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52 a 11 (o preferite 22 a 8)?


alfaomega

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Insomma, come la mettete la mettete, il polo ha preso una sonora sveglia!

ELEZIONI AMMINISTRATIVE PROVINCIALI

Attuale

Centrosinistra: 52

Centrodestra: 10

Lega Nord: 1

Precedente

Centrosinistra: 44

Centrodestra: 18

Lega Nord: 1

ELEZIONI AMMINISTRATIVE COMUNI CAPOLUOGO

Attuale

Centrosinistra: 22

Centrodestra: 8

Precedente

Centrosinistra: 19

Centrodestra: 10

Centro: 1

A Milano la sconfitta più dura per la Casa delle libertà

All'opposizione Chieti, L'Aquila e Macerata

Ballottaggi, l'Ulivo vince ancora

nelle Provinciali 52 a 11

Fra le città Bergamo e Foggia

di UMBERTO ROSSO

Filippo Penati festeggia

dopo la vittoria

ROMA - Ne hanno fatto una battaglia simbolo, e l'hanno perduta. Cade Milano nelle "mani" del centrosinistra, e dopo il crollo del bastione di Forza Italia diventa molto pesante per Berlusconi il bilancio finale delle amministrative. Si aprono già le polemiche interne con la Lega per la sconfitta di Ombretta Colli, non gradita al partito di Bossi, mentre si esulta nel centrosinistra per lo schiaffo subito dalla Cdl nella "culla" del berlusconismo. Fassino è entusiasta, "Berlusconi ha perso in casa, il successo di Filippo Penati è straordinario".

Il centrodestra, annuncia il leader ds, "non rappresenta più la maggioranza degli italiani: si era già visto al primo turno, adesso è arrivata la conferma". Bertinotti, sull'onda dei risultati, torna a chiedere elezioni anticipate per cacciare il centrodestra. E va all'attacco anche l'Udc, "la sconfitta di Milano è il frutto dell'asse BossiTremonti" accusa Luca Volontè. La verifica di governo, in questa clima, si rifà incandescente.

Nel secondo turno del ballottaggio, l'opposizione conquista 14 amministrazioni provinciali contro 8 della maggioranza. In totale, compreso il primo turno, risultato secco: 52 a 11. Il centrosinistra riconquista largamente il comune di Firenze con il sindaco Leonardo Domenici, e strappa al centrodestra sei amministrazioni provinciali e due comunali, dal nord al sud. Con risultati clamorosi ancora dal punto di vista simbolico: il centrosinistra conquista il comune di Bergamo, enclave leghista per eccellenza, dove peraltro era scattato in extremis l'apparentamento fra il Carroccio e Forza Italia. Alla Provincia di Bergamo invece resta il candidato forzista (e qui niente accordo con i leghisti). Ma i candidati dell'opposizione conquistano molte città anche nel sud. Al comune di Foggia il centrosinistra vince con il 59 per cento. Strappate al centrodestra le province di Chieti, dell'Aquila, di Macerata e Brindisi.

Il centrodestra invece si conferma a Catanzaro e Isernia. Un quadro, questo del sud, accolto con grande soddisfazione dai leader del centrosinistra, con le truppe di Berlusconi che finiscono in minoranza proprio là dove avevano raccolto i consensi più forti. Ma in tutto il paese, spiega il capogruppo della Margherita Castagnetti, il centrosinistra governa ormai il sessanta per cento degli enti locali. Ridisegnata la geografia politica del paese, esulta dunque l'opposizione. Il centrodestra minimizza: "A Milano - accusa il coordinatore di An La Russa - ha pesato l'astensionismo della Lega. Ma i ballottaggi non aggiungono nulla di nuovo. La Casa della Libertà resta maggioranza, come confermato dal voto delle europee". E Cicchitto, coordinatore forzista, aggiunge che "chi parla di elezioni anticipate pronuncia parole in libertà: il governo tiene in modo indiscutibile".

