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Crisi economica 2011


TonyH

Messaggi Raccomandati:

Se ti servono soldi, da qualche parte li devi recuperare.

E hai 2 possibilità.

O tassi la produzione di reddito (IRPEF, IRES, IRAP)

O tassi la proprietà (IMU, imposta bollo sugli investimenti) e i consumi (IVA, accise, bolli).

Tra le due, è meglio incidere sulla seconda. E' vero che deprimi un po' nel breve i consumi interni, ma ad andare a toccare la prima, rendi poco competitive le tue aziende nei confronti dell'estero (dovendo pagare più tasse sugli utili hai meno soldi per R&D, per i salari, per essere vantaggioso sui prezzi). Col risultato che deprimi tutto per lungo tempo e in modo irreparabile.

d'accordo, però il problema di solito è che mix fare fra le varie opzioni. e qui entrano questioni di politica economica e sociale, questioni elettorali :pen: e ovviamente questioni legate alla globalizzazione dell'economia, che evidentemente non è stata una trasformazione "neutra" propio per le ragioni che dice TonyH qui sopra. Se un paese possiede risorse proprie (soprattutto materie prima o processi ad alto valore aggiunto, sia in campo industriale che di servizi o del sapere), può fare un mix di un certo tipo, anche in caso di grave crisi economica. Un paese come l'Italia (o la Spagna o la Grecia) è relativamente debole in questo senso. Quello che mi pare di capire che voglia fare il blocco anti-accordo EU in Grecia non è tanto cancellare il debito perché sí, quanto piuttosto fare un ragionamento diverso: qual è il bene comune essenziale per essere una società libera e sana, cioé in grado di produrre in modo sostenibile? probabilmente non ridurre i cittadini sul lastrico e crecare di ricostruire in modo diverso la produzione. questo implica non ammazzare di tasse di nessuno dei tre tipi menzionati prima, e quindi inevitabilmente ridurre drasticamente il costo dei debiti pregressi (interessi). Un processo simile è avvenuto in vari paesi del centro e sud America. Correggetemi se sbaglio.

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Ricordo a tutti la formuletta italiana: 120 all'anno+500.

E che l'italiota medio NON VUOLE pagare le tasse.

... Quello che mi pare di capire che voglia fare il blocco anti-accordo EU in Grecia non è tanto cancellare il debito perché sí, quanto piuttosto fare un ragionamento diverso: qual è il bene comune essenziale per essere una società libera e sana, cioé in grado di produrre in modo sostenibile? probabilmente non ridurre i cittadini sul lastrico e crecare di ricostruire in modo diverso la produzione...

In Grecia NESSUNO sta facendo quello che stai dicendo tu, vogliono solo i soldi a fondo perduto e un condono dei debiti.

Modificato da justjames

"Ah! Rotto solo semiasse, IO KULO ANKORA!" (cit.)

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Ma ignorare il fatto che in Italia ci sono tanti grandi patrimoni ( e non intendo chi ha casa sua e magari la baita del nonno ereditato ) , o meglio, risparmiarli per timore della vacchietta ( che può essere salvata volendo ) , è a mio parere , un crimine, o peggio, un errore ( cit. )

Ma sono d'accordo.

A mio avviso il mattone è stato ancora poco tassato. Io non mi sarei fatto scrupoli a ripristinare l'INVIM sulle compravendite, esclusa la prima casa.

Con l'esplosione dei prezzi di mercato degli ultimi 10 anni, il fatto che corpose plusvalenze siano di fatto esentasse, è una stortura.

p.s. e conta che come famiglia noi siamo nell'1%....;)

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Some critics have complained that the 4C lacks luxury. To me, complaining about lack of luxury in a sports car is akin to complaining that a supermodel lacks a mustache.

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, o meglio, risparmiarli per timore della vacchietta ( che può essere salvata volendo ) , è a mio parere , un crimine, o peggio, un errore ( cit. )

mai punto è proprio questo che volendo si sarebbero potute pensare mille modalità per rendere più progressiva se non esentare certe categorie e invece non è stato fatto.

Cita

7:32 : Segni i punti coglionazzo !

