si era rifugiata in una calandra anonima dove veniva inserito lo stemma.

Racconta l'ingegner Enrico Fumia, dirigente responsabile modelli e prototipi della Pininfarina Studi e Ricerche: “Nel contesto di una vettura necessariamente moderna, abbiamo voluto riprendere quei temi, riproponendo alcuni dei dettagli tipici delle belle Alfa del passato, ad esempio lo stemma che deborda dalla cornice dello scudo, e lo scudo stesso che va a mordere il paraurti”.

Tutto questo”, interviene Fioravanti, “senza fare del retrò o del revival. L'aggancio con il passato non implica il copiare, vuol dire piuttosto conservare lo spirito. E' un'operazione di recupero totale dell'immagine Alfa, non solo un lavoro di grafica frontale”.

Ma qual'era il concetto alla base del design delle vecchie belle Alfa Romeo?

Quello di essere essenzialmente di lamiera”, risponde Fioravanti.

L'Alfa, dal punto di vista delle carrozzerie, era una notevole superficie di lamiera o per lo meno di parti non trasparenti, trattate in maniera leggera, cioè piena ma non pesante.

E sulla 164 volevamo raggiungere questo tipo di volumetria. Tuttavia, questo poteva essere un richiamo per i cultori dell'auto, mentre la gente doveva poterla apprezzare attraverso simboli più semplici ed evidenti, così abbiamo pensato allo scudetto appeso idealmente ad uno sguscio che gira tutt'intorno”.

In effetti, la 164 appare piena, “gonfia” di una grinta sconosciuta alle recenti Alfa Romeo. I suoi volumi proporzionati risultano impreziositi da quello sguscio perimetrale che va a chiudersi sullo scudo frontale.

Lo scudo”, afferma Fioravanti, “è una sorta di gioiello, sorretto da una collana (lo sguscio) che cinge la vettura senza interruzione di continuità”.

LA COLLANA

Lo sguscio è dunque inteso come collana grafica e diventa uno dei tratti più caratteristici della 164.

Un preziosismo estetico con la funzione di raccogliere gli accessori perimetrali della carrozzeria.

Le maniglie porta del primo modello, ad esempio, erano a filo lamiera, inserite nel motivo dello sguscio, ed anche nella soluzione definitiva che tutti abbiamo visto nascondono la loro impugnatura in tale elemento.

Persino lo sportello carburante inizialmente aveva un riferimento stilistico con lo sguscio e sempre in esso si pensava di integrare una fessura per la fuoriuscita dell'aria “di lavaggio” del motore che sarebbe stata favorita dal trovarsi in una zona di parziale depressione aerodinamica.

Anteriormente il primo modello aveva gli indicatori di direzione sopra i fari sul prolungamento dello sguscio a collegamento ideale con lo scudo.

(appena più sotto lo vedremo)

Questo argomento”, dice Fumia, “che ritenevamo e tuttora riteniamo stilisticamente valido, non dava all'epoca sufficienti garanzie di efficienza. Oggi sarebbe fattibile e contribuirebbe alla caratterizzazione della linea 164.

La sua funzione era quella di accentuare quello che il vetro del faro odierno già tenta di fare con un bisello, ovvero proseguire il disegno dello sguscio che arriva dal fianco.”

(è vero, non sempre ci faccio caso ma il vetro del faro ha un diedro nella parte alta che prosegue il tratto dello sguscio laterale, ndGTC)

Oggi possiamo far emettere qualsiasi colore da qualsiasi colore, parlando di lampadine di segnalazione. Quindi probabilmente avremmo potuto realizzarlo nel colore più adatto e meno contrastato rispetto all'arancione che si vede nel modello in polistirolo.”

Nella zona posteriore lo sguscio diventa una striscia di luce sormontata dallo stemma a definire quello che sarà il “trademark” delle Alfa a venire.

Ritorna dunque la fanaleria piccola già tipica di 1900 e Giulietta, e forse si è più vicini alla Giulietta con la sua coda alta.

Ancora una volta si sono ricercate quelle proporzioni tra lamiera e parti aggiunte.

