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La Germania con le pezze al popò!


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6731.jpg Incertezza, instabilità. Prima la Germania era spaccata in due dal Muro di Berlino, ora dalla politica interna. E questo non è un bene né per il Paese né per un’Europa già tanto divisa. La Dc (Cdu-Csu) di Angela Merkel diventa il primo partito, ma non sfonda e infatti non ottiene la maggioranza né assoluta (riuscita una sola volta nel Dopoguerra ad Adenauer) né con gli alleati liberali. Un po’ un successo di Pirro il suo, da ‘anatra zoppa’.

Il Cancelliere uscente Gerhard Schroeder, col quasi pareggio (e potrà esserlo davvero se fra due domeniche vincerà le suppletive a Dresda), ha vinto la sua scommessa di indire elezioni anticipate dopo tanti tonfi nei Land. Con una prodigiosa rimonta ha infatti contenuto i danni.

Fermi i Verdi (Gruenen), i veri vincitori sono i liberali schierati con Angela e i post-comunisti di Oskar Lafontaine, eredi del socialismo prussiano della vecchia Ddr. Il Bertinotti tedesco, prima analogia con l’Italia dei tempi del ‘primo Prodi’, ha cavalcato la protesta, azzoppando e sfarinando il blocco progressista, comunque i suoi sono seggi inutili poiché lui non vuole appoggiare la Spd.

Ergo: impasse o Grosse Koalition fra Angela e Gerhard, così come avvenne fra il 1966 e il ’69. Ma entrambi hanno perso una caterva di voti a favore dei partitini, quindi ecco l’estrema ipotesi: nuove elezioni.

Responso gattopardesco, cioé voglia di cambiare, ma per cambiare poco o nulla: desiderio di riforme liberiste, però senza rinunciare alle conquiste dello stato sociale.

Doccia fredda per la Merkel. Altro che il plebiscito dato per sicuro appena un mese fa! Ha pesato molto il fatto che si sia affidata al ‘guru fiscale’ professor Kirchhof, una specie di Tremonti in versione germanica (altra analogia con l’Italia). Ha insistito sulla ‘flat-tax’ del 25% uguale per tutti, il suo avversario ha detto che è anti-sociale una stessa aliquota per milionari e infermieri. Lei ha dovuto giubilarlo, ma ha perso consensi, intimorendo gli elettori legati alle conquiste dello stato sociale.

‘Habemus Angela’, però non come i suoi sostenitori speravano. Pochi mesi fa avevano festeggiato il ‘loro’ Papa, dopo mezzo millennio. Angie (così la chiamava affettuosamente Kohl) ha girato il Paese in autobus come in Italia Prodi. Da leader del primo partito, dopo 7 anni rivendica la Cancelleria con i liberali, già alleati fino all’autunno 1998. Se proprio necessario, assieme ai socialdemocratici che nelle ultime due legislature avevano retto il Paese, uniti ai Verdi. Ma in tal caso chi può escludere che il Governo sia affidato di nuovo a Schroeder, molto più ‘rodato’ e rigenerato dal voto?

Al di là delle aspettative la sua tenuta: stavolta non è stato aiutato dall’ondata emozionale che seguì alle disastrose alluvioni che distrussero mezza Germania, ma salvarono il suo cadreghino in ‘zona Cesarini’. Anche il voto femminile, che fu decisivo per battere lo sbiadito Premier bavarese Edmund Stoiber, stavolta si è diviso in parti quasi uguali fra i due schieramenti. Il dinamico, telegenico, elegante e galante Gerhard fu preferito all’anziano e impacciato Edmund. Ma domenica aveva di fronte una donna, Angela Dorotea Merkel, 51 anni (10 meno di lui), la Thatcher tedesca, “Maedchen” (“La fanciulla”) come la chiamava Kohl, il suo primo protettore politico.

Per la prima volta nella storia della Germania una donna bussa alla porta della Cancelleria che fu occupata da Adolf Hitler, Konrad Adenauer ed Helmut Kohl. E, sempre per la prima volta, a 16 anni dalla riunificazione, ciò avviene con una leader che, pur nata ad Amburgo, era sempre vissuta nell’ex Ddr.

Più che un confronto con Schroeder, è stata una campagna elettorale combattuta fra due donne, Angela contro Doris Kopf, 42 anni, moglie del Cancelliere uscente. Giovane, da sempre in campo in difesa dei valori familiari, iper-attiva, ex giornalista, una figlia di 14 anni (Klara) avuta da una relazione precedente, più una bambina russa (Viktoria) adottata col marito.

Con l’intento di conquistare il voto femminile, ha sferrato contro Frau Merkel un attacco durissimo, col pieno consenso di Gerhard: “Che ne sa lei dei problemi delle donne? Non ha figli (non li ha voluti - o potuti - avere)”. Ma non è bastato per sconfiggere la ‘Giovanna d’Arco venuta dall’Est’.

