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La Jihad e le guerre dimenticate


JackSEWing

Messaggi Raccomandati:

1 ora fa, cliffemall dice:

Trovo che tutta la faccenda sia gestita con un pelo di spregiudicatezza da parte di Erdogan...

Se gli amerighi gli tolgono il cappello Nato che si fa?

 

Non succederà mai, la Turchia è troppo importante.

Paradossalmente trovo più a rischio la vita di Erdogan che il destino della Turchia nella NATO.

 

1 ora fa, Sandro dice:

 

Cosimo for president emperor. :clap

 

Cosimo rischia tantissimo un devastante virus informatico da Ankara e dintorni :-D

Comunque è chiarissimo come Assad sia Jar-Jar, soprattutto tenendo conto delle teorie internettiane sulla reale identità del Gungan più odiato di tutti i tempi.

Modificato da Fede82
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  • 4 settimane fa...

La Cina in aiuto di Assad con degli "addestratori" (fonte: agenzia ufficale Xinhua)

 

http://www.repubblica.it/ultimora/24ore/nazionale/news-dettaglio/4656852

 

I russi fanno dei raid partendo dall'Iran, da Hamedan. 

 

http://www.analisidifesa.it/2016/08/una-base-anche-in-iran-per-i-raid-russi-sulla-siria/

 

La base di Hmeimim in Siria dovrebbe diventare permanente. 

 

http://www.agenzianova.com/a/57ac9da0e1c9c9.67698951/1401980/2016-08-11/siria-mosca-potrebbe-rendere-permanente-presenza-nella-base-aerea-di-hmeimim

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già Zarathustra

"la 4C sarà un trabiccolo per incompetenti" (Ipse dixit)

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  • 2 settimane fa...
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SIRIA: RICOMINCIA LA PROPAGANDA DI REGIME? (IL NOSTRO)

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(di Andrea Cucco)
10/08/16 

Sabato scorso, durante l'offensiva che avrebbe rotto l'accerchiamento dell'area ribelle di Aleppo, mi sono imbattuto in un canale siriano che stava seguendo in diretta gli avvenimenti. Un reporter (foto apertura) faceva la cronaca da una rotonda di Aleppo. Sembrava una città qualsiasi: traffico, edifici intatti, gente che passeggia.

Mi è tornato alla mente l'incontro avuto sei mesi addietro ad un bar di Tartus con un corpulento funzionario dell'UNHCR. Mi aveva raccontato di essere in procinto di raggiungere Aleppo.

“Aleppo!” - avevo sgranato gli occhi sorpreso.

“Una delle più belle città della Siria. Ci sono i migliori ristoranti e non vedo l'ora di sedermi in uno di quelli armeni: si mangia benissimo!”, la risposta.

Lo stupore nel sentir descrivere qualcosa che ero stato portato a considerare “Hiroshima” come fossero “i castelli” (periferia capitolina rinomata per la cucina) mi aveva portato a chiedere notizie sulla devastazione.

“Ma no, gli scontri avvengono solo in un quartiere. Ed è ben circondato dall'esercito...”.

Comprenderete perché, dopo pochi giorni, sentire una giornalista raccontare “una città distrutta” (di fronte ad un edificio crollato) mi avesse provocato una certa... “contrarietà”. Sentimento sacrosanto anche nel caso del semplice viziaccio di dover cercare a tutti i costi lo scoop, la notizia bomba.

Quel che avviene oggi mi porta a vivere gli eventi con un nuovo timore: il dolo!

Che la conquista di Aleppo sia uno dei passaggi fondamentali per la soluzione del conflitto maledetto che ha già preteso il sangue di centinaia di migliaia di siriani è assodato.

100816%20aleppo%20r1.jpgChe si debba raccontare che i combattimenti degli ultimi giorni hanno messo in ginocchio 2 milioni di persone mi inquieta. Lo fa perché amalgamando immagini di macerie (immagine a dx) alle parole del Papa (le ripete al vento da 5 anni...) caldeggia e giustifica la richiesta di una tregua, oltre all'ennesimo inutile intervento delle Nazioni Unite.

