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Auto a idrogeno e diffusione di massa - Prospettive e limiti


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Però in realtà i conti vanno rivisti: quello sarebbe l'ammontare di idrogeno se usassimo le auto attuali, ovvero se andassimo col motore termico con un efficienza abbastanza bassa, facciamo finta un rendimento globale di 0.2.

Considerando le fuel cell di futura generazione e il motore elettrico, sarebbe circa 0.7*0.9 = 0.63 quindi i conti andrebbero corretti! Ulteriormente corretti se l'idrogeno viene impiegato insieme agli accumulatori tradizionali (che a matteo non piacciono) per la rigenerazione dell'energia in frenata ed il successivo uilizzo.

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ho trovato 4 conti di un ing. meccanico. Appena ho un attimo li correggo con dati più attuali.

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Interessante il link che hai postato.

Vorrei fare 2 considerazioni:

- come scritto nell'articolo, si potrebbero attrezzare aree in cui si sostituiscono le batterie scariche con altre cariche, come previsto dal progetto francese (questo senza tener conto che sono in arrivo batterie che si ricaricano in 10 minuti).

- tornando al fabbisogno di idrogeno, nel caso lo si tenesse liquido e stoccato in serbatoi, una parte di questo evaporerebbe e si disperderebbe in atmosfera.

Leggevo qualche anno fa la prova di una vettura fuel cell su 4ruote, e dicevano che uno dei problemi è che facendo il pieno di idrogeno e poi lasciando ferma l'auto per 1 settimana, il serbatoio si svuota da solo!

"All truth passes through three stages. First, it is ridiculed, second it is violently opposed, and third, it is accepted as self-evident." (Arthur Schopenhauer)

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Batterie agli ioni di litio

TOSHIBA LE PRODURRÀ DAL 2010

Anche Toshiba ha deciso di partecipare alla corsa per lo sviluppo di batterie agli ioni di litio. Il colosso giapponese dell'elettronica ha infatti anticipato l'obiettivo di produrre tre milioni di questo tipo di accumulatori al mese a partire dal 2010, destinati a vetture ibride ed elettriche.

4ruote.it

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le batterie sono il business del futuro..lo ribadisco anche adesso..e sono convinto che non ci saranno i materiali di oggi per metterlo insieme, ma si troverà una tecnologia aplicata differente..

image.php?type=sigpic&userid=879&dateline=1242680787

Mi avete fatto venire fino a quassù e mi avete detto...mi avete detto che mi compravate una bomba...arriverò tardi per il pranzo e mia mamma...ahhh...ahhh..e non mi farà mangiare per punizione..aaaaaah che vigliacchi.........nessuno ha una cioccolata??? un croccante???

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Non è possibile fisicamente stoccare l'energia prodotta dal sole con batterie...vi sfido

si tratterebbe di rivedere completamente le abitudini umane (l'esempio delle stazioni di scambio di cavalli è calzante)

con l'h2 (con tutti i limiti ben citati) questo E' possibile.

non oggi e non domani ma E' possibile

il mondo ad H2 può funzionare a batteria NO IMHO.

pstare calcoli coi rendimenti attuali delle celle FV è semplicemente RIDICOLO.

andrebbero tripilicati.....allora sarà possibile la produzione massiva di h2

in più si ragiona ancora in termini di Network centralizzato cosa che con H2 è assolutamente da superare.

produzione e utilizzo nello stesso punto (o vicino)

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Triplica quello che vuoi: passiamo da una superficie di pannelli di 800.000 kmq a 250.000. L'Italia ha una superficie di 300.000 kmq però :roll:

Per la produzione distribuita: dove piazzi a Napoli (o a Milano, Roma, Torino, fa lo stesso) il necessario per far muovere 5 milioni di auto?

La realtà è che fra 30 anni forse cominceremo ad avere gli strumenti per passare all'idrogeno, ma prima dovremo trovare il modo di produrre energia elettrica a basso costo e in maniera pulita.

Nel frattempo ci attendono auto ibride o alimentate con combustibili alternativi, o i primi tentativi di elettriche, magari sul genere della Volt, che io ritengo personalmente vincente: pochissimi fanno più di 100 km al giorno con l'auto: poterli fare a batteria (ma senza l'assillo di rimanere a piedi e avendo all'occorrenza prestazioni decenti, da auto tradizionale) comporterà una drastica riduzione dell'inquinamento nelle città.

Modificato da Dodicicilindri

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Triplica quello che vuoi: passiamo da una superficie di pannelli di 800.000 kmq a 250.000. L'Italia ha una superficie di 300.000 kmq però :roll:

Per la produzione distribuita: dove piazzi a Napoli (o a Milano, Roma, Torino, fa lo stesso) il necessario per far muovere 5 milioni di auto?