Al nord, la Cdl riconquista Arezzo, che pure al primo turno era sul filo, e dopo un lungo testa a testa fra Casarin e Frigo si riprende anche la provincia di Padova. Al centrosinistra invece una provincia, quella di Piacenza, che era diventata un altro luogosimbolo nel corso della campagna elettorale: il presidente uscente della Margherita, Squeri, si era pronunciato infatti a favore del candidato forzista, accusando il suo partito di subalternità nei confronti di Rifondazione comunista. Nonostante ciò, il centrosinistra la spunta. Tiene dunque perfino nelle situazioni più complicate lo schema di accordo che, adesso, sul piano nazionale, diventerà praticamente blindato: quando tutte le forze dell'opposizione, dal listone ai partiti minori a Rifondazione, viaggiano insieme, il centrodestra si ritrova al tappeto. Alleanza che permette anche di strappare la provincia di Verbano e di riprendere Belluno.

Ma è dalla sconfitta subita a Milano, come dice l'eurodeputato Pierluigi Bersani, che comincia la fine del berlusconismo, "il mito del bravo imprenditore non funziona più, per governare ci vuole serietà". Nella sede del comitato elettorale di Filippo Penati, militanti e cittadini in festa, con confetto rossi beneauguranti. Perché la provincia di Milano, come sostiene il capogruppo del Pdci Marco Rizzo, vale per il centrodestra quanto valeva Bologna per il centrosinistra. Questo governo, concorda, "non ha più la maggioranza nel paese e neanche nei luoghi dove è più radicato", è un risultato "frutto della disarticolazione della maggioranza che non riesce più a tenere il passo tra gli elettori".

(28 giugno 2004)

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Il segretario diessino contro viale Mazzini: "Solo brevi flash"

"Si è voluto dare l'idea del pareggio ma l'Ulivo ha stravinto"

Fassino, bordate contro la Rai

"Scandalosa sui ballottaggi"

ROMA - "L'atteggiamento della Rai di ieri è stato semplicemente scandaloso e vergognoso, perché non ha dato alcun rilievo e importanza a un passaggio elettorale, il secondo turno, che non era meno importante del primo. Solo brevi flash con i quali si è costruita un'immagine dalla quale sembrava che c'era stato un pareggio". Piero Fassino è furioso. Ce l'ha con la Rai e con la decisione di non dedicare trasmissioni e approfondimenti al secondo turno delle elezioni amministrative. "Il primo turno è stato seguito, con 'speciali' Porta a Porta ed altri, fino alle due di notte, come è giusto. Ieri invece ci sono stati solo brevissimi flash in cui si è costruita l'immagine di un sostanziale pareggio".

Parlando a "3131" su Radiodue, Fassino, sottolinea e critrica le scelte dell'azienda di Stato. "Hanno preso sei situazioni nelle quali era prevedibile prima del voto che in tre avremmo vinto noi e in tre il centrodestra, le hanno presentate così e alla fine agli italiani sembrava che si fosse pareggiato".

Una conclusione che il segretario della Quercia, contesta aspramente. "Non c'è stato nessun pareggio: in 63 Province in cui si è votato il centrosinistra ha vinto in 52 e, quindi, credo che sia un fatto chiaro".

Un risultato, continua Fassino, che apre la porta ad "una fase politica nuova". Ed ancora: "Bisogna chiedersi cosa succederà nel centrodestra, e non come fanno i commentatori che si chiedono che cosa farà ora il centrosinistra e la lista unitaria dopo il voto" conclude il segretario diessino.

(28 giugno 2004)

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IL COMMENTO

L'Italia azzurra non c'è più

di MASSIMO GIANNINI

Cade la Provincia di Milano, "brucia" la Casa delle Libertà. Berlusconi, dalla lontana Istanbul, può anche dire che "dormirà tranquillo lo stesso", e che tanto per il governo "non cambia nulla". Ma con lo spettacolare tracollo di Ombretta Colli, crolla anche l'ultima fortezza del berlusconismo. Dopo aver perso le elezioni europee e il primo turno delle amministrative, il Cavaliere paga il tributo più alto ai suoi tre anni di governo conflittuale e inefficace. Forza Italia è sconfitta "in casa". Il partito-azienda perde nella città-impresa, dove tutto era cominciato giusto dieci anni fa, con la discesa in campo dell'imprenditore d'Italia. Perde nella città-laboratorio, dove l'innesto tra l'impolitica nuovista di Berlusconi e l'antipolitica populista di Bossi aveva generato la "questione settentrionale", imponendola al Paese come modello di sviluppo e al Palazzo come embrione del cambiamento.