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Ricordo a tutti la formuletta italiana: 120 all'anno+500.

E che l'italiota medio NON VUOLE pagare le tasse.

In Grecia NESSUNO sta facendo quello che stai dicendo tu, vogliono solo i soldi a fondo perduto e un condono dei debiti.

immagino che tu abbia delle fonti inequivocabili a riguardo. ti dispiacerebbe postare qualche link?

adesso sono al lavoro e non ho i link sotto mano, ma ci sono alcuni articoli del guardian, al jazeera e alcuni video del candidato Tsipras, in particolare quelli della sua recente visita in Francia, che mi pare spieghino la posizione del suo partito. la situazione è confusa ovviamente (giusto per dirne una: il partito comunista greco è contro Syriza e sicuramente contro l'euro), ma si tratta di capire alcune vie d'uscita senza fare sempre le solite generalizzazioni (i greci sono dei fannulloni, gli spagnoli hanno imbrogliato, ecc.)

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Altro giro altra corsa

[h=3]Unicredit, Profumo rinviato a giudizio[/h][h=3][/h]pro.jpgAlessandro Profumo, ex ad di Unicredit

[h=2]L'ex amministratore delegato

e 19 manager saranno processati per frode fiscale aggravata: certo

della correttezza del mio operato[/h]

MILANO

L'ex amministratore delegato di Unicredit e attuale presidente di Mps, Alessandro Profumo, sarà processato per dichiarazione fraudolenta dei redditi aggravata dall'ostacolo alle indagini.

Lo ha deciso il gup di Milano, Laura Marchiondelli, che ha disposto il rinvio a giudizio per Profumo e per altri 19 manager della banca di piazza Cordusio. Per tutti, il processo prenderà il via il prossimo 1 ottobre davanti ai giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Milano. «Capisco che il giudice per le udienze preliminari non è il giudice del merito e quindi aspetto fiducioso e impaziente il giudizio pubblico, certo come sono della correttezza di ogni mio operato». Così il presidente del Monte dei Paschi, Alessandro Profumo, in una nota dopo il rinvio a giudizio del Tribunale di Milano.

Tra le 20 persone imputate ci sono 3 dipendenti di Barclays e 17 tra manager ed ex manager di Unicredit: tra questi ultimi, accanto all’ex ad Profumo, ci sono tra gli altri Patrizio Braccioni e Ranieri De Marchis, rispettivamente responsabili dell’area affari fiscali e della direzione finanza dell’istituto di credito. Il gup nel disporre il processo ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e ha respinto, inoltre, l’eccezione di competenza territoriale sollevata dalle difese che avevano chiesto il trasferimento del procedimento o a Bologna o a Verona o a Roma.

Per i magistrati le operazioni realizzate non avevano "alcuna autonoma valenza economica" ma servivano "esclusivamente all'ottenimento di un illecito vantaggio fiscale, sottratto all'imposizione elementi attivi, mediante loro variazione in diminuzione, per un ammontare complessivo di 745.220.166,28 euro, di cui 329.492.929,14 euro nella dichiarazione relativa all'anno di imposta 2007 (in dettaglio, 164.746.464,57 euro con riferimento a Unicredit Corporate Banking Spa e 164.746.464,57 euro con riferimento a Unicredit Banca Spa) e 415.727.237,14 euro nella dichiarazione relativa all'anno di imposta 2008 (in dettaglio, 233.582.159,01 euro Unicredit Corporate Banking, 123.409.886,35 euro Unicredit Banca e 58.735.191,77 euro Unicredit Banca di Roma) per un danno erariale complessivo pari a 245.956.118,49 euro, di cui 128.368.711,04 euro con riferimento alla dichiarazione relativa all'anno di imposta 2007 (64.184.355,52 euro Unicredit Corporate Banking e 64.184.355,52 euro Unicredit Banca) e 117.587.407,45 euro con riguardo alla dichiarazione relativa all'anno di imposta 2008 (66.079.163,40 euro Unicredit Corporate Banking, 34.898.700,58 euro Unicredit Banca, nonché 16.609.543,47 euro Unicredit Banca di Roma".

