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La Jihad e le guerre dimenticate


JackSEWing

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Il punto, é che loro VOGLIONO la reazione violenta. Non hanno nessuna remora a mandare a morire migliaia di persone per niente.

E la loro propaganda è appunto "l'occidentale ti discrimina perché sei mussulmano e ti fa vivere male, vieni da noi, buona paga e muori felice per un ideale".

Al massimo possono procurarsi le materie prime per fabbricare qualche bomba radiologica, ma anche per anche quelle servono delle dotazioni tecnica (sia a livello di operatori, che di attrezzature) che difficilmente possono procurarsi.

Ad ogni modo stiamo parlando di una minaccia che è prevalentemente locale e può essere debellata solo facendo maturare la consapevolezza, che l'estremismo islamico è una minaccia sopratutto per i musulmani. Ma questa è una cosa che l'ISIS riesce a fare benissimo da solo, percui è sufficiente che noi supportiamo quanti si oppongono all'ISIS, dando loro modo di vincere con le proprie armi la guerra per la libertà.

Ma infatti, imho è questo il punto su cui battere, e l'iniziativa non può che partire dai musulmani stessi, quelli ragionevoli e bilanciati - e, da noi, quelli integrati nella società.

L'ISIS di fatto minaccia l'Islam non solo dal punto di vista della violenza, andando a togliere "effettivi" dalle fila neutre; ma anche sotto il più ampio aspetto della credibilità e della reputazione. Più l'ISIS fa eco, più è facile che si rafforzi l'identità musulmano = terrorista, in questo caso tra gli occidentali, andando a infiammare sempre più i rapporti tra musulmani e non, e a incrinare le basi su cui i musulmani stessi possono vivere tranquilli in Occidente.

Di fronte a questi pericoli, io mi aspetterei una reazione fortissima nelle sedi musulmane sane, in Occidente e fuori; anche se fosse solo (e non è) per dichiarare apertamente e con i fatti che loro, con l'ISIS, non hanno nulla a che fare... penso ne vada anche del loro orgoglio e della loro identità :) Reazione però non solo con slogan e dichiarazioni, ma con azioni concrete di mobilitazione: far vedere che gli estremisti hanno sempre più pane per i loro denti per attecchire, e tentare di convincere quanti più giovani a non seguire la strada della guerra... ma questo è un compito che spetta in primis a chi musulmano lo è già, per fornire una fonte interpretativa alternativa a quella estremista, ma pur sempre islamica.

Non so a che punto sia tutto ciò (nemmeno penso si possa sapere) ma per me la strategia vs. ISIS deve partire proprio - anche se non limitarsi a - proprio da qui.

Che è un ottimo motivo per non intervenire militarmente (se non siamo costretti), ma supportare gli Stati locali che si oppongono all'ISIS.

Senza contare che noi europei non avremmo nemmeno titolo a intervenire direttamente sul campo, a meno di una risoluzione ONU - praticamente infattibile allo stato dei fatti - o di richieste ufficiali dai Paesi coinvolti (come ad es. ha fatto l'Iraq agli USA, con le conseguenti incursioni aeree).

Il problema è mantenere una velocità di pensiero che sia superiore alla velocità della macchina.

E NON VALE SOLO NEL RALLY!!! :§

Gli accenti? Usiamoli bene! Gli accenti in italiano

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credo che lo scopo, sia di apparire "efferati", in modo che l'occidente sdegnato guardi poi con sospetto qualsiasi mussulmano.

E ogni mussulmano emarginato, è carburante per loro.

Questa sintesi della stategia isis è da incorniciare:si:

Spalanca nel vento la botola,

assumi la forma di un angelo

e via pel tuo nuovo destin.

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Isis, Obama chiede al Congresso i poteri di guerra: «Grave minaccia» - Corriere.it

Molto brevemente il Presidente Obama starebbe per chiedere l'autorizzazione al Congresso per poter usare le Forze Armate contro l'ISIS. L'ultima volta che successe fu nel 2002, quando Bush Jr. dichiarò guerra all'Irak.

Si preparano ad una azione di terra?

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Potrebbero benissimo limitarsi a mobilitare le loro forze aeree, per effettuare un massiccio numero di bombadramenti tattici partendo dalle basi in Turchia, in Irak e dalle portaerei dislocate nel Mediterraneo.

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parole dirette mai sentite da un esponente politico italiano :shock:

La Stampa - Libia, Palazzo Chigi pronto a chiedere il comando di un?operazione Onu

[h=3]Libia, Palazzo Chigi pronto a chiedere il comando di un’operazione Onu[/h]

Gentiloni: combatteremo se necessario, ma in un quadro di legalità internazionale

Per capire come stiano veramente le cose in Libia, le cancellerie di tutto il mondo sanno che bisogna chiedere anzitutto agli italiani, unici occidentali con un’ambasciata ancora aperta e con l’Eni che riesce nel miracolo di tenere aperti i pozzi in zone sottoposte a influenze di bande contrapposte.

