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Elon Musk, il troll del capitalismo e della finanza

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Inviato
  • Questo messaggio è molto popolare

Questa mattina mi è capitato di leggere un articolo su Elon Musk che credo racchiuda alla perfezione il mio pensiero su di lui ed il motivo per cui non riesco a non provare un po’ di antipatia verso Tesla. Antipatia che in realtà provo anche verso alcune realtà cinesi ( che poi magari ho nel portafoglio titoli) e che rappresentano quello che è il grande raggiro della finanza e dell’industria. Dove non si gioca e non si è mai giocato ad armi pari.

 

Mio padre, insieme a quelli che sono stati di volta in volta i suoi team di collaboratori, è quello che in maniera un po’ infantile può essere definito inventore/scenziato. Ogni volta che sente parlare di musk come Genio fa un sorriso beffardo, lo stesso che ho anche io. L’autore dell’articolo riporta la vera dote di musk, che non sempre tutti ricordano.

 

https://www.huffingtonpost.it/entry/elon-musk-il-troll-del-capitalismo_it_60227194c5b689330e329042?ncid=fcbklnkithpmg00000001&ref=fbph

Elon Musk, il troll del capitalismo

Dai razzi su Marte alle criptovalute: Musk è pieno di debiti e aziende in perdita ma è l'unico vincente. Ha scoperto come hackerare il mondo del business

Riccardo Maggiolo

Hannibal Hanschke / Reuters

SpaceX owner and Tesla CEO Elon Musk arrives on the red carpet for the Axel Springer award, in Berlin, Germany, December 1, 2020. REUTERS/Hannibal Hanschke/Pool

Cosa fareste se venisse da voi un imprenditore le cui aziende sono in perdita da anni, che avete visto lo scorso giorno spaccare un componente di un suo prodotto di punta durante un lancio mondiale in diretta TV, e vi chiedesse di finanziare coi vostri soldi un rivoluzionario jet supersonico a energia elettrica mentre fuma uno spinello? Se non avete risposto “Gli darei tutto quello che ho”, avete sbagliato risposta.

L’imprenditore di cui stiamo parlando è infatti Elon Musk, oggi l’uomo più ricco del mondo, considerato da moltissimi un genio visionario. E un genio, Musk, in effetti lo è. Ma forse non nel modo in cui quasi tutti lo pensano.

Musk è un genio non perché vede il futuro, sa fare business come nessuno, è un ingegnere eccezionale e allo stesso tempo un programmatore di grande talento. No: Musk è un genio perché ha capito come “hackerare” il capitalismo. O, come meglio si potrebbe dire utilizzando il gergo giovanile di oggi, come “trollarlo”. E, qualche giorno fa, ha raggiunto l’apice di questa sua impresa - tra tutte, di certo quella di maggior successo. Ma andiamo con ordine.

Elon Musk ha fatto la sua prima fortuna cavalcando la “internet bubble” degli anni ’90. Prima grazie a Zip.2 - una specie di “pagine gialle digitali” – e poi con la popolarissima piattaforma di pagamenti digitali Paypal, che era il risultato della fusione della sua X.com con un’azienda concorrente e che nel 2002 fu acquistata da eBay rendendo a Musk circa 180 milioni di dollari. Con questo bel capitale e volendo continuare a fare impresa, Musk fu tra quelli che si buttarono nel nuovo modello di business che per i decenni successivi avrebbe fatto la fortuna di molti danarosi investitori e imprenditori: la disintermediazione.

Qualcuno aveva infatti cominciato ad accorgersi che il prezzo finale di moltissimi prodotti e servizi era incredibilmente più alto del prezzo delle loro componenti, in quanto risultato di lunghissime catene di produzione in cui ogni intermediario doveva guadagnarci qualcosa. Disponendo di grandi capitali e sfruttando i vantaggi della globalizzazione e della digitalizzazione, era quindi possibile produrre da soli i componenti, “saltando” gli intermediari e mettendo sul mercato prodotti e servizi finiti a prezzi estremamente competitivi.

Questa fase, che potremmo chiamare di “iper-capitalismo”, si basava anche su un altro assunto fondamentale: il potere della finanza. Sfruttando l’esplosione del valore dei mercati azionari innescato fin dagli anni ’80, si potevano creare aziende che fruttassero milioni pur essendo economicamente in perdita anche per decenni. Ecco come.