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Basta tatticismi di partito, Berlino sia solidale

Quando si è ormai avanti con l'età, si tende a ragionare per ampi lassi di tempo, con uno sguardo alla storia passata, ma anche verso un futuro auspicato e desiderato. Tuttavia, qualche giorno fa non sono stato in grado di dare una risposta univoca a una domanda molto semplice: "Quando la Germania diventerà finalmente un Paese normale?" Ho risposto che in un futuro prossimo la Germania non diventerà un Paese "normale" a causa del nostro enorme e peculiare fardello storico e della posizione centrale e soverchiante che il nostro Paese occupa a livello demografico ed economico in un continente molto piccolo, ma articolato in una compagine variegata di Stati nazionali.

Ogni volta che i sovrani, gli Stati o i popoli al centro erano deboli, i vicini avanzavano dalla periferia verso iI centro svigorito. Quando però le dinastie o gli Stati dell'Europa centrale erano più potenti o quando credevano di esserlo, sono stati loro ad attaccare la periferia.

Mentre la conoscenza e il ricordo delle guerre medioevali sono praticamente sprofondati nella coscienza dell'opinione pubblica e di massa delle nazioni europee, la memoria del secondo conflitto mondiale e dell'occupazione tedesca svolge ancora oggi un ruolo dominante anche se latente. Per noi tedeschi è decisivo il fatto che quasi tutti i nostri vicini e quasi tutti gli ebrei sparsi nel mondo ricordano l'Olocausto e le infamie commesse nei Paesi della periferia durante l'occupazione tedesca. Forse. Non ci è sufficientemente chiaro il fatto che quasi tutti i nostri vicini, probabilmente ancora per molte generazioni, coveranno una diffidenza latente nei nostri confronti.

Anche le generazioni che sono venute dopo devono fare il conto con questo fardello. La generazione di oggi non deve dimenticare che è stata la diffidenza verso un futuro sviluppo della Germania che nel 1950 ha aperto la strada all'integrazione europea.

Due le ragioni che indussero Churchill nel 1946 a invitare i francesi a riconciliarsi con i tedeschi per fondare gli Stati Uniti d'Europa: la creazione di una resistenza comune contro la minaccia dell'Urss e l'imbrigliamento della Germania in una più ampia unione. Con lungimiranza Churchill aveva previsto il rafforzamento della Germania. I leader europei e americani (cito George Marshall, Eisenhower, Kennedy, Churchill, Jean Monnet, Adenauer, de Gaulle, De Gasperi ed Henri Spaak) non agirono in forza di un "euro-idealismo", ma perché conoscevano la storia. Intravvedevano la necessità di evitare una prosecuzione della lotta tra periferia e centro tedesco.

Chi non ha compreso questo motivo originario dell'integrazione europea ignora una premessa imprescindibile per la soluzione dell'attuale crisi. Quanto più nel corso degli anni la Repubblica federale tedesca andava incrementando il proprio peso economico, militare e politico, tanto più l'idea di un'integrazione europea si profilava ai leader europei come una garanzia contro una presumibile inclinazione e debolezza dei tedeschi nei confronti del potere. La resistenza che Margaret Thatcher, Mitterand o Andreotti opposero nel 1989-1990 a una riunificazione nasceva dalla preoccupazione nei confronti di una Germania troppo potente. Ho ascoltato Jean Monnet quando fui chiamato a partecipare al Comitato "Pour les États Unis d'Europe" nel 1955 e ritengo che, in materia d'integrazione, il suo acume si palesò proprio nell'idea di perseguire l'intento mediante un processo graduale.

Da allora, non per ragioni ideologiche, ma perché comprendo l'interesse strategico della nazione tedesca, sono un sostenitore dell'integrazione e dell'imbrigliamento della Germania. L'intesa che instaurai con Giscard d'Estaing aprì le porte a un periodo di cooperazione franco-tedesca e al rafforzamento dell'integrazione, continuati con successo da Mitterand e Kohl. Al tempo stesso, dal 1950-1952 al 1991 la Comunità europea crebbe gradualmente da sei a dodici Stati.