Le domande che mi pongo sono ora le seguenti:

“Se è in corso la battaglia decisiva per la riconquista di Aleppo, con una masnada di terroristi accerchiata, a chi dovrebbe tornare utile la tregua?”

“Se un canale siriano fa dirette che sembrano dalla piazza sotto casa nostra, mentre i media occidentali utilizzano immagini e foto di una città devastata (ma - ricordiamolo - abitata da DUE MILIONI di abitanti...), qual è l'informazione di regime?”

Mi torna in mente la notizia di pochi mesi addietro sulla “morte dell'ultimo pediatra di Aleppo”. Cari lettori, 2 milioni di abitanti - in un Paese celebre per l'elevatissimo numero di medici - ed un solo pediatra?!!!

L'idea della situazione e dei valori sul campo ce la siamo fatta sei mesi fa con un primo reportage. Sarà il caso di tornare presto sul luogo del delitto più grave, quello nei confronti della Verità.

 

Riproponiamo di seguito il nostro primo reportage siriano.

Diario siriano. Cap.1: Il varco nel buio

Diario siriano. Cap.2: Damasco rinasce, ai margini della guerra

Diario siriano. Cap.3: Al fronte coi “Falchi del deserto”

Diario siriano. Cap.4: I figli della guerra

Diario siriano. Cap.5: "Così l’ISIS ha massacrato il mio plotone..."

Diario siriano. Cap.6: Il barbiere di Damasco

Diario siriano. Cap.7: rapimento e riscatto

Diario siriano. Cap.8: la gente fugge in Europa perché...

Diario siriano. Cap.9: oltre la speranza

Diario siriano. Cap.10: Il tassista di Assad

La guerra in Siria spiegata da un connazionale: Ouday Ramadan

Perché Difesa Online si trova in Siria?

La Siria raccontata da chi ci ha vissuto: intervista al prof. Paolo Matthiae

http://www.difesaonline.it/evidenza/editoriale/siria-ricomincia-la-propaganda-di-regime-il-nostro

 

 

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SIRIA: I NUMERI CHE RIVELANO SCOMODE REALTÀ

di Gianandrea Gaiani
23 agosto 2016, pubblicato in Commenti Enduring freedom
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Che in guerra tutti utilizzino la propaganda per attirare simpatie verso la loro causa e ispirare odio e diffidenza nei confronti del nemico non è certo una novità.

Non si può però evitare di restare stupiti dall’ingenuità (o dalla malafede) con cui i media occidentali hanno abboccato alla propaganda qaedista nella vicenda del piccolo Omran, bimbo siriano ripreso dopo essere stato salvato da un edificio colpito da bombardamenti aerei russi (ma Mosca ha negato) o dei jet di Bashar Assad.

Pochi hanno fatto notare che l’Aleppo Media Centre (AMC) non è altro che l’ufficio di propaganda del Fronte al-Nusra, cioè di un movimento jhadista che fino a due settimane or sono faceva parte di al-Qaeda, da cui è uscito con la benedizione del leader della rete terroristica, l’egiziano Ayman al-Zawahiri, per “ripulirsi la faccia”.

2016-08-18t092849z_741699735_s1aetwcvrtaNessuno ha fatto caso che il soccorritore che porta in braccio Omran lo mette a sedere e se ne va lasciandolo in balìa di telecamere non certo casualmente presenti? Strano che non effettui neppure un controllo o non abbia dato neppure una pulita al viso del bimbo imbrattato di polvere e, nella parte sinistra, di sangue.

L’assenza di pianti e lamentele, al di là del probabile stato di shock, inducono a pensare che il sangue non fosse di Omran ma appartenesse a qualche famigliare ferito. Il bambino infatti si tocca il volto e guarda la mano sporca di sangue quasi con sorpresa ma senza reazioni di dolore che sarebbero state inevitabili e avesse toccato una ferita.