Dal momento che nel mercato azionario c’erano sempre più capitali e i rendimenti erano mediamente bassi - o comunque c’erano tante persone con tanti soldi in cerca di rendimenti alti - “bastava” andare da loro e dirgli: «Ho un’idea rivoluzionaria per un’impresa. Mi servono un bel po’ di soldi e di tempo per farla funzionare, ma tra 7-12 anni sarò leader di mercato: se investi oggi per allora avrai i tuoi soldi decuplicati o centuplicati». E, con le giuste entrature e sufficiente credibilità, i soldi si trovavano.

Dove sta però il vero trucco? Che, vedendo alcuni investitori che stanno mettendo molti soldi nella tua impresa, altri investitori fiutano l’affare e accorrono a darti altri soldi, magari anche a condizioni ancora più “pazienti” per ricevere gli interessi. Risultato: hai una liquidità enorme per entrare sul mercato a prezzi molto competitivi producendo buona parte delle tue stesse componenti, nonché la possibilità di andare in perdita per moltissimo tempo: la concorrenza non ha scampo. Diventa, quindi, una sorta di profezia che si auto-avvera. Amazon, per esempio, è un caso da manuale di questo tipo di “iper-capitalismo”.

Musk si è avvantaggiato di questo meccanismo per le sue due imprese di riferimento, Tesla e SpaceX, ma è andato anche molto oltre. Egli infatti non è solo un’iper-capitalista: è un “ultra-capitalista”; è lo übermensch del capitalismo, proprio perché c’è dentro fino al collo ma allo stesso tempo è oltre; se ne avvantaggia ma allo stesso tempo lo distorce; lo esalta e insieme lo ridicolizza. È la bolla di tutte le bolle, l’emblema del business non-business, il joker del capitale. Un troll, insomma. E tutto questo perché ha capito che nella società post-moderna il valore fondamentale nel mercato capitalista non è il denaro, né il petrolio, né i dati: è l’attenzione.

Anzitutto, Musk ha capito che l’era della complessità stava creando un moltiplicarsi di rischi incontrollabili, e che in ultima istanza chi avrebbe dovuto accumulare questi rischi e cercare di mitigarli per evitare che la società esplodesse sarebbe stato lo Stato. Lo avrebbe fatto soprattutto tramite l’immissione nel mercato di immense quantità di denaro, ma anche allo stesso tempo delegando alle aziende alcune delle sue funzioni tipiche. Questo per dare linfa al mercato e alla medio-piccola imprenditoria sofferente, ma anche e soprattutto perché lo Stato da solo non sarebbe stato in grado di gestirle efficientemente.

Non solo: rispetto agli anni ’90, nei primi anni 2000 tra la popolazione stava crescendo una certa “insofferenza da capitalismo”, e quindi una diffusa richiesta a dare maggior attenzione ai valori che ai prodotti; al bene collettivo più che a quello individuale; all’ecologia più che alla produttività – si pensi al movimento “No logo”. Ma, per le ragioni di cui sopra, lo Stato avrebbe avuto sempre meno opportunità e capacità di occuparsene. Si apriva quindi uno spazio che consentiva sia di crearsi una reputazione molto positiva con grande visibilità verso i consumatori, sia di ottenere enormi investimenti con pochi vincoli da parte dello Stato e quindi dei mercati. In quel solco Musk si è buttato a capofitto con Tesla – produttrice di macchine elettriche - e SpaceX – azienda di razzi spaziali.

Un’altra cosa di cui si è reso conto Musk è che è piuttosto facile riunire un po’ di bravi ingegneri e designer e presentare un progetto che su carta può funzionare e che sembri avveniristico e incredibilmente attraente. La cosa veramente difficile è produrre l’oggetto in questione, e poi renderne la produzione sostenibile, scalabile, sicura, legale, profittevole. Ma mentre ogni altro imprenditore se pensa che un modello di business non sia sostenibile o scalabile si ferma prima di partire, Musk non si fa questo scrupolo: l’importante è che il progetto generi attenzione e sia funzionale a una narrazione di futuro desiderabile in cui lui è il genio visionario che lo porta al mondo, così da poter continuare ad accedere a capitali e avere il sostegno del pubblico.