Sul terreno preparato da Jacques Delors, Mitterand e Kohl diedero vita nel 1991 a Maastricht, all'Unione monetaria, concretizzatasi nel 2001. Alla base c'era, la preoccupazione francese per una Germania troppo potente e per un marco tedesco troppo forte. Nel frattempo l'euro è diventato la seconda valuta nell'economia mondiale.

Nelle relazioni interne come in quelle esterne la moneta unica si è rivelata la più stabile del dollaro e di quanto fosse stato il marco nei suoi ultimi dieci anni di vita. Tutto il parlare di questi tempi su una presunta "crisi dell'euro" non è altro che uno sventato ciarlare.

Dal Trattato di Maastricht il mondo ha vissuto grandi cambiamenti. C'è stata la liberazione dell'Europa dell'Est e l'implosione dell'Urss, la straordinaria ascesa della Cina e degli altri "emergenti". L'economia reale è ormai "globalizzata" e gli attori dei mercati finanziari globali si sono accaparrati un potere incontrollato. Al tempo stesso, la popolazione mondiate entro la prima metà del XXI secolo arriveremo a 9 miliardi di persone e gli europei ne rappresenteranno solo il 7% mentre fino al 1950, per ben due secoli, ne costituivano più del 20%. Parimenti diminuisce la quota europea del Pil globale: entro il 2050 si ridurrà al 10% dal 30% del 1950.

Se guardiamo dall'esterno, notiamo che da un decennio la Germania suscita un certo disagio. Sono poi emersi dubbi rilevanti sulla continuità della politica tedesca e sulla sua affidabilità. Tali dubbi nascono anche da errori commessi dai nostri politici e dall'altra parte dalla forza economica della Germania. Tuttavia non siamo sufficientemente consapevoli che la nostra economia è fortemente integrata nel mercato europeo ed è anche largamente dipendente dalla congiuntura mondiale. Andremo perciò incontro a un rallentamento della crescita delle esportazioni tedesche. Allo stesso tempo assistiamo a uno squilibrio nel nostro sviluppo a fronte di una persistente e massiccia eccedenza della bilancia commerciale e delle partite correnti.

Queste eccedenze rappresentano da anni il 5% del Pil e sono pari a quelle della Cina. Non ne siamo del tutto coscienti perché non sono più espresse in marchi tedeschi, ma i politici sono però costretti a prenderne atto. Tutte le nostre eccedenze sono in realtà deficit per gli altri. I crediti che abbiamo verso gli altri sono i loro debiti. Si tratta di una incresciosa lesione dell'«equilibrio nei rapporti economici con l'estero» che un tempo abbiamo elevato a ideale di legge. Questa infrazione preoccupa i nostri partner. E le voci che negli ultimi tempi si sono sollevate, soprattutto dagli Stati Uniti, che pretendono dalla Germania l'assunzione di un ruolo di leader europeo, non fanno che aumentare il sospetto dei nostri vicini, richiamando in vita i temuti fantasmi del passato.

Lo sviluppo economico e la contemporanea crisi della capacità d'azione degli organi della Ue hanno spinto la Germania ancora una volta a occupare un ruolo centrale. Insieme al presidente francese, il cancelliere Merkel ha accettato questo ruolo. Ma in diverse capitali europee cresce l'ansia nei confronti dì un dominio tedesco.

Questa volta non si tratta di un potere politico e militare, ma di una preponderanza economica. Se noi tedeschi ci lasciassimo tentare a pretendere una leadership europea avremo come risposta una decisa opposizione da un numero sempre crescente di Paesi limitrofi. La preoccupazione della periferia nei confronti di un centro troppo forte tornerebbe alla ribalta in tempi rapidi e le conseguenze ipotizzabili sarebbero deleterie per la Ue e implicherebbero un isolamento di Berlino.

La posizione centrale che la Germania occupa dal punto di vista geopolitico, l'infausto ruolo che ha assunto nel corso della storia europea fino alla metà del XX secolo, il rendimento attuale impongono a ogni governo tedesco di acquisire la capacità di immedesimarsi negli interessi dei partner europei e di mostrarsi pronti a offrire aiuto.