La realtà è che fra 30 anni forse cominceremo ad avere gli strumenti per passare all'idrogeno, ma prima dovremo trovare il modo di produrre energia elettrica a basso costo e in maniera pulita.

Nel frattempo ci attendono auto ibride o alimentate con combustibili alternativi, o i primi tentativi di elettriche, magari sul genere della Volt, che io ritengo personalmente vincente: pochissimi fanno più di 100 km al giorno con l'auto: poterli fare a batteria (ma senza l'assillo di rimanere a piedi e avendo all'occorrenza prestazioni decenti, da auto tradizionale) comporterà una drastica riduzione dell'inquinamento nelle città.

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Hai letto nel tuo link? Il costo per realizzare l'elettrolisi col solare è 50-100 $/GJ, contro 5 $ del reforming. Un bel po' di soldi, quindi, sarebbero necessari per il sistema che proponi tu e che dovrebbe essere CO2 free (anche se poi andrebbe considerato l'inquinamento derivante dalla produzione dei pannelli e poi dalla loro dismissione).

Il grafico di pag. 7 mi sembra poi un po' ottimistico, dato che riporta per il 2010 l'esistenza di "raggruppamenti locali di stazioni di rifornimento di H2".

Devo comprare una nuova carta stradale Michelin, perchè sulla mia non indica nessuna stazione di rifornimento di H2, togliendo l'impianto sperimentale di Monaco di Baviera :lol:

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si tratterebbe di rivedere completamente le abitudini umane

posto che questo non deve essere un problema, perché le nostre abitudini sono ciò che ci hanno portato a questo punto, mi spieghi dove nell'esempio "foresta nera" che ho scritto prima le abitudini vanno cambiate?

Poi perché dovrebbe essere fisicamente impossibile mettere l'energia del sole in batterie?

Posto che sia realmente necessario farlo (vedi foresta nera e gestione dei flussi) in ambito domestico. In ambito automobilistico portarsi dietro una Li-Ion caricabile in 10 minuti e da cambiare ogni 5 anni, costa meno ed è molto meno difficile che portarsi dietro il serbatoio a 700 atm di idrogeno (che peraltro evapora) e fuel cell da cambiare ogni poco. E assicura rendimenti migliori.

Modificato da jeby

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Sentiamo cosa dice un professore del dipartimento di Chimica dell'Università di Firenze:

ELEGANTE E INUTILE: UNA CRITICA AL CONCETTO DI “ECONOMIA BASATA SULL’IDROGENO”

Ugo Bardi – Maggio 2004

Dipartimento di Chimica

Università di Firenze

bardi@unifi.it

Se nel 2002-2003 l’idea dell “economia basata sull’idrogeno” sembrava il toccasana per tutti i problemi, il confronto con la realtà delle cose ha prodotto un considerevole ridimensionamento delle aspettative. Dopo questo periodo di entusiasmo, tuttavia, è sopravvenuta una riflessione più accurata e approfondita. Oggi, siamo alla ricerca di un assestamento critico e realistico che tenga conto delle oggettive difficoltà tecniche di realizzare sistemi energetici basati sull’idrogeno che siano efficienti e competitivi con alternative piu’ semplici basate, per esempio, su batterie. Questo documento riassume in breve i termini della questione (ultima revisione: Dicembre 2005).

I commenti dei lettori sono sempre apprezzati bardi@unifi.it

Un po’ di storia. L’idea dell’economia basata sull’idrogeno è figlia della tecnologia nucleare degli anni 1950. A quel tempo, la costruzione di reattori nucleari era in grande espansione e il momento di entusiasmo aveva spinto alcuni alla previsione un po’ avventata di “energia elettrica così a buon mercato che non sarebbe valso neanche la pena di farla pagare agli utenti” (in inglese “power too cheap to meter”). A quel tempo, si vedeva come problema principale del nucleare quello di non essere in grado di fornire carburanti liquidi per i veicoli. Di conseguenza, si pensò di usare l’energia prodotta delle centrali per produrre idrogeno che, a sua volta, poteva essere trasportato a bordo dei veicoli e usato come combustibile. L’idrogeno doveva anche servire come “buffer” per immagazzinare l’energia elettrica prodotta dalle centrali nucleari nelle ore notturne, quando la domanda era bassa. Si parlava anche della possibilità di ottenere idrogeno anche come sottoprodotto del calore residuo dei reattori nucleari attraverso dei cicli chimici. Se questo fosse stato possibile, l'idrogeno così ottenuto sarebbe stato gratis a tutti gli effetti. Tuttavia, i cicli chimici si rivelarono poco pratici e lo sviluppo dell'energia nucleare si arrestò a partire dai primi anni 1980. L'idrogeno perse interesse di conseguenza. Se ne ricomincerà a parlare solo col giro del secolo, ma a questo punto come sistema di immagazzinamento e trasporto dell’energia ottenuta dalle rinnovabili. Con il suo libro del 2002, "Economia all'Idrogeno" Jeremy Rifkin aveva intuito con tempismo perfetto la preoccupazione diffusa per l’esaurimento dei combustibili fossili e la necessità di una soluzione sostitutiva. A partire da li’ l’idea dell’idrogeno si è diffusa rapidamente.