Un ottimo esempio di tutto ciò è l’Hyperloop: un “treno” potenzialmente in grado di viaggiare alla velocità del suono muovendosi su un cuscino d’aria o magnetico all’interno di un tubo pneumatico a bassissima pressione, quasi annullando l’attrito dell’aria e del suolo. Musk lanciò l’idea nel 2012, e fu per lui un successo. Non da un punto di vista imprenditoriale, visto che non si lanciò nell’impresa (troppo impegnato, diceva), ma piuttosto comunicativo, avendo rinforzato la sua reputazione di genio visionario.

Eppure, basta fermarsi un attimo a pensare per avere seri dubbi sulla sostenibilità sia economica che operativa dell’Hyperloop. Quanto costerebbe costruire e mantenere una simile struttura per migliaia di chilometri? Quante linee si potrebbero fare? Quanto costerebbe quindi un biglietto? Sarà mai davvero competitivo con un volo aereo? E ha davvero vantaggi concreti rispetto al treno? Ma poi, se c’è un incidente dentro il tubo? Come può funzionare la manutenzione migliaia di chilometri di tubi di vuoto pneumatico? E se qualcuno ci lancia una bomba contro in un solo punto dei migliaia di chilometri di linea?

Più di otto anni dopo, nonostante alcuni pronosticassero un primo Hyperloop operativo per il 2020, non c’è ancora nessun vero prototipo, e il primo Hyperloop ad oggi è previsto in India…nel 2030 (con lo smart-working e il coronavirus che già oggi lasciano a terra molti aerei).

Se pensate che effettivamente il progetto Hyperloop sembri strano, allacciate le cinture, perché è tra i meno bizzarri tra quelli che Musk ha lanciato o proposto negli anni. Ha parlato per esempio della possibilità di creare un reticolato di tunnel sotto le città in cui far scorrere tutto il traffico veicolare; tegole per tetti che sono anche pannelli solari (frutto peraltro dell’acquisizione dell’azienda del cugino, che ha dato adito a una lunga battaglia legale); voli con razzi passeggeri per andare da New-York a Shanghai in 40 minuti; un jet supersonico alimentato a sola energia elettrica; connettere il cervello umano con un computer tramite l’innesto nel cervello di dispositivi grandi come monete… Tutte queste idee sono diventate aziende o progetti di Musk; e tutte sono rigorosamente in perdita, ancora in stato prototipale e in clamoroso ritardo rispetto ai risultati promessi. Non di meno, ne hanno alimentato il mito.

Ma se ancora tutto questo vi sembra tutto sommato ragionevole o plausibile, aspettate: c’è di più. Perché c’è una cosa che Musk condivide nel profondo con il capitalismo: il fatto di vivere solo grazie a una costante corsa al rialzo. Se il capitalismo per sopravvivere deve produrre sempre di più in maniera sempre più efficiente, Musk deve continuamente ad alimentare il suo mito; deve sempre stare al centro dell’attenzione. Questo sia per coprire i problemi di sostenibilità economica (e a volte anche di efficienza produttiva) delle sue aziende, sia per preservare la sua capacità di attrarre investimenti e fiducia da parte dei consumatori.

Per questa sua esigenza di avere sempre i riflettori su di sé, Musk negli anni si è reso protagonista delle più incredibili uscite: ha fumato uno spinello in diretta durante un popolare podcast; ha dato un nome assurdo a suo figlio; ha sostenuto la candidatura del rapper Kanye West alla presidenza degli Stati Uniti; ha fatto rompere un finestrino teoricamente infrangibile di una sua auto durante il suo lancio in diretta mondiale (bestemmiando ad alta voce); ha proposto di salvare con un mini-sottomarino dei ragazzi bloccati in una grotta in Thailandia, provocando la profonda irritazione dei soccorritori; ha spedito e abbandonato nello spazio una delle sue auto; ha venduto lanciafiamme a prezzo scontato ai suoi fan…

Questi “episodi” ben descrivono e giustificano la parola che più è associata a Musk e che ne costituisce parte integrante del mito: “disruptive”, cioè essere una persona che distrugge e sconvolge i paradigmi. In questo, Musk sembra essere il perfetto erede di Steve Jobs, ma avendo superato il “maestro”. Se infatti la narrazione che Jobs aveva costruito intorno a sé era il pensare diversamente il presente (“Think different”), per Musk è pensare diversamente il futuro. 