Del resto lo straordinario processo di ricostruzione degli ultimi decenni non è frutto solo delle nostre forze. La ricostruzione sarebbe stata impensabile senza l'aiuto delle potenze vincitrici del blocco occidentale, senza il nostro inquadramento all'interno della Comunità europea e del Patto atlantico, senza l'apertura dell'Europa dell'Est e senza la fine della dittatura comunista. Noi tedeschi abbiamo buone ragioni per essere riconoscenti e abbiamo l'obbligo di ricambiare con dignità la solidarietà ricevuta. Sono convinto che rientri nell'interesse strategico a lungo termine dell Germania non isolarsi e non farsi isolare.

L'isolamento all'interno dell'occidente sarebbe pericoloso, ma nell'Unione europea o nella zona euro ancor più rischioso. Ritengo che questo vada ben oltre qualsiasi altro interesse di partito.

Effettivamente la Germania è stata per lunghi decenni un contribuente netto. Ce lo potevamo permettere e lo abbiamo fatto fin dai tempi di Adenauer. E naturalmente la Grecia, il Portogallo o l'Irlanda sono stati sempre beneficiari. Di questa solidarietà l'attuale classe politica tedesca non è sufficientemente cosciente; eppure fino a oggi è stata data sempre per scontata. Come scontato, e sancito dal trattato di Lisbona, è il principio di sussidiarietà; l'Unione Europea deve farsi carico di ciò che uno Stato non è in grado di regolare e superare da solo.

Adenauer ha valutato correttamente l'interesse strategico tedesco nel lungo termine, nonostante la divisione della Germania. Tutti i suoi successori, Brandt, Schmidt, Kohl e Schröder hanno proseguito la politica di integrazione. Qualsiasi tattica di politica interna o estera non ha mai messo in discussione l'interesse strategico nel lungo periodo. Per questo motivo i nostri partner hanno potuto fidarsi per decenni della continuità della politica europea perseguita dai tedeschi, indipendentemente dai cambi di governo. Questa continuità è necessaria anche in futuro. Non esiste formula sicura per far fronte all'attuate crisi di leadership della Ue.

Né possiamo presentare l'ordinamento del nostro Paese come un modello, ma solo come un esempio. Tutti insieme abbiamo la responsabilità per quello che la Germania fa e non fa e per gli effetti futuri della sua condotta sull'Europa. Abbiamo bisogno di una razionalità europea ma anche di un animo aperto nei confronti dei nostri partner. Su un punto importante concordo con Jürgen Habermas che di recente ha affermato: «Per la prima volta nella storia della Ue stiamo assistendo a uno smantellamento della democrazia». Ed è proprio cosi: il principio democratico non è stato accantonato solo dal Consiglio europeo e dai suoi presidenti, ma dalla Commissione e dai suoi presidenti mentre l'Europarlamento non ha saputo esercitare un ruolo decisivo.

Ci troviamo di fronte a uno scenario in cui alcune migliaia di speculatori finanziari americani ed europei e qualche agenzia di rating hanno preso in ostaggio i governi in Europa. Non possiamo aspettarci che Obama contrasti queste dinamiche. Lo stesso vale per il governo britannico. Nel 2008 e 2009 i governi di tutto il mondo hanno salvato le banche con le garanzie e il denaro dei contribuenti. Ma già dal 2010 questa schiera di manager finanziari super intelligenti ha ripreso a giocare al vecchio gioco dei profitti e dei bonus. Un gioco d'azzardo che va a scapito di tutti quelli che non partecipano.

Se nessun altro è disposto ad agire devono scendere in campo i membri dell'Eurozona. La strada da seguire è l'articolo 20 del Trattalo di Lisbona. Il quale prevede che uno o più membri della Ue «potenzino la loro collaborazione». In ogni caso gli Stati che adottano l'euro dovrebbero mettere in atto una serie di regole per i propri mercati finanziari che abbiano ripercussioni su tutta l'Eurozona.