Zenki-beheaders-with-Ambulance-boy-photoDifficile ricavare certezze dal video ma non si può escludere che il sangue sia stato messo apposta sul volto di Omran per creare un prodotto mediatico di sicura presa emotiva.

Non ci sarebbe da stupirsi e non sarebbe la pima volta che accadono cose simili: la guerra è guerra anche sul fronte della propaganda e di certo quelli di al-Nusra/al-Qaeda non sono dei pivelli in questo campo.

Cina e Russia infatti, schierati apertamente cin Damasco, hanno definito il video “costruito a fini propagandistici” mentre sono emersi riscontri sul fatto che l’autore dello “scoop”, Mahmoud Raslan (il primo da sinistra tra i due evidenziati nella foto sopra), è apparso abbigliato da miliziano in foto che ritraevano i killers del 12enne palestinese decapitato il mese scorso dai jihadisti con l’accusa di essere una spia (a quanto pare non tutti i bambini lo muovono a pietà) ed è autore su twitter di sperticate odi ai terroristi suicidi.

231-300x168.jpgPeccato quindi che invece di porsi domande ed evidenziare l’origine del video (AMC ha poi rincarato la dose informandoci della morte di Alì, fratello maggiore di Omran), la gran parte dei media abbia dato spazio al video contornandolo di valutazioni sulla necessità di fermare la battaglia di Aleppo.

Esattamente quello che vorrebbero al-Nusra (che oggi, in ossequio al nuovo “maquillage” ha cambiato nome in Jabat Fatah al-Sham, il Fronte per la conquista del Levante) e i gruppi armati jihadisti suoi alleati che ad Aleppo rischiano di venire cancellati dalle forze governative.

Aleppo-al-Nusra-Askanews1-300x199.jpgLa battaglia potrebbe rivelarsi decisiva per le sorti del conflitto e vede le truppe di Assad impegnate a richiudere l’accerchiamento dei quartieri orientali della città in mano si ribelli. Se vi riusciranno le forze jihadiste potrebbero essere condannate.

Del resto AMC non ha mai mostrato i civili massacrati dall’artiglieria e dai tagliagole di al-Nusra nei quartieri occidentali di Aleppo e in altre aree occupate dove la popolazione era scita o non sosteneva i ribelli jihadisti.

Quello che lascia stupefatti è che in Occidente, e in particolare in Italia, i media si autocensurino per non trasmettere la propaganda dell’Isis e poi danno ampio spazio a quella di al-Qaeda!

Aleppo-al-Jazeera1-300x167.jpgCirca le vittime del conflitto siriano dati molto interessanti sono stati forniti dall’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus) basato in Gran Bretagna e vicino ai ribelli cosiddetti “moderati”.

Secondo l’Ondus all’8 agosto scorso la guerra aveva provocato finora circa 293mila morti ma “solo” 84.500 sono civili (il 28,9 per cento) inclusi 14.711 bambini e 9.520 donne.

Ovviamente si tratta di vittime provocate dalla guerra, uccise dalle forze governative come dalle milizie ribelli a cui forse sono da aggi ungere almeno una parte dei 4 mila morti (1,4 per cento del totale) a cui non è stato possibile attribuire un’appartenenza, cioè stabilire se fossero civili o combattenti di una delle decine di milizie e formazioni attive nel Paese.

2361C8F900000578-0-image-3_1416677930848Al tempo stesso sapere che i bambini costituiscono solo il 5% per cento delle vittime del conflitto e le donne il 3,3% ci obbliga a rivedere i preconcetti su un conflitto troppe vote dipinto come un eccidio di massa nei confronti dei civili tra i quali morti sono per il 71,7 per cento maschi adulti, bersagli privilegiati perché potenziali combattenti arruolabili dall’esercito regolare o dalle milizie.

Un dato che sembra trovare conferme anche nell’elevata e inusuale presenza di uomini tra i cosiddetti “rifugiati” o profughi in fuga dalla Siria per evitare la coscrizione di Damasco o l’arruolamento altrettanto forzato in qualche milizia ribelle.