Forse è ancora presto per dire che il berlusconismo è definitivamente tramontato. Ma è certo che in soli tre anni il Cavaliere ha dissipato un patrimonio politico immenso: una maggioranza del 51%. E il valore, non solo simbolico, di questa debacle meneghina può essere altissimo. Nel 2004 Milano per il centrodestra rischia di essere davvero quello che Bologna fu per il centrosinistra nel 1999. Il sintomo periferico di una patologia degenerativa che parte dal centro. E che, se non capita e non curata, è l'inizio della fine. Come ha pronosticato Massimo Cacciari venerdì scorso: "Neanche il Padreterno riuscirà a mettere insieme i cocci del centrodestra".

Quello che è altrettanto certo è che dai ballottaggi esce un'Italia completamente diversa da quella che il Cavaliere aveva sognato, dopo la rutilante vittoria del 2001.

L'Italia azzurra non c'è più. Il Paese "monocolore", che su un totale di 101 province vedeva Forza Italia primo partito in 81 e secondo partito in 20, si è scolorito. Ha subito la marea di ritorno del centrosinistra. Partita dal 2002 con la riconquista di Verona e Monza. Rafforzata nel 2003, con il trionfo di Illy in Friuli, di Gasbarra a Roma, di Dellai a Trento, e poi la vittoria dell'Ulivo per 6 a 4 sul Polo nei comuni capoluogo. Confermata il 13 giugno scorso, con l'affermazione in 18 comuni contro 6 (con la rivincita di Bologna e il clamoroso ribaltone a Bari) e in 38 province contro 3 (tra cui tutta la Toscana, Taranto e buona parte del Sud).

Culminata, infine, con i successi di ieri in diverse province del Nord (oltre a Milano, anche Lodi e Biella, Belluno e Novara e Piacenza), nei comuni (oltre a Firenze, anche Bergamo, Macerata e Foggia) e con il sorprendente ein plein nel Sud (Brindisi, Chieti, L'Aquila) dove in soli tre anni tutte le province "continentali", tranne Catanzaro e Isernia, sono ripassate al centrosinistra.

Si può dire finché si vuole, che un voto locale non può avere rilevanza sul piano nazionale. Che mai come in questo secondo turno hanno pesato i mancati apparentamenti palesi o gli scarsi sostegni occulti tra alleati della Cdl. Lo scontro feroce tra la Lega e Ombretta Colli a Milano, con il popolo lumbard che dai microfoni di Radio Padania invitava la candidata azzurra ad andare "a ciapà i ratt".

Il centrodestra ha contratto un virus abitualmente tipico del centrosinistra: l'autolesionismo. An e Udc sono apparsi fermi, invece di spendersi in campagna elettorale: seduti sulla riva del fiume ad aspettare che passassero i cadaveri degli amici-nemici, per dare la colpa agli uni o agli altri della mancata vittoria. Adesso i leghisti dicono che "è tutta colpa della Colli". Mentre Volontè ribatte che la sconfitta "è frutto dell'asse Bossi-Tremonti". Una resa dei conti, che in realtà non era mai finita. Tutto questo ha sicuramente influito sul risultato finale. Come ha influito quella che Guido Legnante, sull'ultimo numero di Politica in Italia (Il Mulino) chiama "l'alta specializzazione" del partito personale del Cavaliere nel voto nazionale, e il suo speculare, scarso rendimento nelle altre competizioni elettorali (secondo l'Istituto Cattaneo, il saldo provinciali-politiche di Forza Italia, tra il 2001 e oggi, è peggiorato in media del 4,1%, mentre è migliorato del 4,9% per i Ds). Ma se tutto questo è vero, in uno scenario così radicalmente mutato, è difficile dare torto a D'Alema quando dice: "È un terremoto, altro che pareggio". Altrettanto difficile non dar ragione a Buttiglione, che alla vigilia del voto diceva "i ballottaggi sono un messaggio che il Paese invia al governo". Per Berlusconi, e per la Casa delle Libertà nella formula che abbiamo conosciuto dal 2001, è suonata la campana dell'ultimo giro.