Dalla distinzione tra le normali banche commerciali da una parte e le banche d'investimento e "banche ombra" dall'altra, al divieto di vendite allo scoperto di titoli e di commercio dei prodotti derivati se non ammessi dagli organi di vigilanza sulle borse, fino a un'efficace limitazione di giri d'affari delle agenzie di rating che si rìpercuotono sull'Eurozona, attività finora non soggette a vigilanza. È certo che la lobby bancaria globalizzata ostacolerà con ogni mezzo questo tipo di provvedimenti, come ha fatto finora contro analoghe misure drastiche, permettendo che la schiera di speculatori costringesse i governi europei a stanziare nuovi "fondi salva-Stati" e a escogitare ogni mezzo per ampliarli. E' giunto il momento di opporsi a questo sistema.

Se gli europei avranno la forza e il coraggio di portare a compimento una drastica regolamentazione del mercato finanziario, potremmo pensare di diventare a medio termine una zona di stabilità. Se falliremo il peso dell'Europa continuerà a diminuire, mentre il mondo si avvierà verso il duumvirato Washington-Pechino Per l'immediato futuro dell'Eurozona sono senza dubbio da compiere i passi fin qui annunciati, in cui rientrano i "fondi salva-Stati", le soglie massime di indebitamento e il loro controllo, una politica economica e fiscale comune e una serie di riforme nazionali in materia di fisco, spesa pubblica, politica sociale e mercato del lavoro. Per forza di cose diventerà inevitabile anche un indebitamento comune che noi tedeschi non dobbiamo rifiutare per ragioni di egoismo nazionale.

Nei contempo non dobbiamo però propagare una politica di deflazione estrema per tutta l'Europa. Jacques Delors ha ragione quando pretende che insieme al risanamento dei bilanci debbano essere introdotti e finanziati anche progetti di crescita economica. Senza crescita, senza nuovi posti di lavoro, nessuno Stato potrà risanare le proprie casse. Chi crede che l'Europa possa essere risanata solo grazie ai tagli alla spesa dovrebbe studiare le nefaste ripercussioni della politica deflazionistica perseguita da Heinrich Brüning nel 1930-1932 che provocò la depressione e un'insostenibile disoccupazione, avviando di fatto il declino della prima democrazia tedesca.

di Helmut Schmidt. Con un articolo di Adriana Cerretelli / Ilsole24ore

Sai che cosa diceva quel tale? In Italia sotto i Borgia, per trent'anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos' hanno prodotto? Gli orologi a cucù.( O.Welles)

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i drammatici risvolti della crisi si manifestano anche nelle mie zone, poche ore fa hanno trovato un ragazzo (tra l'altro nostro cliente) impiccato alla trave dell'atrio del castello del paese. lascia una moglie ed una famiglia discretamente numerosa.

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Leggo adesso dal Corriere

Conti pubblici, entrate sotto previsioni per 3,4 mld

Questo più quello che giorno dopo giorno esce sulle banche mi fa'

sempre più pensare che le cose siano gestite male o forse benissimo

ma sicuramente non per noi.

Ribadisco l'impressione che ci stiano spolpando

per poi sputare l'osso senza aver minimamente risolto una cippa.

Che cosa è servito avermi salvato dalla speculazione se alla fine

mi ritrovo comunque senza un soldo con la casa svalutata se non persa e senza lavoro?

Io non so' in che settore operate voi , ma nel mio in italia a maggio siamo a 60% rispetto al target

e resto dell'europa più o meno a seguire con anche germania in forte difficoltà' 40% si salvano

UK e alcuni mercati dell'est che però partivano da numeri ridicoli.

Io onestamente non so' per quanto posso tenere duro tra margini che scendono mercato che

si restringe e gente che fa' fatica a pagarmi. Purtroppo per me è un problema entrare in

mercati esteri ed è li meno male per loro che chi ci sono la maggior parte di quelli che si stanno tenendo

a galla. Mi fa' piacere e un po' arrabbiare che improvvisamente tutti si siano accorti solo adesso

che la Germania ci sta affondando inteso come Europa. Qua con la scusa del rigore

e a mio parere sapendolo perfettamente si è voluto gettar via il bambino con l'acqua sporca.

Modificato da Giò
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