Ci fu una discreta resistenza”, spiega Fumia, “nei vertici Alfa per questa fanaleria che era ritenuta troppo piccola. Ci siamo spinti ai limiti dell'efficienza di un gruppo ottico e tuttora esistono in Alfa pareri discordi dovuti in parte alla non perfetta esecuzione e qualità del pezzo, ma tutto ciò non lede la validità del disegno.”

Lo sguscio, tuttavia, non ha solo significati estetici.

Molto importanti”, precisa Fioravanti, “sono i suoi compiti strutturali poiché una lamiera senza un'incartatura di sezione non si stampa bene. Le vecchie Pininfarina, con quelle fiancate lisce tirate con lo stagno, oggi porrebbero notevoli problemi di stampaggio.”

Fine prima parte, anche per non fare un post di 20 km. Entro pochi minuti arriva la seconda. ;)

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Rieccoci con la seconda parte... quindi chi cade in questo post perchè è l'ultimo che il forum gli propone, sappia che deve tornare al post di prima se vuole leggersi la storia tutta.

I MODELLI

Ed ora come promesso, seguiamo da vicino l'evoluzione specifica del progetto 164 “by Pininfarina”.

Dal primo disegno '81 (per prog. 156, che abbiamo già visto sopra) si arriva a quelli datati 1982 che riportano gli stessi lineamenti sul pianale Tipo4 a trazione anteriore.

(in particolare il primo è quello che poi verrà accettato definitivamente, e dal quale partirà lo sviluppo tridimensionale)

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Le volumetrie sono lievemente diverse, il primo era un po' più basso sull'anteriore proprio per la meccanica a trazione posteriore.

Parallelamente a quelli qui sopra erano stati valutati approcci stilistici di impronta più tradizionale, ad esempio con calandra larga contenente lo scudetto, come vediamo qui sotto.

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Occorre precisare che i vincoli dimensionali imposti alla Pininfarina erano moltissimi, a dimostrazione di quanto oggi il progettista condizioni il designer.

Il ridisegno dell'impianto di aspirazione sul motore trasversale e l'adozione di attacchi disassati per le sospensioni anteriori consentivano però un cofano leggermente più basso di quello delle altre Tipo4, la cui progettazione procedeva con circa due anni di vantaggio.

E la minore altezza del cofano e dell'intero abitacolo agevolava l'impostazione più sportiva.

Nel 1982 si passa ai piani di forma ed alle tre dimensioni con un modello di prima fase in polistirolo che, portato in galleria per una migliore definizione aerodinamica della forma globale, fa registrare un eccellente 0,27.

(il modello con le frecce stile “SuperThema”, se me la passate, anche se sono ribaltate le proporzioni)

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Due project manager seguiranno tutta la definizione dei modelli: l'ingegner Giorgio Guelfi ed il signor Alfonso Cosma.

Il 1983 è l'anno della seconda fase, quella che nella tradizione progettuale Pininfarina prevede modelli in resina trasparente (epowood) verniciati e completati con pressoché tutte le finizioni.

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Sul modello 164 di seconda fase, costruito su un pianale reale con sospensioni, motore, radiatore permeabile all'aria, vengono rilevate la mappatura dei valori locali di pressione e di velocità dei flussi d'aria e si procede alla matematizzazione delle superfici necessaria alla realizzazione degli stampi.

In galleria abbiamo scoperto”, ricorda Fioravanti, “che l'accenno di spoiler sul cofano posteriore presente sul figurino era controproducente ai fini aerodinamici, e questo si legava probabilmente alla forte inclinazione del lunotto”.

Sul modello si nota un profilino cromato sulla fiancata, poi abolito, ma la vettura è ormai nella sua veste definitiva. Anche il disegno delle ruote sarà poi riprodotto fedelmente nei cerchi in lega leggera.

Caratteristica interessante del modello 1983 sono le coperture dei lobi laterali della calandra.

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Ad un certo punto”, racconta Fioravanti, “in fase di ricerca aerodinamica spinta, avevamo proposto all'Alfa Romeo di coprire le aperture anteriori con particolari mobili, i cosiddetti flabelli. In velocità questi rimanevano chiusi perché la portata d'aria delle rimanenti feritoie del paraurti era sufficiente; in città o nella marcia in colonna, invece, i flabelli, comandati da un termostato, si aprivano.