Per il premier, rischia di dimostrarsi tragicamente azzeccata l'analisi impietosa di un suo ex pupillo, quel Luigi Crespi che con Datamedia, tra sondaggi e focus group, ha avuto in mano la chiave della "macchina dei consensi" del Cavaliere: il premier ha perso per colpa dell'effetto Aiazzone. Per chi non lo ricorda, Aiazzone era il famoso mobilificio che negli anni 80 ha tempestato l'Italia con i suoi spot, sulle reti nazionali e su quelle private. Alla fine, producendo l'effetto opposto a quello desiderato: disaffezione, invece che fidelizzazione. "A un certo punto - racconta Crespi - quelli di Aiazzone hanno dovuto togliere il marchio dai camion, non riuscivano più a vendere un mobile. Anche la Cdl rischia di dover fare la stessa cosa, perché il prodotto Berlusconi non vende più... Non si può continuare a ripetere "abbiamo rispettato tutti i punti del contratto con gli italiani". L'elettore non recepisce, e piuttosto si chiede: se il contratto è stato rispettato, perché io non sto meglio?". A questa domanda, il Cavaliere non è stato e non è tuttora in grado di fornire risposte.

Per la Casa delle Libertà si impone una svolta, se è ancora possibile. Il patto di ferro Forza Italia-Lega, come dimostra la vicenda di Milano, non tiene più. Forza Italia, partito di un uomo solo al comando, che tuttavia aveva messo radici sul territorio, non le ha sapute irrigare. E alla fine, in una lotta fratricida tra fazioni (Dell'Utri contro Scajola, Scajola contro Bondi e Cicchitto) le ha lasciate inaridire. Entra in crisi come modulo post-democristiano: al contrario di quanto accadde nel 2001 (quando contava su un tasso di stabilità dei propri elettorati pari all'84%, contro il 63% dei Ds) oggi non esercita più capacità attrattiva verso il voto moderato. Al contrario, cede voti e li rimette nel circuito politico: non solo nell'alveo del centrodestra, ma anche dell'Ulivo, visto che 6,2 elettori su 100 che avevano votato Fi nel 2001 hanno votato centrosinistra due settimane fa. La Lega, dopo l'uscita di scena di Bossi, è l'altro partito in crisi della coalizione. La malattia del capo ha depotenziato il movimento, che ora galleggia soltanto sull'onda emotiva di un leader carismatico ma convalescente. Il "tremontismo", che di quel patto politico era il sigillo vivente, ha fallito la prova. E ora è diventato, anche plasticamente, l'oggetto sul quale Fini e Follini esercitano il loro accanimento, forse neanche tanto "terapeutico". Il leader di An, cercando dall'interno dell'alleanza di ottenere deleghe economiche e di riprendersi i centri di spesa del Mezzogiorno, sui quali il suo partito conta per dimostrare in prospettiva che il "fronte del Nord" è inadeguato a garantire una crescita equa e solidale al Paese. Il leader dell'Udc, cercando dall'esterno dell'alleanza di destrutturarne gli assetti, attraverso un rilancio del sistema proporzionale che dovrebbe servire a tagliare le ali estreme dei due schieramenti (Lega e Rifondazione), rendendo possibile uno sbocco neo-centrista alla transizione italiana, di cui fatalmente l'uomo di Arcore non potrebbe più essere il simbolo.

In tutti e due i casi, sia Fini che Follini lavorano già a uno scenario post-berlusconiano. Usando il linguaggio della scienza politica, si potrebbe dire che tra i partiti del Polo è cominciato un destabilizzante "free riding" post-elettorale (come avvenne alla Lega nel '94, a Rifondazione nel '96 e all'Udeur nel '98). Usando invece un termine da vecchia politica, si potrebbe dire che è iniziata la "caccia al premier". Lui, al di là dei proclami sprezzanti, tipo "datemi il 51%", "non votate i partitini", non ha fatto molto per evitarlo. Dopo la frana delle europee e del primo turno, invece di serrare i ranghi è riuscito, di nuovo, a mettere tutti contro tutti. Su queste macerie elettorali, è quasi impossibile immaginare che il Cavaliere riesca a costruire qualcosa di nuovo, se non una infruttuosa e indecorosa sopravvivenza. Non gli basterà un figurativo "rafforzamento della squadra". Ha invece una sola carta buona da giocare: la riforma fiscale: sgravi Irpef alle famiglie per 8 miliardi, e sgravi Irap alle imprese per 3 miliardi. Resta da capire chi finanzia tanti sconti tributari. E resta da capire se questa mossa basti comunque, a rimettere in partita un leader debole e autoreferenziale, e un progetto politico logorato e confusionale. In queste condizioni, non si governa per altri due anni un Paese complesso come il nostro. Più che posticipare di un anno le regionali del 2005, a questo punto sarebbe meglio anticipare di un anno le politiche del 2006. Converrebbe e Berlusconi. E, una volta tanto, quello che conviene a lui converrebbe anche all'Italia.