Negli ultimi 20-30 anni il futuro è diventato un luogo ostile – basta guardare un qualsiasi film di fantascienza per rendersene conto. Musk cavalca e insieme “distrugge” questo sentire comune creandosi una immagine di “eroe-ultima-risorsa-dell’-umanità” e sfruttando un altro mito Occidentale: quello dell’inarrestabilità del progresso tecnico e tecnologico. Un uomo (quasi) normale, come lo sono Iron Man e Batman, ma che proprio come loro ha dalla sua l’arma più potente di tutti: la tecnologia. Il futuro diventa così insieme promettente ma elitario (come lo sono, a pensarci bene, tutti i progetti di Musk); privatizzato, in un certo senso.

Se Steve Jobs ha innovato il modo di fare imprenditoria grazie alla sua capacità di fare del marketing la pietra angolare di un business, Musk lo ha fatto negandolo; o meglio e di nuovo, trascendendolo. Musk infatti non ha mai fatto pubblicità ai suoi prodotti. D’altronde non ne ha avuto davvero bisogno, perché il “prodotto” vero da promuovere è lui stesso: è la sua reputazione l’asset fondamentale delle sue aziende. Una mossa, questa, che peraltro gli ha permesso di praticamente azzerare una delle voci di spesa maggiori per ogni grande azienda.

Per fare questo, Musk è saltato a piedi pari sopra quasi ogni tema sociale e tecnologico dibattuto negli ultimi anni: dall’intelligenza artificiale agli alieni; dai diritti dei lavoratori al Coronavirus. E lo ha fatto con toni e idee sempre più estreme e provocatorie - spesso immortalate dai sui tweet – tra cui: dichiarare che le azioni di Tesla fossero sopravvalutate; sostenere di voler vendere tutti i suoi possedimenti e non aver più casa; dirsi convinto che le Piramidi siano state costruite dagli alieni; aver pubblicamente insultato come “pedofilo” un altro utente Twitter; aver annunciato di voler privatizzare Tesla acquistandola per 420 dollari ad azione (un numero che è un riferimento al consumo di marijuana) ricevendo una bella multa dalla Security Exchange Commission americana; aver dimostrato di apparentemente non conoscere la differenza tra investimenti e capitalizzazione di mercato; aver sminuito la pericolosità del Coronavirus e dichiarato di rifiutarsi di vaccinare sé e i suoi figli…

Tutte queste dichiarazioni non hanno affatto spaventato pubblico o investitori – anzi - e Musk è recentemente diventato tra gli uomini più ammirati al mondo grazie agli ultimi successi nei lanci di SpaceX e il più ricco al mondo grazie alle recenti fortune borsistiche di Tesla, che oggi è l’azienda di produzione automobilistica di maggior valore al mondo. Eppure, a quasi vent’anni dalla sua fondazione, Tesla oggi detiene solo lo 0,5% del mercato mondiale dei veicoli a motore, non ha ancora chiuso un singolo anno in profitto economico ed è quindi ancora molto lontana dal pareggiare gli oltre 19 miliardi di dollari di investimenti ricevuti.

Non fosse già notevole essere a capo dell’azienda di automobili di maggior valore al mondo pur avendo quote di mercato irrilevanti e un debito enorme e pluridecennale, c’è anche da dire che Musk ha ottenuto questo spettacolare risultato essendosi da sempre opposto ferocemente – e anche illegalmente - alla sindacalizzazione dei suoi dipendenti e avendo ricevuto generosissimi sussidi statali. Ciononostante, Tesla sembra aver perso il vantaggio competitivo nel micro-settore delle automobili elettriche di lusso, mentre l’avvento della tanto promessa e promossa guida autonoma viene continuamente rinviato.