14105347421961_700-300x225.jpgDifficile dire se i dati dell’Ondus siano attendibili poiché non ve ne sono altri disponibili ma l’organizzazione non ha certo simpatie né per Assad e i suoi alleati.

Una precisazione importante considerando i dati sulle vittime di guerra tra le forze combattenti. Si contano infatti:

-  50.548 morti tra le file dei ribelli “non estremisti e miliziani curdi”, cioè Esercito Siriano Libero (ESL), le Forze di Difesa Popolare curde e le Forze Democratiche Siriane curdo-arabe pari al 17,3. Queste ultime due formazioni, a differenza dell’ESL, non combattono contro Damasco ma contro lo Stato Islamico. Nel complesso le tre formazioni hanno registrato insieme il 17,3 per cento delle vittime totali del conflitto.

- 49.547 tra i “miliziani estremisti”, cioè Stato Islamico ed Esercito della Conquista che comprende Salafiti, Fratelli Musulmani, e qaedisti di al-Nusra) pari al 16,9 per cento

- 104.656 tra i soldati governativi incluso l’esercito siriano, le milizie filo Assad e gli alleati iraniani, hezbollah libanesi (1.300 caduti) e volontari dell’internazionale scita per una percentuale del 35,5 per cento sul totale delle vittime della guerra.

aleppo-offensive1-300x225.jpgIl dato su cui occorre riflettere è che ogni tre morti in Siria più di uno è un combattente leale a Bashar Assad.

La suddivisione della tipologia di vittime è forse un po’ macabra ma smentisce la propaganda araba e occidentale che da anni dipinge i governativi (e da un anno anche i russi) impegnati in un eccidio di massa.

A quanto pare quella siriana è un raro caso di guerra civile in cui i combattenti governativi (gli unici, esclusa la Coalizione internazionale e i russi, a disporre di aerei ed elicotteri) hanno registrato più morti dei ribelli e della popolazione.

@GianandreaGaian

http://www.analisidifesa.it/2016/08/siria-i-numeri-che-rivelano-realta-scomode/

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  • 2 settimane fa...

 

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DOPO CLANDESTINI E TERRORISTI ORA DALLA LIBIA ARRIVANO ANCHE I PIRATI

di Gianandrea Gaiani
29 agosto 2016, pubblicato in Editoriale
afp Gommoni Guardia Costiera Libica

Trafficanti, immigrati illegali, terroristi e ora i pirati: la miope politica di sicurezza attuata da Italia e Ue sta favorendo il rapido deteriorarsi delle condizioni di sicurezza nel Mar Mediterraneo.

La nave di soccorso Bourbon Argos, gestita dell’organizzazione Medici senza frontiere (Msf) e impiegata per raccogliere immigrati clandestini e sbarcarli in Italia, è stata attaccata da un gruppo di uomini armati a largo delle coste libiche.

Lo ha riferito un comunicato di Msf il 25 agosto che ha precisato però che l’attacco si è verificato una settimana prima, il 17 agosto.
Bourbon Argos, rimorchiatore d’altura e nave trasporto rifornimenti da 2.343 tonnellate e lunga 69 metri, batte bandiera del Lussemburgo ed è una delle tre navi di MSF impegnate nelle acque del Mediterraneo per soccorrere e trasferire in Italia gli immigrati clandestini salpati dalle coste libiche sui gommoni dei trafficanti.

 

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Alcuni uomini armati a bordo di barchini si sono avvicinati alla Bourbon Argos e hanno iniziato a sparare da una distanza di circa 400 metri. Successivamente sono saliti a bordo dove il personale di MSF e gli uomini dell’equipaggio si sono chiusi nell’area protetta e blindata dell’imbarcazione (la cosiddetta “cittadella”).