“Dall’acqua all’acqua”. L'idrogeno non è, ovviamente, una fonte di energia e il suo interesse deriva unicamente dalla possibilità di utilizzarlo come un vettore energetico, ovvero per immagazzinare e trasportare energia. Partendo da energia elettrica si può scomporre l’acqua in idrogeno e ossigeno. Ricomponendo l’idrogeno con l’ossigeno dell’aria si riottiene l’acqua e energia in forma di calore o energia elettrica mediante pile a combustible. Questo ciclo viene detto “dall’acqua all’acqua”. L’attrattiva dell’idrogeno è la possibilità di utilizzare solo idrogeno ottenuto per scomposizione dell’acqua usando energia elettrica da rinnovabili. In linea di principio, questo metodo è sostenibile e ambientalmente pulito

I problemi. L’idea del ciclo “dall’acqua all’acqua” è bella ed elegante ma, come tante cose belle ed eleganti, sopravvive male al confronto con una realtà che può essere anche bruttina e sgraziata. L’idea dell’idrogeno come fonte energetica nasce all’interno di una prospettiva di abbondanza energetica che, al tempo delle centrali nucleari, portava a trascurare i problemi di efficienza del ciclo. Ma, oggi, non siamo più a quei tempi e non si può trascurare il fatto che il ciclo “dall’acqua all’acqua” ha un’efficienza troppo bassa per essere pratica. Con le tecnologie attuali, pile a membrana polimerica e elettrolizzatori alcalini, ci possiamo aspettare di perdere circa il 70% dell’energia immagazzinata (!!) a ogni ciclo di carica e ricarica. Con le migliori tecnologie che si possano prospettare al momento, possiamo aspettarci di perdere “solo” il 50%. Con le rinnovabili che a tutt’oggi producono meno dell’1% dell’energia mondiale, non ci possiamo certo permettere di buttare via più di metà dell’energia prodotta. Inoltre, le pile a combustibile attuali costano molto care e la loro affidabilità a lungo termine lascia ancora a desiderare. Infine, rimane un problema insoluto il fatto che le membrane delle pile a combustibile richiedono platino per catalizzare le reazioni di trasformazione fra idrogeno e acqua e si può calcolare che la quantità di platino esistente sul nostro pianeta non sarebbe sufficiente per un "economia basata sull'idrogeno".

I veicoli a idrogeno: altri problemi. Non c’è dubbio che uno degli elementi che hanno reso attrattiva l’idea dell’idrogeno al pubblico è stata l’idea di utilizzarlo negli autoveicoli, al posto degli attuali combustibili. In effetti, l’idrogeno si può immagazzinare in bombole che possono essere trasportate su veicoli stradali. Nella pratica, i problemi incontrati si sono rivelati per ora insormontabili. Le bombole sono pesanti e il rapporto peso/energia disponibile alla ruota di un veicolo a idrogeno/pile a combustibile risulta poco migliore di quello di un veicolo a batteria e molto inferiore a quello di un veicolo a motore a combustione attuale. Lo stesso vale per l'uso di idruri metallici come sistemi di immagazzinamento dell'idrogeno. Non vanno poi trascurati i problemi di sicurezza relativi a veicoli che immagazzinano un gas molto infiammabile ad alta pressione. Si è tentato di risolvere il problema utilizzando combustibili tradizionali (benzina o metanolo) trasformandoli a bordo in idrogeno per mezzo di un reformer. A parte il fatto di non essere sostenibile, l’idea si è rivelata irrealizzabile ed è stata abbandonata da tutti dopo un paio d’anni di tentativi. Si parla della possibilità di utilizzare idrogeno liquido come carburante, ma i problemi di sicurezza sono enormi e l'inconveniente più grave è che si perde continuamente combustibile per evaporazione. L’idea di un auto che consuma carburante anche quando sta ferma non è, francamente, molto attraente. Può darsi che l'idrogeno liquido si possa, o si debba, utilizzare per veicoli come gli aerei militari, ma non sembra pratico per usi civili.