Questo era un dettaglio che piaceva molto all'ingegner Surace, poi è stato abbandonato per motivi di varia natura”.

Siamo così al 1983, e bisogna ricordare che è in questo momento, che la proposta Pininfarina “vince” il confronto con quella del Centro Stile interno.

Lo sottolineo perché più volte, anche da altri testi, è parso che i lavori del Centro Stile interno si fossero fermati semplicemente con la cancellazione del progetto 156... ed invece no.

Anche il Centro Stile aveva proseguito, “spostandosi” a lavorare sullo schema Tipo4, e portando avanti fino al 1983 una sua proposta, che in quel momento “perde”, e che vediamo più sotto in qualche immagine.

A tal proposito, riportiamo il commento di quei tempi da parte di Enrico Fumia.

E' importante dire che l'Alfa, dal momento di approvazione del modello, ha sempre richiesto la nostra presenza nello sviluppo del progetto affinché questo si mantenesse il più fedele possibile all'idea originaria”.

(qui vediamo, nell'ordine, una delle proposte iniziali del CS su “164”, un bozzetto laterale doppio della soluzione da presentare, e per ultimo il modello “finale” della 164 secondo il CS Alfa, insomma quella che “perse”. Come si può vedere l'ossatura ormai era tenuta in grande considerazione... al di là di modifiche di “pelle”, si può notare come porte e cellula abitacolo siano pressochè identiche)

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Chi vince, chi perde, si discute, di decide... insomma, eccoci. Finalmente la storia si semplifica. Da questo punto in poi, si parlerà di Pinin e basta, riguardo il design 164.

E siamo al 1984, anni dell'ultima definizione di stile.

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Afferma Fioravanti: “Noi abbiamo eseguito i modelli di esterno ed interno, le analisi per l'aerodinamica, gli studi di pre-fattibilità che sono stati le linee guida dello sviluppo successivo.

Questo non significa avere avuto la responsabilità dei disegni costruttivi di alcun pezzo, però con i tecnici Alfa abbiamo elaborato quelle che si chiamano in gergo typical sections, pre-engineering drawings”.

L'ingegner Fioravanti tiene a ribadire l'importanza del disegno iniziale “di idea” nella validità di un qualsiasi “progetto automobile”.

Tutto parte dal disegno. Se un disegno è buono, cioè rappresentativo di quei significati funzionali, estetici, aerodinamici, gran parte del lavoro è svolto, per un'equipe di professionisti.

Il difficile è prevedere nel disegno iniziale le configurazioni ottimali per la producibilità in larga scala, questo viene molto dopo. Ma le caratteristiche progettuali più che produttive, sono tutte sul disegno”.

E mi sa che mi conviene fare anche la terza parte.... perchè 'sto coso non finisce più. (lavoro troppo, dovreste pagarmi :D)

A fra poco con la terza e ultima puntata. ;)

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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Parte terza.

Quindi, come ho già scritto per il secondo topic... chi legge questo perchè è l'ultimo che appare in ordine di tempo, deve fare il salto indietro di due post per leggersi la storia tutta (a 'sto punto conviene che si mette comodo e si piglia un sacchetto di patatine e una birra).

L'ARREDAMENTO

Gli input che venivano dall'Alfa Romeo chiedevano un abitacolo semplice, sportivo, lontano dalla sindrome tedesca, dove il posto guida fosse chiaramente delineato e dove venisse privilegiato il rapporto diretto tra plancia e pilota.

Un interno che non doveva essere eccessivamente “scientifico”, senza quei gadget spesso inutili e privi di classe, piuttosto con un tocco di “made in Italy”.

La filosofia era quella di conferire al guidatore la sensazione di avere la vettura “in pugno”, di essere parzialmente isolato in posizione preferenziale rispetto al passeggero anteriore nel controllo del mezzo.

Si tentava allora di graficizzare questo tema con un qualcosa che isolasse il pilota e svuotasse la zona di fronte al passeggero. Una ricerca effettuata più su modelli di interno che su disegni.