E infatti, appena due settimane fa uomini dell’intelligence americana hanno interpellato i colleghi di Roma per un riservatissimo scambio di informazioni.

A Washington sono pessimisti, pensano che la Libia sia dentro una guerra civile e che occorra attenderne l’esito, mentre l’opinione degli «007» italiani è stata meno tranchant: esistono fazioni sulle quali si può ancora puntare per provare a cucire una difficilissima pacificazione tra le parti in lotta. Ma le due intelligence su un punto concordano: le fazioni sotto l’influenza del Califfato stanno guadagnando posizioni e tutto questo alla lunga potrebbe rivelarsi esiziale, la trasformazione della Libia nella piattaforma dell’Isis verso l’Europa.

Guida italiana

È questo il contesto dentro il quale Matteo Renzi, due sere fa al Consiglio europeo, ha deciso di porre con forza la questione Libia, per scuotere il resto d’Europa su una questione finora rimossa: «Esiste il problema dell’Ucraina, ma anche un’emergenza in Libia della quale tutta l’Europa deve farsi carico». A Palazzo Chigi sanno che dal punto di vista della deterrenza diplomatica siamo (quasi) all’anno zero. La missione, sotto egida Onu, dello spagnolo Bernardino Leon va avanti, ma «sinora senza un forte investimento internazionale - nota il presidente della Commissione Difesa del Senato Nicola Latorre - e per questo l’intervento di Renzi a Bruxelles riveste un grande significato». Palazzo Chigi, a medio periodo, coltiva obiettivi non dichiarati e (al momento) non dichiarabili: una missione di peacekeeping con le bandiere Onu, ma guidata dall’Italia; una conferenza di pace a Roma.

Pronti a combattere

Obiettivi che per il momento appaiono come una sorta di miraggio. Ma per far capire che l’Italia fa sul serio, molto sul serio e per scuotere il resto del mondo dall’indifferenza, un uomo proverbialmente misurato come il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ieri sera a Sky, ha deliberatamente scelto un lessico bellicista: «L’Italia sostiene la mediazione dell’Onu ma se non riusciamo nella mediazione, credo che bisogni porsi il problema, con le Nazioni Unite, di fare qualcosa di più». L’Italia «è pronta a combattere, naturalmente nel quadro della legalità internazionale», «non possiamo accettare che a poche ore di navigazione dall’Italia ci sia una minaccia terroristica attiva». Traduzione: l’Italia ha iniziato un pressing sulla comunità internazionale e non esclude nel giro di qualche mese di dover intervenire con propri militari in una missione dai contorni per ora non definibili.

I contatti

Il primo a parlare a Renzi della Libia con toni molto allarmati era stato il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, sei mesi fa al Cairo. Ai primi di agosto il rais si rivolse a Renzi con questo argomento: «Si stanno prendendo la Libia, che vogliamo fare?». L’Italia, pur disponendo di terminali ultrasensibili (l’Eni giunse in Libia prima di Gheddafi e in loco vanta dirigenti “nativi”), finora aveva lasciato cadere i tre appelli che dall’Africa erano stati mandati all’Onu per affidare una mediazione a Romano Prodi. Dice oggi il Professore: «L’Europa è disattenta, ma in Libia l’emergenza deve essere risolta obbligando tutte le rappresentanze a sedersi a un tavolo allargato. Un’offensiva diplomatica che deve essere facilitata dal ruolo di Paesi esterni». Fino ad oggi gli europei hanno remato in direzioni diverse, perché, come racconta Bobo Craxi, già sottosegretario agli Esteri, oggi a Tunisi, «tra i principali motivi dell’intervento internazionale in Libia, al quale l’Italia si accodò, c’era l’interesse di Total, Bp e Shell di sottrarre all’Eni le royalties sul petrolio. E per ora il conflitto di interessi resta quello».

quel "pronti a combattere" lo devo ammettere mi fa parecchia specie :lol:

innanzitutto tranquillizziamoci: non credo abbia in mente un'invasione :) non è alla nostra portata e soprattutto non servirebbe a nulla

credo piuttosto che appoggeremo le truppe regolari libiche e soprattutto i gruppi tribali ostili ai jihadisti (nel deserto comandano loro) con piccoli nuclei di forze speciali e appoggio aereo (velivoli d'attacco, elicotteri, droni)

credo che i nostri servizi segreti abbiano una visione molto più realistica ed equilibrata della situazione Libica rispetto agli anglosassoni... non è tutto da buttare, altrimenti non si spiegherebbe come mai l'ENI riesce ancora ad operare :) è chiaro che si sono instaurati rapporti con tribù o fazioni varie ostili all'avanzata jihadista ed è con queste persone che si deve collaborare

un pò come con i curdi in iraq e siria, la strategia vincente (o la meno peggio insomma) è quella

Alfa Romeo Giulietta, 1.4 TBI Multiair 170 CV Exclusive (2013)

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