Ma è in  questi giorni che Musk sta raggiunto l’apice della sua impresa, con due mosse che sono vere pennellate al suo capolavoro dadaista.  La settimana scorsa, sulla scia della vicenda Game Stop - peraltro da lui stesso alimentata - ha twittato: «Non puoi vendere case che non hai, non puoi vendere auto che non hai, ma puoi vendere azioni che non hai? È una str***ata e una truffa!». Il che, detto dall’uomo che è diventato il più ricco del mondo vendendo sul mercato azionario un valore che le sue aziende non hanno pur avendo potuto godere di quasi 5 miliardi di sussidi statali senza dare in cambio quote di proprietà dell’azienda, è oltre il paradossale.

Ma c’è di più: negli ultimi giorni è riuscito a far impennare il valore dei Dogecoin: una moneta virtuale nata per scherzo, per prendere in giro il successo dei Bitcoin, che come immagine ha la foto di un cane reso celebre dai meme di internet. A Musk è bastato twittare la parola “Doge” con l’immagine di un razzo in partenza e poi, successivamente, beffa della beffa, la frase «Dogecoin è la criptovaluta del popolo». Risultato: i Dogecoin a fine gennaio hanno aumentato il loro valore del 600%. Musk è così riuscita a estrarre un enorme valore convenzionale dalla distruzione di una convenzione come il denaro; a battezzare come “popolare” una tecnologia così elitaria da essere incomprensibile ai più; a creare fiducia tramite una burla. Siamo probabilmente nel genio artistico a livello di un Duchamp o di un Cattelan.

Tutto questo si può spiegare in due modi: o Musk incarna alla perfezione il cliché (meglio: la narrazione) del genio lunatico, un po’ pazzo; o fa quasi tutto in maniera calcolata, per un fine. Potremmo pensare che effettivamente è una persona che ha solo a cuore il bene dell’umanità e vuole salvarla creando una colonia su Marte e fermando il riscaldamento globale; o potremmo pensare che sia un narciso in pieno delirio di hybris, che gode nel cavalcare ogni tigre che gli capita a tiro e che voglia solo vedere fino a quando può menare per il naso tutti. E ancora, potremmo pensare che ha capito in anticipo tutti i meccanismi qui descritti, oppure che si è trovato più o meno fortuitamente a cavalcarli e ora non può più scenderne.

L’una o l’altra (o, non si può escludere, tutte insieme) il solo fatto che siamo qui a scriverne e a parlarne lo rende vincitore. Perché forse ha ragione lui: può continuare questo suo gioco all’infinito, finché si parla, bene o male, di lui. Finché ha il valore fondamentale: la nostra attenzione. Forse lui l’ha capito, e noi no. D’altronde, Elon Musk è un genio.

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  • Questa mattina mi è capitato di leggere un articolo su Elon Musk che credo racchiuda alla perfezione il mio pensiero su di lui ed il motivo per cui non riesco a non provare un po’ di antipatia verso T

  • Ma infatti, pensa all'utente cumune. Già fargli sopportare 2 g in continuo è un "discomfort" a dir poco.     Ho parlato di fattibilità dell'hyperloop in sé? non mi pare. I prototipi,

  • hai fatto i compiti a casa? letto come si fa a fare il vuoto? ti sei informato su quanto siano realmente a a punto i progetti per sta menata di hyperloop? hai fatto qualche considereazione

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Inviato

sí, l'ho letto anch'io ed é attualmente la migliore analisi "tecnica" di questa situazione mai fatta finora

 

a mio parere comunque ci troviamo di fronte ad un sintomo di una situazione ancora piú complessa:

 

il sistema economico basato sul consumismo che bene e, spesso, male, ha fatto funzionare le società occidentali dal secondo dopoguerra ad oggi ormai arranca su una strada sempre piú in salita

 

finché si trattava di vendere un frigorifero o una lavatrice, un'auto utilitaria a tutti, ma anche un telefonino, ad un pubblico che prima aveva solo la bicicletta e il telefono a gettoni tutto bene, erano le immense ed inesplorate praterie del consumismo appunto

 

ma oggi, OGGI, in cui io stesso vado in centro in giro per vetrine e non trovo niente che mi piacerebbe davvero comprare perché é tutto già visto, già conosciuto, già metabolizzato, ecco che il consumismo entra in crisi e con esso tutto il castello di carte della società attuale

 

che cosa hanno pensato di fare allora, nella terra dove é nato il consumismo stesso, l'america?

hanno pensato di finanziare una serie di personaggi che ci mettono la faccia, si propongono come leader, futurologi, dispensatori di speranza e di nuove prospettive, con il corollario di speculazioni su eventuali profitti futuri o su monete elettroniche il cui valore intrinseco é zero...