Ne’ i membri dell’equipaggio ne’ quelli dello staff di Msf sono stati feriti. “Anche se non conosciamo l’identità degli aggressori o la loro motivazione, da una nostra prima ricostruzione dei fatti riteniamo che fossero dei professionisti e ben addestrati”, sottolinea Stefano Argenziano, coordinatore delle operazioni di Msf.

“Si tratta di un attacco serio e preoccupante, perché gli spari verso la nave avrebbero potuto mettere in serio pericolo il nostro staff”.

 

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Secondo Argenziano, che si trovava sulla Bourbon Argos, i colpi sparati “non erano d’avvertimento” ma erano diretti a colpire le persone a bordo: una volta tornati sul ponte “abbiamo contato almeno 13 buchi di colpi sparati verso la plancia”.

Il motoscafo era stato avvistato in mattinata, intorno alle 9,15. In assenza di  una chiara identificazione, di comunicazioni e di una qualsiasi risposta radio dal motoscafo che si stava avvicinando, il team Msf ha preso la misura precauzionale di spostarsi nell’area sicura all’interno della nave.

Uomini armati sono saliti a bordo della Bourbon Argos e hanno cominciato a perlustrarla, lasciandola circa 50 minuti dopo, senza rubare o portar via nulla e senza lasciare alcun elemento utile per identificarli e dopo aver tentato inutilmente di scovare l’equipaggio, probabilmente per prendere degli ostaggi.

 

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Il danno alla nave è stato minimo, solo qualche segno dei diversi proiettili sparati. Grazie alle procedure di sicurezza messe in atto, tutti i membri del team sono stati al sicuro, rimanendo per tutto il tempo nell’area protetta.

Dopo l’incidente, la Bourbon Argos ha raggiunto la Sicilia, dove rimarrà per le indagini sull’accaduto.

L’attacco sarebbe avvenuto a circa 24 miglia nautiche a nord delle coste libiche, si legge nel comunicato di MSF, quindi in acque internazionali dove dovrebbe essere attiva la protezione delle rotte garantita dall’Operazione militare italiana “Mare Sicuro” e dove dovrebbero operare anche le navi della flotta europea “Eunvfor Med/Operazione Sophia” che avrebbe (sulla carta) persino il compito di contrastare i trafficanti di esseri umani e di “interromperne il modello di business”.

 

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Molti gli aspetti da chiarire sull’arrembaggio alla Bourbon Argos. Perché la notizia dell’attacco è stata resa nota da MSF solo una settimana dopo?

La nave minacciata e poi attaccata ha lanciato SOS? E nel caso chi ha risposto? Quali unità militari sono state inviate sul posto? Qualcuno ha inseguito con navi, aerei o elicotteri i pirati?  In quale porto hanno trovato rifugio?

Perché Marina, Guardia Costiera e in generale le autorità italiane non hanno comunicato l’avvenuto abbordaggio né fornito dettagli in proposito?

Troppi gli interrogativi senza risposta. In fondo non si tratta certo di un episodio di poco conto, anzi, siamo di fronte al primo grave caso di pirateria che si registri nel Mediterraneo dai tempi dei pirati albanesi della “tortuga” di Saranda che nel 1997, quando l’Albania era in preda al caos, attaccavano gli yacht al largo di Corfù per derubarne i passeggeri.

 

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Del resto non si tratta certo del primo caso di attacco a imbarcazioni impegnate a raccogliere clandestini.

Nel febbraio 2015 trafficanti libici a bordo di un motoscafo aprirono il fuoco con i kalashnikov contro una motovedetta della Guardia Costiera italiana impegnata a imbarcare immigrati illegali.

Nessun militare italiano rispose al fuoco ma gli aggressori non salirono a bordo poiché il loro obiettivo, manifesto e pienamente conseguito, era solo quello di recuperare il barcone vuoto che i marinai italiani avrebbero affondato o rimorchiato in Italia.

Nell’aprile dello stesso anno un’unità della Guardia Costiera libica si avvicinò a una motovedetta italiana aprendo il fuoco per poi impossessarsi del barcone e riportarlo verso la Libia.