Il ‘gap’ di partenza era troppo netto, in realtà limitato dalle ‘performances’ del Cancelliere uscente nei dibattiti in tv. Dibattiti molto civili, senza le punte polemiche di quelli italiani, all’insegna del reciproco rispetto, combattuti sulle proposte concrete.

Di fronte al problema dei 5 milioni di disoccupati, la Cdu vuole aumentare l’Iva del 2% per finanziare gli oneri sociali a carico di imprese e dipendenti. Schroeder respinge la definizione della Germania come ‘fanalino di coda del convoglio europeo’. “Stiamo meglio economicamente dell’Italia e siamo il primo Paese al mondo per l’export e il numero dei brevetti”.

Un duello non acceso, riducibile a un doppio concetto antitetico: per la Cdu-Csu, i tedeschi stanno peggio di 7 anni fa e quindi si deve cambiare; per la Spd, le conquiste dello stato sociale non vanno gettate alle ortiche. La Germania ha guardato dentro il portafoglio e ha scelto di non scegliere: sì al liberismo, ma guai a toccare quanto si è ottenuto. Sì alla cura, però senza pastiglie amare. Una democrazia bloccata.

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Ma in effetti la Merkel, uscita male dal voto, non ha piú il sostegno dei suoi, che l´appoggiano al momento per evidenti ragioni di oppotunitá. Quanto potrá durare alla guida di una Grosse Koalition? Un governo che non piace a nessuno, e che ha provocato lo sgomento dei manager. «Per caritá, non come in Italia», intitola l´«Handelsblatt», il piú autorevole quotidiano economico.

Per scongiurare la Grande Coalizione, si tentano altre soluzioni. Da governi di minoranza, con appoggio esterno, ad alleanze multicolori: dalla Jamaika Koalition, dai colori dell´isola caraibica, una coalizione neragialloverde, tra Cdu/Csu, liberali e i Grünen che hanno anche un´anima conservatrice. Ma si é molto distanti sulla politica nucleare, e sulla Turchia nella Ue (la Merkel é decisamente contraria). Oppure un´alleanza tra Schröder, Fischer e l´Fdp. Guido Westerwelle la esclude con decisione, ma i liberali in passato hanno governato con tutti, da Willy Brandt a Helmut Kohl. Mentre su Berlino grava l´incubo di una repubblica all´italiana, giá si parla di nuove elezioni per uscire dal vicolo cieco: dopo tre tentativi a vuoto, se non ci fossero altre alternative, il presidente della Repubblica Horst Köhler puó sciogliere il Bundestag. Una Germania incerta paralizza l´Europa.

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Schröder intanto continua la sua linea combattiva affermando che se non si conta la CSU, la SPD rimane la frazione più forte nel Bundestag, e che si vuole impegnare affinché sia lui a capo del governo. Il Cancelliere però ha dovuto lasciare aperta la questione su come possa riuscirci. Evidentemente si è dimenticato che oggi ha oltre il 4% dei voti in meno rispetto alla sua piroetta della rielezione dopo le regionali della Nordrenania-Vestfalia. Che Schröder miri ad un governo di minoranza tollerando la Linkspartei, come si sarebbe potuto intuire dai suoi discorsi invitanti la sera delle elezioni, è un’opzione inesistente. In una coalizione instabile per grazia ricevuta di Oskar e di Gysis (Linkspartei ndt) la SPD potrebbe solo perdere. La risposta del cancelliere però, ad una domanda durante il dibattito televisivo sul canale ARD „Potrebbe immaginarsi un mandato all’interno di una grossa coalizione?” – “Ma certo!” lascia aperta qualche domanda. Ad ogni modo verso le 21 si annuncia che il mandato diretto e le elezioni ritardate a Dresda potrebbero ancora far sì che la SPD superi l’Unione nella suddivisione dei seggi.

Solo una minoranza dei votanti vuole che Angela Merkel, dipinta dai media come la Maggie Thatcher tedesca, diventi cancelliere, ciononostante ora sembra che la poco amata candidata vada comunque al governo. Gli unici che sul piano dei voti hanno guadagnato, la Linkspartei e la FDP, finiscono insieme ai Verdi nell’opposizione, e i perdenti SPD e CDU formano il governo, ecco come appare il risultato paradossale provvisorio di queste elezioni. Così come la prospettiva di difficili trattative per la coalizione e un governo che probabilmente non resisterà quattro anni e che porterebbe a nuove elezioni già nel 2006 o nel 2007. Se no, se non si dovesse trovare una piattaforma per la coalizione, addirittura molto prima…

Indipendentemente da quando gli elettori saranno chiamati alle urne la prossima volta, dovrebbero considerare chi ha perso in modo definitivo e clamoroso in queste elezioni: i media e gli istituti di statistiche. I politici almeno quando perdono finiscono nell’opposizione o escono dal parlamento, che capi redattori però, editorialisti e demoscopi debbano dare le dimissioni, perché per mesi hanno detto scemenze, non fa ancora parte della cultura politica. Al più tardi dopo la debacle mediatica di queste elezioni paradossali sarebbe ora…

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