 

il tutto per risollevare il circo barnum del consumismo che altrimenti si sta perdendo nella nebbia, almeno in occidente

 

ognuno si faccia una sua idea di questa situazione prima che sia troppo tardi

Inviato

L’articolo, ottimo per altro, dimentica un aspetto fondamentale: la famiglia di musk possedeva miniere di diamanti in cui viveva il pieno regime dell’apartheid. 

Inviato

Leggendo l’articolo mi è venuto in mente Totò che vende la fontana di Trevi, Totò che stampa i soldi, lo schema Ponzi, etc..

Insomma tutte cose già note in Italia, ma portate a livello mondiale nei tempi della globalizzazione.

 

Come Steve Jobs non ha inventato niente, ma è riuscito a sfruttare bene le invenzioni e il duro lavoro di altri. Però Apple e Tesla hanno in comune l’aver scardinato un sistema che viveva di rendita con modeste innovazioni, quello degli smartphone e delle auto, facendo un salto in avanti e costringendo gli altri ad inseguire.


 

 

Inviato

Troll è una definizione perfetta.

Del resto quando ha presentato il Cybertruck ho pensato subito fosse una trollata.

E così per tutto il resto.

Ma devo dire anche che l'establishment gli consente di farlo ed esserlo ahimè... 

Inviato
34 minuti fa, Vulcar scrive:

Ma devo dire anche che l'establishment gli consente di farlo ed esserlo ahimè... 

 

perché l'estabilishment occidentale oggi é molto meno "stabile" di una volta, la cina é determinata a prendersi tutto quanto...

 

quindi mandano avanti, finanziandoli, personaggi che l'establishment spera possano riportare le "masse" occidentali dalla loro parte, il problema é che alla fine hanno solo "nuove" carabattole elettroniche (o elettromeccaniche) da offrire, ma nessun vero progetto di vita sociale davvero nuovo e valido

Inviato

ma da quando l'HuffPost pubblica articoli interesanti??? :mrgreen:

 

In generale a me le persone coraggiose e fuori dagli schemi prefissati piacciono, è talmente difficile riuscirci che li ammiro, ma Musk incarna davvero il vecchio mito del cowboy e della frontiera. Che la sua famiglia sia diventata ricca grazie all'apartheid è davvero significativo.

Capisco che faccia presa su tanti e che sia sicuramente bravo nel cosiddetto investor storytelling (e infatti è azzeccatissimo il paragone con Jobs). Solo che il mondo non ha certo bisogno dell'ennesimo superuomo individualista che in nome di presunte invenzioni rivoluzionarie se ne strasbatte della loro sostenibilità.

Inviato

Io provo sentimenti davvero contrastanti nei confronti di Musk. Il personaggio lo trovo assolutamente insopportabile. Le idee non sono assolutamente così innovative come vulgata vuole.

D'altro canto, gli do atto di crederci veramente e di essere un gran trascinatore. Alla fine qualche risultato l'ha portato a casa (non economico magari, ma trovo che in alcuni casi sia secondario). Del resto, mi piacerebbe un giorno far entrare in casa una Tesla, e soprattutto mi auguro tantissimo che i miei figli possano un giorno andare nello spazio grazie a SpaceX o quantomeno alla crescita di interesse che ha portato.

Secondo me è un po' l'incarnazione del "fake it 'til you make it", e questo non è necessariamente un male.

Per noi appassionati di tecnica e tecnologia in generale credo che susciti comunque molta molta invidia, appunto perché con delle idee che di "disruptive" hanno ben poco è riuscito a diventare l'uomo più ricco del mondo e, soprattutto, ad essere idolatrato come un visionario.

(Tralascio la questione diamanti perché non ne ero a conoscenza ma quella è veramente una merda)

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