 

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Un mezzo della Marina Militare avrebbe inseguito la motovedetta raggiungendola però solo quando era già entrata nelle acque libiche dove la nostra flotta non è autorizzata a intervenire.

Qualcuno disse che la nave militare libica era caduta nelle mani dei trafficanti, la Guardia Costiera italiana smentì la sparatoria confermata invece da Frontex ma la spiegazione più probabile è che la Guardia Costiera di Tripoli collabori attivamente coi trafficanti.

Le forze navali libiche sembrano del resto coinvolte anche nel caso dell’abbordaggio alla Bourbon Argos. Il portavoce della Marina ha infatti reso noto di aver avuto un confronto con la nave di Msf smentendo però di aver sparato contro la plancia della nave.

 

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Secondo il generale di brigata Ayoub Qassim (nella foto a sinistra) , citato dal britannico Guardian, “un battello della guardia costiera era a circa 25 miglia quando ha individuato una nave non identificata cui è stato ordinato di fermarsi.

Il vascello però non ha obbedito all’ordine” ha spiegato Qassim aggiungendo che sono stati “sparati colpi d’avvertimento ma non abbiamo né colpito né arrembato la nave.

Il pattugliatore è poi tornato verso la costa e abbiamo informato l’Operazione Sophia dell’Ue dell’incidente e abbiamo aperto un’inchiesta”. Le dichiarazioni di Qassim sono evidentemente inattendibili e confermano la totale inaffidabilità delle autorità libiche sulle quali ci ostiniamo a voler riporre fiducia.

 

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Perché la motovedetta libica avrebbe aperto il fuoco contro la nave di Msf arrivando a una distanza ravvicinata senza poi completare l’inseguimento fermandola e abbordandola?

Sono questi i militari di Marina e Guardia Costiera Libica che l’operazione navale europea si appresta ad addestrare in base a un memorandum firmato la settimana scorsa a Roma (nella foto a sinistra) ?

Sono queste le forze libiche che dovrebbero contrastare le bande di trafficanti di cui sembrano invece essere complici se non addirittura membri a tutti gli effetti?

Tra l’altro negli ultimi giorni Qassim si è dimostrato in più occasioni ostile nei confronti dell’Italia e della Ue. In un’intervista del 24 agosto al Libya Obesrver il portavoce ha accusato Roma “di volere più tempo per rubare le risorse libiche e contrabbandare il suo petrolio”, sostenendo che il reale obiettivo delle navi sotto egida Ue non è quello di salvare i migranti e di arrestare i trafficanti ma di “approfittare del vuoto di potere nel Nord Africa e creare una forza militare permanente nel Mediterraneo”.

 

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Qassim ha poi negato che le forze navali libiche abbiano bisogno dell’addestramento impartito dalla flotta europea sostenendo che hanno solo bisogno di più navi. Considerato come impiegano quelle che hanno già in servizio….

Poiché nessuno a Tripoli ha provveduto a rimuoverlo dall’incarico dobbiamo dedurre che Qassim rappresenti l’opinione del traballante governo di Tripoli o semplicemente che la Libia, o almeno la Tripolitania, continui a essere dominata dall’anarchia.
In entrambi i casi è chiaro che le pseudo soluzioni messe in atto negli ultimi anni dalla diplomazia di Onu, Italia e Ue appaiono drammaticamente inadeguate e non certo da oggi.

 

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L’abbordaggio al Bourbon Argos è quindi una notizia molto grave per molte ragioni.

Innanzitutto conferma che nel Mediterraneo centrale i trafficanti di esseri umani, arricchitisi (5-6 miliardi incassati solo l’anno scorso secondo l’Europol) grazie alle demenziali operazioni militari e civili che trasferiscono in Italia chiunque paghi i criminali, stanno compiendo un salto di qualità puntando anche ad azioni di pirateria che potenzialmente possono  minacciare il traffico mercantile e le piattaforme off-shore.