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IL COMMENTO

L'assurdo silenzio della tv

di SEBASTIANO MESSINA

Non c'era Bruno Vespa, in tv, a spiegare ieri sera cosa significasse per il centro-destra la perdita della Provincia di Milano. Non c'erano neanche Enrico Mentana, Mauro Mazza ed Emilio Fede (ci mancherebbe), a decifrare il voto di 12 milioni di italiani, che non sono esattamente un campione poco significativo del corpo elettorale. Stavolta, vista l'aria che tirava, Rai e Mediaset hanno deciso di sbrigare l'imbarazzante pratica dei ballottaggi adottando una linea comune: ignorare l'evento, minimizzare, lasciare che ci pensassero i telegiornali a liquidare frettolosamente la non gradita incombenza.

Tre quarti d'ora dopo la chiusura dei seggi, quando già circolava sui siti Internet e sulle agenzie di stampa la prima proiezione Nexus sulla sconfitta di Ombretta Colli, in televisione non c'era nessuna traccia di dati, exit poll e commenti.

Su RaiUno si discuteva amabilmente su chi vincerà gli europei di calcio, su RaiDue c'era il film "Le note dell'amore", su RaiTre i "Compagni di scuola" di Carlo Verdone. I telespettatori che volevano capire bene il senso di questo voto hanno dovuto aspettare la mezzanotte, e accontentarsi di un velocissimo faccia-a-faccia tra Ignazio La Russa e Pierluigi Castagnetti, separati da un moderatore che continuava a ripetere "una risposta rapida, purtroppo abbiamo poco tempo".

Non ci fa una bella figura, la Rai, sottraendosi ai suoi doveri di servizio pubblico per compiacere il Grande Sconfitto di Palazzo Chigi, negando al direttore del Tg3 persino un semplice allungamento di "Primo piano".

Quanto ai servizi dei telegiornali, un telegramma sarebbe stato più esauriente: velocissimo collegamento con la sede di Nexus (con una grafica che dava il centro-destra in vantaggio per 3 a 2 nelle Province) e secco comunicato di Berlusconi che rassicurava la popolazione: il governo resta al suo posto, entro la settimana cambio i ministri e abbasso le tasse. Gli italiani potevano andare a dormire tranquilli: non era successo niente.

(28 giugno 2004)

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A Lodi chi ha vinto?

I ragazzi che si amano si baciano in piedi contro le porte della notte e i passanti li segnano a dito ma i ragazzi che si amano non ci sono per nessuno..essi sono altrove..nell'abbagliante splendore del loro primo amore

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Bè io non sono andato a votare...non ero in zona...cmq pur non avendo mai votato il centro sinistra....ma la maggiorparte delle volte nemmeno il centro destro....sono contento del risultato delle elezioni...spero in uno scossone all'interno del polo...anzi a una rivoluzione.....non mi va che come avversario del mortadellone ci sia ancora il berlusca.

p.s l'astensionismo primo partito......

Senza cuore saremmo solo macchine.......

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A Lodi Felissari col 54,9 %

Tristezza.....

I ragazzi che si amano si baciano in piedi contro le porte della notte e i passanti li segnano a dito ma i ragazzi che si amano non ci sono per nessuno..essi sono altrove..nell'abbagliante splendore del loro primo amore

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Tristezza.....

A Novara invece hanno scelto di cambiare amministrazione per la Provincia...da centro dx a centro sx(dico "hanno" perchè io avevo scelto la continuità...)...boh, speriamo che lavorino bene.

E vediamo se Vedovato venderà sul serio la BMW della Provincia per passare a un'auto italiana, come ha dichiarato in campagna elettorale... 'sta cosa voglio proprio vederla :roll:

"Mi piace l'odore del napalm al mattino"

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Tristezza.....

A Novara invece hanno scelto di cambiare amministrazione per la Provincia...da centro dx a centro sx(dico "hanno" perchè io avevo scelto la continuità...)...boh, speriamo che lavorino bene.

:roll:

Bè in effetti ha fatto...o almeno con pagani stanno facendo un pò di strade....cmq anche a novara ha vinto l'astensionismo....io vado controccorente...chi è della zona valsesia sa cosa vuol dire... speriamo....

Senza cuore saremmo solo macchine.......

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