Trasportare l’idrogeno: ulteriori problemi.Dato che l’idrogeno viene proposto come “vettore” energetico, ci aspetteremmo che il trasporto di idrogeno dovrebbe essere una cosa facile e pratica, ma questo non sembra essere il caso. Al tempo delle centrali nucleari, si pensava di costruire enormi impianti centralizzati, magari su isole remote per ragioni di sicurezza. Si poneva il problema del trasporto dell’energia a distanze molto grandi e, in effetti, l’unico modo concepibile era per mezzo dell’idrogeno che sarebbe stato trasportato mediante immense navi “idrogeniere”. Anche in questo caso, la prospettiva è radicalmente cambiata quando siamo passati invece a pensare in termini di energia rinnovabile, ovvero su piccola scala e diffusi sul territorio. Sulle modeste distanze implicate, il vantaggio dell’idrogeno rispetto alle convenzionali linee elettriche non esiste più (e, ovviamente, non ha senso parlare di idrogeniere!). L’idrogeno si può certamente trasportare su medie distanze per mezzo di gasdotti simili a quelli attuali per il metano. Tuttavia gli “idrogenodotti” dovrebbero usare materiali e metodi specifici e quindi non si potrà utilizzare la rete del metano esistente, che comunque sarebbe largamente insufficiente. I costi implicati per costruire una rete di trasporto di idrogeno del tipo prospettato da Rifkin sono talmente alti che non hanno senso in pratica.

Soluzioni intermedie? Di fronte alle difficoltà immense di realizzare un concetto bello ma impossibile come quello chiamato “dall’acqua all’acqua” ci possiamo domandare se non si possano trovare soluzioni intermedie che mantengano almeno alcuni degli elementi positivi del concetto di “economa basata sull’idrogeno”. In effetti, molto dell’interesse sul concetto deriva dai recenti sviluppi delle pile a combustibile che sono sistemi efficienti di trasformare l’energia chimica in energia elettrici. Il tipo più comune, detto “PEMFC” (dall’inglese “polymer electrolyte membrane fuel cell”) funziona a temperature di 60º - 80º C è ha un’efficienza di circa il 40%-50%. Sistemi che lavorano ad alta temperatura, detti SOFC (“solid oxide fuel cells”) hanno efficienze del 60% e oltre. Queste efficienze sono migliori di quelle dei motori termici tradizionali con l’ulteriore vantaggio che non si generano inquinanti quali particolato o ossidi di azoto. Per questa ragione, c’è un notevole interesse per utilizzare questi sistemi per produrre energia elettrica, specialmente a livello di “microgenerazione diffusa” anche se, a tutt’oggi rimangono molto costosi. Tuttavia, nei progetti attuali il combustibile in ingresso rimane sempre lo stesso: gas naturale o altri fossili, per cui non siamo di fronte a nessun mutamento radicale nella sostenibilità della produzione di energia. Quindi, abbiamo qualcosa di intermedio che potrebbe avere un valore commerciale nel futuro a medio termine, ma che non possiamo veramente definire una “soluzione”

L’alternativa: il mondo “tutto elettrico”. Con tutti i problemi irrisolti dell’idrogeno, accoppiati con la bassa efficienza dei cicli di trasformazione, com’è che l’idea rimane talmente attrattraente per tanta gente? In generale, c'è una percezione diffusa di gravi problemi nella disponibilità di combustibili fossili. Il fatto che l’idrogeno venga definito come una soluzione genera un meccanismo psicologico di “ancora di salvezza” che fa si che ci si dimentichi, o che non si considerino i problemi che rendono l’idea irrealizzabile in pratica. Messi alle strette, anche i più ardenti fautori dell’idrogeno ammettono che, si, ci sono tantissimi problemi, ma qual’è l’alternativa? In effetti, se non esistessero alternative all’idrogeno per l’immagazzinamento e il trasporto di energia, dovremmo contentarci del meno peggio, al limite anche a perdere il 70% dell’energia a ogni ciclo di carica/scarica. Tuttavia, non è affatto vero che non ci sono alternative. L’alternativa è, in effetti l”Economia basata sull’elettricità” Con l’elettricità possiamo fare più o meno tutto quello che si propone di fare con l’idrogeno. La nuova generazione di batterie in corso di sviluppo (al vanadio, al sodio-zolfo, al litio, e altre) si presenta come competitiva con l’idrogeno sia come costi che come pesi, con efficienze molto superiori (almeno l’80% per ciclo, contro il 30% per l’idrogeno/pila a combustibile) con in più l’enorme vantaggio che la rete di distribuzione esiste già.

Il “mondo elettrico” è sostenibile, sicuro, a bassi costi, e si sposa perfettamente con le energie rinnovabili. Allora, perchè non lasciar perdere i sogni e lavorare invece su una cosa concreta e che funziona?

Modificato da Dodicicilindri

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