(anche se i bozzetti da osservare non mancano di certo, alcuni anche “primordiali”, direi ;) )

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Una simile scelta”, spiega Fioravanti, “crea forse un'eccessiva semplicità di fronte al passeggero, però nella nostra proposta iniziale il rivestimento di quella zona della plancia era stato immaginato in stoffa, e la stoffa, sia con la sua trama sia con la capacità di dare ombre e riflessi diversi dalla plastica, consentiva di non impoverire troppo l'immagine risultante”.

Su un primo modello di interno si tentò di adottare, oltre alla plancia in stoffa, lo scudo Alfa anche per il disegno del volante, che parve però eccessivamente massiccio, con un effetto estetico non molto gradevole.

(nelle quattro immagini, alcune varianti di questo concetto, differenti in alcuni casi per strumenti e comandi consolle)

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La soluzione con stoffa quadrettata si è mantenuta a lungo nel progetto prima di essere sostituita dalla plastica. In tal direzione ha influito un'obbiettiva difficoltà a raggiungere da subito i desiderati livelli qualitativi.

Bisognava avere un po' di coraggio”, afferma Fumia, “anche se all'epoca Alfa Romeo aveva tutte le ragioni per non azzardare nulla. La soluzione in plastica appariva più prudente e sicura, abbinata agli inserti in legno. Poi la gestione Fiat ha preferito abbandonare anche il legno”.

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La plancia della 164 è un grosso blocco schiumato, ove manca il contrasto cromatico grigio-blu tra la zona degli strumenti ed il resto della plancia pensato dalla Pininfarina per sottolineare la divisione degli spazi.

Avevamo proposto”, dice Fumia, “una divisione di colore tra la strumentazione e la rimanente plancia, plancia che doveva apparire un tutt'uno con l'abitacolo, riprendendone colori e disegno, un arredamento che doveva assimilarsi ad un qualcosa da indossare”.

Per la strumentazione, non disturbata dal volante a tre razze, fu scelta la soluzione a tre livelli di informazione: uno superiore con tachimetro e contagiri analogici classici, un secondo livello composto da una striscia continua di 24 spie luminose, e uno inferiore con gli strumenti secondari.

(qui vediamo una ipotesi scartata)

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LA REALIZZAZIONE

La realtà 164 è un qualcosa che piace, che sprigiona grinta da tutti i pori. Il Cx si attesta su un valore molto prossimo allo 0,30 (0,315 per la versione turbo diesel) con un valore di CxS pari a 0,61 mq.

Un risultato ottenuto grazie anche all'incollaggio di parabrezza e lunotto fortemente inclinati, alla sigillatura dei punti critici, all'ottimizzazione del disegno dei retrovisori esterni, alla schermatura del tergicristallo, all'adozione di una carenatura posteriore sottoscocca e di copri brancardi.

La Pininfarina si era battuta per ottenere vetri a filo massimo, ma problemi tecnici e quella volontà di rimanere sulla linea della prudenza hanno orientato la produzione verso una vetratura incassata, anche se di poco (semi-flush).

Nel confronto dimensionale con le altre Tipo4 la vettura risulta più bassa, più corta di Thema e 9000, più lunga di Croma, invariata in larghezza (lunghezza 4555 mm, larghezza 1760 mm, altezza 1400 mm, passo 2660 mm), con un baricentro spinto verso terra di circa 3 centimetri.

Molto diversa, pur in un 55% di elementi strutturali comuni. Il peso in ordine di marcia varia fra i 1200 e i 1320 kg a seconda delle versioni.

Le notevoli masse dei paraurti e dei fascioni laterali in poliuretano morbido (RRIM) staccano decisamente dal resto della carrozzeria nel loro grigio scuro metallizzato, specialmente sui colori più chiari.

Su alcune versioni metallizzate tali elementi sono stati verniciati in armonia con il colore della lamiera, in delicati “tono su tono” dall'effetto raffinato quali il bellissimo verde-mirto che la linea della vettura indossa particolarmente bene.

I gruppi ottici posteriori sono una “fettuccia” rossa che taglia ed assottiglia l'imponente volume di coda.

Un dettaglio avremmo tanto desiderato non vederlo: il logo 164 posteriore, quella crosta riportata su linee così pulite, voluto dal marketing dopo che i tecnici erano encomiabilmente riusciti a mascherare persino la serratura dietro al marchio Alfa Romeo.