L’arrembaggio alla nave di MSF, rimasta per quasi un’ora nelle mai dei criminali, dimostra inoltre che la copertura offerta da ben quattro flotte (quella della Guardia Costiera italiana, “Mare Sicuro” della Marina Italiana, “Triton” dell’agenzia europea delle frontiere Frontex e “Eunavfor Med/Operazione Sophia” della Ue), non è in grado di garantire la sicurezza della navigazione nel Canale di Sicilia e al largo delle coste libiche.

 

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Non è una bella notizia che a due passi dalle coste italiane pirati (con o senza l’uniforme della Marina Libica) a bordo di un motoscafo possano inseguire per ore una nave mercantile, attaccarla, abbordarla restandovi a bordo per quasi un’ora, ritirandosi poi indisturbati. Come è stato possibile?

Forse perché due dozzine di navi da guerra vengono impiegate come traghetti e taxi per immigrati clandestini che a nessun titolo dovrebbero essere accolti in Italia e in Europa invece di proteggere anche con le armi l’Europa da criminali e  traffici illeciti?

Se le fregate lanciamissili da 80 mila euro al giorno di costo d’esercizio servono a favorire il business di criminali legati ai terroristi islamici e le portaerei (che costano il doppio o più) vengono utilizzate per gli “eventi autopromozionali” di alcuni leader europei, chi protegge il mare dai pirati libici che sono probabilmente gli stessi trafficanti e i militari di Tripoli che addestriamo?

 

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Il vero problema, che spiegherebbe anche il basso profilo assunto dalla politica sulla vicenda del Bourbon Argos, è che stiamo perdendo il controllo dello specchio di mare di fronte alle coste meridionali italiane così come l’ormai incontrollata presenza di clandestini sta comportando la perdita del controllo del territorio in molte zone d’Italia.

Anche senza voler valutare quanti jihadisti e terroristi siano entrati grazie alle “operazioni umanitarie” dal 2013 a oggi, è noto che moltissimi minori sono fuggiti o sono stati sottratti dai centri d’accoglienza per alimentare traffici di ogni tipo. Ragazze nigeriane sbarcate il mese scorso sono già al lavoro sui marciapiedi delle città italiane e un numero elevatissimo di malati di turbercolosi e altre malattie infettive sono fuggiti dagli ospedali e vagano liberamente per la Penisola.

 

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Ci siamo giocati il controllo del territorio italiano non perché sovrastati da eventi più grandi delle nostre possibilità ma per una precisa scelta politica, la stessa sciagurata e irresponsabile politica che ci ha portato a perdere il controllo del “Mare Nostrum”.

A differenza dell’Oceano Indiano, spazio immenso dove per combattere la pirateria somala occorrevano molte navi militari e soprattutto guardie armate sui mercantili in transito, la pirateria libica che va configurandosi con l’attacco alla nave di MSF non è il frutto delle capacità delle organizzazioni criminali ma piuttosto il risultato dell’incapacità della classe dirigente europea e italiana di perseguire gli interessi nazionali, invece di privilegiare quelli degli amici della politica a cui è assegnato gran parte del business dell’accoglienza dei clandestini.

 

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Nonostante le potenti e costose unità schierate sul mare, Italia ed Europa non esprimono infatti alcuna deterrenza, non hanno mai colpito un solo trafficante né respinto in Libia un solo barcone di clandestini, né affondato una sola motovedetta libica che sparasse a navi o pescherecci italiani: persino la gran parte degli scafisti arrestati è stata quasi subito scarcerata in attesa di giudizio potendo così far perdere le proprie tracce.

Come i terroristi, anche i trafficanti, i pirati e i loro complici delle forze navali libiche non ci temono, anzi, ci considerano utili idioti, un po’ conigli.

Quando prese il via Eunavfor Med alcuni trafficanti dissero sprezzanti ai media che l’Europa e l’Italia non avrebbero mai avuto il coraggio di usare la forza per fermare i loro traffici. Avevano ragione. Per questo la loro minaccia diverrà sempre più consistente.

 

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