La Pininfarina intendeva ricavare nella parte centrale della fascia ottica la sigla per l'identificazione del modello, il marketing ha fatto il resto.

(e qui vi regalo una chicca ;) )

alfa164scrittafanaleria.jpg

A nostro avviso, comunque, il buon gusto dovrebbe portare alla completa eliminazione di simili orpelli almeno sulle vetture di alta classe quali la 164, o se non altro seguire l'esempio di altri costruttori che a seconda della richiesta li forniscono o meno.

Apprezzabile, per contro, la pressoché completa ripulitura dalle cromature, limitate ad una contenuta profilatura delle superfici vetrate laterali.

Osservando l'interno spiace pensare che l'Alfa Romeo abbia perso l'importante opportunità di presentare la prima vettura con plancia rivestita in stoffa.

Inoltre, la gestione Fiat ha generato una plancia monocolore di buona qualità ma ricordiamo che il disegno era stato pensato per il bicolore e l'uniformità cromatica sminuisce la funzionalità estetica di alcuni dettagli, quali ad esempio la bordatura sinistra della consolle raccordata alla palpebra strumenti ed in evidenza rispetto al lato destro, elemento che sui modelli era realizzato in blu proprio per sottolineare quell'isolamento privilegiato offerto al pilota.

La consolle è di vaga ispirazione Hi-Fi e suggerisce un'immagine HiTech, e su questa la bocchetta per la climatizzazione volutamente troneggia e diventa anch'essa protagonista, con le “sorelle” poste agli estremi, del disegno plancia.

L'abitabilità risulta leggermente penalizzata, rispetto a Thema e Croma, dalla presenza di parabrezza e lunotto molto inclinati e dalla minore altezza del padiglione.

La conformazione avvolgente dei sedili (anche il divano posteriore evidenzia il disegno a poltrone separate) conferma il carattere sportivo della 164.

Un'impronta ulteriormente ribadita dal rivestimento in pelle fiore con inserti scamosciati offerto come optional.

La 164 viene prodotta ad Arese su linee studiate per un'automazione a bassa cadenza che garantisca l'elevato livello qualitativo richiesto, ed il potenziale produttivo dovrebbe attestarsi su circa 250 unità/giorno per arrivare al globale di 40000 unità previsto per il 1988.

Sempre ad Arese verranno prodotte la 75, la Spider e la Lancia Thema, mentre da Pomigliano D'Arco usciranno la 33, la Sprint e l'Autobianchi Y10.

Ecco dunque come l'accorpamento Alfa-Lancia risolve brillantemente il problema della saturazione produttiva che affliggeva gli stabilimenti Alfa Romeo.

(certo che leggerla oggi quest'ultima frase... ndGTC)

Fine del malloppo di stasera. :)

(avevate paura che ci fosse la quarta parte eh? :D)

Fine del malloppo, ma non fine della storia... c'è ancora un capitolo da scrivere, prima di voltare pagina, immaginando di essere in quel lontano 1987, al suo debutto, e scrivere quindi la parola fine in fondo al cammino della sua genesi.

Ne tratteremo a breve, andando a fare un viaggio nell'Oltrepò Pavese, su alcune delle strade dove la 164 venne messa a punto.

A farci da guida sarà proprio un muletto 164, gentilmente concesso ai tempi dalla Casa.

State sintonizzati. ;)

GTC

(p.s. come scrissi ai tempi dell'apertura di questo topic... la ricostruzione si basa su testi scritti e pubblicati da riviste del settore; ha il desiderio di riproporre in maniera il più verosimile possibile la vicenda, ma se vi fossero appunti da parte di utenti o personaggi direttamente coinvolti nei fatti qui riportati, sono ben accette! ;) )

"... guarda la libidine sarebbe per il si, ma il pilota dopo il gran premio ha bisogno il suo descanso... e poi è scattata la regola numero due: perlustrazione del pueblo e ricerca de los amigos... ah Ivana, mi raccomando il panta nell'armadio, il pantalone bello diritto. E un po' d'ordine in stanza... see you later!" (Il Dogui, Vacanze di Natale)

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